giovedì 11 ottobre 2012

Gesù mio, e quale speranza potrei aver io, che tante volte vi ho voltate le spalle e mi ho meritato l'inferno, di venire fra tante vergini innocenti, fra tanti santi martiri, fra gli apostoli ed i serafini del cielo, a godere la vostra bella faccia nella patria beata, se voi, mio Salvatore, non foste morto per me?



MEDITAZIONE I - 
La Passione di Gesù Cristo e la nostra consolazione.

Chi mai può consolarci tanto in questa valle di lagrime, quanto Gesù crocifisso? Nei rimorsi di coscienza che ci fa sentire la memoria de' nostri peccati, chi solo può raddolcire le punture che ne proviamo, se non il sapere che Gesù Cristo ha voluto dare se stesso alla morte per pagare le nostre colpe? Dedit semet ipsum pro peccatis nostris (Gal. I, 4).

In tutte le persecuzioni, calunnie, disprezzi, privazioni di robe e di onori, che ci accadono in questa vita, vi è chi meglio possa confortarci a soffrirle con pazienza e rassegnazione, se non Gesù Cristo disprezzato, calunniato e povero, che muore nudo ed abbandonato da tutti in una croce?

Nelle infermità chi più ci consola, che la vista di Gesù crocifisso? Allorché stiamo infermi, ci troviamo noi in un letto bene aggiustato; ma a Gesù, quando egli stiè infermo sulla croce dove morì, non toccò altro letto che un rozzo legno, in cui fu appeso a tre chiodi, né altro guanciale per appoggiarvi l'afflitto capo, che quella corona di spine, la quale seguì a tormentarlo finché spirò.

Noi, stando infermi, abbiamo dintorno al letto parenti ed amici che ci compatiscono e ci divertono; Gesù morì in mezzo a nemici, che anche nel tempo ch'egli agonizzava e si accostava alla morte, l'ingiuriavano e deridevano qual malfattore

- 344 -



e seduttore. Certamente non v'è cosa che possa più sollevare un infermo nelle pene che patisce, e specialmente se taluno nella sua infermità trovasi abbandonato dagli altri, quanto la vista di Gesù crocifisso. Ah che l'unire allora le proprie pene con quelle di Gesù Cristo, è il sollievo più grande che può avere un povero infermo.

Nelle angustie maggiori poi della morte, quali sono gli assalti dell'inferno, la vista de' peccati fatti e 'l conto che tra breve se ne ha da rendere nel divin tribunale, l'unica consolazione che può avere un moribondo, che sta già combattendo colla morte, è l'abbracciarsi col Crocifisso e dirgli: Gesù mio e Redentore mio, voi siete l'amore e la speranza mia.

In somma quanto noi abbiamo di grazie da Dio, di lumi, d'ispirazioni, di santi desideri, di affetti divoti, di dolore de' peccati, di buoni propositi, di amore a Dio e di speranza al paradiso, tutti son frutti e doni che ci provengono dalla Passione di Gesù Cristo.

Ah Gesù mio, e quale speranza potrei aver io, che tante volte vi ho voltate le spalle e mi ho meritato l'inferno, di venire fra tante vergini innocenti, fra tanti santi martiri, fra gli apostoli ed i serafini del cielo, a godere la vostra bella faccia nella patria beata, se voi, mio Salvatore, non foste morto per me? La vostra Passione dunque è quella che, non ostanti i miei peccati, mi fa sperare di venire un giorno ancor io in compagnia de' santi e della vostra santa Madre a cantare le vostre misericordie, a ringraziarvi ed amarvi per sempre in paradiso. Gesù mio, così spero. Misericordias Domini in aeternum cantabo (Ps. LXXXVIII, 2).

Maria madre di Dio, pregate Gesù per me.




<<Cor Mariæ Immaculatum, intercede pro nobis>>

Nessun commento:

Posta un commento