giovedì 24 settembre 2015

SANTO MATRIMONIO

Una ferita al matrimonio cristiano- 

Se inflige una herida al matrimonio cristiano








I due Motu proprio di Fp Mitis iudex Dominus Iesus per la Chiesa latina e Mitis et misericors Jesu per le Chiese orientali, resi noti l’8 settembre 2015, infliggono una grave ferita al matrimonio cristiano.


Los dos motu propio del Fp, Mitis iudex Domins Iesus para la Iglesia latina y Mitis et misericors Jesu para las iglesias orientales, publicados el 8 de septiembre de 2015, infligen una grave herida al matrimonio cristiano...









(Estratto del articolo di Roberto de Mattei)

I due Motu proprio di PF Mitis iudex Domins Iesus per la Chiesa latina eMitis et misericors Jesu per le Chiese orientali, resi noti l’8 settembre 2015, infliggono una grave ferita al matrimonio cristiano.

Quando l’illuminismo cercò di colpire a morte il matrimonio cristiano, Papa Benedetto XIV, con il decreto Dei miseratione del 3 novembre 1741, ordinò che in ogni diocesi venisse nominato un defensor vinculi e introdusse, per ottenere la dichiarazione di nullità, il principio della necessaria conformità delle sentenze in due gradi di giudizio. Il principio della doppia sentenza conforme fu consacrato dal Codice di Diritto canonico del 1917 ed è stato recepito nella codificazione promulgata da Giovanni Paolo II il 25 gennaio 1983. Nei Motu proprio di  Fp l’ottica è ribaltata. L’interesse dei coniugi ha il primato su quello del matrimonio. È lo stesso documento ad affermarlo, riassumendo in questi punti i criteri fondamentali della riforma: abolizione della doppia sentenza conforme, sostituita da una sola sentenza in favore della nullità esecutiva; attribuzione di una potestà monocratica al vescovo, qualificato come giudice unico; introduzione di un processo breve, e di fatto incontrollabile, con la sostanziale esautorazione del ruolo della Sacra Rota.

Come altro interpretare, ad esempio, l’abolizione della doppia sentenza? Quali sono i gravi motivi per i quali, dopo 270 anni, questo principio viene abrogato? Il cardinale Burke ha ricordato come esiste in proposito una catastrofica esperienza. Negli Stati Uniti, dal luglio 1971 al novembre 1983, entrarono in vigore le cosiddetteProvisional Norms che eliminarono di fatto l’obbligatorietà della doppia sentenza conforme. Il risultato fu che la Conferenza Episcopale non negò una sola richiesta di dispensa tra le centinaia di migliaia ricevute e nella percezione comune il processo iniziò ad essere chiamato “il divorzio cattolico” (Permanere nella Verità di Cristo. Matrimonio e comunione nella Chiesa cattolica, Cantagalli, Siena 2014, pp. 222-223).




Più grave ancora è l’attribuzione al vescovo diocesano della facoltà, come giudice unico, di istruire discrezionalmente un processo breve e arrivare alla sentenza. Il vescovo può esercitare personalmente la sua potestà giurisdizionale o delegarla ad una commissione, non necessariamente composta da giuristi. Una commissione formata a sua immagine che seguirà naturalmente le sue indicazioni pastorali, come già avviene con i “centri diocesani di ascolto”, fino ad oggi privi di competenza giuridica. Il combinato tra il can. 1683 e l’articolo 14 sulle regole procedurali ha sotto questo aspetto una portata esplosiva. Sulle decisioni peseranno inevitabilmente considerazioni di natura sociologica: i divorziati risposati avranno, per ragioni di “misericordia”, una corsia preferenziale. «La Chiesa della misericordia– osserva Giuliano Ferrara – si è messa a correre» (“Il Foglio”, 9 settembre 2015). Si corre su una strada non amministrativa, ma “giudiziaria”, in cui di giudiziario resta ben poco.

In alcune diocesi i vescovi cercheranno di assicurare la serietà della procedura, ma è facile immaginare che in molte altre diocesi, per esempio del Centro-Europa, la dichiarazione di nullità diventerà una pura formalità. Nel 1993 Oskar Saier, arcivescovo di Friburgo im Br. Karl Lehman, vescovo di Mainz, e Walter Kasper, vescovo di Rottenburg-Stuttgart, produssero un documento a favore di coloro che erano certi in coscienza della nullità del loro matrimonio ma non avevano gli elementi per provarlo in tribunale (Vescovi dell’Oberrhein,Accompagnamento pastorale dei divorziati, “Il Regno Documenti”, 38 (1993), pp. 613-622).

La Congregazione per la Dottrina della Fede rispose con la Lettera Annus Internationalis Familiae del 14 settembre 1994, affermando che questa via non era percorribile, perché il matrimonio è una realtà pubblica: «non riconoscere questo essenziale aspetto significherebbe negare di fatto che il matrimonio esiste come realtà della Chiesa, vale a dire, come sacramento». Ma la proposta è stata ripresa recentemente dall’ufficio pastorale della Diocesi di Friburgo (Orientamenti per la pastorale dei divorziati, “Il Regno Documenti”, 58 (2013), pp. 631-639), secondo cui i divorziati risposati, in seguito alla “nullità di coscienza” del precedente matrimonio, potranno ricevere i sacramenti e ottenere incarichi all’interno dei consigli parrocchiali.

Al favor matrimonii si sostituisce il favor nullitatis, che viene a costituire l’elemento primario del diritto, mentre l’indissolubilità è ridotta a un “ideale” impraticabile. L’affermazione teorica dell’indissolubilità del matrimonio si accompagna infatti, nella prassi, al diritto alla dichiarazione della nullità di ogni vincolo fallito. Basterà, in coscienza, ritenere invalido il proprio matrimonio per farlo riconoscere come nullo dalla Chiesa. È lo stesso principio per cui alcuni teologi considerano “morto” un matrimonio in cui a detta di entrambi, o di uno dei coniugi, “è morto l’amore”.

Benedetto XVI, il 29 gennaio 2010, ha ammonito il Tribunale della Sacra Rota Romana a non indulgere nell’annullamento dei matrimoni per «accondiscendenza ai desideri e alle aspettative delle parti, oppure ai condizionamenti dell’ambiente sociale». Ma nelle diocesi del Centro-Europa la dichiarazione di nullità diventerà un atto di pura formalità, come avvenne negli Stati Uniti all’epoca delle Provisional Norms. Per la nota legge, secondo cui «la moneta cattiva scaccia quella buona», nel caos che si verrà a determinare, il “divorzio breve” è destinato a prevalere sul matrimonio indissolubile.

È da più di un anno che si parla di scisma latente nella Chiesa, ma ora a dirlo è il card. Gerhard Müller, prefetto della Congregazione per la Fede, che in un suo discorso a Ratisbona ha evocato il rischio di una scissione nella Chiesa, invitando a essere molto vigili e non dimenticare la lezione dello scisma protestante che incendiò l’Europa cinque secoli fa.






(Extracto del artículo de Roberto de Mattei) 

Los dos motu propio del  Fp, Mitis iudex Domins Iesus para la Iglesia latina y Mitis et misericors Jesu para las iglesias orientales, publicados el 8 de septiembre de 2015, infligen una grave herida al matrimonio cristiano...

Cuando el iluminismo intentó asestar un golpe mortal al matrimonio cristiano, Benedicto XIV, mediante el decreto Dei miseratione del 3 de noviembre de 1741 ordenó que en toda diócesis se nombrara un defensor vinculi. Decretó además, para obtener la declaración de nulidad, el principio de la necesaria conformidad de la sentencia en dos niveles de juicio. El principio de la doble sentencia conforme fue consagrado por el Código de Derecho Canónico de 1917 y se incluyó en en la nueva codificación promulgada por Juan Pablo II el 25 de enero de 1983. En el motu proprio del papa Francisco se invierte la perspectiva. El interés de los cónyuges prima sobre el del matrimonio. El propio documento lo afirma, reasumiendo en estos puntos los criterios fundamentales de la reforma: abolición de la doble sentencia de conformidad, que es sustituida por una sola sentencia a favor de la nulidad ejecutiva; se otorga la atribución de una potestad monocrática al obispo, calificado como único juez; y se introduce un proceso breve, y de hecho incontrolable, con desautorización sustancial del Tribunal de la Rota para pronunciar su dictamen.

¿De qué otra forma se puede interpretar, por ejemplo, la abolición de la doble sentencia? ¿Cuáles son los graves motivos por los cuales, después de 270 años, se abroga este principio? El cardenal Burke ha recordado que existe una experiencia catastrófica en este sentido. En Estados Unidos, entre julio de 1971 y noviembre de 1983, entraron en vigor las llamadas normas provisionales, que eliminaron de hecho la obligatoriedad de la doble sentencia de conformidad. El resultado fue que la Conferencia Episcopal no negó una sola solicitud de dispensa entre los centenares de miles recibidas, y para el sentir general de la gente el proceso llegó a ser conocido como “el divorcio católico” (Permanecer en la verdad de Cristo. Matrimonio y comunión en la Iglesia Católica, Ediciones Cristiandad, 2014).

Más grave aún es otorgar al obispo diocesano, como juez único, la facultad de instruir a su discreción un proceso breve y dictar sentencia. El obispo puede ejercitar personalmente su potestad jurisdiccional o delegarla en una comisión, que no estará compuesta necesariamente de juristas. Una comisión formada a su imagen que seguirá, naturalmente, sus indicaciones pastorales, como ya sucedió con los “centros diocesanos de escucha” privados hasta hoy de competencia jurídica. Este revoltijo del canon 1683 con el artículo 14 en cuanto a las reglas de procedimiento tiene un alcance explosivo en este sentido. Sobre las decisiones pesarán inevitablemente consideraciones de naturaleza sociológica: los divorciados vueltos a casar tendrán, por razones de misericordia, una vía preferente. «La Iglesia de la misericordia –señala Giuliano Ferrara– ha arrancado a correr» (Il Foglio, 9 de septiembre de 2015). Se corre por una vía no administrativa, sino judicial, en la que queda muy poco de judicial.


En algunas diócesis, los obispos intentarán tomar medidas que garanticen la seriedad del procedimiento, pero es fácil imaginar que en muchas otras –por ejemplo, las de Centroeuropa– obtener la declaración de nulidad será un mero trámite. En 1993 Oskar Saier, arzobispo de Friburgo de Brisgovia, Karl Lehman, obispo de Maguncia, y Kasper, obispo de Rotemburgo-Stuttgart, redactaron un documento a favor de quienes estuvieran seguros en su conciencia de la nulidad de su matrimonio pero no disposieran de los elementos para probarlo en los tribunales (Obispos del Alto Rhin, Acompañamiento pastoral de los divorciados, Il Regno Documenti, 38 (1993), pp. 613-622).

La Congregación para la Doctrina de la Fe respondió con la carta Annus Internationalis Familiae del 14 de septiembre de 1994, afirmando que esa via no era posible porque el matrimonio es una realidad pública: «No reconocer este aspecto significaría negar que el matrimonio existe como una realidad eclesial, o sea como sacramento». Pero hace poco la Diócesis de Friburgo volvió a proponerlo(Orientaciones para la pastoral de los divorciados, Il Regno Documenti, 58 (2013), pp. 631-639). Según dicha propuesta, los divorciados vueltos a casar de resultas de lanulidad de conciencia del matrimonio anterior podrían recibir los sacramentos y obtener cargos en los consejos parroquiales.

El favor matrimonii queda sustituido por el favor nullitatis, que viene a constituir el elemento primario del derecho, mientras que la indisolubilidad es reducida a un ideal impracticable. La afirmación teórica de la indisolubilidad del matrimonio acompaña de hecho en la práctica al derecho a la declaración de nulidad de todo vínculo fallido. Bastará, en conciencia, considerar inválido el propio matrimonio para que la Iglesia lo declare nulo. Es el mismo principio por el que algunos teólogos consideran muerto un matrimonio en el que, uno de los cónyuges o ambos, afirma que “su amor ha muerto”.

El 29 de enero de 2010 Benedicto XVI exhortó al Tribunal de la Rota a no ser indulgentes en los procesos de nulidad para «condescender a los deseos y expectativas de las partes, o a los condicionamientos del ambiente social». Ello no obstante, en las diócesis de Centroeuropa, la declaración de nulidad se convertirá en un simple trámite, como sucedió ya en Estados Unidos cuando las normas provisionales. Según la conocida ley que establece que la moneda falsa hace desaparecer la de curso legal, en el caos consiguiente el “divorcio exprés” está destinado a prevalecer sobre el matrimonio indisoluble.

Desde hace más de un año se habla de un cisma latente en la Iglesia, pero ahora lo dice el cardenal Gerhard Müller, prefecto de la Congregación para la Doctrina de la Fe, que en un discurso pronunciado en Ratisbona ha recordado el riesgo de ruptura en la Iglesia, invitando a adoptar una actitud mucho más vigilante y a no olvidar la lección del cisma protestante que incendió Europa hace cinco siglos.
Leer el articulo completo:http://www.adelantelafe.com/se-inflige-una-herida-al-matrimonio-cristiano/

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