SAN GIROLAMO:
AL SERVIZIO DELLA PAROLA DI DIO
È stato uno dei grandi personaggi
del mondo occidentale. Uno di quegli uomini che hanno lasciato un’impronta su
questa terra: hanno fatto cultura, sono stati punti di riferimento nei secoli
per tante persone. Hanno fatto storia. Il loro lavoro vince l’usura del tempo
che tutto divora e spesso tutto dimentica.
Ecco alcuni titoli che hanno dato a
Girolamo i suoi contemporanei e i posteri:
“Catholicorum magister” (Cassiano);
maestro non solo dei cattolici ma “Mundi magister” così Prospero d’Aquitania.
“Sacrae legis peritissimus”, “espertissimo della Legge Sacra” (cioè la Bibbia) è
la definizione di Sulpicio Severo. Erasmo da Rotterdam lo salutò come: “Principe
dei teologi”.
Nel nostro secolo poi papa Benedetto
XV, nel 1920, lo ha indicato come “il dottore sommo nell’esegesi scritturistica”
proprio perché egli aveva messo ogni istante della sua vita al servizio della
Sacra Scrittura “per raggiungere più compiutamente il senso della Parola di
Dio”.
La festa liturgica di Girolamo santo
viene celebrata il 30 settembre. Un particolare curioso e forse unico. È
ricordato come un santo che vale per tutta la chiesa (non è un “locale”
insomma), ma non fu mai dichiarato tale dalla Chiesa. Il motivo? Semplice. Aveva
un caratteraccio poco... santo. Era impetuoso, collerico, incline alla polemica,
poco paziente e tagliente nei giudizi. Concediamogli però un’attenuante: ha
condotto una vita ascetica rigorosa, soffrendo non poco per numerose malattie.
Girolamo riconosceva questo suo carattere poco conciliante e socievole. L’arte
lo ha rappresentato magro mentre si batte il petto con una pietra, dicendo, come
riferisce la tradizione: “Perdonami, Signore, perché sono Dalmata”. Era tuttavia
molto stimato dagli uomini di cultura del suo tempo ed il popolo lo ha venerato
come santo fin dal primo Medio Evo.
È di Girolamo la famosa frase:
“Ignoratio Scripturarum,
ignoratio Christi est”.
Non conoscere la Scrittura equivale
a non conoscere Gesù Cristo. Non possiamo dire che c’è molta conoscenza della
Scrittura tra i Cattolici, anche se, dopo il Vaticano II, è più avvertita
l’importanza di questa conoscenza e c’è più impegno per studiarla.
Alla vigilia dell’anno giubilare del
2000, preparato dalla riflessione sui temi “teologici” del Figlio (1997), dello
Spirito (1998), del Padre (1999), ricordando san Girolamo riproponiamo il
problema della conoscenza della Parola di Dio, del suo studio, del “perdere
tempo” su di essa, per essere in grado di conoscere il Cristo, centro della
Scrittura. Non c’è vero amore per ciò che la nostra intelligenza ignora. L’amore
cresce se cresce la conoscenza. Questo vale per l’esperienza umana ma anche per
quella spirituale. Non c’è conoscenza e quindi amore di Cristo senza lo studio
di lui nella Bibbia. È questo il suo profondo messaggio.
Girolamo nacque nel 342 a Stridone
in Dalmazia. I genitori cattolici lo fecero studiare prima a Roma, poi andò a
Treviri, infine ad Aquileia. Qui aderì ad una comunità di asceti, che si
chiamava “Coro dei Beati”.
Presto risuonò forte in lui il richiamo
dell’Oriente. Girolamo partì carico dei suoi amati autori classici. Vi rimase
dal 373 al 381. Fece grandi amicizie, come quella con Evagrio e con Gregorio di
Nazianzio che lo avviò alla conoscenza e traduzione di Origene e di altri
autori.
Nel 382 iniziò per Girolamo il
periodo romano: sarà breve ma decisivo per il resto della sua vita. A Roma
infatti conobbe il papa Damaso e ne divenne segretario. Questi lo indirizzò con
decisione e intelligenza all’attività biblica. Da quel momento Girolamo visse
per la Scrittura, per la sua traduzione, per il commento di essa, per la
predicazione e per l’iniziazione di altri alla sua comprensione e
personalizzazione. La Parola di Dio sarà il punto di riferimento costante in
tutta la sua attività. Nel 384 iniziò infatti a rivedere le antiche versioni dei
vangeli e quindi dei salmi.
Per capire la Scrittura la chiave ermeneutica è Cristo
Questo suo lavoro aveva l’appoggio e
l’incoraggiamento di Damaso. Ma questi morì nel dicembre di quell’anno. Le lotte
di potere non sono state mai completamente assenti anche in àmbito ecclesiale.
Dopo tutto la chiesa è fatta di uomini con le loro virtù e ahimè anche i loro
difetti. Girolamo aveva fatto un pensierino alla cattedra di Pietro, ritenendosi
non proprio indegno. Dal lato culturale certamente lo era: fu uno degli uomini
più eruditi del suo tempo (insieme ad Agostino, che ammirava e col quale ebbe
un’amicizia “dialettica”). Conosceva bene sei lingue, aveva una profonda
conoscenza dei classici.
Gli mancavano, ahimè, gli appoggi
politici che pesano, le conoscenze che contano, le frequentazioni giuste e
mirate. Per la successione a Damaso ci furono forti tensioni tra il clero
romano, anche contro “quel dalmata” considerato un outsider. Girolamo ne rimase
deluso, e captato il vento contrario alla sua santa ambizione, decise per il
secondo e definitivo ritorno in Oriente. Vi rimarrà fino alla morte
(420).
Si stabilì a Betlemme fondandovi due
monasteri, uno maschile e l’altro femminile. Tra i suoi meriti c’è anche quello
di aver dato un impulso decisivo alla diffusione del monachesimo occidentale. Il
suo lavoro principale ormai era la traduzione della Scrittura, iniziata per
incarico del suo amico Damaso. Quest’opera verrà conosciuta come la Vulgata:
questa avrà un influsso enorme sulla vita della Chiesa e sul clima culturale del
tempo e anche dopo.
Sarà proprio la sua Vulgata il primo
libro della storia ad essere stampato da Johannes Gutenberg l’inventore della
stampa. Girolamo era convinto che il messaggio biblico ha come finalità tutto il
genere umano e non solo “le sfaccendate scuole di filosofi”. Il filo unificatore
di un serio studio della Scrittura o ascesi biblica è dato dalla chiave centrale
di interpretazione che è Cristo: lo studio impegnato porterà ad una conoscenza
amorosa di Cristo e alla sua sequela. Per Girolamo leggere il Libro non è come
leggere un libro. Il lettore biblico deve avere cinque qualità: essere prudente,
diligente, interessato, zelante, informato.
“La Bibbia è una mediazione tra Dio
che rivolge la Parola e l’uomo che legge, a guisa di una lettera che gli è stata
inviata: Girolamo risulta in questo il Padre della Chiesa che più spinge a
leggerla... Il dialogo del lettore con le pagine bibliche si concretizza poi in
un dialogo con Cristo, perché tutte le Scritture parlano di Lui. La Bibbia
perciò è il luogo privilegiato di incontro con Cristo, è il grande sacramentum
del Salvatore...” (V. Grossi).
Che eredità spirituale ci lascia
Girolamo? Certamente il suo amore totale per la Parola di Dio. L’itinerario
esistenziale e spirituale che egli visse, trovò nello studio alla Bibbia il filo
unificante, la fonte e le radici stesse della sua santità. La sua immensa fatica
nella traduzione della Bibbia non era altro che la prova concreta, quotidiana
del suo immenso amore a Cristo: ogni fatica affrontata per Lui gli sembrava
leggera. In questo suo lavoro non era certamente sorretto dalle prospettive di
carriera o di guadagno. Solo Cristo e solo per Cristo.
Lo studio della Scrittura era
pensato da Girolamo come una vera ascesi, cioè come autentico, serio, quotidiano
impegno e sacrificio per Cristo e la sua causa. Così scriveva Girolamo del suo
amico Nepoziano:
“Con l’assidua lettura della
Scrittura e la quotidiana meditazione egli aveva reso il suo cuore una
biblioteca di Cristo”.
Ai cristiani che talvolta si
lamentano del “silenzio di Dio” nella loro vita, San Girolamo ricorda una verità
fondamentale:
Dipende da noi lasciarlo parlare.“Quando preghi tu parli allo sposo. Quando leggi la Scrittura è Lui che ti parla”.
MARIO SCUDU sdb ***
*** Questo e altri 120 santi e sante sono nel volume di :
MARIO SCUDU, Anche Dio ha i suoi campioni, Editrice ELLEDICI, 2011
“Ignoratio Scripturarum,
ignoratio Christi est”.
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