venerdì 19 novembre 2021

Cornelio A Lapide ci parla di San Paolo Apostolo

 

Quinta virtù

Povertà evangelica

65. I. Paolo e gli Apostoli seguirono nella povertà Cristo povero: «Poveri

sulla terra, ricchi in cielo, essi dispensavano ai credenti le ricchezze

spirituali» dice sant’Ambrogio (101). Avevano udito da Cristo il: «Beati i

poveri di spirito, poiché di essi è il regno dei cieli» (Matteo 5, 3), e

risposero: «Ecco noi abbiamo lasciato ogni cosa e ti abbiamo seguito, che

ce ne verrà?» (Matteo 19, 27). «Fecero questo voto con tutte le loro forze»

dice sant’Agostino (4). Gli Apostoli emisero il voto di povertà, come

usano fare i Religiosi, assieme a quello di castità e di obbedienza, come

dimostrerò commentando gli Atti (5, 2). Essi furono difatti capi perfetti di

vita religiosa, padri e condottieri. Anzi san Girolamo (5) dipinge a

Nepoziano la vita dei chierici, copiandola dagli Apostoli: «Il chierico, che

serve la Chiesa, studi prima l’etimologia del suo nome; e trovata la

definizione del nome, si sforzi di essere ciò che significa. Se di fatti la

parola greca *** corrisponde alla latina sors (sorte), allora si chiamano

clerici, sia perché sono de sorte Domini, sia perché ipse Dominus sors,

ossia è pars ipsorum clericorum (lo stesso Signore è sorte e porzione dei

chierici). Chi è parte del Signore, o ha il Signore come sua parte, deve

essere tale da possedere il Signore, e da essere posseduto dal Signore», non

dall’oro o da altra cosa creata.


66. II. Paolo visse sopportando la fame, la sete, la nudità, la fatica (6). «So,

dice ai Filippesi (4, 12 s), vivere nell’umiliazione (sopportare la miseria), e

nell’abbondanza, (in ogni luogo e ad ogni cosa sono pronto), ad essere

sazio, a patir la fame, ad, essere nell’abbondanza come nella penuria. Io

posso tutto in Colui che mi conforta». «Paolo, soggiunge il Crisostomo (8),

era uomo che ha dovuto spesso lottare con la fame, andare a letto senza

cena, essere ignudo; spesso gli mancavano gli indumenti anche necessari.

Nel gelo, scrisse, e nella nudità». Con verità san Girolamo dice (105):

«Assai ricco è colui che è povero con Cristo». Santa Paola povera a

Betlemme con Cristo, aveva fatto voto di morire mendicando, di non

lasciare alla figlia (Eustochio) neppure un soldo, e di essere seppellita

avvolta in un lenzuolo non suo. Ottenne pienamente la realizzazione di

questo triplice voto, e le accadde proprio come desiderava. Così narra san

Girolamo (106), nella Vita di lei.


Cristo e gli Apostoli andavano a piedi per città e villaggi

67. III. Paolo, sull’esempio di Cristo, andò a piedi per molte ed estese

regioni, come dimostrerò commentando gli Atti (20, 13). Imitano dunque

gli Apostoli, anzi Cristo stesso, coloro che, come S. Francesco, vanno

predicando il Vangelo per le città e per i villaggi, non a cavallo o in

carrozza, ma a piedi. A Roma, nella basilica di san Paolo, mi venne

mostrata una parte del bastone di san Paolo, appoggiato al quale dicesi sia

entrato a piedi in Roma. Cristo prescrisse agli Apostoli di fare così (Cfr.:

Matteo 10, 10. 14). Pertanto, nella regola di san Francesco, che riflette il

modo di vivere all’apostolica, è proibito (107), sotto gravissime pene «ad

ognuno di andare a cavallo, eccetto vi sia costretto da una grave necessità

o da malattia». La stessa cosa, la Terza Congregazione Generale (Can. 12)

gravemente e seriamente raccomanda ai religiosi della nostra Compagnia,

che girano per le province, sull’esempio degli Apostoli. San Vincenzo

Ferreri, uomo apostolico che percorse, evangelizzando, l’Italia, la Francia,

l’Inghilterra, l’Irlanda, la Spagna, ecc., «viaggiò non a cavallo, ma a piedi,

contento del solo bastone cui si appoggiava: e ciò fece per quindici anni

consecutivi. In seguito però, per una certa malattia sopravvenutagli alla

tibia, spinto dalla necessità, accettò un asino, sul cui dorso viaggiava»,

dice l’autore della Vita di questo santo (Lib. 2, c. 7).


68. IV. Paolo, anche tra tante e così gravi fatiche del Vangelo, non volle

prendere ricompense dai fedeli, ma lavorò con le sue mani esercitando

l’arte del tessitore di tappeti; in tal modo guadagnò il vitto non solo per sé,

ma anche per tutti i suoi collaboratori. Ciò dimostra chiaramente la sua

ammirabile povertà, la sua carità ed il suo zelo. «Non ho bramato, dice, né

argento, né oro, né vesti di alcuno. Voi lo sapete che al bisogno mio ed a

quelli che son con me Paolo han provveduto queste mie mani. E in tutto vi

ho dimostrato che lavorando bisogna accogliere gli infermi, ricordandosi

della parola del Signore Gesù, il quale disse: E’ più grande fortuna dare

che ricevere» (Atti 20, 33.35).

Quel celebre Vescovo Spiridione di Trimitunte imitò da lontano Paolo;

egli fece il mandriano, come dicono Rufino (108), Sozomeno (109),

Niceforo (110). Così pure Zenone, Vescovo di Maiuma, fece il lanaiolo,

non per povertà, ma per desiderio ed esempio di umiltà; di ciò parla

Sozomeno (111), e Niceforo (112). Anche san Girolamo (113) stimola

Nepoziano e Rustico al lavoro manuale. Leggasi Isidoro Pelusiota (114),

che appoggia il lavoro manuale con l’esempio del re Pittaco di Mitilene, il

quale stando ad un forno si preparava da solo la farina ed il pane per

sfamarsi. Anche il IV Concilio Cartaginese (115), ed il Concilio Nannetese

(116) comandano ai chierici di procurarsi loro il vitto ed il vestito,

lavorando la terra, od esercitando un’arte onesta. Intendasi questo quando

sono poveri e la Chiesa non li può mantenere. Così si faceva una volta; ora

infatti, per decreto del Concilio di Trento (Sess. 21, c. 2), e di altri concili

anteriori, venne sancito che nessuno possa essere ordinato se non può

mantenersi coi beni propri o coi beni della Chiesa.

Ugualmente fece il P. Oviedo, Patriarca d’Etiopia

In questo secolo, imitò san Paolo il P. Andrea Oviedo, della nostra

Compagnia, che fu creato dal Romano Pontefice Patriarca d’Etiopia. Quivi

visse fino alla morte in tal grado di povertà, da essere costretto a guidare

con le sue mani l’aratro ed a seminare i cereali per nutrirsene. Richiamato

dal Pontefice Gregorio XIII, rispose con una lettera scritta nei margini

ritagliati dal suo Breviario, non avendo altra carta su cui scrivere. In tale

lettera pregava il Pontefice che gli permettesse di assistere fino alla fine

della vita quella sua Chiesa, alla quale si era sposato. Gregorio vedendo

quella lettera pianse, e gli mandò la sua benedizione. E vediamo già i frutti

di tale povertà e costanza; in verità l’imperatore d’Etiopia, suo fratello ed i

capi, si sono riconciliati con la Chiesa Romana, e chiedono un nuovo

Patriarca. Vescovi e religiosi, che convertano veramente e completamente

quel vasto impero.

Pure san Girolamo (117) dice: «Fa qualche cosa, affinché il demonio ti

trovi sempre occupato. Se gli Apostoli, che avevano la potestà di vivere

del Vangelo, lavoravano con le loro mani per non essere di aggravio ad

alcuno, e cedevano refrigeri ad altri dai quali potevano esigere beni

temporali in compenso degli spirituali, perché tu non ti prepari le cose che

saranno utili per te stesso? Intreccia cestini di giunco, o canestri di

flessibili vimini; zappa la terra, dividi il giardino in aiuole simmetriche; fa

alveari per le api; costruisci reti per la pesca; scrivi dei libri; così mentre le

mani si procurano il cibo, l’animo resta satollato dalla lettura. Ogni ozioso

resta in soli desideri» (118).

AMDG et DVM

Nessun commento:

Posta un commento