Dal Vangelo di Gesù Cristo
secondo Marco
9,2-10.
Dopo sei giorni, Gesù prese con sé Pietro, Giacomo
e Giovanni e li portò sopra un monte alto, in un luogo appartato, loro soli. Si
trasfigurò davanti a loro e le sue vesti divennero splendenti, bianchissime:
nessun lavandaio sulla terra potrebbe renderle così bianche. E apparve loro Elia
con Mosè e discorrevano con Gesù. Prendendo allora la parola, Pietro disse a
Gesù: «Maestro, è bello per noi stare qui; facciamo tre tende, una per te, una
per Mosè e una per Elia!». Non sapeva infatti che cosa dire, poiché erano stati
presi dallo spavento. Poi si formò una nube che li avvolse nell'ombra e uscì una
voce dalla nube: «Questi è il Figlio mio prediletto; ascoltatelo!». E subito
guardandosi attorno, non videro più nessuno, se non Gesù solo con loro. Mentre
scendevano dal monte, ordinò loro di non raccontare a nessuno ciò che avevano
visto, se non dopo che il Figlio dell'uomo fosse risuscitato dai morti. Ed essi
tennero per sé la cosa, domandandosi però che cosa volesse dire risuscitare dai
morti.
Traduzione
liturgica della Bibbia
Corrispondenza nel "Evangelo come mi è
stato rivelato"
di Maria Valtorta : Volume 5 Capitolo 349 pagina 354.
Chi mai fra gli uomini non ha visto, almeno per
una volta, un’alba serena di marzo? Se quest’uno c’è, è un grande infelice,
perché ignora una delle grazie più belle della natura risveglia ta da primavera,
tornata vergine, fanciulla, quale doveva esserlo nel primo giorno.In questa
grazia, che è pura in ogni suo aspetto e cosa - dalle erbe novelle e rugiadose
ai fioretti che si dischiudono, co me bimbi che nascono, al primo ridere della
luce del giorno; agli uccelli che si destano con un frullo d’ali e dicono il
primo cip? interrogativo, preludio a tutti i loro canori discorsi della
giornata; all’odore stesso dell’aria che ha perduto nella notte, per il lavacro
delle rugiade e l’assenza dell’uomo, ogni corruzio ne di polvere, fumo e sentore
di corpi umani -vanno Gesù, gli apostoli e i discepoli. È con essi anche Simone
d’Alfeo. Vanno in direzione sud est, valicando i colli che fanno coro na a
Nazaret, superando un torrente, traversando una pianura stretta fra i colli
nazareni e un gruppo di monti verso est. Questi monti sono preceduti dal cono
semitronco del Tabor che mi ricorda stranamente, nella sua vetta, la lucerna dei
nostri ca rabinieri vista di profilo.Lo raggiungono. Gesù si ferma e dice:
«Pietro, Giovanni e Giacomo di Zebedeo vengano con Me sul monte. Voi spargetevi
alla sua base, dividendovi verso le strade che la costeggiano, e predicate il
Signore. Verso sera voglio essere di nuovo a Naza ret. Non allontanatevi dunque
molto. La pace sia con voi». E volgendosi ai tre chiamati dice: «Andiamo». E
prende la salita senza più volgersi indietro e con un passo così sollecito che
fa faticare Pietro a stargli dietro.In un momento di sosta Pietro, rosso e
sudato, gli chiede col fiato grosso: «Ma dove andiamo? Non ci sono case sul
monte. Sul la cima quella vecchia fortezza. Vuoi andare a predicare là?».«Avrei
preso l’altro versante. Ma tu vedi che gli volgo le spalle. Non andremo alla
fortezza, e chi è in essa non ci vedrà neppure. Vado ad unirmi col Padre mio, e
vi ho voluti con Me perché vi amo. Su, lesti!». «Oh! mio Signore! Non potremmo
andare un poco più ada gio, invece, e parlare di quanto abbiamo sentito e visto
ieri, che ci ha tenuti desti tutta la notte per parlarne?». «Agli appuntamenti
di Dio si va sempre veloci. Forza, Simon Pietro! Lassù vi farò riposare». E
riprende a salire...
(Dice Gesù: «Qui innestate la Trasfigurazione
avuta il 5 agosto 1944, ma senza il dettato unito alla stessa. Finito di co
piare la Trasfigurazione dello scorso anno, P. M. copierà ciò che ti mostro
ora»).
*
5 agosto 1944.
Sono col mio Gesù su un alto monte. Con Gesù sono
Pietro, Giacomo e Giovanni. Salgono ancor più in alto e l’occhio spazia per
aperti orizzonti che un bel giorno sereno rende netti nei particolari fino nelle
lontananze. Il monte non fa parte di un sistema montano come è quello della
Giudea; sorge isolato avendo, rispetto al luogo dove ci tro viamo, l’oriente in
faccia, il nord alla sinistra, il sud a destra e dietro, a ovest, la vetta che
si alza di ancora qualche centinaio di passi. È molto elevato e l’occhio è
libero di vedere per un lar go raggio. Il lago di Genezaret pare un lembo di
cielo sceso a incasto narsi fra il verde della terra, una turchese ovale chiusa
da sme raldi di diverse gradazioni, uno specchio che tremula e si incre spa a un
vento lieve e sul quale scivolano, con agilità di gabbia ni, le barche dalle
vele spiegate, leggermente curvate verso l’onda azzurrina, proprio con la grazia
del volo candido di un alcione, scorrente l’onda in cerca di preda. Poi ecco che
dalla vasta turchese esce una vena, di un azzurro più pallido là dove il greto è
più ampio, e più scuro là dove le rive si stringono e l’acqua è più profonda e
cupa per l’ombra che vi gettano gli al beri che crescono vigorosi presso il
fiume, nutriti dal suo umo re. Il Giordano pare una pennellata quasi rettilinea
nel verde della pianura.Dei paeselli sono sparsi per la pianura al di qua e al
di là del fiume. Alcuni sono proprio un pugno di case, altri sono più vasti, già
arieggianti a cittadine. Le vie maestre sono rughe giallognole fra il verde. Ma
qua, dalla parte del monte, la pia nura è molto più coltivata e fertile, molto
bella. Si vedono le di verse colture coi loro diversi colori ridere al bel sole
che scende dal cielo sereno.Deve essere primavera, forse marzo, se calcolo la
latitudine della Palestina, perché vedo i grani già alti, ma ancora verdi,
ondulare come un mare glauco, e vedo i pennacchi dei più pre coci fra gli alberi
da frutto mettere come delle nuvolette bianche e rosee su questo piccolo mare
vegetale, poi prati tutti in fiore per gli alti fieni sui quali pecorelle
pascolanti paiono mucchietti di neve ammucchiata qua e là sul verde.Proprio
vicino al monte, sulle colline che ne sono la base, basse e brevi colline, sono
due cittadine, una verso sud, una verso nord. La pianura fertilissima si estende
specialmente e più ampiamente verso il sud. Gesù, dopo una breve sosta al fresco
di un ciuffo di alberi, certo concessa per pietà di Pietro che nelle salite
fatica palese mente, riprende a salire. Va fin quasi sulla vetta, là dove è un
pianoro erboso che ha un semicerchio di alberi verso la costa. «Riposate, amici.
Io vado là a pregare». E accenna con la mano ad un ampio sasso, una roccia che
affiora dal monte e che si trova perciò non verso la costa ma verso l’interno,
la vetta.Gesù si inginocchia sulla terra erbosa e appoggia le mani e il capo al
masso, nella posa che prenderà anche nella preghiera del Getsemani. Il sole non
lo colpisce perché la vetta lo ripara. Ma il resto dello spiazzo erboso è tutto
lieto di sole, sino al limi te d’ombra dello scrimolo alberato sotto il quale si
sono seduti gli apostoli. Pietro si leva i sandali e ne scuote via polvere e
sassolini e sta così, scalzo, coi piedi stanchi fra l’erba fresca, quasi steso,
col ca po su un ciuffo smeraldino che sporge più degli altri sulla sua zolla
come un guanciale. Giacomo lo imita, ma per stare comodo cerca un tronco
d’albero al quale appoggia il suo mantello e su questo le spalle. Giovanni resta
seduto e osserva il Maestro. Ma la calma del luogo, il venticello fresco, il
silenzio e la stanchezza vincono anche lui, e la testa gli si abbassa sul petto
e così le pal pebre sugli occhi. Non dormono profondamente nessuno dei tre, ma
sono in quella sonnolenza estiva che intontisce.6Li scuote una luminosità così
viva che annulla quella del sole e dilaga e penetra fin sotto il verde dei
cespugli e alberi sotto cui si sono messi. Aprono gli occhi stupiti e vedono
Gesù trasfigurato. Egli è ora tale e quale come lo vedo nelle visioni del
Paradiso. Natu ralmente senza le Piaghe e senza il vessillo della Croce. Ma la
maestà del Volto e del Corpo è uguale, uguale ne è la lumino sità, e uguale la
veste che da un rosso cupo si è mutata nel diamantifero e perlifero tessuto
immateriale che lo veste in Cielo. Il suo Viso è un sole dalla luce siderale ma
intensissima, nel quale raggiano gli occhi di zaffiro. Sembra più alto ancora,
come la sua glorificazione ne avesse aumentato la statura. Non saprei dire se la
luminosità, che rende persino fosforescente il pianoro, provenga tutta da Lui o
se alla sua propria si mesca quella che ha concentrata sul suo Signore tutta la
luce che è nell’universo e nei cieli. So che è qualche cosa di indescrivibile.
Gesù è ora in piedi, direi anzi che è alzato da terra, perché fra Lui e il verde
del prato vi è come un vaporare di luce, uno spazio dato unicamente da una luce
sul quale pare Egli si eri ga. Ma è tanto viva che potrei anche ingannarmi, e il
non vede re più il verde dell’erba sotto le piante di Gesù potrebbe esser
provocato da questa luce intensa che vibra e fa onde come si ve de talora nei
grandi fuochi. Onde, qui, di un colore bianco, in candescente. Gesù sta col
Volto alzato verso il cielo e sorride ad una sua visione che lo sublima. Gli
apostoli ne hanno quasi paura e lo chiamano, perché non pare più a loro che sia
il loro Maestro tanto è trasfigurato. «Mae stro, Maestro», chiamano piano ma con
ansia. Egli non sente. «È in estasi» dice Pietro tremante. «Che vedrà mai?». I
tre si sono alzati in piedi. Vorrebbero accostarsi a Gesù, ma non osano. La Luce
aumenta ancora per due fiamme che scendono dal cielo e si collocano ai lati di
Gesù. Quando sono stabilite sul pianoro, il loro velo si apre e ne appaiono due
maestosi e lumi nosi personaggi. L’uno più anziano, dallo sguardo acuto e severo
e da una lunga barba bipartita. Dalla sua fronte partono corni di luce che me lo
indicano per Mosè. L’altro è più giovane, scarno, barbuto e peloso, su per giù
come il Battista, al quale direi assomiglia per statura, magrezza, conformazione
e seve rità. Mentre la luce di Mosè è candida come è quella di Gesù, specie nei
raggi della fronte, quella che emana Elia è solare, di fiamma viva. I due
Profeti prendono una posa di riverenza davanti al loro Dio Incarnato e, sebbene
Questi parli loro con famigliarità, essi non abbandonano la loro posa riverente.
Non comprendo nep pure una delle parole dette.I tre apostoli cadono a ginocchio
tremanti, col volto fra le mani. Vorrebbero vedere, ma hanno paura.Finalmente
Pietro parla: «Maestro, Maestro. Odimi». Gesù gira lo sguardo con un sorriso
verso il suo Pietro, che si rinfran ca e dice: «È bello lo stare qui con Te,
Mosè e Elia. Se vuoi fac ciamo tre tende per Te, per Mosè e per Elia, e noi
stiamo qui a servirvi...». Gesù lo guarda ancora e sorride più vivamente. Guarda
an che Giovanni e Giacomo. Uno sguardo che li abbraccia con amore. Anche Mosè e
Elia guardano i tre fissamente. I loro oc chi balenano. Devono essere come raggi
che penetrano i cuori.Gli apostoli non osano dire altro. Intimoriti, tacciono.
Sem brano un poco ebbri come chi è sbalordito. Ma quando un velo che non è
nebbia, che non è nuvola, che non è raggio, avvolge e separa i Tre gloriosi
dietro uno schermo ancor più lucido di quello che già li circondava e li
nasconde alla vista dei tre, e una Voce potente e armonica vibra ed empie di sé
lo spazio, i tre cadono col volto contro l’erba. «Questo è il mio Figliuolo
diletto, nel quale mi sono compia ciuto. Ascoltatelo». Pietro nel gettarsi
bocconi esclama: «Misericordia di me, peccatore! È la Gloria di Dio che
scende!». Giacomo non fiata. Giovanni mormora con un sospiro, come fosse
prossimo a sve nire: «Il Signore parla!». Nessuno osa alzare la testa anche
quando il silenzio si è rifatto assoluto. Non vedono perciò neppure il tornare
della luce alla sua naturalezza di luce solare e mostrare Gesù rimasto so lo e
tornato il Gesù solito nella sua veste rossa. Egli cammina verso loro sorridendo
e li scuote e tocca e chiama per nome. «Alzatevi. Sono Io. Non temete» dice,
perché i tre non osano alzare il volto e invocano misericordia sui loro peccati,
temendo che sia l’Angelo di Dio che vuoi mostrarli all’Altissimo. «Levatevi,
dunque. Ve lo comando» ripete Gesù con imperio. Essi alzano il volto e vedono
Gesù che sorride. «Oh! Maestro, Dio mio!» esclama Pietro. «Come faremo a viverti
accanto ora che abbiamo visto la tua gloria? Come fare mo a vivere fra gli
uomini, e noi, uomini peccatori, ora che ab biamo udito la voce di Dio?».
«Dovrete vivermi accanto e vedere la mia gloria sino alla fine. Siatene degni
perché il tempo è vicino. Ubbidite al Padre mio e vostro. Torniamo ora fra gli
uomini, perché sono venuto per stare fra essi e per portare essi a Dio. Andiamo.
Siate santi per ricordo di quest’ora, forti, fedeli. Avrete parte alla mia più
completa gloria. Ma non parlate ora di questo che avete visto ad alcuno. Neppure
ai compagni. Quando il Figlio dell’uomo sarà risuscitato dai morti e tornato
nella gloria del Padre, allo ra parlerete. Perché allora occorrerà credere per
aver parte nel mio Regno». «Ma non deve venire Elia per preparare al tuo Regno?
I rabbi dicono così». «Elia è già venuto ed ha preparato le vie al Signore.
Tutto avviene come è stato rivelato. Ma coloro che insegnano la Rive lazione non
la conoscono e non la comprendono, e non vedono e riconoscono i segni dei tempi
e i messi di Dio. Elia è tornato una volta. La seconda verrà quando il tempo
ultimo sarà vicino per preparare gli ultimi a Dio. Ma ora è venuto per preparare
i primi al Cristo, e gli uomini non lo hanno voluto riconoscere e lo hanno
tormentato e messo a morte. Lo stesso faranno col Fi glio dell’uomo, perché gli
uomini non vogliono riconoscere ciò che è loro bene».I tre chinano la testa
pensosi e tristi, e scendono per la via dalla quale sono saliti insieme a
Gesù.
[3 dicembre 1945]. ...Ed è ancora Pietro che dice,
in una sosta a mezza via: «Ah! Signore! Dico anche io come tua Madre ieri:
“Perché ci hai fatto questo?”.; e anche dico: “Perché ci hai detto questo?”. Le
tue ultime parole hanno cancellato la gioia della gloriosa vista dai nostri
cuori! Gran giorno di paure questo! Prima ci ha fatto paura la grande luce che
ci ha destati, più forte che se il monte ardesse o che se la luna fosse scesa a
raggiare sul ripiano, sotto i nostri occhi; poi il tuo aspetto e il tuo
staccarti dal suolo come fossi per volare via. Ho avuto paura che Tu, disgustato
dalle nequizie di Israele, te ne tornassi ai Cieli, magari per ordine
dell’Altissimo. Poi ho avuto paura di vedere apparire Mosè, che i suoi del suo
tempo non potevano più vedere senza velo tanto splendeva sul suo volto il
riflesso di Dio, e ancora era uomo, mentre ora è spirito beato e acceso di Dio,
e Elia... Misericordia divina! Ho creduto essere giunto al mio ultimo momento, e
tut ti i peccati della mia vita, da quando rubavo le frutta nella di spensa da
piccino, all’ultimo di averti mal consigliato giorni so no, mi sono venuti alla
mente. Con che tremore me ne sono pentito! Poi mi parve che mi amassero quei due
giusti... e ho osato parlare. Ma anche il loro amore mi faceva paura, perché io
non merito l’amore di simili spiriti. E dopo... e dopo!... La paura delle paure!
La voce di Dio!... Geové che ha parlato! A noi! Ci ha detto: “Ascoltatelo!». Tu.
E ti ha proclamato “suo Fi glio diletto nel quale Egli si compiace”. Che paura!
Geové!... a noi!... Certo solo la tua forza ci ha tenuti in vita!... Quando Tu
ci hai toccato, e le tue dita ardevano come punte di fuoco, io ho avuto l’ultimo
spavento. Ho creduto che fosse l’ora di essere giudicato e che l’Angelo mi
toccasse per prendermi l’anima e portarla all’Altissimo... Ma come ha fatto tua
Madre a vedere... a sentire... a vivere, insomma, quell’ora che Tu hai detto
ieri, senza morire, Lei che era sola, giovanetta, senza di Te?». «Maria, la
Senza Macchia, non poteva avere paura di Dio. Eva non ne aveva paura finché fu
innocente. Ed Io c’ero. Io, il Padre e lo Spirito, Noi, che siamo in Cielo e in
Terra e in ogni luogo, e che avevamo il nostro Tabernacolo nel cuore di Maria»
dice dolcemente Gesù. «Che cosa! Che cosa!... Ma dopo Tu hai parlato di morte...
E ogni gioia è finita... Ma perché proprio a noi tre tutto questo? Non era bene
darla a tutti questa visione della tua gloria?». «Appunto perché tramortite
udendo parlare di morte, e morte per supplizio, del Figlio dell’uomo, l’Uomo-Dio
vi ha vo luto fortificare per quell’ora e per sempre con la precognizione di ciò
che Io sarò dopo la Morte. Ricordatevi tutto questo, per dirlo a suo tempo...
Avete capito?». «Oh! sì, Signore. Non è possibile dimenticare. E sarebbe inutile
raccontare. Ci direbbero “ebbri”». Tornano ad andare verso la valle. Ma, giunti
ad un punto, Gesù piega per un viottolo ripido in direzione di Endor, ossia dal
lato opposto di quello nel quale ha lasciato i discepoli.«Non li troveremo» dice
Giacomo. «Il sole inizia la discesa. Si staranno radunando in tua attesa nel
luogo dove li lasciasti». «Vieni e non crearti stolti pensieri».Infatti, come la
boscaglia si apre in una prateria che scende mollemente a toccare la via
maestra, vedono tutta la massa dei discepoli, accresciuta da viandanti curiosi,
da scribi venuti da non so dove, agitarsi alla base del monte. «Ohimè!
Scribi!... E disputano già!» dice Pietro accennando li. E scende gli ultimi
metri a malincuore.Ma anche quelli giù in basso li hanno visti e se li accennano
e poi si danno a correre verso Gesù, gridando: «Come mai, Maestro, da questa
parte? Stavamo per venire al posto detto. Ma ci hanno trattenuti in dispute gli
scribi e in suppliche un padre affannato». «Di che disputavate fra voi?».«Per un
indemoniato. Gli scribi ci hanno scherniti perché non abbiamo potuto liberarlo.
Ci si è messo Giuda di Keriot da capo, di puntiglio. Ma fu inutile. Allora
abbiamo detto: “Mettetevici voi”. Hanno risposto: “Non siamo esorcisti”. Per
caso sono passati alcuni venienti da Caslot-Tabor, fra i quali erano due
esorcisti. Ma anche loro niente. Ecco il padre che viene a pre garti.
Ascoltalo». Un uomo, infatti, viene avanti supplichevole e si inginocchia
davanti a Gesù rimasto sul prato in pendenza, di modo che è più alto della via
di almeno tre metri e ben visibile a tutti, perciò. «Maestro» gli dice l’uomo,
«io venivo a Cafarnao con il figlio mio per cercare Te. Te lo portavo,
l’infelice figlio mio, perché Tu lo liberassi, Tu che cacci i demoni e guarisci
ogni malattia. Egli è preso spesso da uno spirito muto. Quando lo prende, egli
non può più che fare gridi rochi, come una bestia che si strozza. Lo spirito lo
butta a terra ed egli là si rotola digrignando i denti, spumando come un cavallo
che morda il morso, e si ferisce o ri schia di morire affogato o bruciato,
oppure sfracellato, perché lo spirito più di una volta lo ha buttato nell’acqua,
nel fuoco, o giù dalle scale. I tuoi discepoli ci si sono provati, ma non hanno
potuto. Oh! Signore buono! Pietà di me e del mio fanciullo!». Gesù fiammeggia di
potenza mentre grida: «O generazione perversa, o turba satanica, legione
ribelle, popolo dell’inferno incredulo e crudele, fino a quando dovrò stare a
contatto con te? Fino a quando ti dovrò sopportare?». È imponente, tanto che si
fa un silenzio assoluto e cessano i sogghigni degli scribi. Gesù dice al padre:
«Alzati e portami qui tuo figlio». L’uomo va e torna con altri uomini, al centro
dei quali è un ragazzo sui dodici-quattordici anni. Un bel fanciullo, ma dallo
sguardo un poco ebete, come fosse sbalordito. Sulla fronte ros seggia una lunga
ferita e più sotto biancheggia una cicatrice antica. Non appena vede Gesù che lo
fissa coi suoi occhi ma gnetici, ha un grido roco e un contorcimento convulsivo
di tutto il corpo, mentre cade a terra spumando e rotando gli occhi, di modo che
appare solo il bulbo bianco, mentre si rotola per terra nella caratteristica
convulsione epilettica. Gesù viene avanti qualche passo per giungergli vicino e
di ce: «Da quando gli avviene ciò? Parla forte, che tutti sentano». E l’uomo,
urlando, mentre il cerchio della folla si stringe e gli scribi si mettono più in
alto di Gesù per dominare la scena, dice: «Fin da bambino. Te l’ho detto: spesso
cade nel fuoco, nell’acqua o giù dalle scale e dagli alberi, perché lo spirito
lo as sale all’improvviso e lo scaraventa così per finirlo. È tutto pieno di
cicatrici e di bruciature. Molto è se non è rimasto acciecato dalle fiamme del
focolare. Nessun medico, nessun esorcista, neppure i tuoi discepoli lo hanno
potuto guarire. Ma Tu, se, co me credo fermamente, puoi qualche cosa, abbi pietà
di noi e soccorrici».«Se puoi credere così, tutto mi è possibile, perché tutto è
concesso a chi crede».«Oh! Signore, se io credo! Ma se ancora non credo a suffi
cienza, aumenta Tu la mia fede, perché sia completa e ottenga il miracolo» dice
l’uomo piangendo, inginocchiato presso il fi glio più che mai in convulsione.
Gesù si raddrizza, si tira indietro due passi e, mentre la folla più che mai
stringe il suo cerchio, grida forte: «Spirito ma ledetto, che fai sordo e muto
il fanciullo e lo tormenti, Io te lo comando: esci da lui e non rientrarvi mai
più!». Il fanciullo, pur stando coricato al suolo, fa dei balzi paurosi,
puntando testa e piedi ad arco, e ha gridi disumani; poi, dopo un ultimo balzo,
nel quale si rivolta bocconi battendo la fronte e la bocca su un masso emergente
dall’erba, che si fa rossa di sangue, resta immoto.«È morto!» gridano in molti.
«Povero fanciullo!», «Povero padre!» compiangono i migliori. E gli scribi,
ghignando: «Ti ha servito bene il Nazareno!», oppure: «Maestro, come è? Questa
volta Belzebù ti ha fatto fare brutta figura...», e ridono veleno samente. Gesù
non risponde a nessuno. Neppure al padre, che ha ri voltato il figlio e gli
asciuga il sangue della fronte e delle labbra ferite, gemendo, invocando Gesù.
Ma si china, il Maestro, e prende per mano il fanciullo. E questo apre gli occhi
con un sospirone, come si destasse da un sonno, si siede e sorride. Gesù lo
attira a Sé, lo fa alzare in piedi e lo consegna al padre, men tre la folla
grida di entusiasmo e gli scribi fuggono, inseguiti dalle beffe della folla...«E
ora andiamo» dice Gesù ai suoi discepoli. E, congedata la folla, gira il fianco
del monte portandosi sulla via già fatta al mattino.
Dice Gesù:«E ora qui P M. può mettere il commento
alla visione del 5 agosto 1944 (quaderno A 930) cominciando dalle parole: “Non
ti eleggo soltanto a conoscere le tristezze del tuo Maestro e i suoi dolori. Chi
sa stare meco nel dolore deve avere parte meco nel la gloria”. E tu riposa,
fedele, piccolo Giovanni, ché il tuo riposo è ben meritato. La mia pace sia
gioia in te».
[5 agosto 1944]. Dice Gesù: «Ti ho preparata a
meditare la mia Gloria. Domani la Chiesa la celebra. Ma Io voglio che il mio
piccolo Giovanni la veda nella sua verità per comprenderla meglio. Non ti eleggo
soltan to a conoscere le tristezze del tuo Maestro e i suoi dolori. Chi sa stare
meco nel dolore deve aver parte meco nella gioia. Voglio che tu, davanti al tuo
Gesù che ti si mostra, abbia gli stessi sentimenti di umiltà e pentimento dei
miei apostoli.Mai superbia. Saresti punita perdendomi.Continuo ricordo di Chi
sono Io e di chi sei tu.Continuo pensiero alle tue manchevolezze e alla mia
perfe zione per avere un cuore lavato dalla contrizione. Ma insieme anche tanta
fiducia in Me.Io ho detto: “Non temete. Alzatevi. Andiamo. Andiamo fra gli
uomini perché sono venuto per stare con essi. Siate santi, forti e fedeli per
ricordo di quest’ora”. Lo dico anche a te e a tutti i miei prediletti fra gli
uomini, a quelli che mi hanno in maniera speciale.Non temete di Me. Mi mostro
per elevarvi, non per incene rirvi. Alzatevi: la gioia del dono vi dia vigoria e
non vi ottunda nel sopore del quietismo, credendovi già salvi perché vi ho
mostra to il Cielo.Andiamo insieme fra gli uomini. Vi ho invitati a sovrumane
opere con sovrumane visioni e lezioni perché possiate essermi di maggiore aiuto.
Vi associo alla mia opera. Ma Io non ho cono sciuto e non conosco riposo. Perché
il Male non riposa mai e il Bene deve essere sempre attivo per annullare il più
che si può l’opera del Nemico. Riposeremo quando il Tempo sarà compiu to. Ora
occorre andare instancabilmente, operare continuamen te, consumarsi
indefessamente per la messe di Dio. Il mio con tatto continuo vi santifichi, la
mia lezione continua vi fortifichi, il mio amore di predilezione vi faccia
fedeli contro ogni insidia.Non siate come gli antichi rabbini che insegnavano la
Rive lazione e poi non le credevano al punto da non riconoscere i se gni dei
tempi e i messi di Dio. Riconoscete i precursori del Cri sto nel suo secondo
avvento, poiché le forze dell’Anticristo sono in marcia e, facendo eccezione
alla misura che mi sono imposta, perché conosco che bevete a certe verità non
per spirito sopran naturale ma per sete di curiosità umana, vi dico in verità
che quello che molti crederanno vittoria sull’Anticristo, la pace or mai
prossima, non sarà che sosta per dare tempo al Nemico del Cristo di ritemprarsi,
medicarsi delle ferite, riunire il suo esercito per una più crudele
lotta.Riconoscete, voi che siete le “voci” di questo vostro Gesù, del Re dei re,
del Fedele e Verace che giudica e combatte con giusti zia e sarà il Vincitore
della Bestia e dei suoi servi e profeti, ri conoscete il vostro Bene e seguitelo
sempre. Nessun bugiardo aspetto vi seduca e nessuna persecuzione vi atterri. La
vostra “voce” dica le mie parole. La vostra vita sia per quest’opera. E se
avrete sorte, sulla terra, comune al Cristo, al suo Precursore e ad Elia, sorte
cruenta o sorte tormentata da sevizie morali, sorridete alla vostra sorte futura
e sicura che avrete comune con Cristo, con il suo Precursore, col suo
Profeta.Pari nel lavoro, nel dolore e nella gloria. Qui Io Maestro ed Esempio.
Là Io Premio e Re. Avermi sarà la vostra beatitudine. Sarà dimenticare il
dolore. Sarà quanto ogni rivelazione è an cora insufficiente a farvi capire,
perché troppo superiore è la gioia della vita futura alla possibilità di
immaginare della crea tura ancora unita alla carne».
Estratto di
"l'Evangelo come mi è stato rivelato" di Maria Valtorta ©Centro Editoriale
Valtortiano http://www.mariavaltorta.com/
LAUDETUR JESUS
CHRISTUS!
LAUDETUR CUM
MARIA!
SEMPER
LAUDENTUR!
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