mercoledì 23 ottobre 2013

Obbedienza



I TESORI DI CORNELIO A LAPIDE: Obbedienza

Data: Domenica, 09 settembre @ 08:14:54 CEST
Argomento: Vita cattolica: Matrimonio, laicato...


1. Gesù modello di obbedienza. 

2. L'obbedienza è necessaria. 
3. Bisogna obbedire ai superiori. 
4. Se sia troppo difficile l'obbedire. 
5. Eccellenza dell'obbedienza. 
6. Vantaggi dell'obbedienza: 1° La vittoria; 2° L'obbedienza nutrisce l'anima; 3° E un rimedio; 4° Innalza l'uomo; 5° Attira le benedizioni di Dio; 6°.E la prima delle virtù della vita cristiana; 7° E principio di vera felicità; 8° E un segno di predestinazione; 9° Ha il merito e la gloria del martirio; 10° Procura una buona morte. 
7. Come bisogna obbedire.






1. GESÙ MODELLO DI OBBEDIENZA. - Di Gesù Cristo, l'evangelista scrive che stava sottomesso a Giuseppe e a Maria (Luc. II, 51). Con trent'anni di soggezione ai suoi parenti, Gesù ha voluto insegnarci che la perfezione della virtù e della religione sta principalmente nell'obbedienza. Il divin Redentore scelse, dice San Paolo, perdere la vita anzi che venire meno all'obbedienza (Philipp. II, 8). Grandi cose ha certamente fatto e detto il Figliuolo di Dio nei primi trent'anni di sua vita e il Vangelo le racchiude tutte in queste tre parole: - Erat subditus illis, - Egli stava loro sottomesso! Gesù Cristo faceva tutto per obbedienza: bisogna dunque dire che l'obbedienza è di un merito infinito... Tanto più se badiamo che egli, sebbene Figliuolo di Dio, imparò quest'obbedienza a costo di patimenti e di sacrifici (Hebr. V, 8). 


Del resto, qual conto facesse Gesù dell'obbedienza, lo possiamo udire da Lui medesimo: «Il mio cibo consiste nel fare la volontà di colui che mi ha inviato e di compire l'opera sua; io cerco la sua volontà e non la mia; sono disceso dal cielo non per fare quello che piace a me, ma la volontà di colui che mi ha mandato» (IOANN. IV, 34), (Id. V,3D), (Id. VI, 38). Una prova eroica di questa obbedienza ce la dà nel giardino degli Olivi, quando. in mezzo ad angosce ineffabili, esclama: «Padre, se a voi piace, passi da me questo calice; ad ogni modo però non si faccia la mia volontà, ma la vostra» (Luc. XXII, 42). 

Così egli adempì alla lettera quello che di sé già aveva predetto per bocca di Davide: «Eccomi: In capo al libro sta scritto di me, che avrei fatto la tua volontà; mio Dio, io l'ho voluto» (Psalm. XXXIX, 7-8). Avvertiamo qui con S. Agostino, che siccome l'obbedienza del secondo uomo è più lodevole perché lo portò ad essere obbediente fino alla morte, così tanto più abominevole è la disobbedienza del primo uomo, perché fu disobbediente fino alla morte (De Civ. Dei, lib. XIV, c. 15). Che meraviglia dunque, se l'obbedienza tiene un luogo splendido tra le virtù dei Santi, in ogni tempo?.. 

2. L'OBBEDIENZA È NECESSARIA. - «Ascolta, figliuol mio, dice il Savio, le correzioni di tuo padre, e non trascurare i comandi di tua madre» (Prov. I, 8). «Figliuoli, dice S. Paolo, obbedite ai vostri genitori, nel Signore; voi, servi, obbedite ai vostri padroni» (Eph. VI, 1, 5). Se S. Paolo, come osserva qui il Crisostomo, dà ordine così severo ai servi di obbedire ai padroni, con quanta più prontezza ed esattezza dobbiamo obbedire a Dio, che ci ha tratti da nulla, e ci nutre e ci veste, e ci conserva, e ci ha redenti! (In Ep. ad Eph.). 

Quando Iddio fa sentire la sua voce, bisogna obbedire e non discutere, dice S. Agostino (De Civ. Dei), lasciarsi cioè muovere dalla sua volontà come, secondo l'espressione di S. Giustino martire, l'argilla si lascia maneggiare dal vasaio (Epist.). Infatti, come diceva Samuele, «vuol forse Iddio vittime ed olocausti, e non piuttosto che si obbedisca alla sua voce? Vale di più l'obbedienza che non tutte le vittime» (I Reg. XV, 22). 
Il grande Apostolo scriveva a Tito, che ammonisse i fedeli e loro inculcasse di stare sottomessi al principi ed alle potestà, di obbedire alla parola e di essere pronti ad ogni buona opera (TIT. III, 1). Come si vede, questo testo apostolico ordina l'obbedienza verso tutti i superiori spirituali e temporali. 

Difatti osserva S. Lorenzo Giustiniani: «Come non ha nessuna speranza di vittoria un esercito senza capitano, e nessuna nave non arriva in porto senza un guidatore; così, senza obbedienza, è impossibile che l'uomo navighi sul mare della vita e non rompa negli scogli (De Ligno vitae, v. III)». «Molto importa all'uomo, dice S. Gregorio, che egli sia in tutti i suoi movimenti contenuta dalla legge e serva come un animale domestico incatenato, e viva sempre conforme alle leggi eterne (Lib. Moral.)». 

«Che altro ha fatto Gesù in mezzo a noi, se non obbedire per mostrarci la necessità dell'obbedienza?», dice il Venerabile Beda (Collectan.). «E che cosa ha fatto Gesù con la sua obbedienza, domanda S. Ambrogio, se non che adempire il precetto della pietà?» (Offic. lib. III, c. V). 
Gesù ha fatto un rigoroso precetto di obbedienza verso i superiori ecclesiastici, allorché disse agli apostoli: «Chi ascolta voi, ascolta me; chi disprezza voi, disprezza me» (Luc. X, 16). «Ricordatevi, dice Clemente Alessandrino, che se voi obbedite, avrete la luce eterna; se non obbedite, vi toccherà il fuoco (Strom. lib. III)». 

3. BISOGNA OBBEDIRE AI SUPERIORI. - Gli inferiori devono vedere nei loro superiori la persona medesima di Gesù Cristo e stare ai loro comandi come se venissero dalla bocca medesima del Salvatore... «Sia Dio, o sia l'uomo suo rappresentante, diceva S. Bernardo, colui che ci dà un comando, noi dobbiamo riceverlo e osservarlo con la medesima premura e riverenza. In tutto ciò che non fa apertamente contro Dio, noi dobbiamo ascoltare come Dio colui che per noi tiene il luogo di Dio... Se l'anima vuole regnare sopra la carne, deve prima stare sottomessa al suo superiore; perché tale troverà verso di sé il suo inferiore, quale essa si contenne col suo superiore, armandosi la creatura a vendicare il Creatore. Sappia dunque l'anima che ha ribelle a sé la carne, che essa non è sottomessa ai suoi superiori (Serm. I in Fest. omn. Sanctor.)». Anche S. Agostino ci fa osservare che l'anima ragionevole è padrona del proprio corpo, ma essa non saprà mai comandare a questo suo inferiore, se non serve essa medesima con tutta la soggezione della carità, a Dio suo signore (Enchirid.). 

«Obbedite - scriveva S. Paolo agli Ebrei, - ai vostri superiori e state loro sottomessi; affinché, dovendo essi vegliare su di voi, come incaricati di rendere conto delle anime vostre, adempiano questo ufficio con gioia, non con rammarico, perché questo a voi non giova» (Hebr. XIII, 17). «Siate soggetti a Dio, ripete S. Giacomo, e al vostri superiori come luogotenenti di Dio» (IACOB. IV, 7). 

S. Gerolamo accertava Rustico, che riesce salutare all'anima di chi obbedisce, ogni comando di un superiore di monastero; e lo ammoniva che era suo dovere l'obbedire, l'adempiere gli ordini imposti, l'osservare i comandi tacendo, senza pretendere di giudicarli (Epistola ad Rustic.). Perché, come già avvertiva San Gregorio, non sa discutere, chi ha imparato a obbedire prontamente (Lib. II in Reg). Dei monaci di Egitto attesta Cassiano, che ricevevano gli ordini dei loro superiori, come se fossero venuti direttamente da Dio, ed erano solleciti di uniformarvisi senza replicare. 

4. SE SIA TROPPO DIFFICILE L'OBBEDIRE. - A chi opponesse la troppa difficoltà che porta l'obbedienza, si potrebbe domandare se la sua obbedienza sia già stata posta a quei duri cimenti a cui fu posta l'obbedienza di alcuni santi personaggi dell'antico e del nuovo Testamento. Di Abramo, per esempio, leggiamo che Iddio volendone provare l'obbedienza, gl'intimò che sacrificasse sopra un monte, che gli avrebbe indicato, l'unigenito suo Isacco, amore e delizia del suo cuore paterno (Gen. XXII, 2). 

Notate l'obbedienza pronta, assoluta, intera, del buon patriarca! Dio lo. chiama, ed egli risponde subito: Eccomi - Adsum. - Dio gli manifesta la sua volontà, ma ciascuna delle sue parole è un colpo di spada: 1° Prendi, non uno straniero, ma tuo figlio...; 2° il tuo figlio unico...; 3° il tuo figlio diletto...; 4° il tuo Isacco, cioè la tua gioia...; 5° l'offrirai in olocausto; non lo farai immolare da mano straniera, ma tu, tu medesimo, suo padre, lo sacrificherai, adempirai le funzioni di sacrificatore...; 6° l'offrirai a me... Poteva ben egli rispondere... Dove sono le vostre promesse, o Signore, se io sacrifico questo figlio?... ma egli non muove labbro...; 7° tu lo offrirai in olocausto, cioè lo ridurrai in cenere tutto quanto, di modo che non resti nessuna parte del suo corpo a te suo padre...; 8° Tolle, prendilo, non mettere indugio all'esecuzione...; 9° esponiti ai disagi di un lungo viaggio e di una faticosa salita, per privarti dell'unico tuo sostegno... 

La nostra obbedienza viene messa alle prove a cui già fu assoggettata quella di Giobbe?.., di Tobia..., della madre dei Maccabei?.. Abbiamo noi da obbedire a ordini così severi e tremendi, come quelli cui si sottomise Gesù Cristo, come agnello condotto al macello? E Maria, e gli apostoli, forse che non ebbero nulla di difficile da compiere? «Chino il capo, dice S. Basilio, gli apostoli si sottoposero al giogo dell'obbedienza, e con lieta faccia e con animo pronto affrontarono le pubbliche piazze, le lapidazioni, gli oltraggi, le croci e diversi generi di supplizi (Homil. in Act. Apost.)»... Pensiamo ora quello che da noi si esige e facciamone il confronto. 

5. ECCELLENZA DELL'OBBEDIENZA. - La disubbidienza di Adamo perdette tutti gli uomini, l'ubbidienza di Gesù Cristo li ha salvati tutti. Papa Giovanni XXII dice: «Gran bene è la povertà, più grande è la castità, ma grandissimo è l'obbedienza: perché la povertà non regna che su cose esteriori e di poco valore; la castità domina su la carne; mentre l'obbedienza comanda su lo spirito e sul cuore» (Stor. eccles.).

Eccellentissima virtù è l'obbedienza, perché sottomette l'uomo a Dio e per mirabile vicenda Dio all'uomo... Immola a Dio in olocausto le più nobili facoltà dell'uomo, cioè l'intelletto e la volontà, le quali egli rinunzia e consacra a Dio nella persona dei suoi superiori. Perciò S. Gregorio, commentando quelle parole di Samuele a Saulle: «L'obbedienza è migliore del sacrifizio» - dice: «Il profeta parla così perché il sacrifizio delle vittime è immolazione di carne straniera, mentre l'obbedienza è immolazione della volontà propria (Moral. 1. XXXIV, c. X)». Tutto ciò che si fa per obbedienza, acquista un merito infinito e procura gran quantità di beni. Parlando di S. Francesco d'Assisi, S. Bonaventura scrive che questo gran Santo assicurava che tanto copiosa mercede ottiene l'obbedienza, che coloro i quali la praticano, non passano un istante senza ricevere qualche grazia... L'obbedienza è la madre delle virtù; perciò S. Gregorio scrive: «L'obbedienza è la sola virtù che semina le altre virtù dell'anima e seminate le conserva (Moral. 1. XXXIV, c. X)». Dio guida in modo certo e sicuro colui che si sottomette ai suoi superiori, e lo conduce direttamente al porto della salute. Dice S. Giovanni Climaco
«L'obbedienza è una perfetta abnegazione dell'anima e del corpo, una morte volontaria; è vita di umiltà senza inquietudine, navigazione senza pericoli, sepolcro della volontà; ci fa simili a un uomo che, anche dormendo, cammini e avanzi verso la mèta del suo viaggio. Vivere nell'obbedienza è un caricare su gli altri il proprio fardello, è un nuotare sostenuti dalla mano altrui, è un essere portati su le onde perché non naufraghiamo, ma passiamo senza rischio, per la via più spedita e più comoda, il grande e pericoloso oceano della vita» (Grad. IV). 

L'eccellenza dell'obbedienza si rileva da ciò che Gesù preferì l'obbedire al vivere. Egli si è fatto obbediente fino alla morte, dice San Paolo, e alla morte di croce. Ma ecco il premio che ricevette: «Perciò Dio lo esaltò, e gli diede un nome che è superiore ad ogni nome, tanto che al nome di Gesù si piega ogni ginocchio in cielo, in terra e nell'inferno» (Philipp. II, 9-10). 
Chi obbedisce volentieri si cattiva la grazia dei suoi compagni; ama di rendersi utile a tutti e di peso a nessuno; egli è pio con la divinità, buono con i suoi simili, riserbato col mondo; si porta da servo fedele con Dio, da buon amico col prossimo, da padrone con se stesso... «L'obbedienza, continua S. Giovanni Climaco, è una vita che non sacrifica nulla alla curiosità ed è fuori di ogni pericolo, è scusa immediata presso Dio, cammino sicuro, deposizione di un giudizio che spesso sbaglia, rinunzia di ogni desiderio pericoloso. Come gli alberi sbattuti dalla bufera si tengono diritti per mezzo di salde e profonde radici, cosi coloro che nella pratica dell'obbedienza sono esercitati e provati, mantengono la loro anima forte e irremovibile...». 

L'obbedienza è superiore ai sacrifizi: 

perché l'obbedienza è l'immolazione della volontà, e la volontà dell'uomo supera in valore ogni altra vittima. «L'uomo, dice S. Bernardo, tanto più piace a Dio, quanto più prontamente s'immola agli occhi di lui con la spada del precetto, reprimendo l'orgoglio del suo libero arbitrio (Epist.)». 

Perché l'obbedienza rende la nostra volontà conforme alla volontà di Dio, la quale, santissima in se stessa, è ancora forma e regola di ogni santità e virtù. Possono convenire alla volontà umana, trasformata in tale maniera, le parole del Signore: «Tu ti chiamerai la volontà mia» (ISAI. LXII, 4).
Perché l'obbedienza fa della volontà un sacrifizio vivente e continuo offerto a Dio, mentre gli antichi sacrifizi, oltre all'essere soltanto di carne di animali immolati, non duravano che pochi istanti. L'obbedienza è un olocausto nobilissimo, benché mistico, il quale consacra l'uomo intero al suo Creatore. In questo sacrifizio la volontà è immolata come una vittima; muore e intanto vive; muore a se stessa e vive in Dio e nella volontà divina. Perciò S. Gregorio afferma che è maggior merito il sottoporre la propria all'altrui volontà, che non il macerare il corpo con lunghi digiuni, o immolarsi con segreto sacrifizio per mezzo dell'interiore compunzione. Chi avrà imparato ad adempiere perfettamente la volontà dei suoi superiori, sopravanzerà in meriti e gloria nel cielo, quelli che digiunano e piangono (Mor.). 

Saper comandare e vincere se stesso è la più eccellente, è la più bella delle sovranità: chi obbedisce con semplicità e modestia è degno di comandare. «Dà orecchio, figlio mio, dice Iddio nei Proverbi, alle correzioni di tuo padre e non trascurare gli ordini di tua madre, affinché tu riceva una corona in capo, ed un monile al collo» (Prov. I, 8-9). Questa corona e questa collana, sono l'emblema dell'ornamento che l'obbedienza reca all'anima; essa la rende vaga e l'adorna una corona e una collana. Molte corone, principio di grazia e di bellezza, sono promesse all'obbedienza. 

La prima è la corona dell'amor di Dio e del prossimo... La seconda è la corona di tutte le virtù, perché l'obbedienza le rende obbligatorie o le consiglia. Essa comanda atti ora di religione, ora di sobrietà, ora di mortificazione, ora di modestia, ora di umiltà; ora di elemosina, ora di carità. Ecco in qual modo colui che si applica all'obbedienza, nell'esercizio di tutte le virtù si forma una bella e ricca corona, una magnifica collana. La collana può anche significare la pratica continua delle virtù e la loro unione abituale; e la corona il loro valore. L'abate Giovanni, interrogato in punto di morte dai suoi religiosi, come mai fosse arrivato a un cosi alto grado di perfezione, rispose: «Io non ho mai fatto la mia volontà, non ho mai comandato agli altri cosa alcuna che non abbia fatto io prima» (CASSIAN. De Instit. monach., lib. V, c. 28). La terza corona dell'obbedienza è la pienezza, l'abbondanza delle grazie, che Dio, rimuneratore dell'obbedienza, dà all'uomo veramente ed interamente obbediente...La quarta corona è quella del trionfo celeste e del paradiso. 

L'obbedienza è la salute di tutti i fedeli... È la madre di tutti i santi; per lei essi furono concepiti, partoriti, allattati, nutriti, vestiti; per lei crescono, si fortificano, salgono e toccano la perfezione. L'obbedienza mostra all'uomo il regno del cieli, glielo apre, ve lo introduce e lo la sedere sul trono. Bene sta, che quel capo che si curvo quaggiù sotto un giogo volontario, sia alzato e coronato di gloria: bene sta che la collana dell'onore adorni il collo di chi ha incatenato per amor di Dio la sua volontà. 

6. VANTAGGI DELL'OBBEDIENZA:

 l° La vittoria. - Il primo vantaggio dell'obbedienza sta nel renderci vittoriosi. Chiara e formale è la promessa dello Spirito Santo: «L'uomo obbediente narrerà vittorie» (Prov. XXI, 28). E sapete perché l'obbediente avrà vittorie da raccontare? «Perché, risponde S. Bernardo, quando umilmente ci assoggettiamo alla voce degli altri, noi vinciamo noi medesimi in fondo al cuore (Serm. de virt. Obed.)». Se con la vostra obbedienza voi vi assoggettate pienamente a Dio, alla sua legge e al suo volere, per piacere a lui in tutto, i vostri sensi, i vostri appetiti, il vostro corpo, i vostri pensieri, le tentazioni, la concupiscenza si sottoporranno al vostro spirito e alla vostra volontà; vi riuscirà facile il calmarle, e arriverete a dominarle come Adamo le dominò nell’Eden finché obbedì a Dio. Ma non appena ebbe disobbedito, subito sentì la sua carne ribellarsi a lui e la concupiscenza lo dominò. Se vi assoggettate al vostro superiore, tutto quello che è a voi inferiore, vi starà sottomesso; al contrario se vi ribellate a lui, avrete ribelle a voi tutto quello che a voi sta soggetto. 

A proposito di Adamo disobbediente osserva S. Agostino, che sarebbe stato ingiusto se il suo servo, cioè il suo corpo, avesse obbedito a lui che non aveva obbedito al suo Signore. Nel castigo di quel peccato, che pena fu mai inflitta alla disobbedienza, se non un'altra disobbedienza? (Tract. VIII in Ep. S. Joannis). Ah, conchiude altrove il medesimo Padre: «solo l'obbedienza tiene la palma, solo la disobbedienza incontra punizione (In psalm. LXXIII)». 
Gesù Cristo, obbedendo al Padre, ed anche ad Anna, a Caifa, a Pilato, ai suoi manigoldi, fino alla morte di croce, trionfò di tutto, del peccato, della morte, dell'inferno. La croce fu il carro trionfale, il trono del Salvatore; su la croce egli ascese per obbedienza, e su la croce sconfisse i suoi nemici, e fu dichiarato re... 

L'obbediente canterà vittoria 
1) sul demonio e su l'inferno... «Quando ci assoggettiamo agli uomini per riguardo a Dio, trionfiamo degli spiriti superbi, dice S. Gregorio; con le altre virtù combattiamo i demoni, con l'obbedienza li debelliamo. Vincitori dunque sono quelli che obbediscono, perché soggiogando in tutto la volontà loro a quella degli altri, comandano agli angeli decaduti per disobbedienza (In I Reg., lib. IV)»... Una delle principali ragioni per cui l'obbediente trionfa sui demoni, sta in ciò che egli con questa preziosa virtù scopre i loro tranelli. Perciò quel detto di S. Antonio: «È utile al religioso, che egli palesi, per quanto è possibile, tutti i passi suoi ai superiori, affinché tenga sempre la retta via» (Vit. Patr.). 

2) L'obbediente canterà vittoria sul mondo. Questo è chiaro perché non facendo egli mai la sua volontà, ma sempre quella di Dio, della Chiesa, dei suoi superiori, non farà mai quella del mondo, che è del tutto opposta a quella della Chiesa e di Dio... 

3) L'obbediente canterà vittoria sopra un nemico acerrimo e più pericoloso di tutti gli altri, sopra se stesso. Perciò il Kempis scrive: «Chi di buon animo e spontaneamente non si assoggetta al suo superiore, dimostra che egli non ha ancora del tutto obbediente la propria carne, che anzi frequentemente ricalcitra e gli mormora contro» (Imit. Chr. lib. III. c. 13). Con l'obbedienza l'uomo vince se stesso e la sua volontà, e soggioga il suo giudizio. Arrischiatissima impresa è servirsi della propria volontà, ma difficilissima e quasi impossibile è servirsene come bisogna; trionfarne poi con l'obbedienza è la più gloriosa e la più utile delle azioni. «In verità, dice Alvarez, vincere se stesso è la principale vittoria dell'obbedienza. Quando l'uomo, che vince tutto Il resto, giunga a dominare se stesso, si dimostra potentissimo, e più gloria ritrae da questo gran fatto che da ogni altra vittoria. Con l'obbedienza l'uomo trionfa di se stesso, perché lega il suo giudizio, incatena la sua volontà, preserva da una fallace libertà il suo corpo e tutte le sue pericolose inclinazioni, mette tutte le sue facoltà a servigio di Dio. Trionfa di se stesso, perché fa violenza ai suoi desideri, e per amar di Dio si assoggetta liberamente alla volontà di un altro» (Tract. de Obedient.). 

L'uomo obbediente proclamerà adunque e celebrerà le sue vittorie, riportate su l'inferno, sul mondo, su di se stesso, e molti e grandi premi ne riceverà da Gesù Cristo, secondo le promesse da lui fatte 
nell'Apocalisse, dove è detto che al vincitore sarà dato da mangiare dell'albero della vita che è nel paradiso di Dio; gli sarà data una manna nascosta e una bianca pietra, su la quale starà scritto un nome nuovo che nessuno conosce, eccetto colui che lo riceve; acquisterà diritto di signoria su tutte le nazioni, e più non avrà a temere la seconda morte. Sarà vestito di bianca stola; il suo nome non sarà mai cancellato dal libro della vita, ma riconosciuto e consegnato da Gesù Cristo in faccia al Padre e alla corte angelica. Sarà costituito come colonna nel tempio di Dio e non ne sarà più smosso: Gesù Cristo scriverà sopra di lui il nome di Dio e il nome della città di Dio, la nuova Gerusalemme discesa dal cielo da Dio, ed il nome nuovo del medesimo Gesù Cristo. Gli sarà concesso di sedere sul trono medesimo del Figliuolo di Dio incarnato. Colui che riuscirà vincitore possederà tutte queste cose, e Dio sarà suo Dio, ed egli sarà suo figlio (Apocal. II, 7, 11, 17, 26 - III, 5, 12, 21 - XXI, 7). Quando mai si udirono promesse o più splendide o più vantaggiose? Ora Gesù Cristo le adempirà tutte a favore di chi avrà praticato l'obbedienza, perché questi solo riporta vere vittorie. 

4) L'uomo obbediente uscirà vittorioso di ogni sorta di nemici, cioè di tutti gli uomini empi o malvagi, o ipocriti... Che più? sarà vincitore di Dio medesimo, perché Dio esaudisce sicuramente chi pratica l'obbedienza; o, secondo la frase del Salmista, «farà la volontà di colui che gli obbedisce e lo teme» (Psalm. CXLIV, 19). S. Domenico diceva che in forza della sua obbedienza otteneva tutto ciò che dimandava a Dio (In Vita). Tutti i Santi in tutti i tempi hanno fatto la medesima esperienza, Dio obbediva loro, perché essi obbedivano a lui. 

L'obbedienza ci fa trionfare della terra, degli animali, del mare, del fuoco, del sole, del cielo e dell'inferno. Tutto quello che si fa per obbedienza riesce quasi sempre bene per virtù di quel Dio a cui si obbedisce. Obbedendo a Dio, Mosè trionfò del Mar Rosso; Giosuè divise il Giordano e comandò al sole; i tre fanciulli gettati nella fornace ardente rimasero illesi. Perché obbedisce a Gesù, Pietro cammina su le onde come su terra ferma. Quante volte grandi Santi arrestarono terremoti ed altri flagelli! Dio non nega nulla all'uomo obbediente e l'inferno medesimo è costretto a sottomettersi a colui che obbedisce a Dio. 

L'obbedienza nutre l'anima. - Il secondo vantaggio dell'obbedienza proviene da ciò che essa è eccellente nutrimento dell'anima. «Il mio cibo, disse Gesù, è di fare la volontà di Colui che mi ha mandato» 
(IOANN. IV, 34). Sappiano i cristiani che loro alimento spirituale dev'essere l'obbedienza, perché 1) nutrisce l'anima; 2) la rinvigorisce, come il pane fortifica il corpo; 3) la fa crescere finché tocchi l'età virile dello Spirito Santo o della virtù, come il cibo fa crescere i bambini e li trasforma in uomini. 

E’ un rimedio. - Il terzo vantaggio che reca l'obbedienza è che purifica e guarisce l'anima e talora anche il corpo. Elia comandò a Naaman Siro di andarsi a lavare sette volte nelle acque del Giordano; egli obbedisce, e la sua lebbra scompare su l'istante (IV Reg. V). I dieci lebbrosi ricevono da Gesù Cristo l'ordine di andarsi a presentare ai sacerdoti; obbediscono, e mentre vanno si trovano guariti (Luc. XVII). 

4°. Innalza l'uomo. - Il quarto vantaggio dell'obbedienza sta in ciò, che innalza l'uomo, lo fa crescere in dignità e lo nobilita. Mosè obbedisce a Dio, diventa capo del popolo eletto, opera numerosi e stupendi prodigi, fa tremare di sgomento l'Egitto e il cuore indurito del suo re colpevole. Obbediscono gli apostoli a Gesù Cristo, e divengono, in grazia della loro obbedienza, i fondatori della cristianità, i principi della Chiesa militante e trionfante. 

5°. Attira le benedizioni di Dio. - Dio spande le sue più elette benedizioni su quelli che l'obbediscono. Per la sua obbedienza, Abramo merita di udirsi dire da Dio: «Ti farò ceppo di una grande nazione, ti benedirò, esalterò il tuo nome, e tu sarai benedetto. Benedirò coloro che a te benediranno, maledirò quelli che ti malediranno; e in te saranno benedette le nazioni tutte della terra» (Gen. XII, 2-3). In premio della sua obbedienza, Abramo è colmato di benedizioni temporali e spirituali e concorre alla grande benedizione dell'universo, proveniente dall'incarnazione del Verbo.. 

Sette benedizioni o ricompense dell'obbedienza ravvisa il Cardinal Gaetano nelle parole di Dio ad Abramo. Con 1.a il patriarca è stabilito capo di una grande nazione... La 2.a è una benedizione di ricchezze e di frutti, significata da quelle parole: - Io ti benedico... - La 3.a è la celebrità e la gloria promessa al nome di lui... La 4.a è la riunione di tutte le benedizioni e dL tutti i beni accennata in quella frase: ­ E tu sarai benedetto... - La 5.a è la promessa di benedire quelli che lo benediranno... La 6.a è quella di essere suo custode e vendicatore... La 7.a è la dichiarazione che tutte le nazioni saranno benedette in lui, cioè per riguardo all'obbedienza da lui mostrata nell'essere disposto a sacrificargli il figlio ad un solo suo cenno, egli avrebbe versato su la terra tutta la sua benedizione, facendo nascere dalla sua stirpe il Redentore del mondo (DELRIO, Commento in Gen.). 

Mosè, consegnate agli Israeliti le tavole della legge, loro disse: «Io vi porgo quest'oggi la benedizione e la maledizione: la benedizione, se obbedite ai comandi del Signore Dio vostro; la maledizione, se disobbedite» (Deuter. XI, 26, 28). La voce interiore di Dio ha fatto intendere a ciascuno di noi la stessa promessa e la stessa minaccia. 
6°. E’ la prima delle virtù della vita cristiana. - Quattro religiosi andarono a trovare S. Pambo, pregandolo che volesse accoglierli sotto la sua direzione. Ora il venerabile abate non volendone ammettere più che uno, li tastò intorno all'idea che ciascuno di essi si era fatta della perfezione religiosa. Il primo praticava un continuo digiuno; il secondo, la povertà; il terzo, la carità; il quarto, l'obbedienza. S. Pambo scelse quest'ultimo, dicendo: Gli altri tre tengono della propria volontà le virtù che esercitano, mentre quest'ultimo, rompendo la propria volontà, si assoggetta al volere di un altro e può quindi conseguire ogni sorta di virtù. La condotta e le parole di questo Santo 
dimostrano quale posto tenga fra le virtù l'obbedienza, e quanto la perfezione cristiana s'avvantaggi per mezzo di essa. 

7°. E’ principio di vera felicità. - «Disse il Salvatore a Simone: Spingi in alto mare, e getta le reti per la pesca. Maestro, risponde Simone, già vi ci siamo affaticati tutta la scorsa notte e non abbiamo preso nulla; ma su la tua parola spiegherò la rete. E ciò fatto, tanta fu la copia di pescagione; che la rete si rompeva per il troppo peso» (Luc. V, 4-6). Bel simbolo dell'utile e della prosperità che produce l'obbedienza ! 

Quanti uomini gli apostoli non trassero dall'abisso e condussero al cielo, perché obbedienti predicarono nel nome di Gesù Cristo!... Leggiamo nella vita di S. Francesco Saverio che quando egli stava per andare nelle Indie, i suoi amici cercavano di distoglierlo, dipingendogli i pericoli del caldo eccessivo e la difficoltà di provvedere ai suoi bisogni, e la barbarie degli abitanti, che adoperavano il ferro e il veleno perfino contro i loro familiari. Il grande missionario loro rispose: Pericoli ben più spaventosi e terribili, di questi io creerei a me stesso, se non obbedissi a Dio che mi chIama. Partì dunque e nella sola città di Tolo convertì venticinque mila indigeni formandone tanti ferventi cristiani. Ecco i vantaggi dell'obbedienza! 

Samuele poneva tutta la sua cura e la sua gioia nell'obbedire ad Eli. Per questa obbedienza, dice S. Efrem, meritò d'intendere la voce di Dio (Serm. III). «Felici quelli, esclama Origene, che, praticano l'obbedienza, che sopportano il freno, che fanno tutto ciò che Dio vuole e che prendono per guida i suoi comandi; essi non camminano secondo la loro volontà, ma diretti in tutto dalla volontà di Dio; nel che sta la sorgente della più alta felicità» (Homil. I in Cant.)... Che felicità, infatti, è paragonabile a quella di colui che è sicuro di fare in tutto e del continuo la volontà di Dio! Dove trovare utilità più grande?... 

8°. E un segno di predestinazione. - L'obbedienza è segnale più sicuro di predestinazione. Obbedire a Dio è il segno evidente di salute; al contrario disobbedire a Dio, è segno e causa dell'abbandono di Dio e della riprovazione, perché si disobbedisce a Dio per seguire le proprie inclinazioni, la volontà, le passioni perverse e corrotte. Gesù Cristo disse ai Giudei: «Le mie pecore ascoltano la mia voce; io le conosco ed esse mi vengono dietro; io dò loro la vita eterna; esse non andranno mai perdute, e nessuno me le strapperà di mano» (IOANN. X, 27-28). Ecco perché colui al quale sta a cuore la sua salute deve sempre desiderare e domandare questa sola cosa, cioè che Dio lo diriga nei suoi affari, nelle sue azioni, e che egli medesimo abbia la volontà di seguirlo, di obbedirgli, e di non dar retta ad altri che a lui. Infatti le vie preparate da Dio sono certe e sicure, e il non abbandonarle è predestinazione e salvezza. Quelli che docilmente si lasciano condurre in questo modo, sono esenti dal peccare e non arrischiano la propria salute: corrono invece il pericolo di perderla colore? i quali, volendosi dare vanto di saggi e d'illuminati, non prendono Dio per guida, ma scelgono di proprio capriccio le loro vie. 
Giona, col fuggire da Dio, gli recò disgusto, perdette la patria, l'uso del tempio e quasi la vita, corse i rischi del mare, e non ebbe per altare sacro altra terra che la profana di Tarso. Così i disobbedienti si lanciano nei più terribili pericoli, perdono Gesù Cristo, vero pilota, e fanno naufragio; mentre gli obbedienti che si lasciano guidare da Gesù Cristo, viaggiano senza rischio sul mare del mondo, lo attraversano senza fare naufragio e giungono felicemente al porto della salute. «Potrebbe mai, esclama il Salmista, l'anima mia non starsene soggetta a Dio, se da lui solo viene la mia salute?» (Psalm. LXI, 1). 

Ha il merito e la gloria del martirio. - S. Gerolamo, scrivendo ad Eustochio della morte di S. Paola, così si esprimeva: «Della corona di lungo martirio fu coronata la madre tua. Poiché non la sola effusione del sangue è confessione di fede; ma è martirio quotidiano anche la servitù immacolata di un'anima pia (Epistola)». 
10° Procura una buona morte. - L'uomo obbediente muore nella pace del Signore. L'abate Giovanni, in fine di vita, raggiante di gioia diceva: «Muoio contento perché non ho mai fatto la mia volontà» (Vit. Patr.). Nessuno mai, infatti, meglio dell'obbediente, adempie quel precetto del Signore: «Allontanati dal male e fa' il bene» (Psalm. XXXVI, 27). Ora come potrà provare inquietudine sul letto di morte, colui che non ha fatto il male, ma che visse nella pratica della virtù? 
Obbedienza: ecco dunque il gran segreto per incontrare la morte, non solo senza spavento, ma con gioia; l'immagine dell'inferno non conturba l'anima e la speranza del paradiso la rallegra. «Cessi la volontà propria, dice S. Bernardo, e non ci sarà più inferno (Serm. III de Resurrect.)». Ma solo l'obbediente rinunzia al proprio volere: egli dunque, più che ogni altro, non va esposto a pericolo di dannazione; è anzi sicuro di arrivare al cielo, avendo per garanzia quelle parole di Gesù Cristo: «Sta di buon animo, servo buono e fedele, poiché sei stato fedele nel poco, entra nel gaudio del tuo Signore» (MATTH. XXV, 21). 

7. COME BISOGNA OBBEDIRE? - Come bisogna obbedire? Dice S. Paolo: «Fate ogni cosa che vi è imposta senza mormorazione od esitanza; affinché siate in tutta semplicità figli di Dio, senza rimprovero» (Philipp. II, 14-15). Vedete Saulo prostrato nella via di Damasco. Cadendo a terra, ode una voce che gli grida: Saulo, Saulo, perché mi perseguiti? Chi siete voi, o Signore? egli risponde; e appena udito: - Io sono quel Gesù che tu perseguiti - subito domanda: Che volete, o Signore, ch'io faccia? (Act. IX, 6); ed eseguisce tosto gli ordini che gli vengono dati. Ecco il modo con cui si deve obbedire. 
«Colui che poco innanzi perseguitava e infieriva contro i fedeli, già si prepara ad obbedire, osserva S. Agostino: quindi in quel medesimo istante si cambia di persecutore in predicatore, di lupo in agnello, di nemico in soldato di Gesù Cristo». 
«L'uomo veramente obbediente, dice S. Bernardo, tiene pronte le orecchie a udire, la lingua a rispondere, le mani a operare; i piedi a camminare; e così tutto in se stesso si raccoglie, per obbedire prontamente agli ordini che gli sono dati (De praecept. et dispensat.)». «Il vero obbediente, dice S. Gregorio, non sofistica sull'intenzione di chi gli ha dato un ordine; non fa distinzione tra precetti e precetti; perché chi ha affidato la direzione di tutta la sua vita al suo superiore non conosce altra gioia che quella di fare esattamente ciò che gli è imposto; una sola cosa parendogli bene, l'obbedire ai comandi (In Samuele)». 
Dove conduca la titubanza nell'obbedire, ce lo mostra la disgraziata Eva. Dio afferma che se Adamo ed Eva toccano il frutto vietato, morranno. - Ma Eva, tentata dal serpente, tentenna nell'obbedire e quindi mette in dubbio che, se disobbediscono, morranno. - Il serpente nega recisamente che ciò possa essere. - Ed Eva perché ha indugiato a seguire gli ordini del Signore, perde l'innocenza e trae con sé nella rovina i figli suoi... I superiori comandano, gli inferiori tentennano e discutono; arriva il demonio, nega l'obbligo di obbedire, e si finisce come finirono Adamo ed Eva... 

Come bisogna obbedire? Come Abramo. «Esci, gli dice Iddio, dalla patria, dalla parentela, e dalla famiglia del padre tuo e vieni alla terra che t'indicherò. E Abramo se ne andò, come gli aveva comandato il Signore» (Gen. XII, 1, 4). L'obbedienza di Abramo ci sia il modello della perfetta ubbidienza. 
La prima qualità sta nell'obbedire prontamente e di piena volontà. Abramo non esita neppure un momento. 
«Chi obbedisce fedelmente, dice S. Bernardo, non sa che cosa sia indugio; fugge il domani, non conosce ritardo, previene colui che comanda (De virt. obed. Serm.)». E in altro luogo: «Il vero obbediente rinunzia al suo volere o non volere, per poter dire: Il mio cuore è pronto, o mio Dio; pronto a fare tutto quello che ordinerete; pronto ad obbedire al minimo cenno; pronto ad occuparsi di voi, a servire il prossimo, a guardare me stesso, ad attendere alla contemplazione delle cose celesti (Serm. de Epiph.)». 
La seconda è di obbedire con semplicità; il che si avvera quando sottomettiamo il nostro giudizio a quello dei nostri superiori. Abramo parte senza sapere dove andrà. Chiamati da Gesù Cristo, Pietro e Andrea lo seguono immediatamente, senza darsi pensiero del come vivranno; senza esaminare come mai essi, ignoranti pescatori, diventeranno pescatori di uomini. «Abbandonata ogni cosa, seguirono Gesù Cristo» - dice l'Evangelista. «Siate certi, dice S. Gerolamo, che tutto quello che ordina un superiore è salutare; non giudicatene di vostro capo» (Epl. ad Rustic.). «E chi sa bene obbedire, non sta a giudicare», dice S. Gregorio (In Samuel.). 
L'obbedienza semplice e perfetta ignora i motivi che possono muovere chi comanda: non si lascia fermare o intiepidire da comandi duri, o duramente dati, né dalle gravi prove alle quali può soggiacere, ma si appoggia sopra una larga volontà e si eleva fino all'altezza della carità. Armata di coraggio attivo, di risoluzione pronta, di abnegazione intera, ella abbraccia tutto ciò che le è comandato. 
La terza consiste nell'obbedire con gioia. Così si diportarono gli Apostoli in mezzo alle più crudeli prove, alle persecuzioni, alla morte... 
La quarta è di obbedire con umiltà... 
La quinta di obbedire con coraggio e costanza. «Confidatevi sempre a Dio, scrive S. Agostino, abbandonatevi interamente nelle sue mani; cosi egli non cesserà di sollevarvi fino a sé e non permetterà che avvenga cosa se non utile anche a vostra insaputa (Soliloq. lib. I, c. XVI)». 
La sesta è obbedire con indifferenza e pieno abbandono. Poco importava ad Abramo il luogo, in cui Dia lo chiamasse; egli abbandonava interamente a lui la cura del suo avvenire. S. Agostino dice: «Non possiamo offrire a Dio nessuna cosa più gradita, che il dirgli con Isaia: Possiedici (In Psalm. CXXXI)». 

La settima è di obbedire con perseveranza... Così Gesù Cristo fu obbediente fino alla morte. 
Vero esemplare di obbedienza è Samuele; chiamato diverse volte nel cuore della notte, egli risponde immantinente e si presenta pronto ad obbedire... «Tutto umile e soggetto ad Eli e sostenuta dall'obbedienza, questo giovane, dice S. Gregorio, è chiamato e viene; è rimandato, si parte; e questo fa per tre volte di seguito. Chi di noi in simile caso si sarebbe trattenuto dal mormorare? Chi frenerebbe la sua impazienza se, chiamato ripetutamente, udisse sempre rispondersi che non fu chiamato?» (In Samuel.). Il vero obbediente deve imitare Tobia il quale, uditi gli ultimi ammaestramenti del padre, rispose: «Io farò, padre mio, tutto quello che mi avete ordinato» (Tob. V, l). 
«Lo spirito del giusto medita l'obbedienza», leggiamo nei Proverbi (Prov. XV, 28); cioè riflette sui motivi che lo spingono ad obbedire, si studia di mitigare il rigore degli ordini che presume essergli stati dati, affinché nel punto in cui il superiore lo chiamerà a sé e gli ingiungerà qualche cosa di duro, risponda pronto e lieto come Samuele: «Eccomi» (I Reg. III), a con S. Paolo: «Signore, che cosa volete ch'io faccia» (Act. IX, 16). Egli medita sopra tutto l'obbedienza di Gesù Cristo che si è fatto obbediente fino alla morte, ed alla morte di croce, per insegnare a noi ad obbedire, e salvare; con l'esempio e col merito della sua obbedienza, noi che eravamo perduti per la disobbedienza di Adamo. In questo senso a ciascuno di noi è detto: «Guarda, e fa' secondo il modello che ti è stato mostrato sul monte (Calvario)» (Exod. XXV, 40). 

Il giusto medita sui diversi gradi dell'obbedienza, per poterli raggiungere. Questi gradi sono tre. Il prima, meno perfetto, sta nel fare ciò che ci è comandato... Il secondo è di volere e amare l'opera prescritta e compierla volentieri, prontamente e con coraggio... Il terzo è di non solamente volere quello che è comandato, ma di crederlo migliore di quello che vorremmo noi medesimi; di guisa che non solo si sottomette volentieri la propria volontà a quella del superiore, ma anche il proprio giudizio, credendo che quanto ordina il superiore vale più di quanto potrebbe suggerire sia lo spirito privato, sia qualunque altra persona... Il giusto si propone, dice l'Apostolo, di obbedire con gioia e non con tristezza o per necessità (Hebr. XIII, 17). La serenità del volto e la dolcezza del parlare dànno all'obbedienza un bell'incanto e un soave profumo. Come si può dire che vi sia questa virtù dove si trova l'asprezza e il malgarbo? I segni esteriori indicano la disposizione dell'animo, ed è difficile che chi ha cattiva volontà non la manifesti nei tratti. 

Si unisca all'obbedienza la carità che è sua sorella: esse devono andare unite e legate insieme, perché l'una perfeziona l'altra. I perfetti, obbediscono amando, e amano obbedendo; l'amore dell'obbedienza porta ad amare i superiori, come i propri genitori...; 2° amano quello che loro è ordinato...; amano la loro obbedienza e quest'amore la rende facile e perfetta. Infatti, come dice S. Leone, l'amore dell'obbedienza addolcisce l'ordine di obbedire: non si obbedisce più per dura necessità, quando si ama quello che è prescritto (Serm. VI, de Ieiun.).
S. Ambrogio, commentando quelle parole del Salmista: «Signore, io ho alzato le mie mani verso i vostri comandi che ho amato» (Psalm. ex VIII, 48), scrive: «Davide amava i comandi del Signore, per compirli volentieri. Difatti chi ama, fa volentieri quello che gli è ordinato; chi teme, obbedisce solo per necessità (Serm. XIII)». S. Bonaventura distingue tre specie di obbedienza: l'obbedienza per necessità, l'obbedienza per piacere o interesse, l'obbedienza per carità: solo l'obbedienza per carità è grande (Proces. VI, Relig. c. XL), perché essa sola, dice S. Bernardo, ha per effetto di rendere l'obbedienza gradita e accetta a Dio (Serm. in Fest. Omn. Sanct.).


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