sabato 2 dicembre 2017

Il nostro Vescovo Salama è come un gallo che non vuole vedere altri galli





/86/

11.
DA UBIÈ SOVRANO DEL TIGRÈ
AI PRINCIPI MUSULMANI DEL SUD.

Liberatomi da questo imbarazzo, e da quello che l’ubbidienza mi imponeva per la missione del Tigrè, mentre il mio rendiconto andava a Roma per aspettarne gli ordini ho creduto bene di [p. 146] fare un viaggio all’interno per vedere i compagni cosa facevano, tanto più che era venuto un corriere dallo Scioha, nel quale il P. Felicissimo mi invitava a andarvi (1a) Per andarvi, però, vi erano due difficoltà, quella cioe del mio esilio, e quella di Aden per cui avrei avuto bisogno di andare in Europa. Avendone conferito con Monsignor Dejacobis, questi non solo era contrario ma si mise subito in alarme dicendo che io avrei compromesso la stessa sua missione, oltre a ciò che sarebbe avvenuto a me. mia decisione stravagante, ma benedetta da Dio
[1.6.1849].
Vedendomi così contrariato ho fatto silenzio, ma nel tempo stesso riflettendo seriamente ai miei doveri ho preso la risoluzione di partire senza moltiplicare troppo i consigli; mentre in facia al publico io prendeva tutte le misure per ritornare in Aden, senza che nessuno sapesse ho dato il necessario per le proviste di viaggio ad una persona fida coll’istruzione di fare tutti i passi necessarii per un certo Signor Antonio (era mio secondo nome di battesimo), e quando tutto sarebbe stato in ordine me lo dicesse. [partenza: 8.6.1849]Un bel giorno a piedi sono partito con lui senza salutare nessuno, eccettuato Fr: Pasquale, a cui ho raccomandato gran segretezza fino a tanto che io avessi passato il Tigre.
montata la Tarenta, abboccamento con amarie kenfù.
piano organizzato da lui.
partenza per Uzien
Partito di notte senza che neanche lo sapessero quei della casa, in quattro giorni sono arrivato in cima della famosa Taranta. La mi sono fer- /87/ mato in un luogo scartato dalla strada, ed intanto coi portatori che non mi conoscevano essendo rimasto colà ho mandato il mio fido a chiamare [p. 147] Amarie Kenfù, la cui casa era vicina, persona amica di Degiace Ubie, e cattolico nostro. Questi essendo subito venuto gli ho esternato tutto il mio piano, di passare incognito da Degiace Ubie per domandargli il passaggio: ditemi come la pensate, dissi, e se convenite con me mi direte come debbo fare, e mi scriverete una lettera da presentare al Principe, affinché sappia egli solamente chi io sono, e quello che desidero.
Amariè Kenfù lodò molto il mio piano di presentarmi incognito al Principe Ubiè, ed era questa, disse, l’unica maniera di calmare la piaga del suo cuore afflitto per il sancito esilio prima ancora d’avermi conosciuto. Mi fece intanto venire da casa sua un pranzo di campagna bellino con alcune provviste da viaggio; quale finito, mi diede tutte le istruzioni occorrenti affinché ogni cosa riuscisse bene; scrisse tutte le lettere di raccomandazione, e specialmente quella del Principe Ubiè fatta a mio nome, cercò una persona di sua confidenza, la quale non mi conosceva, e sotto la [sua] guida sono partito. mio passaggio vicino a GualàNel quinto giorno eravamo un miglio lontano da Gualà, e lo stava contemplando, quante dolci rimembranze! ma bisognava dissimulare e passare avanti per andare ad alloggiare in luogo abbastanza lontano in casa di un’amico di Amarie Kenfu, dove arrivati fummo ricevuti e ben trattati. L’indomani partiti di notte, arrivo al campo di Degiace Ubiè
[18-19.6.1849]
e circa le tre di sera siamo arrivati in vicinanza del campo di Ubiè: qui fissatomi[p. 148] in un luogo appartato, dove abbiamo gustato qualche cosa, l’uomo di Amarie Kenfù andò avanti al campo per preparare ogni cosa, e verso l’imbrunire rivenne per prenderci. Siamo entrati nel Campo o città di notte, e fummo ricevuti da un’impiegato appartenente all’interiore della casa del Principe. Al nostro arrivo già ci aspettava la cena venuta dalla casa stessa di Degiace Ubiè, cena abbastanza generosa, ma non troppo per non destare [troppo] l’attenzione della corte, poiché il Principe stesso già era avvertito che si trattava di un forestiero che avrebbe presentato una lettera, dalla quale ogni cosa sarebbe stata svelata a lui solo. Tutto già era aggiustato per un’udienza secreta prima del giorno, e che tutto sarebbe stato terminato prima che entrassero i cortigiani.
conferenza segreta con Degiace UbièDiffatti l’indomani mattina di notte fui chiamato ed introdotto direttaniente nel suo casino particolare, dove egli già mi aspettava: gli ho dato la lettera scrittami da Amarie Kenfù, la lesse ridendo, e congedato anche il ragazzo di sua confidenza, mi disse ridendo, non teme di essere legato? risposi rotondo di no; jeri sera senza che, nessuno me lo dicesse, /88/ io gia aveva sospettato ogni cosa, disse, e poi mi fece le sue scuse per l’esilio ecc. Ella, disse, ha interpretato proprio quello che io pensava, ne sia lodato Iddio; oggi la stimo l’amo davvero. Si parlò delle cose nostre più sostanziali, e poi io stesso gli dissi che conveniva congedarmi subito, perché io pensava a non compromettere la sua tranquillità; Egli disse[:] ci siamo compresi a vicenda, sì, alla corte non mancano persone che la possono conoscere, epperciò Ella partirà subito accompagnata da una mia persona fida, e anderà a riposarsi in casa di un’altra mia persona fida lontana circa due ore dal campo; frattanto io stassera [io] Le spedirò le persone che devono accompagnarla domani [p. 149] con tutte le lettere di raccomandazione a tutti i capi luoghi sino a Gondar: ciò detto io, secondo l’uso del paese ho lasciato nelle sue mani un pacco di preziosissimo satino, che in paese poteva valere anche cento scudi, e così me ne sono sortito ritornando alla casa, dove aveva passato la notte; là già stava preparata una piccola collazione spedita dal principe stesso, e gustato qualche cosa, venne quasi subito la persona che doveva accompagnarmi; mia partenza
[20.6.1849]
i miei portatori già avendo mangiato, siamo partiti subito, e prima che il sole sortisse già eravamo fuori del campo. La persona che mi accompagnava, lo stesso padrone di casa, dove aveva dormito, aveva ordine di non lasciarmi fino a tanto che fossero arrivate le lettere e le persone che dovevano accompagnarmi nel viaggio sino a Gondar; egli strada facendo con me cercava di sapere chi io era, ma io non dissi altro se non che io era un certo Signor Antonio, arrivato da poco tempo a Massawa, e che desiderava di andare a Gondar; mi domandò se conosceva abuna Messias, di [gli] risposi di sì, senza però dar molta importanza, e gli domandai per qual motivo l’avevano caciato: cosa vuole, disse, quello, da quanto si dice, era un vescovo di abuna Jacob, quelli son tutti santi, e noi siamo tutti diavoli; il nostro Vescovo Salama è come un gallo che non vuole vedere altri galli, e cose simili, io mi son messo a ridere, e dissi, già [si tratta] un poco di gelosia di mestiere; così discorrendo siamo arrivati verso le otto alla casa dove eravamo destinati.

https://www.lacabalesta.it/biblioteca/massaja/memorie/vol1/Memorie_111.html

Nessun commento:

Posta un commento