(9) Don GUIDO BORTOLUZZI: L'ultimo pasto di Abele -
L’ULTIMO PASTO DI ABELE
SESTA RIVELAZIONE:
ricevuta a Chies d’Alpago nel 1974
sotto forma di sogno, il quarto, due anni dopo la visione
(Nota della curatrice)
Dal 1972 al 1974, ossia fra la 5ª rivelazione (la
grande visione) e la 6ª, ci sono due anni di intervallo.
Il Signore aspetta che don Guido comprenda ed interiorizzi
i due concetti essenziali del messaggio precedente.
1) il primo concetto è che la prima Donna è assolutamente estranea al
peccato originale, quando invece dalla Genesi mosaica sembrerebbe che
fosse stata proprio lei la responsabile della caduta del Capostipite.
Don Guido ritiene che questo equivoco della Genesi non sia da attribuire
a Mosè, ma agli Agiografi del tempo di Re Salomone i quali, sensibili alla
cultura del proprio tempo, avrebbero ritoccato il testo originale facendo
ricadere sulla Donna le responsabilità del peccato originale, responsabilità che invece erano state unicamente del primo Uomo.
Questi Agiografi avrebbero colto una similitudine tra la tentazione provocata dalla ‘femmina’ del peccato originale e l’influenza nefasta per il popolo ebraico che la regina di Saba stava esercitando su Re Salomone poiché per causa sua egli aveva introdotto in Israele il culto di dei pagani.
2) Il secondo concetto, altrettanto difficile da assimilare per don Guido,
era che la figura femminile chiamata Eva nella Bibbia, non era la Donna ma quella ‘femmina ancestre’ che egli aveva visto
partorire la Bambina ed era “la madre di tutti e due” (§ 125) i primi
soggetti umani, il “capo di ponte”(§ 96) fra la specie degli ancestri e la specie umana. Di lei, Eva, fu anche detto dal Signore che “avrebbe dovuto rimanere ‘capo di ponte’, ma (che) l’uomo presuntuoso e disubbidiente la rese ‘ponte’” (§ 97), quando essa divenne “lenza”
(§178) per l’Uomo perché lo prese all’amo. Eva, infatti,
era divenuta per Adamo oggetto di tentazione perché attraverso di lei egli
avrebbe potuto realizzare il suo progetto di autonomia rispetto a Dio.
Tutte espressioni che dovevano ancora essere interpretate. Infatti, il Signore mai chiamò quella femmina ‘Eva’, ma la chiamò “quella del peccato originale” (§ 112), “ponte” (§ 204), né mai chiamò il primo Uomo ‘Adamo’, ma in sette modi diversi: “il campione” (§ 24), “il tuo primo parente”, “proto”, “protoparente” (§ 26), “protoparente di tutti gli uomini” (§ 27), “il progenitore” (§ 28), “rosso” (§ 152) e infine, con senso negativo, “uomo”, (§237).
Allo stesso modo mai chiamò per nome Caino e Abele.
È quindi comprensibile che per don Guido non sia stato facile ricostruire
i fatti. Anzi, furono per lui anni travagliati in cui dovette impegnare tutte le sue energie per collegare coerentemente gli eventi narrati dalle rivelazioni.
L’unico suo conforto era la promessa del Signore che l’avrebbe aiutato
“a ricordare e a capire” (§ 182). Quindi c’era anche la fiducia che prima o poi ci sarebbe arrivato.
A noi che leggiamo il racconto già ordinato, tutto sembra logico e chiaro.
Ma proviamo per un istante ad immedesimarci nello stato d’animo di don
Guido, fermamente convinto che la Bibbia intera, quindi anche la Genesi,
essendo Parola di Dio non poteva essere stata alterata.
Se il Signore non l’avesse più volte rassicurato e non gli avesse detto che gli stava rivelando “cose che non aveva rivelato ad altri” (§ 51), che gli stava “insegnando a leggere fra le righe le cose che non capiva nel suo libro” (§ 44) e che questa “era una rivelazione come a Mosè” (§ 48) , e se non l’avesse incoraggiato, sostenuto e guidato, facendogli rivedere i tratti delle scene non comprese, senza dubbio don Guido avrebbe rinunciato a proseguire nel suo sforzo.
Era proprio questo che il Signore voleva: insegnargli a ragionare, a dedurre, a collegare, ad usare la mente insieme al cuore. Avrebbe potuto dirgli semplicemente: “Guarda, questa è Eva..., questo è Adamo... e le cose sono andate così e così....”. Invece no! Il Signore non lo voleva passivo.
Egli vuole che ciascuno di noi entri nella Sua logica dopo aver capito i
‘perché’. Vuole che la Verità sia una conquista desiderata, motivata, magari anche sofferta, ma raggiunta per mezzo della libertà e della volontà.
Questo periodo fu per don Guido un alternarsi di sofferenze e di gioie
infinite ogni qualvolta che raggiungeva una nuova comprensione.
Solo quando i punti fondamentali furono chiariti ed assimilati, il Signore
riprese i suoi insegnamenti che, essendo più facili, si conclusero tutti nel
giro di un anno.
Solo Abele e Set, e non Caino,
furono generati ‘a immagine e somiglianza di Dio’
§ 211 Sempre in ossequio alle ripetute esortazioni di Papa Paolo
VI, continuavo a leggere la Bibbia e i vari libri di commento
scritti da bravi esegeti. Molti problemi mi si affacciavano
alla mente.
In Genesi (4,3-6) trovavo che i due fratelli “offrivano sacrifici al Signore” e anche la liturgia della Messa si riferisce al Sacrificio di Abele come “Sacrificio a Dio gradito”.
Ma nell’ultimo versetto dello stesso capitolo trovo che
solo alla nascita di Enos, figlio di Set, solo allora, “si iniziò
ad ‘invocare’ il Nome del Signore”. La contraddizione mi
pareva evidente: come avrebbero potuto Caino e Abele offrire sacrifici al Signore-Iddio se solo con la nascita di Enos
si cominciò ad invocare il Nome del Signore? Infatti: non
si offre a Dio un sacrificio senza invocare il Suo Nome. E
perché solo allora? C’era un segreto da scoprire.
§ 212 Un altro pensiero mi assillava: cos’era accaduto di tanto grave perché Caino uccidesse Abele? L’aver scoperto il
‘segno di Caino’ mi invogliava a conoscere un po’ meglio
questo personaggio.
Una notte mi coricai meditando il ‘Canto della spada’, seguendo la versione ebraica: “Io uccisi un fanciullo per una
lieve ammaccatura (per un colpo leggero) che mi ha dato...”.
“L’omicidio di Caino sarà punito 7 volte...” (Genesi 4,24).
Mi chiedevo se Lamek, quel Lamek discendente di Caino,
andasse ripetendo a ragion veduta un ritornello che ricordava il suo antenato fratricida che aveva ucciso Abele ‘per
un colpo leggero’ ricevuto da lui. C’era stata una provocazione? Una lite?
Ma un colpo leggero può essere stato uno scherzo! Tra i
fratelli che convivono in famiglia succede spesso che il più
forte non sopporti gli scherzi del più debole e reagisca in
modo violento. Ma, per arrivare ad uccidere, bisogna supporre
che Caino non fosse una persona normale.
Caino era invidioso del fratello per la preferenza che il
Signore dimostrava verso quest’ultimo? Ma il Signore Iddio
non pretende da un minorato ciò che un individuo normale
può offrire con modi convenienti. Dio non umilia alcuno.
Dice il Siracide e lo ripete S. Paolo che “Apud Deum
non est acceptio personarum”, Dio non fa preferenze.
Soltanto di Set è detto, al capitolo quinto versetto 3, che
fu generato da Adamo a “sua immagine e somiglianza” e
che doveva sostituire, non il primogenito Caino, ma Abele.
Perché?
A questi quesiti ecco puntuale la visione che ebbi ‘in sogno’.
La prima famiglia riunita
durante l’ultimo pasto di Abele
Ecco il ‘sogno’.
§ 213 Ero in un ambiente buio e mi trovavo a guardare, attraverso un finestrino aperto alla luce del giorno, su un breve
tratto di terreno di cui potevo vedere solo l’estremità opposta
delimitata fino a due, tre metri di altezza dalla base di
alcuni tronchi d’albero, posti in fila lungo il sentiero che
girava all’esterno del cortile, quello stesso cortile già visto
nel ‘sogno’ del ‘peccato originale’.
Distavo circa un metro da quel finestrino e questo misurava circa 30 cm di larghezza e 10 di altezza. Da qui l’impossibilità di vedere un panorama più vasto, ma sufficiente per capire che mi trovavo
nell’angolo interno fra il casolare rustico e il terrapieno.
Arrivò dalla mia destra, da oltre l’angolo del terrapieno,
alla distanza di 7 o 8 metri, l’Uomo. Era di grande statura.
Era rosso e sudato; una tunica di pelle pelosa di animale
gli pendeva davanti, come falda appesa alla spalla sinistra,
legata sotto il braccio destro, e lo copriva fino ai ginocchi.
Fece pochi passi, si girò su se stesso e si sedette sulla panca,
che stava alla mia sinistra, appoggiando la schiena alla parete del
rustico, sotto il ballatoio. Lo vedevo dalle anche in su.
Portava capelli lunghi fino alle spalle ed erano neri. Aveva
poca barba che gli incorniciava le guance e baffi non molto
lunghi ma accurati, segno che erano naturalmente acconciati e
che non gli crescevano più di tanto lasciando libere
gran parte delle guance e completamente il collo. Guardava
davanti a sé donde egli stesso era venuto.
§ 214 Comparve nel cortile alla mia destra, sopra il livello del
lato inferiore del riquadro che delimitava il mio campo visivo, a 3 o 4 metri di distanza, un paio di orecchi ritti e neri
che credetti di un cane. Scomparve sotto il limite della mia
visuale per alcuni secondi, poi lo rividi al centro.
Notai due occhi irrequieti: appartenevano ad una testa
scimmiesca. Il mento era appena accennato. Allora vidi che
era un antropoide, un ancestre.
Si accostò un poco all’Uomo, scomparve di nuovo sotto
quella specie di davanzale e si rialzò davanti a lui, muovendo le braccia pelose in atto di offrire qualche cosa che
non vedevo. Si curvò come per deporre a terra quel qualche
cosa e, rialzatosi, si pose a sedere alla destra dell’Uomo.
Dopo qualche istante vidi comparire, sempre dallo stesso
lato, la sommità di una testa capelluta. Scomparve anch’essa sotto quel limite e, come nel caso del protagonista precedente, si rialzò, fece qualche passo verso l’Uomo, scomparve per la seconda volta, si rialzò e si accostò all’Uomo.
Gli vidi la faccia. Scomparve sotto per la terza volta, si rialzò, e
allora lo vidi interamente.
Era un Bambino di due o tre anni, vivace nei movimenti,
tutto nudo, roseo, grassoccio, dalla faccia bellissima e dalle forme somatiche perfette. Fece un gesto con le braccia
come per sollevare da terra un peso e offrirlo all’Uomo.
Non vidi cosa fosse. Lo calò a terra, poi con molta agilità
saltò sul sedile e stette in piedi alla sinistra dell’Uomo.
Capii che il primo era Caino e il secondo Abele.
Mi venne il pensiero che il triplice abbassamento fosse dovuto alla fatica di portare il peso e alla necessità di deporlo
per riprendere fiato, ma non era così: capii poi che avevano
offerto i loro doni al padre dopo una triplice genuflessione.
Vedevo i protagonisti d’infilata e di profilo e fissavo quel
mostriciattolo irsuto che era appena a due metri da me.
§ 215 – Quello è Caino e l’altro è Abele, – dissi – ma la sua
mamma, dov’è? Sarei contento di vederla. Non l’ho mai vista. –
– L’HAI VISTA – mi disse la Voce. Risposi:
– Non mi pare; l’ho solo intravista alla sua nascita fra le
mani del Padre. –
– ANCHE DOPO. –
In quel momento mi si presentò alla mente la Bambina che entrava nella grotta, seguita dalla madre e udii nuovamente le due parole: “NELLA
RIVELAZIONE DEL PECCATO ORIGINALE”. (§ 205)
E poi la finale: “GUARDALA È MOLTO BELLA. RICORDATI CHE È INNOCENTE! RICORDALO!” (§ 203).
L’Invisibile Interlocutore si riferiva al primo ‘sogno’ che avevo dimenticato credendolo frutto di fantasia.
Ripensandoci poi lo ricostruii: l’avevo vista Bambina nel
cortile circondata dai cuccioletti ancestri, custodita dalla
madre che allora non sapevo fosse Eva.
Poi la ricordai camminare a passetti incerti dentro l’alcova dell’Uomo dove passò a fianco del suo giaciglio e scomparve dietro a me, a destra.
La Donna
§ 216 Improvvisamente il finestrino si fece più vicino e quindi
più grande anche la visuale, pressappoco della misura di 50
per 70 cm.
Da sinistra, per tutta l’altezza del quadro, comparve il
lembo inferiore di una tunica di pelle di animale che mi nascose la vista dei tre protagonisti.
Da sotto quella pelle, venne avanti la caviglia di una gamba umana, ben modellata, nuda, rosea e lucida, la destra. La
vedevo dalla caviglia a poco più su di metà del polpaccio bentornito; era scoperta; più su era nascosta dalla tunica di pelle.
Il suo ginocchio, nascosto dalla pelle, era all’altezza della
linea superiore della finestra del mio quadro visivo.
Adagio, come al rallentatore, venne avanti l’altra gamba
e la prima rimase scoperta nello spacco posteriore della tunica fin sopra la giuntura posteriore del ginocchio. Era in
primissimo piano e copriva tutta la visuale.
– È la gamba diritta e ben modellata di una donna grassoccia – dissi. – Deve essere di statura alta e di corporatura
massiccia. –
Mi curvai per vedere più in su quella persona che procedeva così adagio. Il quadro visivo si alzò e si allargò in due
secondi e potei vederla in faccia.
Era una donna molto giovane e molto bella, sui diciotto
anni, dal viso paffuto e roseo, alta quasi due metri.
Compresi dopo la settima rivelazione che, per analogia
con la statura dell’Uomo, non aveva ancora finito di crescere.
Portava, a mo’ di falda, una pelle di animale un po’ spelacchiata davanti e appesa al collo. Quando si girò per sedersi
vidi che la pelle era chiusa sulla schiena con due legacci,
uno all’altezza delle costole e l’altro del bacino.
Ritardava i suoi passi perché intenta ad avvoltolare in un
liquido gialliccio e filamentoso, contenuto in un teschio che
fungeva da piatto, un pezzo di carne fumante vapore che
dalla forma mi è sembrato una grossa coscia di pollo o di
piccolo canguro.
Quella falda era molto gonfia davanti e, immaginando che
fosse la pelle di una femmina di canguro, pensai che contenesse nel marsupio i cibi per tutti e quattro i componenti
della famiglia.
Ma ben presto mi accorsi che era in avanzato stato di gravidanza.
Mentre la giovane Donna passava oltre la finestra del solito campo visivo, vidi che con la mano sinistra cercava di
stringere i legacci che sulla schiena tenevano uniti i due
lembi opposti della falda.
Aveva capelli neri e lucidi, discriminati nel mezzo e raccolti dietro la nuca, che le scendevano lungo la schiena.
Passò davanti a Caino e le vidi le gambe ben fatte, diritte, un po’ distanziate alla loro origine, caratteristica che le
donne d’oggi cercano di nascondere e che invece dovrebbe
essere un requisito di bellezza se la giovane Madre era modello di perfezione.
Giunta presso l’Uomo, si curvò. Al primo istante parve
che cadesse in ginocchio. Ma non vidi interamente la sua
mossa perché la vedevo solo da mezzo busto in su.
Speravo che l’Uomo le desse una mano, ma egli non si
mosse e quella si alzò da sola, a stento.
Capii allora che la giovane Sposa si era genuflessa davanti
all’Uomo con genuflessione doppia, come avevo visto
fare dai cuccioli ancestri e dalla madre di lei quand’ella era
ancora Piccina.
Gli porse quel cosciotto che ho nominato, poi trasse dal
marsupio un disco gialliccio con delle piccole macchie nere,
largo quanto i due palmi delle mani accostate di quell’Uomo. Quando vidi l’Uomo strappare un pezzetto e mangiarlo,
capii che quello era pane cotto fra due lastre roventi sotto la
cenere e raffermo. Aveva lo spessore di due o tre centimetri.
La Donna diede al Bimbo e a Caino del cibo. Il Piccolo
restò a mangiare in piedi sulla panca, a sinistra del Papà.
Caino prese la sua porzione di pane e di carne e restò seduto alla destra del Padre.
La Donna gli fece segno di scostarsi per lasciare a lei quel
posto, ma egli non voleva muoversi. Ella allora lo prese con
gentilezza per un braccio, lo alzò di peso, lo depose un po’
più verso di me, e si sedette a destra dell’Uomo.
§ 217 Intanto sentivo una Voce sommessa:
– LA PRIMA FAMIGLIA. –
Caino aveva proprio un brutto modo di mangiare, tanto
che ne sentivo schifo. Masticava con la bocca aperta.
Credo avesse il palato poco incavato perché, ad ogni movimento delle mascelle e della lingua, sfuggivano, dalle sue
labbra aperte fino agli orecchi, delle briciole e dei fili di
saliva. Come avrebbe potuto parlare correttamente?
Il pasto fu consumato presto. L’Uomo si curvò in avanti
un po’ verso sinistra, allungò un braccio in basso e, quando
lo ritrasse, vidi che teneva in mano due uova. Ne sorbì uno
e gettò il guscio lontano, in direzione donde i piccoli erano
venuti, che suppongo essere l’altra entrata del cortile.
Ne raccolse ancora, ma non vidi quanti, perché anche il
Bimbo scendeva in quel momento a prenderne uno. Anche
Caino si mosse e la Donna, che si era a sua volta curvata,
gliene porse uno e uno lo sorbì lei.
La provocazione che fu causa dell’uccisione di Abele
§ 218 Abele saltò giù di nuovo, passò davanti al padre, un po’
più a destra di lui, si curvò; poi si alzò con una mela in
mano. Risalito sulla panca, addentò la mela, la guardò e la
gettò lontano. Scese un’altra volta, prese un’altra mela.
Alla Donna, questa volta, fu Caino a porgere una mela.
Egli stava come nascosto alla vista del padre, seduto alla
destra di lei, e si sporgeva ogni tanto per osservare la scena.
Al vedere il disappunto di Abele la prima volta si ritrasse
sogghignando.
Alla seconda mela che Abele era andato a mordere al suo
posto, la reazione del Bimbo fu vivace.
Appena addentata la mela, che era bella, questa si divise
in due ed egli, tenendo sulla sinistra una metà e lasciando pendere l’altra metà che era tenuta dalla buccia, stese
il braccio per mostrare ai genitori come il frutto era tutto
marcio sotto la buccia bella.
Caino vide e si ritrasse ghignando. Il suo sorriso, con
quelle labbra in quella bocca senza mento, con quegli occhi
furbi e sporgenti fin sotto le sopracciglia, aveva qualcosa
di maligno. Capii che si godeva del brutto scherzo e capii
perché l’Uomo non si fosse curvato a prendere una mela.
Forse aveva osservato Caino quando, invece di cogliere le
mele dall’albero, le aveva raccolte da terra. O forse vedeva
che le mele erano bacate o marce, a colpo d’occhio.
Vista la reazione del Bimbo, la giovane Donna aveva cessato di mordere la sua mela e si era curvata per prendergliene un’altra.
§ 219 Per due volte, mentre la Donna si curvava a raccogliere le
mele, Caino si spostava verso di lei per sbirciare tra le sue
gambe. La falda di pelle era scivolata all’interno del ginocchio destro. L’Uomo la avvertì ed ella si accomodò la falda
di pelle che ora aderiva.
Con questo suo spostamento lasciò allo scoperto Caino che
le sedeva a destra e non le arrivava all’altezza dell’ascella.
Il Bimbo, intanto, aveva ritratto il braccio e aveva riunito
le due metà della mela, era salito coi piedi sulla coscia sinistra del Padre e, tenendosi con la mano sinistra alla spalla
di lui, con la destra, che teneva la mela, gli fece piegare la
testa in avanti ed anche lo costrinse a curvarsi il più possibile, finché, in punta di piedi, potè guardare, al di sopra e al
di là della spalla paterna, il fratello ad un metro di distanza
circa e gli scagliò la mela sulla testa. La mela all’impatto
andò in 4 o 5 pezzi che, rimbalzando, caddero intorno.
Caino forse si aspettava qualche altro colpo, perché si curvò coprendosi il capo con ambo le mani. Quando le distolse
guardò verso il Fratellino che era sceso a terra e correva
svelto verso l’uscita del cortile donde era venuto.
§ 220 Credo che il Bimbo abbia detto che forse voleva andare
a giocare con i cuginetti ancestri o che sarebbe andato a
prendere mele buone per sé e per Papà. Ma a Caino quella
fuga parve quasi dettata dalla paura di una ritorsione e
la considerò come la buona occasione per porla in opera,
lungi dagli sguardi del Padre, custode del Giardino, dove
erano preziosi i rampolli dell’“Albero della Vita”. Si levò
in piedi, pose la sinistra a terra e fece una capriola, poi
un’altra e un’altra ancora ed in breve uscì dal cortile dietro ad Abele.
Vedendolo passare correndo davanti a me e notando che il
Padre restava immobile, non potei trattenermi dal dirgli:
– Fermalo! Tu sai che è male intenzionato. Tocca a te custodire il Frutto del tuo Giardino. –
Dopo qualche secondo la Donna si era alzata in piedi e
guardava con apprensione verso l’uscita. Presentimento? O
aveva sentito le grida del Bimbo? Rivolta all’Uomo gli fece
cenno di andare a vedere.
Egli sembrava si dicesse stanco del lavoro e mostrava con
una certa compiacenza i fabbricati edificati. Ella, toccandosi il ventre sembrava dirgli che, se la sua opera quotidiana
delle faccende domestiche non si vedeva, aveva in nove mesi
prodotto un edificio più prezioso e che stava per darne un
secondo alla luce e non poteva andare a vedere.
L’Uomo con un cenno, seguito certo da alcune parole, le
ordinò di andare a vedere. Ella cominciò a correre ma, dopo
tre o quattro passi, rallentò l’andatura, si strinse le mani al
petto e, quando giunse al limite del cortile, alzò le mani alla
testa, poi le protese verso il cielo, segno che era rimasta
sempre in stretto rapporto d’amore con il Signore, quindi le
abbassò per sostenere il ventre. Si curvò e stava per cadere,
ma l’Uomo con due salti corse a sostenerla.
Qui il ‘sogno’ finì e mi destai molto impressionato.
Il ‘Signor-padrone’, il ‘Dominus-terrae’,
‘il Signore della terra’: ‘Adham’
§ 221 Queste ultime scene preannunciano la nascita di Set, venuto alla luce, forse prematuramente, mentre Abele moriva.
La visione che ebbi in questo ‘sogno’ mi aveva dato tutte
le risposte che cercavo.
a) Ora sapevo qual era stata la futile provocazione che
aveva portato Caino a compiere quel terribile delitto.
b) Avevo anche compreso a quale ‘Signore’ Abele e
Caino offrissero i loro doni.
Se la Bibbia dice che “Caino e Abele offrivano sacrifici al
Signore”, ma poi dice che “solo dopo la nascita di Enos si
cominciò ad invocare il Nome del Signore” (e qui si intende
senza ombra di dubbio che si tratta del ‘Signore-Iddio’), è
segno che quel ‘Signore’ a cui Caino e Abele offrivano i
doni era il loro ‘Signor-padre-padrone’, e non il SignoreIddio, esattamente come vidi in ‘sogno’.
Avevo capito che il termine Ad-ham non significa ‘Signore
dalla-terra’ cioè ‘proveniente dalla terra o fatto con la terra’, ma ‘Dominus-Terrae’, il ‘Signore della Terra’, cioè ‘il
Padrone della Terra’.
‘Adham’ non è un nome proprio ma un attributo. È un
titolo nobiliare come ad esempio Camillo Benso ‘conte di
Cavour’, dove Cavour è anzitutto il nome del luogo o della
tenuta della quale la sua famiglia portava il nome.
L’equivoco nell’interpretazione di questo attributo, frequente nei primi capitoli, aveva reso oscura la comprensione di quel ‘Signore’.
Ora mi ero rafforzato nella convinzione che nella Genesi
il termine ‘Signore’ è un termine polisemico che ora sostituisce
‘il Signore-Iddio’, ora ‘il Signor-padrone’.
Solo il contesto e la differente scrittura (‘il Signore’ usato come
termine singolo, ma non sempre, e ‘il Signore-Iddio’ usato
come termine composto) ci fa capire di quale ‘Signore’ si
tratti.
Questo ‘Signore’ fa pensare a quel Signore che “scese a
confondere le lingue” nel racconto della Torre di Babele,
che non può essere Dio. “Nolite fieri sicut equus et mulus
quibus non est intellectus”, non fate come il cavallo e l’asino che non hanno l’uso della ragione! È assurdo pensare
che Dio possa nuocere all’uomo! Quel ‘Signore’ che mise
confusione nelle lingue non è Dio: è il primo Uomo e con
lui quei suoi discendenti puri, i “Figli di Dio”, i “Giganti”
(Genesi 6,4), che sposarono (sarebbe il caso di dire ‘si accoppiarono con’) le ‘figlie più belle dei figli degli uomini’
(Genesi 6,2) e si facevano adorare come ‘dei’ dagli schiavi,
uomini ibridi.
Di lì cominciò la ‘confusione delle lingue’, con la progressiva deformazione della parola. Ciò avvenne dalle origini in
poi, cioè ancor prima di Noè, quando “omnis caro corruperat viam suam”, quando ogni uomo rimase formato solo di
‘carne’ (poiché Dio aveva ritirato il Suo Spirito dall’uomo
ibrido), e si trovò ad avere la propria natura corrotta. Ancor
prima, dunque, che tutti gli abitanti della Terra fossero diventati ibridi.
Quando poi ogni uomo sulla Terra ebbe una carne corrotta
perché i ‘Figli di Dio’ si erano estinti assimilati dagli ibridi
ed erano rimasti solo gli ibridi, la confusione del linguaggio
fra i popoli fu totale.
c) Compresi anche perché Set doveva sostituire Abele e
non il primogenito Caino. Vedendo Caino inserito nella famiglia,
lo avevo finalmente identificato.
Per la verità avevo già visto Caino in un ‘sogno’ orribile
quattro anni prima quando Abele fu ucciso e che dirò più
avanti. Ma a quel tempo non avevo capito che la vittima era
Abele e l’altro Caino. Solo dopo questo ‘sogno’ potei identificare i due fratelli.
Poiché Caino non fu generato ‘ad immagine e somiglianza di Adamo’, ‘il campione’ (§ 25) previsto e preordinato ‘ab
eterno’ dal Creatore, il diritto di primogenitura spettava ad
Abele!
Ciò dimostra che per Dio la primogenitura non dipende
da una precedenza cronologica della nascita, ma da una
maggior somiglianza con la perfezione originaria che, per
noi ibridi, si manifesta attraverso una maggiore o minore
capacità di accogliere i Doni soprannaturali e un più profondo
desiderio di conoscere ed amare Dio.
Questo principio è stato valido anche tra Isacco e Ismaele,
tra Giacobbe ed Esaù, tra Giuseppe e i suoi fratelli.
d) Da questa visione avevo capito anche un’ultima cosa.
Vedendo la Donna stringersi il ventre per le doglie e afflosciarsi dal dolore, meditai anche il versetto 16 del terzo capitolo: “E il Signore-Dio disse alla donna: “Partorirai con dolore”...”.
Pensai: Non è vero che il dolore del parto sia una conseguenza del ‘peccato originale’ e che le Donne non contaminate dalle tare di questo peccato fossero preservate da tale dolore.
Anche le Donne della specie pura e perfetta dei
‘Figli di Dio’ partorivano secondo natura e con dolore, proprio come
ogni creatura della Terra che genera secondo le leggi normali
prestabilite da Dio che prevedono il dolore nel dare alla luce la prole.
La frase della Genesi mosaica ci dice piuttosto un’altra
verità: con l’ibridazione, tra le altre cose, si ebbe anche,
come conseguenza diretta, il parto più doloroso perché le
donne cainite, per conformazione ereditata dagli ancestri,
avevano in proporzione spalle più larghe e spioventi e fianchi più stretti rispetto alle Donne pure e ciò rendeva meno
agevole il passaggio della testa del nascituro.
Per questa ragione il parto per le donne ibride diventò più
difficoltoso e più doloroso.
A questo dolore fisico si aggiunga il dolore morale di una
madre che si rende conto d’aver messo al mondo una creatura tarata che cresce irresponsabile.
“Partorirai con dolore…”! E quale dolore!
Questa predizione della Genesi in realtà è solo una ‘sententia post factum’, perché Dio non può maledire alcuno,
come dice giustamente S.Giacomo, e tanto meno può maledire coloro
che ereditano le conseguenze di un peccato che non hanno commesso.
Perciò Gesù ha tanto amato i malati e i peccatori!
Un altro esempio di ‘sententia post factum’ è l’altro versetto
che recita: “.... e maledetto sia il suolo... con dolore ne trarrai
cibo... e con il sudore del tuo volto mangerai il pane” (Genesi 3,17).
Anche questa è una constatazione a posteriori perché
l’uomo ibrido, avendo perso i contatti diretti con Dio come
Padre e Maestro, ha perduto anche le cognizioni per coltivare la terra, accendere il fuoco, ecc. e non ha più i docili
ancestri come lavoratori dei campi.
Da qui altra sofferenza, altra fatica, altro sudore.
TERZA RIVELAZIONE:
ricevuta a Chies d’Alpago nel 1970 sotto forma di ‘sogno profetico’,
il secondo, scritta nel 1974 e riscritta nel 1982
*
(Nota della curatrice) Ricordiamo al lettore che fino a questo
momento don Guido aveva ricevuto soltanto due rivelazioni:
la 1ª, quella intitolata ‘Il segno di Caino’ (1968), nella quale era venuto
a conoscenza che Caino era un ibrido dall’aspetto antropoide;
la 2ª, quella riguardante ‘Il peccato originale’ (1970), nella quale aveva
visto che a commettere il ‘peccato originale’ era stato l’Uomo soltanto, con una femmina ancestre.
Ma per comprendere l’identità di Caino e Abele gli mancava la rivelazione de ‘L’ultimo pasto di Abele’. Questo è il motivo per cui non si preoccupò di trascrivere subito l’episodio che stiamo per leggere.
Solo dopo il 1974, vale a dire solo dopo aver ricevuto la rivelazione
che abbiamo appena letto, ne prese nota e solo dopo il 1982, quando
il Signore gli fece rivedere alcune sequenze di questa rivelazione
che al tempo di questo ‘sogno’ non aveva capito, don Guido scrisse quanto segue.
Premessa
§ 222 Quand’ebbi la rivelazione de ‘La morte di Abele’ non
compresi che il Bimbo assassinato era il Figlio legittimo del
Capostipite. Lo avevo creduto un discendente di Set e Caino
un ancestre come tutti gli altri. Per questo avevo ritenuto
che gli ancestri fossero pericolosi e perversi.
Le scene di violenza di questo ‘sogno’ erano state molto
forti per cui avevo cercato di dimenticarlo. Solo nel 1974,
grazie alla rivelazione de ‘L’ultimo pasto di Abele’, potei
identificare i protagonisti.
Nel 1970, all’epoca di questo ‘sogno’, non potevo ancora
sapere che si trattava di quel vispo Bambino di circa 3 anni
che avrei visto nel 1974 scherzare durante la cena in famiglia
e poi correre fuori dal cortile a cercare frutta e che fu
inseguito da Caino.
Solo dopo la rivelazione de ‘La sera del dì fatale’, nella
quale vidi che oltre l’angolo del terrapieno il sentiero scendeva al prato sottostante dove l’Uomo aveva costruito il suo
pollaio, compresi che quello era il luogo dove il Piccino fu
portato dagli ancestri quand’era già morto.
Ma solo nel 1982, dopo che il Signore mi fece rivedere e
comprendere le tragiche scene di questo ‘sogno’ che non
avevo capite, compresi che gli ancestri erano di indole mite
e affezionati all’Uomo e alla sua famiglia, e scrissi quel tanto che mi ricordavo.
La morte di Abele
Ecco il ‘sogno’.
§ 223 La visuale non mi permetteva di conoscere l’ambiente in
cui si svolgeva la scena. Potevo vedere soltanto un gruppo di
giovani ancestri, forse sei, forse dieci, perché alcuni in margine del gruppo comparivano e scomparivano fuori del video. Credo fossero, oltre a quei due che vidi schierati davanti al giovane Uomo per festeggiare la nascita della Donna,
quei tre che stavano per nascere dalle sorelle nere e pelose,
e quelli che dalle stesse sicuramente nacquero nel periodo in
cui la Donna crebbe per diventare madre di Abele. 295
Avevano una statura varia tra metri 0,50 e 0,80, ma quello
più alto di tutti, e sopraggiunto per ultimo, misurava metri
1,10 circa.
Erano in lotta tra loro e si battevano con pugni, calci e
morsi. Fra loro c’era un Bimbo di carnagione bianca.
In quel gruppo avevo intravisto scene di omosessualità, di
sadismo e di furia bestiale.
Alle grida del Bimbo e a quelle della giovane Donna che
stava per partorire e che lo chiamava, unite a quelle del
Padrone occupato a soccorrerla perché era iniziato il travaglio, erano accorsi per primi i compagni di gioco ancestri. Essi, cercando di togliere Abele dalle mani di Caino,
slogarono con i loro strattoni gli arti del suo tenero corpicino.
Girai la testa per non vedere quello strazio. Ma quando
tornai a guardare, Abele giaceva a terra morto. Poco distante giace a terra, esanime, anche un esserino nero e peloso che era arrivato tra i primi in soccorso di Abele e che
avevo visto aggredito, malmenato e strozzato da Caino.
I cuccioletti ancestri si accalcano attorno ad Abele e con
le loro esili braccine si sforzano di farlo stare in piedi, ma il
corpicino esanime ricade.
In quel modo pensavano di farlo rivivere! I piccoli ancestri lo conoscevano compagno di giochi e probabilmente
non avevano capito che era morto: forse credevano che il
Bambino fosse addormentato e lo volevano vedere desto:
perciò si sforzavano inutilmente di farlo stare in piedi.
§ 224 Un giovane maschio, ma già adulto per la sua statura,
alto circa m 1,10, forse il figlio secondogenito di Eva, nato
dal maschio ancestre dopo la nascita dell’Uomo e prima
della Donna (probabilmente quello che avevo visto alla nascita della Donna venir cambiato di posto e fatto passare
dalla destra alla sinistra del maschio adulto, e quindi più
vecchio di Caino) arriva per ultimo.
Questo con poche mosse, con morsi e pugni, riesce ad allontanare i più furiosi ancora in lotta con Caino ed i piccoli si ritirano a qualche metro di distanza. Poi allunga una
mano sui testicoli di Caino che si arresta e si ritira.
L’intervento del più grande degli ancestri ha fatto quietare il gruppo. Egli prende il Bambino dalla pelle bianca sulle
braccia e lo depone supino, con delicatezza, sul prato. Tutti
sono fermi e guardano la scena.
Poi il crocchio si forma di nuovo e la lotta contro Caino
riprende furiosa, ma intanto sopraggiunge il Gigante che
con la sua presenza li costringe a dominarsi.
Vidi il Gigante fermo a guardare il corpo immobile e pallido del suo Bambino.
Capivo che il Piccino morto era la Creatura del Signorpadrone. (Nel 1970 non potevo immaginare che quel Bimbo
fosse il Figlio del Capostipite Adamo, perché pensavo che
Abele fosse morto quand’era adulto).
Vedevo il Bimbo morto alla distanza di due metri circa
stando dietro al giovane ancestre che era accorso per ultimo in suo aiuto. Lo vedevo da sopra la sua testa.
Il Piccino era disteso supino, rivolto verso di me. Non gli
vedevo i genitali nascosti dalla testa del giovane maschio
che mi stava davanti.
Il cadavere del Bimbo, che vedevo dal tronco in su, non
era insanguinato. Non volevo insistere a guardare il povero
corpicino di Abele laggiù presso il pollaio.
Mi destai inorridito pensando: “Animalis homo non percepit ea quae sunt spiritus”, l’uomo-animale, come Caino,
non percepisce le ispirazioni e i sentimenti di origine spirituale.
Gli ancestri erano miti, obbedienti e fedeli
all’uomo e alla Donna
§ 225 Questo ‘sogno’ fu molto triste, motivo per cui nel 1970 mi
preoccupai di cancellarlo dalla mia mente invece di prenderne nota.
Per dodici anni, da quando nel 1970 ebbi questo ‘sogno’
fino a quando il Signore mi fece rivedere alcune scene facendomi osservare ciò che non avevo capito, avevo ritenuto che gli ancestri fossero pericolosi perché credevo che il
Bambino fosse stato loro vittima per come lo dimenavano e
poi lo lasciavano cadere esanime.
Ma dopo aver rivisto alcune scene nel 1982, compresi che
il più aggressivo di quegli esseri pelosi era Caino.
Grazie a questo nuovo intervento del Signore, ho capito
anche che Caino stava abusando di Abele, mentre i cuccioli
ancestri cercavano di strapparglielo con forza slogandogli
così tutte le articolazioni.
Ecco perché si sforzavano inutilmente con le loro esili
braccia di far rivivere quel Bimbo che amavano e che era
stato loro compagno di giochi.
Solo quand’era già morto l’avevano portato laggiù nel
prato vicino al pollaio. Avevano lottato per difenderlo, rischiando la loro stessa vita.
Gli ancestri, a differenza di Caino, erano miti, obbedienti
e rispettosi verso l’Uomo, la Donna e il loro Bambino, intelligenti e fedeli più del cane attuale.
Soltanto Caino, dalla mente contorta, frustrato e invidioso
del fratello, covava sentimenti di odio e di rivalsa e aveva
deviazioni del comportamento sessuale.
le deviazioni sessuali trovano la loro origine
e causa nella corruzione genetica
§ 226 L’anomalo Caino voleva proprio uccidere Abele oppure
soltanto punirlo “per una lieve scalfittura ricevuta” come
dice la versione ebraica? Probabilmente ci fu, insieme al
desiderio di vendetta, il desiderio di abusare di lui.
L’istinto sessuale di Caino dovette essersi manifestato più
volte in famiglia se l’Uomo e la Donna dovettero coprirsi
con pelli di canguro. Quello sbirciare insistente fra le gambe della Donna durante ‘L’ultimo pasto di Abele’, ogni volta che ella si curvava a raccogliere un frutto e che il lembo
della falda le lasciava scoperto un ginocchio, era un segnale della sua passione latente.
Caino non sapeva dominare il “furor mali desiderii”, la
furia degli istinti. Era sensuale e, visto Abele allontanarsi,
lo rincorse per sfogarsi.
Il peccato di Caino fu un triplice peccato: di pederastia, di
pedofilia e di infanticidio. Sua unica giustificazione: Caino
era minorato nel corpo e nella psiche.
Riflettevo: se il ‘peccato originale’ fu commesso quando la
Donna aveva un anno e mezzo o due, Caino era più giovane
della Donna di 2 o 3 anni. E se la Donna concepì Abele all’età di 14 anni, ella, quando Abele fu ucciso (pressappoco
a 3 anni), ne aveva circa 18 e Caino 15.
Si legge che le scimmie raggiungono mediamente l’età feconda intorno agli otto anni. Si può presumere che gli ancestri non si differenziassero molto da quelle. Egli dunque era
adolescente come uomo, ma maturo come ancestre. Sebbene
la statura dei due fratellastri fosse quasi simile perché somaticamente appartenenti a specie diverse, la differenza
d’età fra i due era di 12 o 13 anni.
§ 227 Fu il terrore dell’insidia e della morte che fece comprendere al Capostipite che ormai non poteva più dominare la
situazione? È da questo momento che ha inizio lo sterminio
(degli ancestri) di cui parla la Genesi (4,15), nel folle desiderio di vendetta o nel tentativo di arginare il pericolo di un
delitto che avrebbe potuto ripetersi?
Il Capostipite invece non uccise Caino perché il Signore lo
aveva diffidato dal farlo. Per questo “il Signore aveva dato
a Caino un segno, ‘la parola’, (§ 193) affinché chi lo incontrasse (e non poteva essere che l’Uomo) non lo uccidesse”.
Dunque l’Uomo in questa circostanza obbedì all’ordine di
Dio di non sopprimere Caino perché Caino era ‘figlio dell’Uomo’ e perché questa discrezionalità spettava solo a Dio.
Sappiamo con certezza che rispettò la vita di Caino altrimenti non saremmo nati noi, ibridi.
Caino fu invece cacciato verso Oriente. La Bibbia dice che
ad Oriente prima di lui fu cacciata Eva, sua madre, forse
dopo che lo ebbe svezzato o, al più tardi, quando Caino potrebbe aver mostrato un particolare interesse anche verso di
lei. Si deduce per logica che Caino si accoppiò con Eva perché se Caino è “uomo” (così lo ha definito il Signore nella
rivelazione che segue) (§ 233) è segno che, oltre alla parola,
aveva il numero dei cromosomi della specie umana. Quindi
poteva unirsi a tutte le femmine, ma generare solo da Eva.
Da questo sventurato connubio nacquero figli e figlie, i
cosiddetti ‘figli naturali dell’Uomo’ o ‘figli degli uomini’.
Quindi Caino non fu cacciato dal Signore-Iddio, bensì dal
Signor-padrone Adamo, il Signore della Terra!
Così la triste coppia si compose, o si ricompose: ‘Lei, Eva, bestia simile a donna, e l’altro, Caino, uomo simile a bestia’.
Abele va annoverato fra i ‘Santi Innocenti’ e fu il primo
martire a salire al cospetto di Dio.
lA SErA DEl Giorno FAtAlE
DEllA MortE Di ABElE
SETTIMA RIVELAZIONE:
ricevuta a Chies d’Alpago nel 1974
(Nota della curatrice) La 7ª rivelazione, ossia il quinto ‘sogno’, è di una
portata immensa. Avviene dopo e a breve distanza dal quarto ‘sogno’, quello relativo a ‘L’ultimo pasto di Abele’.
Mentre nelle rivelazioni che precedono la grande visione del 1972 il
Signore intende mettere a fuoco il ‘peccato originale’ e le sue conseguenze
immediate e successive, nelle rivelazioni che seguono la grande visione il
Signore entra nell’analisi psicologica e nel campo delle responsabilità, sia
di quelle di Caino, tarato, frustrato, complessato e malizioso, che di quelle
di suo Padre.
Premessa
§ 228 Nelle circostanze più impensate mi ritornava alla mente
ora una scena, ora l’altra di quanto avevo visto e udito nei
‘sogni’ che avevano preceduto e seguito la grande visione.
Capivo sempre meglio la connessione delle cose e, appena
potevo mettermi a tavolino, scrivevo su un foglio qualunque
l’ultima ispirazione con il riferimento ad altre precedenti.
Dopo l’ultimo ‘sogno’ riguardante la morte di Abele, mi
chiedevo se la Donna avesse partorito prematuramente; se
il Neonato fosse una femminuccia o un maschietto e se l’una
o l’altro avesse riportato conseguenze fisiche.
Mi chiedevo anche se l’Uomo, umiliato e stressato per
l’assassinio di Abele, si fosse ravveduto della sua superbia
e autosufficienza.
A dare una risposta a questo mio interrogativo venne puntuale quest’altra rivelazione.
Il Signore-iddio sta alla mia destra
Ecco il ‘sogno’.
§ 229 Era nel tardo pomeriggio dello stesso giorno della morte
di Abele e mi trovavo sul prato, ai piedi di quel colle che si
protendeva verso di esso come un promontorio, proprio nel
luogo dove avevo visto il giovane Uomo con la Neonata sulle
mani e “la madre di tutti e due”(§125), Eva, ancora semisdraiata dopo il parto, che reclamava la sua figlioletta.
L’Invisibile Accompagnatore che stava alla mia destra mi
condusse su per il sentiero, ora in ombra, già percorso dall’Uomo che 18 anni prima portava la Bimba.
Il sentiero che saliva verso Nord per il versante orientale
di quel promontorio che si protendeva verso Sud, era piuttosto stretto ed aveva a destra nel primo tratto la pianura
coperta di messi e più avanti alberi sparsi ad alto fusto.
§ 230 Durante il percorso sentivo vicinissima, alla mia destra,
la Voce che mi istruiva con molta competenza e bontà, raddrizzando parecchie delle mie idee preconcette, ed era tanto
il rispetto e la venerazione che mi ispirava, che mi sentivo
tutto avvolto e come affascinato dalla Sua Presenza. Non La
sentivo come una Persona estranea che mi incutesse timore,
ma come una Persona familiare con cui fossi vissuto a lungo
con molta dimestichezza e che, perciò, mi conosceva bene
nella mente, nel cuore e nelle mie vicende.
Purtroppo non ho scritto subito dopo ciò che mi ha detto,
ma era tutto relativo all’interpretazione della Bibbia.
Ad un certo punto vi era una svolta a 180 gradi e la direzione del sentiero che salivamo ora era verso Sud e lo
scoscendimento scendeva alla mia sinistra.
Sopra e sotto il sentiero vi era erba a ciuffi che sembrava
loppa, quell’erba secca dei prati non falciati, e qualche cespuglio basso di nocciolo o di carpine.
Mi tenevo sul bordo sinistro di esso per lasciar spazio al
mio invisibile Accompagnatore che continuava a parlarmi
familiarmente all’orecchio destro:
– TIENITI AL CENTRO. NON HO BISOGNO DI SPAZIO. –
Arrivammo ad un punto dove il sentiero era interrotto per
una lunghezza di 2 o 3 metri da una piccola frana che terminava in basso a sinistra presso la prima parte del sentiero
che avevamo percorso. Non si poteva passare che uno alla
volta, saltando su due o tre sporgenze rocciose e distanziate, sempre allo stesso livello del sentiero. Stranamente ero
scalzo e temevo di scivolare.
Mi arrestai sul ciglio sinistro di esso per dare la precedenza al mio Venerando Maestro. Guardando il precipizio
pensai:
“Perché non si mette alla mia sinistra per sostenermi?”.
Ma Egli mi disse:
– PASSA. NON TEMERE. RIMANGO SEMPRE
ALLA TUA DESTRA. IMPEGNATI QUANTO PUOI. TI
ACCOMPAGNO SEMPRE. TI SOSTERRÒ. –
§ 231 In quel momento mi si affacciò alla mente il dramma che
avevo visto in quello stesso posto tempo prima, come attrala sera del giorno fatale della morte di aBele304 Genesi Biblica
verso un corpo opaco e un cespuglio: rividi Eva che, raggiunto il giovane Uomo, voleva la Bimba ma, alla resistenza di lui, lo graffiò e lo morse, tanto che egli, per togliersela
d’attorno, le fece uno sgambetto che la fece cadere, ma non
vidi dove fosse caduta. Allora capii perché Eva, quando saliva la scala e nel camminare verso l’ingresso della grotta,
zoppicava, e perché il Giovane, ancor prima di ammetterla
nella sua abitazione, avesse guardato a lungo la sua piccozza.
Pensai anche come avranno fatto le madri dei cuccioli a
salire lassù per far compagnia alla Bambina il dì del ‘peccato originale’.
A sinistra vi erano altri alberi lungo l’orlo del ripido pendio. Erano sempre piante d’alto fusto che non potei identificare perché ne vedevo solo il tronco fino all’altezza dei
rami. Dopo una trentina di metri circa dalla frana il sentiero
si faceva pianeggiante e girava dolcemente a destra.
§ 232 A quel punto il sentiero si apriva a ventaglio su uno spiazzo o pianoro erboso che a sinistra verso valle era delimitato
dai soliti tronchi d’albero. Questi alberi, non fitti, lasciavano
intravedere un ripido pendio che scendeva per 30 o 40 metri
sulla vasta pianura biondeggiante di messi. Lo spiazzo terminava 20 metri più avanti con la facciata posteriore di un
casolare rustico sulla quale si apriva un’unica finestrella.
Il sentiero, che passava a Sud del casolare lasciandolo a
circa 2 metri di distanza sulla destra, proseguiva all’esterno del cortiletto dal fondo roccioso girando ulteriormente a
destra.
Arrivati a tre metri dal casolare fui invitato ad uscire dal
sentiero e ad affacciarmi alla finestrella. Non volevo, ma mi
trovai a guardarci dentro.
l’autore del primo omicidio
§ 233 Frattanto il Maestro continuava a parlarmi e mi avvertiva
pressappoco con queste parole:
– VEDRAI L’AUTORE DEL PRIMO OMICIDIO. È UN
‘UOMO’ DISPERATO. – Dopo qualche istante:
– NON È DEL TUTTO RESPONSABILE. EGLI È
L’AUTORE DEL CRIMINE, MA IL VERO RESPONSABILE
È SUO PADRE CHE PER LA SUA DISOBBEDIENZA E
PRESUNZIONE È LA CAUSA PRIMA DI TANTI MALI E
DEL DISORDINE NEL MONDO. –
Disse altre parole che non ricordo, ma che capivo benissimo.
Mi era entrata in cuore una grande angoscia mista a timore.
La stanza era un ambiente povero e affumicato ed era illuminata dal sole attraverso la porta aperta dalla parte opposta. Doveva essere di tardo pomeriggio perché quella luce
entrava da Ovest di sbieco così da illuminare il pavimento
di terra battuta, tutto diritto e pulito, fino in prossimità della
finestra.
Ad un metro da quest’ultima vidi un essere peloso raggomitolato sul pavimento. Lo vedevo di schiena. Il pelo, lungo
4 o 5 cm, non era proprio nero, ma castano scuro e discriminato lungo la spina dorsale. Capii che era Caino perché
l’avevo già visto in altra occasione. Teneva i gomiti sulle
ginocchia e le mani sul capo, in modo che i polsi appaiati
ne coprivano la sommità e le mani nascondevano gli orecchi e l’una e l’altra parte della testa schiacciata. Non mi fu
possibile vederlo in faccia perché teneva la testa bassa sulle
ginocchia. Il suo bacino era stretto.
“Quello teme un colpo di piccozza, oppure il Padre gli ha
tirato gli orecchi che adesso gli dolgono” pensai.
la sera del giorno fatale della morte di aBele306 Genesi Biblica
– IL PADRE NON L’HA UCCISO E NON LO UCCIDERÀ
PERCHÉ È ‘FIGLIO DI UOMO’ E ‘UOMO LUI STESSO’
– mi venne detto. E dopo qualche secondo disse altre parole
che non ricordo testualmente, ma potrei esprimere il concetto così:
– I DIFETTI, ANCHE IL COMPORTAMENTO
ABERRANTE DELLA SESSUALITÀ UMANA, SONO
DOVUTI ALLA DISUBBIDIENZA PRESUNTUOSA DEL
PRIMO UOMO. –
Compresi perciò che non solo certe malattie ereditarie,
come la sindrome di Down o la sindrome di Turner o la pazzia, o certe deformazioni fisiche, come il nanismo o il labbro
leporino, ma anche le deviazioni sessuali, come l’omosessualità o la sodomia o la pedofilia, ecc... sono deformazioni
psicofisiche dovute allo squilibrio entrato nel genere umano
attraverso il ‘peccato originale’.
§ 234 Ritornato sul sentiero e oltrepassato il fianco Sud del rustico, il sentiero voltava ulteriormente a destra girando attorno ad un cortiletto lastricato e delimitato da un muretto.
Venendo dal sentiero che avevo percorso si accedeva al
cortile dal punto in cui mi trovavo.
Superato il secondo angolo del casolare, mi accorsi di
trovarmi nello stesso posto nel quale, nel ‘sogno’ del peccato originale, avevo visto la Bambina giocare nel cortile in
mezzo ai cuccioletti ancestri e dove avevo visto riunirsi la
famiglia per consumare il suo pasto frugale.
Mi girai sul fianco destro e, voltando le spalle a Sud, vidi
che questo cortiletto era delimitato a destra dalla facciata
di quello stesso rustico che prima avevo visto di spalle. Ad
un metro dall’angolo si apriva l’unico ingresso della costruzione dentro la quale avevo appena visto Caino. Di fronte
avevo la parete del terrapieno, alto circa 6 metri e largo 5
o poco più, sopra il quale avevo visto l’Uomo, quand’era
ancora giovane, sottoporsi alla doccia. Gli altri due lati del
cortile erano delimitati dal muretto semicircolare, all’esterno del quale correva il sentiero che stavo percorrendo e che
proseguiva, al termine del muretto, scendendo lungo il lato
Ovest del terrapieno.
Da quel lato, ai piedi del terrapieno dove terminava il muretto, era uscito per l’ultima volta Abele rincorso da Caino.
Il piano del cortile era roccioso e pulito. Era la superficie
di uno strato o filone di arenaria, inclinato e pendente verso la facciata di quel rustico, tanto che vi erano due o tre
gradini davanti alla porta d’ingresso. Non li avevo notati la
prima volta quando vidi il Giovane seduto sulla panca addossata alla parete del casolare, poco prima di commettere
il ‘peccato originale’, né in quell’altra occasione quando
vidi la prima famiglia riunita per pranzo nell’ultimo giorno
di vita di Abele.
La porta era aperta.
Indugiai a guardare dentro, sempre con il timore di essere
scoperto e rimproverato. Caino era ancora là immobile, con
la faccia sulle ginocchia, in una posizione impossibile per
una persona normale. Ginocchi bassi, gambe corte, avambracci lunghi sproporzionati alla lunghezza della schiena e
questa era molto flessibile nella curva.
Mi ritirai e tornai sul sentiero.
la prima famiglia è in lutto
§ 235 – CI AVVICINIAMO ALL’ABITAZIONE DELLA PRIMA
FAMIGLIA CHE È IN LUTTO E IN GRANDE ANGOSCIA
E SOFFRE MOLTO PER LE COSE ACCADUTE
QUEST’OGGI. –
L’abitazione a cui alludeva la Voce stava sulla cengia superiore, in alto, sopra il terrapieno. Reagii volgendomi verso sinistra, protestando:
– Signore, – dissi – non sono preparato ad affrontare una
situazione del genere. Non so quali parole di conforto io
possa dire. E poi, cosa dirà l’Uomo che vengo a curiosare
in casa sua in questa solitudine? Ho paura. –
Desideravo andarmene prima che arrivasse l’Uomo, e lo
dissi. Ero trepidante. Non volevo farmi vedere.
Il Signore mi accontentò ed evitammo l’abitazione.
Riprendemmo il sentiero e costeggiammo il muretto che finiva all’angolo con il terrapieno e di qui cominciammo a
scendere verso Ovest per un viottolo ripido e lastricato di
larghe pietre a mo’ di lunghi gradoni che percorsi veloce
fino al suo termine dove c’era un praticello a mezza costa.
Giunti al praticello l’Accompagnatore mi avvertì con la
solita Voce:
– QUI VEDRAI LA VITTIMA. –
– No, Signore; non voglio vederlo. Un Bambino straziato
e morto mi farebbe troppa impressione. –
Intanto, guardando alla mia sinistra, vidi una rete fatta di
anelli di vimini larghi da cinque a otto centimetri, addossata
ad un cespuglio e sostenuta dalle sue fronde verdi fino all’altezza di tre metri. Ne vedevo solo un tratto, dall’altezza
di un metro in su, perché il campo visivo era molto limitato.
Mi fu suggerito che lì c’era il pollaio affidato alle cure del
Bambino che, poco prima di venir ucciso, aveva raccolto le
uova per portarle al suo Papà. Abele faceva l’allevatore,
limitatamente alla sua età, non di pecore, bensì di polli.
Risalimmo il viottolo e mi pareva di volare. Ero meravigliato nel constatare come potevo correre senza fatica posando i piedi scalzi su quelle lastre informi e grezze, giallastre e di varia grandezza che erano posate sopra la terra
bagnata come a segnare le pedate onde evitare di sporcarsi
i piedi.
A circa metà della salita vidi vicinissimo, all’altezza della mia spalla, un grappolo di uva rossiccia. Sembrava uva
fragola non ancora matura e il grappolo non era più grosso
del pugno di un fanciullo. Volevo vedere in che modo fosse
sostenuto il tralcio, ma non mi fu possibile. Era sopra la
linea del quadro visivo.
La salita terminava ai piedi del terrapieno e qui fui avvertito che avrei visto uscire dal cortile l’Uomo che temevo.
Ero in apprensione e mi arrestai a mezzo metro dall’angolo dal quale cominciava il muretto del cortile.
Adamo era un gigante
§ 236 Dallo spigolo del terrapieno, al di sopra del muretto, vidi
spuntare l’estremità di un piede umano, ben fatto, il destro.
Avanzava molto lentamente come al rallentatore. L’alluce
era fasciato, dall’ultima falange in dentro, da una striscia
bianca, liscia che non era stoffa, ma sembrava ‘semolina’
larga da due a tre centimetri. Altre due dita erano fasciate
da una striscia più sottile. Le dita erano diritte e regolari,
segno che non erano mai state costrette in una scarpa. Erano
arrossate come se fossero state lavate nell’acqua calda.
Venne avanti il piede e, quando lo vidi interamente, calcolai che era 10 o 11 cm più lungo del mio che porto il numero
43 di scarpa.
A ridosso del tallone vidi il risvolto di una pelle pelosa
che passava sotto il piede, una suoletta che era legata in
qualche modo alla caviglia.
Dietro il piede venne fuori lo stinco, un po’ alla volta, su,
su, e sembrava non finisse più. Era d’uomo, senza peli.
Quando stava per comparire il ginocchio vidi il lembo peloso di una falda scivolare al di dentro del ginocchio così
che quando il piede si posò sul sentiero fuori del muretto la
gamba intera era allo scoperto fino alla coscia.
“Un gigante! – pensai – Chissà cosa mi dirà nel trovarmi
qui a curiosare fra le sue cose”. Da sopra il muretto venne avanti la gamba sinistra e, insieme, tutto l’Uomo, che,
scostandosi dalla parete del terrapieno alla quale era appoggiato con l’avambraccio destro, pose a terra il secondo
piede e si rizzò giusto davanti a me, a circa un metro di
distanza.
Figura imponente dalla pelle lucida e arrossata. Aveva i
capelli quasi tutti bianchi con qualche piccola ciocca di neri
frammezzo. L’avevo visto in altra rivelazione consumare il
pasto con la sua famiglia poco prima dell’infanticidio del
suo Bambino ed era tutto nero di capelli e di barba. E adesso,
a poche ore di distanza, perché questa rivelazione riguarda
ancora quel giorno funesto, è incanutito come un vecchio!
Facevo intanto fra me qualche calcolo: “Supponiamo che
sia diventato padre a 15 o a 16 anni e sua Figlia, la Donna,
abbia partorito a 14, e che il loro Bambino oggi, quand’è
morto, abbia avuto circa 3 anni: l’Uomo non può avere più
di 33 anni”.
I suoi occhi iniettati di sangue non mi guardavano e ne fui
lieto. Guardava lontano, al di sopra della mia spalla destra,
forse verso il sole che stava per tramontare alle mie spalle.
La falda gli si era spostata a sinistra lasciandogli scoperta
la metà del petto fino a quattro o cinque centimetri sotto lo
sterno. Un petto poderoso, senza peli, largo certamente 15
cm più della media. Braccia enormi, anch’esse senza pelo.
Si assestò la falda che, appesa sulla spalla sinistra, copriva l’addome fino a qualche centimetro sotto la giuntura
delle costole.
Mi fu suggerito sommessamente di confrontarmi con la
sua statura. Venne avvicinato fino a 30 o 40 cm dai miei
occhi.
Fissai quel punto perché corrispondeva al mio sguardo
orizzontale. Mi ripromisi di fare in seguito il calcolo.
Eccolo:
– Il mio piede misura 25 cm; il suo 35 o 36.
– L’altezza del mio sterno è di 1 m e 15. L’altezza del suo
è uguale a quella dei miei occhi: 1 m e 63.
– La mia statura è di 1 m e 76 cm e mezzo. La sua, in proporzione, è di 2 m e 50 cm. Pensavo anche:
– Gesù, per non umiliare l’uomo attuale, assunse la statura media fra quella del Campione (2 m e 50) e quella degli
ancestri maschi (m 1,10). Per cui m 2,50 + 1,10 = m 3,60
che, divisi per 2, fa m 1,80.
Per guardarlo in faccia, così vicino, dovetti retrocedere di
un passo e guardare in su. Al considerare quel petto e quelle
braccia enormi, ma ben proporzionate, mi assalì ancora il
timore:
“Se vedendomi si irrita e mi dà uno schiaffo – pensai,
– mi fa rotolare giù per il pendio”. Ebbi paura, ma mi venne
detto sommessamente:
– NON TI VEDE. SONO PASSATI TANTI ANNI. NON
TEMERE. –
Anche la barba era quasi tutta bianca. Non era lunga che
pochi cm e non era abbondante: gli incorniciava il viso lasciando quasi libere le gote.
I baffi, essi pure grigi, erano ben tagliati appena sopra il
labbro.
Penso che forse erano acconciati così naturalmente perché
le guance erano prive di peluria.
l’uomo contro Dio
§ 237 A tratti le sue labbra si muovevano, come se parlasse,
ed intanto guardava al di sopra della mia testa e poi al di
sopra e oltre la mia spalla destra. Guardava il sole che
tramontava.
Una sola volta i suoi occhi si incontrarono di sfuggita
con i miei ed in quel momento mi parve che il movimento
delle sue labbra corrispondesse alle parole che sentii pronunciare:
– ORA HAI VISTO. – Credendo che fossero parole sue e
che si riferisse al Bambino morto, gli risposi tosto:
– No, non ho voluto guardare il Piccino. Un Bambino assassinato mi farebbe troppa impressione! Ho visto l’altro, là
dentro, seduto per terra. –
Credetti, sul momento, che l’Uomo riconoscesse le sue disgrazie come effetto del suo peccato e si lamentasse. Invece,
erano parole del mio Interlocutore.
E, in contrapposizione alle mie allusioni ai due figli, il mio
Illustre Maestro ha precisato a voce normale:
– ...HAI VISTO COSA È ACCADUTO ALL’UOMO! – Egli
stava ora a capo chino. Mah... Che cosa vedevo!? Che cosa
faceva!?
– QUESTO! – precisò la Voce.
Egli aveva sbandato la falda a sinistra e con la destra...
credevo guidasse una funzione fisiologica per non bagnarsi
e, per non guardare, alzai lo sguardo ai suoi occhi. Ma si
intratteneva un po’ troppo a lavorare con quella mano...
– ADESSO HAI VISTO CHE COSA HA FATTO... LUI,
L’UOMO (nel senso di: ‘come si è comportato l’Uomo’, o
‘come ha reagito alla disgrazia...’) – ribadì la Voce che
proveniva dalla mia spalla destra.
Il suo sguardo verso il sole morente ed il suo gesto mi
sembrò simile a quello di Giuliano l’Apostata
52
che stese il
pugno pieno di sangue raggrumato verso il Cielo dicendo:
– Hai vinto, o Galileo!
53
–
O simile al gesto di... Malthus
54
col significato di:
– Perché non lo hai custodito? Eppure era Figlio legittimo. Non vuoi che sopravvivano? Ebbene, non ne avrò
più! –
Mi rimase impressa la sua immagine di Uomo disperato
che sembrava prendersela con Dio perché non aveva impedito il delitto.
la Donna “È innoCEntE”
§ 238 Io stavo in pensiero per la Donna, l’unica che non si lasciava vedere e che vidi accasciarsi nel presagire, impotente, l’uccisione di Abele. Pensavo:
“Ora soffrono in conseguenza del loro peccato”.
Ma la solita Voce disse forte:
– MA LEI È ‘INNOCENTE’. RICORDALO! – (§207)
E mi presentò allo sguardo la scena di lei ancor Piccina
nel cortile e poi nella grotta. Alludeva alla Donna che anch’io avevo ritenuta colpevole, dimenticando di averla vista,
52
Giuliano Flavio Claudio (331-363) imperatore romano dal 361, fu detto l’Apostata per
aver rinnegato (nel 351 circa) il cristianesimo e restaurato il culto pagano.
53
Il ‘Galileo’ è Gesù perché viene dalla Galilea. Giuliano l’Apostata stese la mano piena di
sangue verso il Cielo, mentre Adamo la stese piena di sperma.
54
Thomas Robert Malthus (1766-1834) economista inglese. Nel suo libro ‘Saggio sul principio della popolazione’ (1798) sostenne che l’incremento demografico avrebbe spinto a
coltivare terre sempre meno fertili con conseguente penuria di generi di sussistenza e arresto
dello sviluppo economico. Propose come soluzione la limitazione delle nascite.315
ancora Bambina, in occasione della rivelazione del ‘peccato originale’.
Il ‘sogno’ svanì e mi destai.
§ 239 Ha voluto precisare: “ma lei è innocente”.
Ecco dunque la novità portata dalle due inclite Celesti
Messaggere, “le due madri dei figli di dio”, nella festa dell’Assunta: la donna, la madre naturale dei ‘figli di dio’(§ 8)
è innocente’ (§ 207 e 238), poiché non fu lei a commettere
il peccato originale visto che al momento di quel ‘peccato’
aveva un anno e mezzo o due.
Lei, l’ultimo capolavoro del Creatore, fu anche immacolata perché nata, come Maria, senza tare del ‘peccato originale’ perché concepita per opera dello Spirito Santo e
del giovane Uomo creato perfetto, e fu martire nello spirito
come Maria per aver visto uccidere il suo primogenito. È
giunta l’ora di riabilitarne la figura e la memoria.
Questa dunque la novità qui ribadita dalle Eccelse Donne,
associate nella gloria, che ora si fanno conoscere all’umanità, ma specialmente a tutte le donne, per far loro comprendere la loro dignità di persone umane e in particolare di
madri, col ruolo sublime di mettere al mondo sempre nuove
creature destinate a popolare la Terra e conseguire la Vita
eterna.
È mia convinzione che la Madre naturale dei ‘Figli di Dio’
ci segua dal Cielo e sia divenuta la protettrice di tutte le
donne che soffrono per la presunzione e la prepotenza dei
loro mariti e per le morti premature dei loro figli.
***
“SONO UOMINI” OVVERO
ORA “TUTTI SIAMO ANIMALI”
QUARTA RIVELAZIONE:
cioè il terzo ‘sogno’, ricevuta a Chies d’Alpago nel 1970
(Nota della curatrice) È importante ricordare che questa rivelazione è la
quarta e giunge dopo ‘Il segno di Caino’, ‘Il peccato originale’ e ‘La morte
di Abele’. Quindi don Guido non aveva ancora ricevuto la grande rivelazione,
e perciò in quel momento sapeva solo:
1) che il primo Uomo era stato creato integro e perfetto, come dice la
Bibbia, perché lo aveva visto quando commise il ‘peccato originale’ (II
rivelazione, avuta nel 1970);
2) che il ‘peccato originale’ era stato un rapporto procreativo non voluto
da Dio (II rivelazione);
3) che il ‘peccato originale’ fu un peccato di ‘ibridazione’ della specie umana
perfetta (associando la I rivelazione del 1968 e la II rivelazione del 1970);
4) che il frutto di questo peccato era un individuo ibrido (ancora I e II
rivelazione);
5) che il peccato era stato commesso ‘solo’ dal primo Uomo (II rivelazione);
6) che la prima Donna, anche lei ‘perfetta’, era ‘innocente’ perché ancora
bambina quando venne commesso il peccato originale (II rivelazione);
7) che quello che classificava Caino come ‘uomo’ era ‘la parola’, ‘unico
segno umano’ percettibile (I rivelazione);
8) e che se Caino poteva esser confuso con gli esseri preumani, era
perché di questi aveva l’aspetto (I rivelazione). (Questi esseri preumani il
Signore li definirà “ancestri” solo nella V rivelazione che avverrà due anni
più tardi, nel 1972).
Ma quali erano state le conseguenze di questo peccato sul genere umano?
La risposta a questa domanda che don Guido si andava ponendo venne
con una nuova rivelazione, la quarta, ancora una volta ricevuta sotto forma
di ‘sogno profetico’.
Premessa
§ 240 Avevo avuto da poco la rivelazione de ‘La morte di Abele’,
senza tuttavia comprendere chi fossero i protagonisti di
quella terribile tragedia.
Nel frattempo continuavo a leggere libri scientifici e la
Genesi Biblica, meditando. Tre erano le considerazioni che
avevo fatto:
1) Non poteva essere vero che la civiltà fosse cominciata
coi Cainiti; solo con la rievoluzione questo era vero, ma
allora i Setiti o Adamiti non c’erano già più.
2) La pelle nera e pelosa era ereditata da Caino, non
dall’Uomo. Senza dubbio le figlie più belle degli uomini
erano quelle chiare e senza pelo perché più somiglianti al
nonno paterno, nate secondo le leggi dell’ereditarietà scoperte
da Mendel.
3) La statura gigantesca era propria degli Adamiti, perché
gli ancestri maschi avevano un’altezza di 1,10 m e le
femmine di 1,05 m soltanto.
In relazione a questi miei pensieri, ebbi la grazia di un
altro ‘sogno’, quello che ho intitolato: ‘Sono uomini’, ovvero,
‘Tutti siamo animali’, poiché ora siamo tutti ibridi. È la
quarta rivelazione, avuta anch’essa nel 1970, due anni prima
della grande visione, ma non ne presi subito nota perché
non vedevo alcun nesso con le rivelazioni già ricevute.
Quando però mi interessai dei ‘Giganti’, come è accennato
in Genesi 6,1-5, di “quegli uomini potenti e famosi”, gli
ibridi (generati dai ‘Figli di Dio’ e dalle ‘figlie degli uomini’)
di cui si parla nel versetto seguente, e di Noè e i suoi
figli, compresi che questo ‘sogno’ aveva la sua importanza
sotto diversi aspetti e scrissi quanto mi ricordavo.
Gli effetti della corruzione della specie:
i primi esemplari dell’ibridazione
§ 241 Sognai di essere arrivato ad un cortile diverso da quello
già veduto nel ‘sogno’ del ‘peccato originale’, dove si muovevano
alcuni esseri neri e pelosi, a statura eretta e con
gambe corte. Seduta su un ceppo, 4 metri davanti a me, una
madre allattava il suo piccolo, anch’esso nero e peloso. La
madre aveva orecchi grandi ed orizzontali.
Più oltre, a destra, alcuni maschi in piedi, ‘di statura differente
tra loro’, smistavano delle stanghe e dei rami d’albero
pieni di foglie facendone due cataste vicine addossate
ad un muro.
Vidi arrivare alla mia destra uno di quegli esseri pelosi.
Era più alto dei suoi simili.
Si fermò a due passi davanti a me e, voltandomi la schiena,
cominciò a tagliare l’estremità di un paletto che teneva verticale
sopra un ceppo. L’arma usata era un grosso coltello
nero la cui lama di pietra tagliente era saldata, non ricordo
come, ad un lungo manico verde robusto. Squadrava la punta
del paletto da tre lati, tagliandone di volta in volta una
sottile scheggia e presentandolo sulla tacca di una stanga
che giaceva davanti a me. Pareva stesse ginocchioni, invece
aveva le gambe assai corte.
Quando vidi che riuscì a far combaciare bene le parti lavorate,
meravigliato della precisione dei suoi colpi, esclamai:
– Industrioso questo animale! Ed anche gli altri! –
Tutti siamo animali
§ 242 Quell’animale industrioso si girò e mi guardò con quegli
occhi quasi nascosti dalle sopracciglia basse. Mi osservò
tre volte da capo a piedi, mentre io facevo lo stesso nei suoi
riguardi.
Aveva la testa schiacciata, fronte bassa, ‘un principio di
naso che copriva solo in parte le fosse nasali’, la bocca larga
fino agli orecchi e questi, molto grandi, sorpassavano di
5 o 6 centimetri l’altezza del cranio.
Mi giunsero all’orecchio queste parole:
– TUTTI SIAMO ANIMALI. – L’animale che ‘aveva parlato’
intendeva anche me. Anzi, tutti noi.
Intanto, dopo avermi squadrato, si era rivolto nuovamente
al suo lavoro. Si curvava poco su quel ceppo così basso,
perché aveva gli avambracci lunghi e le gambe corte.
§ 243 Apparve in cima al cortile, a 8 metri di fronte a me, un
Gigante nudo e roseo. Si avvicina e controlla il lavoro del
gruppo che armeggia con delle stanghe.
Egli assisteva e consigliava quegli operai. Era il Padrone.
M’intrattenni a parlare con quest’Uomo, grande e rosso
di carnagione, quando soggiunsi:
– Quello ha uno sguardo intelligente. –
L’animale di prima fece un cenno affermativo col capo.
– Mi ha capito – replicai.
– EH SÌ – rispose quell’essere peloso.
– Quell’essere peloso parla come un uomo! – dissi al
Gigante.
– SONO UOMO – mi disse l’essere peloso che stava ritagliando
un altro paletto. E l’altra Voce, quella del Gigante,
disse:
– SONO UOMINI – e in sordina: – FIGLI DELL’UOMO. –
Erano i Cainiti, i discendenti di Caino, i primi ibridi, e il
Padrone li istruiva e li sorvegliava.
Con queste parole il ‘sogno’ finì.
§ 244 La carnagione arrossata dell’Uomo mi fece credere durante
questa rivelazione che si trattasse del Capostipite,
già visto nella rivelazione del ‘peccato originale’, adulto
e ravveduto, volonteroso di riparare l’errore commesso in
gioventù, mentre si prodigava per questi nipoti ibridi discendenti
di Caino. Perciò fino al 1974 lo chiamavo ‘Santo
Adamo’.
Ma poi, dopo la settima rivelazione nella quale assistetti
alla sua ribellione contro Dio, capii che Adamo tanto
santo non era e che non si era pentito. E, cosa che allora
non mi fu evidente, ma che invece notai qualche anno dopo
facendo un raffronto con le rivelazioni che ho avuto successivamente,
capii che alcune caratteristiche di questi esseri
non erano quelle degli ancestri puri.
Questa piccola comunità aveva caratteri più umanizzati
rispetto alla prima famiglia degli ancestri, come ad esempio:
a) ‘un inizio di naso’ che copriva parzialmente le fosse
nasali ed ‘orecchie meno lunghe’,
b) una certa ‘armonia e coordinamento nei movimenti’,
c) una ‘maggior intelligenza’,
d) una ‘statura non omogenea’ ma differenziata tra i maschi
adulti e mediamente ‘più alta’,
e) una ‘destrezza manuale più umana che animale’ e
f) soprattutto l’uso della ‘parola’.
Da queste considerazioni dedussi che erano passate molte
generazioni dalle scene delle rivelazioni precedenti e successive
e che quel Gigante non poteva essere il Capostipite
ma un discendente puro di Set, forse Lamech, non ovviamente
l’omonimo discendente di Caino a cui è attribuito ‘il
canto della spada’ (Genesi 4,23-24).
(Nota della curatrice) È sconcertante pensare che un uomo
potesse aver perso la perfezione originaria da non sembrar più un
uomo e aver assunto un aspetto simile a bestia. Eppure, se Caino
era un uomo, anche questi esseri pelosi erano ‘uomini’.
Essere ‘uomo’ o ‘figlio degli uomini’ è la stessa cosa: significa essere
solamente ‘discendente di Adamo’ tramite il ramo di Caino, cioè ‘ibrido’,
e non essere più ‘Figlio legittimo di Dio’.
Oggi siamo tutti per nascita figli degli uomini, ossia figli di Caino e ‘figli di Eva’ e perciò ‘esuli’ dal Regno spirituale di Dio, come recita la Salve Regina. Non aveva voluto Adamo dei figli tutti suoi? Tragicamente ci è riuscito! Dio infatti era stato escluso per volontà esplicita dell’Uomo dal loro concepimento.
(Gesù per umiltà si professava ‘Figlio dell’Uomo’ per dirci che voleva
condividere con gli uomini le loro sofferenze, ma si proclamò ‘Figlio di
Dio’ all’inizio della Passione quando fu necessario chiarire la sua Identità).
L’ULTIMO COLLOQUIO
OTTAVA RIVELAZIONE:
ricevuta a Chies d’Alpago nel 1974
“O Padre Santo, a tutti sei venuto incontro
perché coloro che Ti cercano Ti possano trovare”
§ 245 Stavo spalmandomi sul collo, sotto la mandibola sinistra,
un pizzico di calce bianca, l’unico medicamento che mi toglieva
subito il prurito ed essiccava le vescichette che da
parecchi anni, 40 per la precisione, mi venivano provocate
dal bordo del collare di celluloide, collare semplice e non
doppio perché più facile da essere lavato.
Mi vennero in mente le parole di Giobbe: “Manus tuae
fecerunt me et plasmaverunt me totum in circuitu”, le Tue
mani mi plasmarono totalmente, e intanto la calce si scioglieva
fra le dita e mi colava sul palmo e sulla veste nera.
Dovetti smettere e pensare a lavarmi.
Così, d’improvviso, mi venne fatto di esclamare con un po’
d’ironia verso coloro che prendono alla lettera il testo della
Genesi:
– Signore, vi siete lavato le mani dopo aver fatto l’Uomo
col fango della terra? – Non avevo affatto l’intenzione di
tentare Dio; piuttosto, era un po’ di sarcasmo contro molti
biblisti che interpretano ancora il racconto della Genesi in
senso letterale.
Ma “Egli si lascia trovare da quanti non lo tentano”, dice
il Libro della Sapienza. Con mia grande sorpresa sentii rispondermi:
– NON ME NE SONO LAVATO LE MANI. GLI HO
SEMPRE VOLUTO BENE (Isaia 57,17-21).
HO ASPETTATO PER VEDERE COME SI SAREBBE
COMPORTATO ‘QUESTO ANIMALE DELLA NUOVA
SPECIE’ E VIDI CHE ANDAVA COPRENDOSI SEMPRE
PIÙ DI NUOVE SOZZURE FINO A PERDERE LA
MIA IMMAGINE E SOMIGLIANZA E OGNI DIRITTO
ALL’ETERNITÀ. –
§ 246 Disse altre parole il cui senso era quello del Salmo 80:
– HAI GRIDATO A ME NELL’ANGOSCIA E TI HO
LIBERATO.
ASCOLTA POPOLO MIO, TI VOGLIO AMMONIRE:
NON CI SIA IN MEZZO A TE UN ALTRO DIO, NON
PROSTARTI AD UN DIO STRANIERO!
MA IL MIO POPOLO NON MI HA ASCOLTATO E IO LO
HO ABBANDONATO ALLA DUREZZA DEL SUO CUORE.
CHE SEGUA IL PROPRIO CONSIGLIO! –
§ 247 Continua ancora la Voce seguendo ora il Salmo 88,33-35:
– PUNIRÒ CON LA VERGA IL LORO PECCATO E CON
FLAGELLI LA LORO COLPA, MA NON GLI TOGLIERÒ
LA MIA GRAZIA E LA MIA FEDELTÀ NON VERRÀ MAI
MENO.
NON VIOLERÒ LA MIA ALLEANZA, NON MUTERÒ LA
MIA PROMESSA, PERCHÉ RICORDERÒ SEMPRE LA
MIA ALLEANZA CHE È FRA ME E VOI. –
§ 248 Disse altre parole che mi sfuggirono perché, a questo punto,
sentii una moltitudine di voci vicine e lontane che risuonavano
alte e basse, ma tutte concordi in un’unica armonia,
come fossero in una immensa cattedrale e dicevano:
– NOI TI LODIAMO, PADRE SANTO, PER LA TUA
GRANDEZZA;
– TU HAI FATTO OGNI COSA CON SAPIENZA E
AMORE; A TUA IMMAGINE E SOMIGLIANZA HAI
FORMATO L’UOMO;
– ALLE SUE MANI OPEROSE HAI AFFIDATO
L’UNIVERSO, PERCHÉ NELL’OBBEDIENZA A TE, SUO
CREATORE, ESERCITASSE IL DOMINIO SU TUTTO IL
CREATO. –
§ 249 A questo punto l’immenso coro tacque e sentii la voce di
due sole Donne continuare seguendo le parole del Canone
quarto della Messa:
– E QUANDO, PER LA SUA DISUBBIDIENZA,
L’UOMO PERSE LA TUA AMICIZIA55 , TU NON L’HAI
ABBANDONATO IN POTERE DELLA ESTINZIONE E
DELLA MORTE56 , MA, NELLA TUA MISERICORDIA,
A TUTTI SEI VENUTO INCONTRO, PERCHÉ COLORO
CHE TI CERCANO TI POSSANO TROVARE. –
55 L’Uomo puro non poteva perdere l’Immagine di Dio (la ‘capacità’ di intendere e di volere)
né la Somiglianza con Dio (lo Spirito di Dio, ‘elemento costitutivo’ ed essenziale della
sua persona), ma poteva perdere il buon rapporto con Dio, la Sua amicizia. Solo gli ibridi,
perdendo l’Immagine di Dio, hanno perso di conseguenza anche la Somiglianza con Dio,
lo Spirito.
56 Qui ‘l’uomo’ non è più Adamo ‘il Figlio puro di Dio’, o ‘i Figli puri di Dio’, i discendenti
legittimi, come al versetto precedente, ma l’uomo ibrido, l’umanità intera.
§ 250 Qui tacque la voce più grave della prima Donna e rimase
solo quella della Vergine Maria, più alta e sonora che avevo
già sentita, insieme all’altra, la notte del 15 agosto 1972.
– MOLTE VOLTE HAI OFFERTO AGLI UOMINI LA
TUA ALLEANZA E, PER MEZZO DEI PROFETI, HAI
INSEGNATO A SPERARE NELLA SALVEZZA.
PADRE SANTO, HAI TANTO AMATO IL MONDO DA
MANDARE A NOI, NELLA PIENEZZA DEI TEMPI, TUO
FIGLIO COME SALVATORE. –
§ 251 Da principio credetti che queste due voci fossero quelle
di Sacerdoti concelebranti in qualche parte del mondo, poiché
la prima aveva un tono basso da contralto che poteva
quasi sembrare la voce acuta d’un uomo. Quando sentii la
seconda voce, quella della Madonna che aveva una voce più
alta, mi chiesi come mai una Donna potesse interferire nel
Canone della Messa, come se si trattasse di una lettura che
c’è prima del Vangelo.
In seguito ho capito che queste parole erano la risposta
alla mia scherzosa domanda: “Signore, Vi siete lavato le
mani...?”, alla quale mi rispose direttamente in senso metaforico
e poi, per mezzo delle Sue Celesti Messaggere.
Sentivo le voci continuare il coro anche durante il rumore
che faceva l’acqua nel lavandino mentre lavavo la lametta
da barba e la relativa macchinetta. Le sentivo anche mentre
uscivo dalla stanza e andavo di fretta a prendere la corriera.
Pensavo di rileggere, sul messalino, quella preghiera e meditarla.
“Che bello sapere che anche la Chiesa Trionfante si unisce
alla Chiesa Militante nel lodare Dio con le stesse parole!”.
Raccontai il fatto ai Confratelli congregati, ma non riuscii
a raccontare l’ultima parte perché, a loro parere, sognavo
ad occhi aperti. Ma ero e sono sicuro che “Colei che benignamente
al dimandar precorre” 57 ha cominciato e terminato
con le Sue parole questa bella vicenda.
57 La Vergine Maria, così chiamata da Dante Alighieri nel Paradiso della Divina Commedia.
§ 252 Ritornai col pensiero alla grande visione di due anni prima
e compresi che c’era uno stretto rapporto con questo messaggio.
Il Maestro, volendo insegnarmi a “leggere e interpretare
la bibbia” (§ 49), non ha cominciato dalle parole: “in principio
Dio creò”, ma ha puntato direttamente sull’Uomo che
è lo scopo e il vertice della Creazione.
Così mi fece vedere prima l’Uomo, il primo, nel suo habitat,
nella sua bella figura, nella sua giovane età quando
divenne padre, poi, un paio di anni più tardi, quando peccò
e, infine, quando divenne adulto e quando incanutì in conseguenza
dell’assassinio di Abele.
Prima di farmi vedere la Donna, volle ricapitolare tutta
l’opera della creazione per farmi comprendere che questa
è l’esecuzione nel tempo di ‘un progetto unitario dall’Alfa
all’Omega’, stabilito fin dall’eternità. Disse: “per l’uomo”.
“in vista dell’uomo. di tutti gli uomini. perché vedessero e
capissero” (§ 73).
Fin qui l’opera del Creatore era riuscita molto bene, perché
guidata dalla Sua Volontà.
Da quel momento in poi il Creatore ha delegato il Suo
dominio all’Uomo sopra tutte le creature dell’universo. E
perché potesse esercitare correttamente, cioè nell’ordine,
quella missione, gli aveva dato intelligenza perfetta e libera
volontà: quindi lo aveva reso responsabile.
Una sola proibizione: “Non devi generare da quell’unica
ed eccezionale femmina della specie sub-umana, altrimenti
sconvolgerai tutto l’ordine che ho stabilito e rovinerai la
tua discendenza fino all’imbestialimento completo, cioè all’estinzione
dell’umanità pura”.
Non era il caso che venisse impartita al giovanissimo
Progenitore una lezione sulla microbiologia genetica, sull’ibridazione
e sulle tare ereditarie.
Era sufficiente, a buon intenditore, sapere che, violando
quell’ordine, avrebbe causato la desolazione e la morte della
specie pura dei ‘Figli di Dio’ e di conseguenza la morte
spirituale di ogni suo discendente ibrido.
Il Primo Uomo all’età di 15 anni era pienamente responsabile.
Già a 12 anni di età gli Ebrei erano soggetti alle
leggi. Gesù stesso si era assoggettato ad esse e ‘abbandonò
il padre e la madre’ per fare la volontà del Padre Celeste:
atto di ubbidienza pubblica, in contrapposizione all’atto di
disubbidienza di Adamo.
“... fare la volontà del Padre mio” sono le prime ed uniche
parole di Gesù dalla nascita alla vita pubblica che ci vennero
riferite dai Vangeli, e non casualmente, bensì con uno
scopo certamente didattico.
Il salto di natura
§ 253 Ora l’uomo, rievoluto dallo stato selvaggio, redento nelle
sue facoltà psicofisiche, recuperato, risuscitato dallo
stato bestiale, rigenerato attraverso continui atti di guarigione
psicofisica a livello genetico (vedi l’importanza del
Sacramento del Matrimonio in cui il patto non è fra gli sposi,
ma fra ‘la coppia’ e Dio), reso capace di conoscere ed
amare Dio per il recupero parziale delle facoltà conoscitive
ed intellettive proprie dell’Uomo integro, è chiamato a
fare il ‘salto di natura’, cioè a passare dallo stato di natura
visibile, sensibile e degli istinti naturali, a quello trascendente,
ultrasensibile, spirituale, soprannaturale di figlio di
Dio, assumendone il modo di pensare e di esprimersi, che è
l’amore, per diventare erede della Vita eterna in Comunione
con Dio.
“Dedit eis potestatem filios Dei fieri” disse Giovanni
(1,12). Ossia: “Gesù diede agli uomini l’opportunità di
diventare, da semplici creature di Dio, figli (adottivi) di
Dio”.
Egli, unico Redentore, ha offerto all’uomo questa possibilità,
alle condizioni espresse nel Vangelo e lo chiama, lo
precede, lo aiuta a giungere a questo incontro col Padre, a
questo abbraccio paterno attraverso la sua Grazia, perché
“Chi ha creato te senza di te, ti ha visto ancor prima della
creazione del mondo e fin da allora ti ha amato, ma non può
salvarti senza la tua cooperazione” (58 S. Agostino.).
surge et ambula! Alzati e cammina! Scuotiti e datti da fare!
***
Concludendo: VEDI SCHEMA RIASSUNTIVO: http://gerardoms.blogspot.it/2012/03/10-bis-fine-don-guido-bortoluzzi-schema.html
LAUDETUR JESUS CHRISTUS!
Laudetur cum Maria!
Semper laudentur!
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