DOMENICA XXVIII, tempo ordinario, anno B. (14 ott. 2012)
Post importante per capire le ultime settimane di Gesù prima della sua beata Passione.
576. Verso Doco l’incontro con il giovane ricco. Mt 19, 16-30; Mc 10, 17-31; Lc 18, 18-30
È un’altra mattina bellissima d’aprile. La terra e il firmamento spiegano tutte le loro primaverili bellezze. Si
respira luce, canto, profumo, tanto l’aria è satura di luminosità, di voci di festa e d’amore, di fragranze. Deve
esser scesa nella notte una breve pioggia che ha reso scure e senza polvere le strade, senza con ciò farle
fangose, ed ha pulito steli e foglie che ora tremolano, tutte scintillanti e monde, ad una dolce brezza che
scende dai monti verso questa fertile piana, che preannuncia Gerico.
Dalle rive del Giordano salgono continuamente persone che hanno traghettato dall’altra sponda, oppure
hanno seguito la strada che costeggia il fiume, venendo su questa che punta direttamente su Gerico e su
Doco, come indicano i segnali stradali. E ai molti ebrei, che si dirigono da ogni parte a Gerusalemme per il
rito, si mescolano mercanti di altri luoghi, e pastori e pastori con gli agnelli dei sacrifici, belanti ignari.
Molti
riconoscono e salutano Gesù. Sono, questi, ebrei della Perea e Decapoli e di luoghi anche più lontani. Ve ne
è un gruppo di Cesarea Paneade. E sono pastori che, per essere piuttosto nomadi dietro i greggi, hanno
conoscenza del Maestro, incontrato o annunciato a loro dai discepoli.
Uno si prostra e gli dice: «Posso offrirti l’agnello?».
«Non te lo levare, uomo. È il tuo guadagno questo».
«Oh! è la mia riconoscenza. Tu non ti ricordi di me. Io sì. Sono uno che Tu hai guarito guarendo tanti. Mi hai
rinsaldato l’osso della coscia che nessuno guariva e mi teneva infermo. Te lo do volentieri l’agnello. Il più
bello. Questo. Per il banchetto di letizia. Lo so che per l’olocausto sei tenuto alla spesa. Ma per la letizia!
Tanta ne hai data a me. Prendilo, Maestro».
«Ma sì, prendilo. Saranno denari che risparmieremo. O meglio, sarà possibilità di mangiare, perché con tutte
le prodigalità che si fanno io non ho più denaro», dice l’Iscariota.
«Prodigalità? Ma se da Sichem non si è più speso uno spicciolo!», dice Matteo.
«Insomma, io non ho più denaro. Gli ultimi li detti a Merode».
«Uomo, ascolta», dice Gesù al pastore per porre fine alle parole di Giuda. «Io non vado per ora a Gerusalemme e non posso portare con Me l’agnello. Altrimenti lo accetterei per mostrarti che gradisco il tuo dono».
«Ma poi andrai in città. Ti fermerai per le feste. Avrai un ricovero. Dimmi dove ed io consegnerò ai tuoi
amici...».
«Non ho nulla di questo... Ma a Nobe ho un vecchio e povero amico. Ascoltami bene: il dì dopo il sabato
pasquale tu andrai all’alba a Nobe e dirai a Giovanni, l’anziano di Nobe (tutti te lo indicheranno): “Questo
agnello te lo manda Gesù di Nazaret, tuo amico, perché tu festeggi questo giorno con banchetto di letizia,
perché più grande letizia di oggi non c’è per i veri amici del Cristo”. Lo farai?».
«Se così vuoi, lo farò».
«E mi farai felice. Non prima del dì dopo il sabato. Ricorda bene. E ricorda le parole che ti ho detto. Ora va’
e la pace sia con te. E serba il tuo cuore stabile in essa pace nei giorni futuri. Ricorda anche questo e continua
a credere nella mia Verità. Addio» .
Della gente si è accostata ad ascoltare il dialogo e si dirada solo quando il pastore, rimettendo in moto il suo
gregge, la obbliga a sparpagliarsi. Gesù segue il gregge, approfittando della scia aperta da esso.
La gente bisbiglia: «Ma allora va proprio a Gerusalemme? Ma non sa che c’è il bando per Lui?».
«Eh! ma nessuno può vietare ad un figlio della Legge di presentarsi al Signore per la Pasqua. È colpevole
forse di pubblico reato? No. Perché, se lo fosse, il Preside lo avrebbe fatto imprigionare come Barabba».
E altri: «Hai sentito? Non ha ricovero né amici a Gerusalemme. Che tutti lo abbiano abbandonato? Anche il
risorto? [che sarebbe Lazzaro di Betania] Bella riconoscenza!».
«Taci là! Quelle due sono le sorelle di Lazzaro. Io sono delle campagne di Magdala e le conosco bene. Se le
sorelle sono con Lui, segno è che la famiglia di Lazzaro gli è fedele».
«Forse non osa entrare in città».
«Ha ragione».
«Dio lo perdonerà se sta fuori di essa».
«Non è colpa sua se non può salire al Tempio».
«La sua prudenza è saggia. Se venisse preso, tutto sarebbe finito prima della sua ora».
«Certo non è ancor pronto per la sua proclamazione a re nostro, ed Egli non vuole essere preso».
«Si dice che, mentre lo si sapeva ad Efraim, Egli sia andato in ogni luogo, sin presso le tribù nomadi, per
prepararsi i seguaci e le milizie e cercare protezioni».
«Chi te lo ha detto?».
«Sono le solite menzogne. Egli è il Re santo e non il re da milizie».
«Forse farà la Pasqua supplementare. Allora è più facile passare inosservato. Il Sinedrio è sciolto dopo le
feste, e tutti i sinedristi vanno alle loro case per la mietitura. Sino a Pentecoste non si raduna di nuovo».
«E, via che siano i sinedristi, chi volete che gli faccia del male? Sono loro gli sciacalli!».
«Uhm! che Egli si usi tanta prudenza? Cosa troppo da uomo! Egli è da più che un uomo e non avrà prudenza
vile».
«Vile? Perché? Nessuno può dir vile chi si risparmia per la sua missione».
«Vile sempre, perché ogni missione è sempre inferiore a Dio. Perciò il culto a Dio deve avere la precedenza
su ogni altra cosa».
Queste le parole che vanno da bocca a bocca. Gesù mostra di non sentire.
Giuda d’Alfeo si ferma per attendere le donne e, sopraggiunte che siano - esse erano col ragazzo, indietro
una trentina di passi - dice a Elisa: «Avete dato molto a Sichem dopo che partimmo!».
«Perché?».
«Perché Giuda non ha più un picciolo. I tuoi sandali, o Beniamino, non verranno. È destino così. A Tersa
non si poté entrare e, anche avessimo potuto, il non aver denaro avrebbe impedito ogni acquisto... Dovrai
entrare a Gerusalemme così...».
«Prima c’è Betania», dice Marta con un sorriso.
«E prima c’è Gerico e la mia casa», dice Niche pure sorridendo.
«E prima di tutto ci sono io. Io ho promesso e io farò. Viaggio di esperienze questo! Ho provato cosa è non
avere una didramma. E ora proverò cosa è dover vendere un oggetto per bisogno», dice Maria di Magdala.
«E che vuoi vendere, Maria, se non porti più gioielli?», chiede Marta alla sorella.
«Le mie grosse forcine d’argento. Sono tante. Ma per tenere a posto questo inutile peso possono bastare
quelle di ferro. Le venderò. Gerico è piena di gente che compra queste cose. E oggi è giorno di mercato, e
così domani e sempre per queste ricorrenze».
«Ma sorella!».
«Che? Ti scandalizzi pensando che mi si possa credere povera tanto da dover vendere le forcine d’argento?
Oh! vorrei averti dato sempre di questi scandali! Peggio era quando, senza bisogno, vendevo me stessa al
vizio altrui e mio». 86
«Ma taci! C’è il ragazzo, che non sa!».
«Non sa ancora. Forse non sa ancora che io ero la peccatrice. Domani lo saprebbe da chi mi odia perché non
sono più tale, e certo con particolari quali il mio peccato non ebbe pur essendo tanto grande. Meglio dunque
che lo sappia da me e veda quanto può il Signore che lo ha accolto: fare di una peccatrice una pentita, di un
morto un risorto, di me morta nello spirito, di Lazzaro morto nel corpo, due viventi. Perché questo ha fatto a
noi il Rabbi, o Beniamino. Ricordalo sempre e amalo con tutto il tuo cuore, perché Egli è veramente il Figlio
di Dio».
Un intoppo lungo la via ha fermato Gesù e gli apostoli, e le donne li raggiungono. Gesù dice: «Andate avanti
voi, verso Gerico, ed anche entrateci, se volete. Io vado a Doco con questi. Al tramonto sarò con voi».
«Oh! perché ci allontani? Non siamo stanche», protestano tutte.
«Perché vorrei che voi intanto, almeno alcune, avvisaste i discepoli che Io sarò da Niche domani».
«Se è così, Signore, noi andiamo. Vieni Elisa, e tu Giovanna, e tu Susanna e Marta. Prepareremo ogni cosa»,
dice Niche.
«E io e il ragazzo. Faremo i nostri acquisti. Benedicici, Maestro. E vieni presto. Tu, Madre, resti?», dice
Maria di Magdala.
«Sì. Col Figlio mio».
Si separano. Con Gesù restano soltanto le tre Marie: la Madre, sua cognata Maria Cleofe e Maria Salome. E
Gesù lascia la via di Gerico per una via secondaria che va a Doco.
E da poco è per essa quando, da una carovana che viene non so da dove - una ricca carovana che certo viene
da lontano perché ha le donne montate sui cammelli, chiuse nelle tremolanti berline o palanchini legati sulle
schiene gibbute, e gli uomini a cavallo di focosi cavalli o di altri cammelli - si stacca un giovane e facendo
inginocchiare il suo cammello scivola giù di sella, andando verso Gesù. Un servo, accorso, gli tiene la bestia
per le briglie.
Il giovane si prostra davanti a Gesù e, dopo il profondo saluto, gli dice: «Filippo di Canata, figlio di veri israeliti e rimasto tale, io sono. Discepolo di Gamaliele sinché la morte del padre mio non mi fece capo dei suoi commerci. Ti ho sentito più di una volta. So le tue azioni. Aspiro ad una vita migliore per avere quella vita eterna che Tu assicuri possesso di chi crea il tuo Regno in sé. Dimmi dunque, Maestro buono, che dovrò fare per avere la vita eterna?».
«Perché mi chiami buono? Solo Dio è buono».
«Tu sei il Figlio di Dio, buono come il Padre tuo. Oh! dimmi, che devo fare?».
«Per entrare nella vita eterna osserva i comandamenti».
«Quali, mio Signore? Gli antichi o i tuoi?».
«Negli antichi sono già i miei, i miei non mutano gli antichi. Essi sono sempre: adorare di amor vero l’unico
vero Dio e rispettare le leggi del culto, non uccidere, non rubare, non commettere adulterio, non attestare il
falso, onorare padre e madre, non danneggiare il prossimo ma anzi amarlo come ami te stesso. Facendo
così, avrai la vita eterna».
«Maestro, tutte queste cose le ho osservate dalla mia fanciullezza».
Gesù lo guarda con occhio d’amore e dolcemente gli chiede: «E non ti paiono sufficienti ancora?».
«No, Maestro. Cosa grande è il Regno di Dio in noi e nell’altra vita. Infinito dono è Dio che a noi si dona. Io sento che tutto è poco, di ciò che è dovere, rispetto al Tutto, all’Infinito perfetto che si dona e che penso si
debba ottenere con cose più grandi di quelle che sono comandate per non dannarsi ed essergli graditi».
«Tu dici bene. Per essere perfetto ti manca ancora una cosa. Se vuoi essere perfetto come vuole il Padre nostro dei Cieli, va’, vendi quanto hai e dallo ai poveri, e avrai un tesoro in Cielo che ti farà diletto al Padre,
che ha dato il suo Tesoro per i poveri della Terra. Poi vieni e seguimi».
Il giovane si rattrista, si fa pensieroso. Poi si alza in piedi dicendo: «Ricorderò il tuo consiglio...», e si allontana tristemente.
Giuda ha un sorrisetto ironico e mormora: «Non sono io solo ad amare il denaro!».
Gesù si volge e lo guarda... e poi guarda gli altri undici visi che gli sono intorno, poi sospira:
«Come difficilmente un ricco entrerà nel Regno dei Cieli, la cui porta è stretta, ed erta è la via, e non possono percorrerla ed entrare coloro che sono caricati dei pesi voluminosi delle ricchezze! Per entrare lassù non ci
vogliono che tesori di virtù, immateriali, e sapersi separare da tutto quanto è attaccamento alle cose del mondo e vanità».
Gesù è molto triste...
Gli apostoli si sogguardano fra loro...
Gesù riprende, guardando la carovana del giovane ricco che si allontana: «In verità vi dico che è più facile che un cammello passi per una cruna d’ago che non per un ricco di entrare nel Regno di Dio».
«Ma allora chi mai potrà salvarsi? La miseria fa sovente peccatori, per invidie e poco rispetto a ciò che è d’altri, e per sfiducia verso la Provvidenza... La ricchezza è di ostacolo alla perfezione... E allora? Chi potrà salvarsi?».
Gesù li guarda e dice loro: «Quello che è impossibile agli uomini è possibile a Dio, perché a Dio tutto è possibile. Basta che l’uomo lo aiuti, il suo Signore, con la sua buona volontà. È buona volontà accettare il consiglio avuto e sforzarsi di giungere alla libertà dalle ricchezze. Ad ogni libertà, per seguire Dio.
Perché la vera libertà dell’uomo è questa: seguire le voci che Dio gli sussurra al cuore e i suoi comandi, non essere schiavo né di se stesso, né del mondo, né del rispetto umano, e perciò non schiavi di Satana.
Usare della splendida libertà di arbitrio che Dio ha dato all’uomo per volere liberamente e solamente il Bene, e
conseguire così la vita eterna luminosissima, libera, beata. Neppur della propria vita bisogna essere schiavi, se per secondare la stessa noi si deve fare resistenza a Dio. Ve l’ho detto: (Vedi Vol 4 Cap 265) “Colui che
perderà la sua vita per amor mio e per servire Iddio, costui la salverà in eterno”».
«Ecco! Noi abbiamo lasciato ogni cosa per seguirti, anche le più lecite. Che ce ne verrà dunque? Entreremo allora nel tuo Regno?», chiede Pietro.
«In verità, in verità vi dico che coloro che mi avranno seguito in tal modo e che mi seguiranno - perché c’è
sempre tempo a riparare alle accidie e alle colpe sin qui fatte, sempre tempo sinché si è sulla Terra e si hanno
davanti dei giorni nei quali poter riparare al mal fatto - costoro saranno con Me nel Regno mio.
In verità vi dico che voi, che mi avete seguito nella rigenerazione, siederete sopra i troni a giudicare le tribù della Terra
insieme al Figlio dell’uomo seduto sul trono della sua gloria.
In verità ancora vi dico che non vi sarà nessuno
che, avendo per amor del mio Nome lasciato casa, campi, padre, madre, fratelli, sposa, figli e sorelle, per
spargere la Buona Novella e continuarmi, non riceva il centuplo in questo tempo e la vita eterna nel secolo futuro».
«Ma se perdiamo tutto, come possiamo centuplicare il nostro avere?», chiede Giuda di Keriot.
«Torno a dire: ciò che è impossibile agli uomini è possibile a Dio. E Dio darà il centuplo di gaudio spirituale
a coloro che da uomini del mondo seppero farsi figli di Dio, ossia uomini spirituali. Essi godranno il vero
gaudio, qui e oltre la Terra. E ancor vi dico che non tutti quelli che sembrano i primi, e primi dovrebbero
essere avendo più di tutti ricevuto, saranno tali. E non tutti quelli che sembrano ultimi, e men che ultimi, non
essendo in apparenza miei discepoli e neppur del Popolo eletto, saranno gli ultimi. In verità molti da primi
diverranno ultimi, e molti ultimi, infimi, diverranno primi... Ma ecco là Doco. Andate avanti tutti, meno
Giuda di Keriot e Simone Zelote. Andate ad annunciarmi a quelli che possono aver bisogno di Me».
E Gesù attende con i due trattenuti di unirsi alle tre Marie, che li seguono a qualche metro di distanza.
Lilium candidum sanctae Trinitatis,
ora pro nobis
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