CAPITOLO I |
Quanto merita Gesù Cristo
di esser amato da noi per l'amore
che ci ha dimostrato nella sua Passione.
di esser amato da noi per l'amore
che ci ha dimostrato nella sua Passione.
1. Tutta la santità e la perfezione di un'anima consiste
nell'amare Gesù Cristo nostro Dio, nostro sommo bene e nostro Salvatore. Chi ama
me, disse Gesù medesimo, sarà amato dall'eterno mio Padre: Ipse enim Pater
amat vos, quia vos me amastis (Io. XVI, 27). «Alcuni, dice S. Francesco di
Sales, mettono la perfezione nell'austerità della vita, altri nell'orazione,
altri nella frequenza de' sagramenti, altri nelle limosine; ma s'ingannano: la
perfezione sta nell'amar Dio di tutto cuore». Scrisse l'Apostolo: Super
omnia... caritatem habete, quod est vinculum perfectionis (Coloss. III, 14).
La carità è quella che unisce e conserva tutte le virtù che rendon l'uomo
perfetto. Quindi dicea S. Agostino: Ama, et fac quod vis: ama Dio e fa
quel che vuoi; perchè ad un'anima che ama Dio, lo stesso amore insegna a non
fare mai cosa che gli dispiaccia, ed a far tutto ciò che gli gradisce.
2. Forse Iddio non si merita tutto il nostro amore? Egli ci ha
amati sin dall'eternità: In caritate perpetua dilexi te (Ier. XXXI, 3).
Uomo, dice il Signore, mira ch'io sono stato il primo ad amarti. Tu non vi eri
ancora al mondo, il mondo neppur vi era, ed io già ti amavo. Da che sono Dio, io
t'amo: da che ho amato me, ho amato ancora te. Ben dunque avea ragione quella
santa verginella S. Agnese, allorchè l'erano proposti altri sposi di terra che
le chiedeano il di lei amore, di risponder loro: Ab alio amatore praeventa
sum. Andate, diceva, amatori di questo mondo, e lasciate di pretendere il
mio amore; il mio Dio è stato il primo ad amarmi, egli mi ha amata sin
dall'eternità; onde ha ragione ch'io gli doni tutti gli affetti miei, ed altri
che lui non ami.
3. Vedendo Iddio che gli uomini si fan tirare da' benefici,
volle, per mezzo de' suoi doni, cattivarli al suo amore. Disse per tanto: In
funiculis Adam traham eos, in vinculis caritatis (Os. XI, 4): Voglio tirare
gli uomini ad amarmi con quei lacci con cui gli uomini si fan tirare, cioè coi
legami dell'amore. Tali appunto sono stati tutti i doni fatti da Dio all'uomo.
Egli, dopo averlo dotato di anima colle potenze a sua immagine, di memoria,
intelletto e volontà, e di corpo fornito de' sensi, ha creato per lui il cielo e
la terra e tante altre cose, tutte per amore dell'uomo: i cieli, le stelle, i
pianeti, i mari, i fiumi, i fonti, i monti, le pianure, i metalli, i frutti, e
tante specie di bruti: tutte queste creature acciocchè servano all'uomo, e
l'uomo l'ami per gratitudine di tanti doni. Caelum et terra, esclama S.
Agostino, et omnia mihi dicunt ut amem te. Signor mio, dicea, quante cose
io vedo nella terra e sovra della terra, tutte mi parlano e mi esortano ad
amarvi, perchè tutte mi dicono che voi per amor mio l'avete fatte. L'abate
Ranzè, fondatore della Trappa, quando dal suo romitaggio si fermava a guardare
le colline, i fonti, gli uccelli, i fiori, i pianeti, i cieli, sentiva da
ciascuna di queste creature infiammarsi ad amare Iddio che per amore di lui le
avea create.
4. Similmente S. Maria Maddalena de' Pazzi, allorchè teneva in
mano qualche bel fiore, sentivasi da quello accendere d'amore verso Dio, e
dicea: «Dunque il mio Signore ha pensato sin dall'eternità a crear questo fiore
per amor mio!» Onde quel fiore le diventava come uno strale d'amore che
dolcemente la feriva e l'univa più a Dio. S. Teresa diceva all'incontro, che
mirando alberi, fonti, ruscelli, marine o prati, diceva che tutte queste belle
creature le ricordavano la sua ingratitudine in amar così poco il Creatore che
le avea create per esser da lei amato. Narrasi di più a tal proposito, che un
divoto solitario, camminando per la campagna, pareagli che l'erbette e i fiori
che incontrava, gli rimproverassero la sua ingratitudine verso Dio, ond'egli col
suo bastoncello gli andava percotendo, e loro dicea: «Tacete, tacete: voi mi
chiamate ingrato, mi dite che Dio vi ha creati per amor mio e ch'io non l'amo;
ma già v'ho inteso, tacete, tacete; non mi rimproverate più».
5. Ma non è stato contento Iddio di donarci tutte queste belle
creature. Egli, per cattivarsi tutto il nostro amore, è giunto a donarci tutto
se stesso. — L'Eterno Padre è giunto a darci il suo medesimo ed unico Figlio:
Sic enim Deus dilexit mundum ut Filium suum unigenitum daret (Io. III,
16). Vedendo l'Eterno Padre che noi eravamo tutti morti e privi della sua grazia
per causa del peccato, che fece? per l'amore immenso, anzi, come scrive
l'Apostolo, per lo troppo amore che ci portava, mandò il suo Figlio diletto a
soddisfare per noi, e così renderci quella vita che il peccato ci avea tolta:
Propter nimiam caritatem suam qua dilexit nos, et cum essemus mortui peccatis
convivificavit nos in Christo (Eph. II, 4, 5). E donandoci il Figlio — non
perdonando al Figlio per perdonare a noi — insieme col Figlio ci ha donato ogni
bene, la sua grazia, il suo amore e il paradiso, poichè tutti questi beni son
certamente minori del Figlio: Qui etiam proprio Filio suo non pepercit, sed
pro nobis omnibus tradidit illum, quomodo non etiam cum illo omnia nobis
donavit? (Rom. VIII, 32).
6. E così anche il Figlio, per l'amore che ci porta, tutto a
noi si è dato: Dilexit me et tradidit semetipsum pro me (Gal. II, 20).
Egli, per redimerci dalla morte eterna e per farci ricuperare la grazia divina e
il paradiso perduto, si fece uomo e vestissi di carne come noi: Et Verbum
caro factum est (Io. I, 14). Ed ecco un Dio esinanito: Semetipsum
exinanivit formam servi accipiens... et habitu inventus ut homo. Ecco il
Signore del mondo che si umilia sino a prender la forma di servo, e si
sottomette a tutte le miserie che gli altri uomini patiscono.
7. Ma quel che più fa stupire è ch'egli ben poteva salvarci
senza morire e senza patire; ma no, si elesse una vita afflitta e disprezzata,
ed una morte amara ed ignominiosa, sino a morire su d'una croce, patibolo infame
destinato agli scellerati: Humiliavit semetipsum, factus obediens usque ad
mortem, mortem autem crucis (Phil. II, 8). — Ma perchè, potendo redimerci
senza patire, volle eleggersi la morte e morte di croce? Per dimostrarci l'amore
che ci portava: Dilexit nos et tradidit semetipsum pro nobis (Eph. V, 2).
Ci amò e, perchè ci amava, si diede in mano de' dolori, dell'ignominie e della
morte più penosa che abbia patito alcun uomo sovra la terra.
8. Quindi ebbe a dire il grande amante di Gesù Cristo, S.
Paolo: Caritas... Christi urget nos (II Cor. V, 14). E volle dire
l'Apostolo che non tanto ciò che ha patito Gesù Cristo, quanto l'amore che ci ha
dimostrato nel patire per noi, ci obbliga e quasi ci costringe ad amarlo. Udiamo
quel che dice S. Francesco di Sales su del testo citato: «Sapendo noi che Gesù,
vero Dio, ci ha amati sino a soffrire per noi la morte e morte di croce, non è
questo un avere i nostri cuori sotto d'un torchio, e sentirlo stringere per
forza, e spremerne l'amore per una violenza ch'è tanto più forte quanto è più
amabile?» Indi soggiunge: «Ah, perchè non ci gettiamo dunque sovra di Gesù
crocifisso, per morire sulla croce con colui che ha voluto morirvi per amore di
noi? Io lo terrò, dovressimo dire, e non l'abbandonerò giammai; morirò con lui,
ed abbrucerò nelle fiamme del suo amore. Uno stesso fuoco consumerà questo divin
Creatore e la sua miserabile creatura. Il mio Gesù si dà tutto a me ed io mi do
tutto a lui. Io viverò e morirò sul suo petto; nè la morte nè la vita mi
separeranno mai da lui. O Amore eterno, l'anima mia vi cerca e vi elegge
eternamente. Deh venite, Spirito Santo, ed infiammate i nostri cuori colla
vostra dilezione. O amare o morire. Morire ad ogni altro amore, per vivere a
quello di Gesù. O Salvatore dell'anime nostre, fate che cantiamo eternamente:
Viva Gesù che amo; amo Gesù che vive ne' secoli de' secoli».
9. Era tanto l'amore che Gesù Cristo portava agli uomini, che
gli facea desiderare l'ora della sua morte, per dimostrar loro l'affetto che per
essi serbava; onde andava in sua vita dicendo: Baptismo... habeo baptizari,
et quomodo coarctor usque dum perficiatur? (Luc. XII, 50). Io ho da essere
battezzato col mio medesimo sangue, ed oh come mi sento stringere dal desiderio
che presto venga l'ora della mia Passione, affinchè presto con ciò l'uomo
conosca l'amore che gli porto! E perciò S. Giovanni, parlando di quella notte in
cui Gesù diè principio alla sua Passione, scrive: Sciens Iesus quia venit
hora eius ut transeat ex hoc mundo ad Patrem, cum dilexisset suos... in finem
dilexit eos (Io. XIII, 1). Chiamava il Redentore quell'ora, ora sua —
hora eius —, perchè il tempo della sua morte era il tempo da lui
desiderato: mentre allora volea dare agli uomini l'ultima pruova del suo amore,
morendo per essi in una croce, consumato da' dolori.
10. Ma chi mai ha potuto indurre un Dio a morir giustiziato su
d'un patibolo, in mezzo a due scellerati, con tanta ignominia della sua divina
maestà? Quis fecit hoc? dimanda S. Bernardo; e poi risponde: Fecit
amor, dignitatis nescius. Ah che l'amore, quando si tratta di farsi
conoscere, non va trovando quel che più conviene alla dignità dell'amante, ma
quel che più conduce a manifestarsi all'amato. Ben dunque avea ragione S.
Francesco di Paola, a vista del Crocifisso, di esclamare: O carità, o carità,
o carità! E così tutti, mirando Gesù in croce, dovressimo, infiammati,
esclamare: O amore, o amore, o amore!
11. Ah che se la fede non ce ne assicurasse, chi mai potrebbe
arrivare a credere che un Dio onnipotente, felicissimo, e signore del tutto,
abbia voluto amar tanto l'uomo, che sembra esser egli uscito fuori di sè per
amore dell'uomo? Abbiam veduta la stessa Sapienza, cioè il Verbo Eterno,
impazzito per lo troppo amore portato agli uomini! così parlava S. Lorenzo
Giustiniani: Vidimus Sapientem prae nimietate amoris infatuatum! Lo
stesso dicea S. Maria Maddalena de' Pazzi un giorno in cui, stando in estasi,
prese tra le mani un'immagine di legno del Crocifisso, e poi esclamava: «Sì,
Gesù mio, che tu sei pazzo d'amore. Lo dico, e sempre lo dirò: Pazzo d'amore tu
sei, Gesù mio». Ma no, dice S. Dionigi Areopagita (Lib. 4. de Div. Nom.), non è
pazzia, ma è solito effetto dell'amore divino, il far uscire l'amante fuori di
sè per darsi tutto all'oggetto amato: Extasim facit divinus amor.
12. Oh se gli uomini si fermassero a considerare, guardando
Gesù crocifisso, l'affetto ch'egli ha portato a ciascuno di loro! «E di qual
amore, dicea S. Francesco di Sales, non resteremmo noi accesi a vista delle
fiamme che trovansi nel seno del Redentore! Ed oh, qual ventura poter esser
bruciati da quello stesso fuoco di cui brucia il nostro Dio? E qual gioia essere
a Dio uniti colle catene dell'amore?» S. Bonaventura chiamava le piaghe di Gesù
Cristo piaghe che impiagano i cuori più insensati, e che infiammano l'anime più
gelate: Vulnera dura corda vulnerantia et mentes congelatas inflammantia.
Oh quante saette amorose escono da quelle piaghe, che feriscono i cuori più
duri! Oh che fiamme escono dal cuore ardente di Gesù Cristo, che infiammano i
cuori più freddi! Oh quante catene escono da quel costato ferito, che legano i
cuori più indomiti!
13. Il Ven. Giovanni d'Avila, il quale era tanto innamorato di
Gesù Cristo che in tutte le sue prediche non lasciava mai di parlare dell'amore
che Gesù Cristo ci porta, egli in un suo trattato dell'amore che ha per gli
uomini questo amantissimo Redentore, scrisse questi infocati sentimenti che, per
essere troppo belli, ho voluto qui inserirli. Dice così:
14. «Voi, Redentore, amaste l'uomo in tal modo, che chi
considera questo amore non può far di meno di amarvi, perchè il vostro amore fa
violenza ai cuori, come lo dice l'Apostolo: Caritas... Christi urget nos.
L'origine dell'amore di Gesù Cristo verso gli uomini è la sua carità verso Dio.
Perciò disse nel giovedì della cena: Ut cognoscat mundus quia diligo Patrem,
surgite, eamus. Ma dove? A morire per gli uomini nella croce.
15. «Non arriva alcun intelletto a comprendere quanto arda
questo fuoco nel Cuore di Gesù Cristo. Siccome gli fu comandato che patisse una
morte, gli fosse stato comandato che ne patisse mille, ben egli aveva amore per
patirle tutte. E se ciò che gli fu imposto di patire per tutti gli uomini gli
fosse stato imposto per la salute di un solo, così l'avrebbe fatto per ciascuno
come lo fece per tutti. E siccome stette tre ore in croce, se fosse stato
necessario starvi sino al giorno del giudizio, egli avea amore per eseguirlo.
Sicchè Gesù Cristo molto più amò che non patì. — O amor divino, quanto fosti
maggiore di quel che comparisti! Comparisti grande per di fuori, perchè tante
piaghe e lividure ci predicano un grande amore, ma non dicono tutta la sua
grandezza; ma fu più di dentro di quel che comparì di fuori. Ciò fu una
scintilla che scaturì da quel gran pelago d'immenso amore.
«Questo è il maggior segno dell'amore, metter la vita per li
suoi amici; ma non è segno che bastò a Gesù Cristo ad esprimere il suo
amore.
16. «Questo amore è quello che fa uscire di sè le anime buone,
e le fa restar attonite quando si dà loro a conoscere. Quindi nasce il sentirsi
arder le viscere, il desiderare il martirio, il rallegrarsi nel patire, il
godere nelle graticole roventi, il passeggiar sulle brace come fossero rose,
l'anelare i tormenti, il gioire di quello che il mondo teme ed abbracciar quello
che il mondo abborrisce. Dice S. Ambrogio che l'anima ch'è sposata con Gesù
Cristo sulla croce, niuna cosa tiene per più gloriosa che portar seco le insegne
del Crocifisso.
17. «Or come io vi pagherò, o amante mio, questo vostro amore?
Egli è degno che il sangue si ricompensi con sangue. Veggami io con questo
sangue tinto, e in questa croce inchiodato. O santa croce, ricevi me ancora in
te. Slargati, corona, acciocchè possa io in te metter la mia testa. O chiodi,
lasciate coteste mani innocenti del mio Signore, e trapassate il mio cuore di
compassione e di amore. — Perciò, mio Gesù, dice San Paolo che voi moriste: per
impadronirvi de' vivi e de' morti, non già coi castighi, ma coll'amore: In
hoc... Christus mortuus est et resurrexit, ut et mortuorum et vivorum
dominetur (Rom. XIV, 9).
18. «O ladro de' cuori, la forza del vostro amore ha spezzati
anche i nostri cuori sì duri. Voi avete infiammato tutto il mondo del vostro
amore. O sapientissimo Signore, inebbriate i nostri cuori con questo vino,
abbruciateli con questo fuoco, feriteli con questa saetta del vostro amore.
Questa vostra croce è già una balestra che i cuori ferisce. Sappia tutto il
mondo che io ho il cuore ferito. O amor mio dolcissimo, che avete fatto? Voi
siete venuto a curarmi, e mi avete ferito? Siete venuto per insegnarmi a vivere,
e mi avete renduto come pazzo? O sapientissima pazzia, io non viva mai senza di
voi. Signore, io quanto veggo nella croce, tutto m'invita ad amare: il legno, la
figura, le ferite del vostro corpo, e sovra tutto l'amor vostro m'invita ad
amarvi e a non dimenticarmi mai di voi».
19. Ma per giungere al perfetto amore di Gesù Cristo, bisogna
prenderne i mezzi.
Ecco i mezzi che c'insegna S. Tommaso d'Aquino (Opusc. de
Dilect. Dei, § 1).
Per 1º Aver una memoria continua de' divini benefici generali e
particolari.
Per 2º Considerare l'infinita bontà di Dio, che sta sempre in
atto di farci bene, e sempre ci ama, e cerca da noi il nostro amore.
Per 3º Evitar con diligenza ogni minima cosa di suo
disgusto.
Per 4º Rinunziare a tutti i beni sensibili di questa terra:
ricchezze, onori e piaceri di senso.
Aggiunge il P. Taulero essere un gran mezzo ancora per ottenere
il perfetto amore a Gesù Cristo il meditare la sua santa Passione.
20. Chi può negare che la divozione alla Passione di Gesù
Cristo è la divozione di tutte le divozioni la più utile, la più tenera, la più
cara a Dio, quella che più consola i peccatori, quella che più infiamma l'anime
amanti? E donde mai riceviamo noi tanti beni, se non dalla Passione di Gesù
Cristo? Donde abbiamo noi la speranza del perdono, la fortezza contro le
tentazioni, la confidenza di andare al paradiso? Donde tanti lumi di verità,
tante chiamate amorose, tante spinte a mutar vita, tanti desideri di darci a
Dio, se non dalla Passione di Gesù Cristo? Troppo dunque avea ragione l'Apostolo
di chiamare scomunicato chi non ama Gesù Cristo: Si quis non amat Dominum
nostrum Iesum Christum, sit anathema (I Cor. XVI, 22).
21. Dice S. Bonaventura che non vi è divozione più atta a
santificare un'anima che la meditazione della Passione di Gesù Cristo; onde ci
consiglia a meditare ogni giorno la Passione, se vogliamo avanzarci nell'amore
divino: Si vis proficere, quotidie mediteris Domini Passionem; nihil enim in
anima ita operatur universalem sanctimoniam, sicut meditatio Passionis
Christi. E prima disse S. Agostino, come riferisce il Bustis, che vale più
una lagrima sparsa per la memoria della Passione che il digiuno in pane
continuato in ogni settimana: Magis meretur vel unam lacrimam emittere ob
memoriam Passionis Christi quam si qualibet hebdomada in pane ieiunaret.
Perciò i santi si son sempre occupati a considerare i dolori di Gesù Cristo. S.
Francesco d'Assisi per tal mezzo diventò un serafino. Un giorno fu trovato da un
galantuomo piangendo e gridando a gran voce; dimandato, perchè? «Piango,
rispose, i dolori e le ignominie del mio Signore; e quello che più mi fa
piangere è che gli uomini, per cui egli ha patito tanto, ne vivono scordati». E
ciò dicendo raddoppiò le lagrime, sì che colui anch'esso si pose a piangere.
Quando il santo udiva belare un agnello o vedeva altra cosa che gli rinnovava la
memoria di Gesù appassionato, subito rinnovava le lagrime. Stando un'altra volta
infermo, uno gli disse che si avesse fatto leggere qualche libro divoto: «Il
libro mio, rispose, è Gesù crocifisso». E perciò non faceva altro che esortare i
suoi frati a pensar sempre alla Passione di Gesù Cristo.
Scrive il Tiepoli: «Chi non s'innamora di Dio col mirare Gesù
morto in croce, non s'innamora mai».
Affetti e preghiere.
O Verbo eterno, voi avete spesi trentatre anni di sudori e
stenti, avete dato il sangue e la vita per salvare gli uomini, in somma niente
avete risparmiato per farvi da essi amare; e come poi si ritrovano uomini che
ciò sanno e non v'amano? Oh Dio, che tra questi sconoscenti uno son io. Vedo il
torto che vi ho fatto; Gesù mio, abbiate pietà di me. Io vi offerisco questo
ingrato mio cuore: ingrato, ma pentito. Sì, che mi pento sovra ogni male, caro
mio Redentore, d'avervi disprezzato. Mi pento e vi amo con tutta l'anima
mia.
Anima mia, ama un Dio legato come reo per te, un Dio flagellato
come schiavo per te, Un Dio fatto re di scherno per te, un Dio finalmente morto
in croce da ribaldo per te.
Sì, mio Salvatore, mio Dio, io v'amo, io v'amo. Deh ricordatemi
sempre quanto avete patito per me, acciocch'io non mi scordi più di amarvi.
Funi che legaste Gesù, stringetemi con Gesù; spine che
coronaste Gesù, feritemi d'amore verso Gesù; chiodi che trafiggeste Gesù,
inchiodatemi alla croce di Gesù, acciocch'io viva e muoia unito con Gesù.
O sangue di Gesù, inebbriatemi di santo amore. O morte di Gesù,
fatemi morire ad ogni affetto di terra. Piedi trafitti del mio Signore, a voi
m'abbraccio, liberatemi dall'inferno da me meritato.
Gesù mio, nell'inferno non ti potrei più amare, ma io ti voglio
sempre amare. Amato mio Salvatore, salvami, stringimi con te, e non permettere
ch'io t'abbia più da perdere.
O rifugio de' peccatori, Maria, e madre del mio Salvatore,
aiutate un peccatore che vuole amare Dio, ed a voi si raccomanda; soccorretemi
per l'amore che portate a Gesù Cristo.
"AVE MARIA PURISSIMA!"
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