Tratto dal sito di Davide Borzaghi (che ringrazio)
Il Fatto
Un giorno di primavera del 1947 un ragazzo beduino di una banda di contrabbandieri chiamato Muhammed, il lupo, alla ricerca di una capra perduta sulle rupi ad Ovest del Mar Morto, nota l'entrata di una caverna mai vista prima. Dentro scopre delle antiche giare con lunghi rotoli manoscritti. Seguì negli anni, la scoperta di altre undici grotte vicine e tutte con manoscritti, erano i resti dell'insediamento monastico degli Esseni a Qumran, una corrente dell'ebraismo poco conosciuta se non per gli accenni tramandati dallo storico Giuseppe Flavio e dal filosofo Filone.
Il monastero di Qumran fu abbandonato di fronte alle armate romane di Vespasiano in marcia verso Gerusalemme nel 68 d.C.
Tutte le grotte contenevano scritti in ebraico e aramaico eccetto la grotta 7 dove nel 1955 vennero scoperti 19 frammenti scritti in greco.
Lo Scoop
Il frammento numero 5, che conteneva alla quarta riga le lettere -nnes- fece pensare alla parola egennesen (generare) tipica delle sezioni genealogiche dell'Antico Testamento (AT). Nessun passo dell'AT venne trovato corrispondente mentre da parte sua il papirologo britannico Colin H Roberts, in base a criteri scientifici di datazione della scrittura, collocò questo frammento non oltre il 50 d.C.
Tutte le autorità scientifiche escludevano a priori che potesse trattarsi di un frammento dei Vangeli.
Era ed è infatti universalmente stabilito che i tre sinottici (Matteo, Marco e Luca) siano stati scritti fra il 70 e il 100 d.C. Attorno al 1971, un esperto di papirologia greca, il gesuita José O' Callaghan riprese a verificare tutto il vecchio Testamento ma senza nessun risultato.
Solo alla fine, quasi per curiosità ha un'intuizione: e se quel -nnes- fosse Gennesaret (il nome di una città della Palestina)? O' Callaghan strabiliò: il frammento 7Q5 (grotta 7 di Qumran - frammento 5) concorda perfettamente, secondo tutti i criteri sticometrici (lo studio della lunghezza delle lettere e dei righi nella paleografia) con Marco 6,52-53 "Poiché non avevano capito il fatto dei pani e il loro cuore era indurito. E quando ebbero compiuto la traversata verso terra, vennero a Gerusalemme e approdarono." Per il povero gesuita spagnolo iniziò un vero e proprio calvario di critiche arrivando persino ad essere pesantemente apostrofato da molti confratelli della Chiesa stessa.
Un dibattito di oltre 20 anni
Da quel lontano 1972 in cui O' Callaghan propose al mondo accademico la sua scoperta, tutto venne messo a tacere per oltre 20 anni. Solo nel 1991 grazie agli interventi de "Il Sabato", settimanale di Comunione e Liberazione e del mensile internazionale "30 giorni" si poté riaprire il dibattito fra "addetti ai lavori" sia laici che ecclesiastici. Da allora, un numeroso stuolo di "gente comune tra cui chi scrive può seguire con la suspance di un giallo uno dei più discussi dibattiti sull'origine dei Vangeli.
Dal 1991 al 1994 i dibattiti fra accademici nelle sedi universitarie, nei simposi e sulle riviste specializzate continuavano a raccogliere sempre più adesioni internazionali al "caso" O' Callaghan fra i quali Orsolina Montevecchi, "la grande signora" della papirologia mondiale docente emerita all' Università Cattolica del Sacro Cuore a Milano che in una intervista, in tutta la sua autorevolezza ebbe a commentare: "...non si può più dubitare che il 7Q5 sia veramente Marco 6,52-53".
Molti invece, e ci spiace dirlo, "luminari" di seminari cattolici e docenti di esegesi continuavano e continuano tuttora a negare i dati di una scientificità internazionalmente riconosciuta nei metodi e nei risultati solo perché accettare l'ipotesi di una retrodatazione dei Vangeli equivarrebbe perdere quella "saccenza" intrisa di teologia liberale che da oltre due secoli monopolizza, e spesso a caro prezzo, i più "famosi" nomi del panorama cattolico di questo secolo.
Basti pensare agli acidi e sbrigativi interventi di Monsignore Gianfranco Ravasi, il "teologo" di Famiglia Cristiana, prefetto della Biblioteca Ambrosiana recentemente riaperta dopo lunghi anni di restauri che continuò per oltre 17 anni a confondere quelle "poche lettere ebraiche" come sempre si espresse nei confronti del 7Q5 con le reali lettere greche di cui si compone il tanto discusso frammento. Biasimo e sdegno verso manifesti preconcetti a-scientifici che portò una studentessa di Casorate Primo (PV), Emanuela Rovaris, a concludere una lettera all'illustre esegeta (Ravasi del resto non è ne un papirologo ne un paleografo!!) con queste parole: "...Ma che addirittura si confondano lettere greche, come sono quelle del frammento 7Q5 con lettere ebraiche è forse troppo! Anche la scientificità può diventare un mito contrabbandato con troppa leggerezza."
Il perché di tanti ciechi rifiuti è facilmente intuibile.
Ammettere un periodo di formazione dei Vangeli a ridosso degli eventi significa escludere ogni possibilità di formazioni mitologiche e fantastiche così care alla teologia protestante del famoso teologo luterano tedesco Rudolf Bultmann che con un metodo storico-critico in parte deviato nel 1941 pubblicava il suo "manifesto della demitizzazione delle scritture cristiane" con il titolo di Newes Testament und Mythologie. Bultmann era convinto che per cercare di sopravvivere nel mondo moderno, i Vangeli dovevano lasciarsi stendere sul lettino dello specialista in grado di "demitizzarlo" ridandogli diritto di cittadinanza agli occhi dell'uomo secolarizzato. Occorreva allora purificare i Vangeli da tutti quei miti che lo incrostavano (miracoli, profezie, angeli, demoni ed esorcismi) e dichiarare cioè che non vi è nessun rapporto tra il Nuovo Testamento e la storia, tra ciò che si racconta e ciò che è successo, tra l'oscuro "Gesù della storia" e lo sfolgorante "Cristo della fede".
Ad enfatizzare il dibattito in sede interdisciplinare fu il professor Carstern Peter Thiede membro dell'associazione internazionale di papirologia (A.I.P) e direttore dell'istituto per la ricerca epistemologica a Paderbon che ha pubblicato un minuzioso studio a sostegno di O' Callaghan "Il più antico manoscritto dei Vangeli" edito dall'Istituto biblico in cui viene mostrata la gravità delle tesi preconcette di molti "studiosi" basti pensare che neppure dopo le dettagliate analisi della scientifica di Gerusalemme che dimostrano una volte per tutte l'annoso problema della lettera "nu" ritenuta impossibile dagli oppositori di O'Callaghan; ancora oggi c'è chi dibatte sul 7Q5 vantando la propria scientificità ignorando o meglio, facendo finta di ignorare i pertinenti risultati delle analisi condotte con il microscopio a scansione laser confocale epifluorescente sviluppato da George Masuch e Thiede per l'analisi stratigrafica e tridimensionale di antichi papiri come è stato fatto da Flavio Dalla Vecchia nel suo "Ridatare i vangeli?" edito da Queriniana con la prefazione di Giuseppe Segalla nel 1997 dove il docente di esegesi dell'Italia settentrionale riporta nei suoi interventi articoli di O' Callaghan e di Thiede rispettivamente del 1972 e del 1984 escludendo (chissà se in buona fede o se per abissale ignoranza pretestuosa) tutti i recenti sviluppi dal 1991 al 1996. Ignora completamente inoltre la definitiva dimostrazione del problema della "nu" nella riga 2 data da Herbert Hunger, uno dei maggiori papirologi del nostro tempo che concludeva al simposio di Eichstatt con la prova definitiva che il 7Q5 è Marco 6,52-53. Sul 7Q5 restano certamente "questioni aperte" come del resto non si è ancora sufficientemente dibattuto "alla luce del sole" le ipotesi di un altro celeberrimo studioso, padre Carmignac, anche egli esposto agli strali dei "baroni della teologia" per aver portato avanti con dedizione e fermezza il problema del sustrato aramaico dei Vangeli, ulteriore prova che i fatti narrati nei quattro libretti erano stati redatti a ridosso degli eventi addirittura in lingua semitica. Ma i documenti del pretino cattolico dopo la sua morte sono mantenuti sotto riserbo sino al 2016 presso l'Istitut Catholique di Parigi. Da praticante cattolico per anni catechista parrocchiale posso solo discostarmi da un atteggiamento altezzoso e retrogrado come spesso mostrato da illustri personaggi del mio stesso credo. Auspico per gli anni a venire un'apertura di mente e di cuore per chi ancora nella Chiesa, Corpo Mistico del Cristo risorto, teme la ricerca della verità in ogni sua dimensione.
AMDG et BVM
|
Nessun commento:
Posta un commento