giovedì 15 marzo 2012

Sant'Alfonso de' Liguori è il "Dottore della preghiera". Religioso, missionario, vescovo, fa di essa l'anima della sua vita e della sua attività; divenuto egli stesso preghiera vivente desidera trascinare gli altri sulla sua scia. E a tutti raccomanda questo "gran mezzo"; ai predicatori, ai confessori, ai pastori d'anime rimprovera a più riprese il silenzio su questo pulito capitale: "Quel che più mi affligge, vedo che i predicatori e i confessori poco attendono a parlarne ai loro uditori e penitenti; e vedo anche che i libri spirituali che oggidì corrono per le mani, neppure ne parlano abbastanza. Quando che tutti i predicatori e confessori, e tutti i libri non dovrebbero insinuare altra cosa che questa del pregare"




La santità è un ideale altissimo che si raggiunge solo per mezzo della preghiera. Questo tema pervade tutta l'Opera di s. Alfonso e gli imprime una fisionomia propria, inconfondibile, per cui egli è passato alla storia della Chiesa come il "Dottore della preghiera". Religioso, missionario, vescovo, fa di essa l'anima della sua vita e della sua attività; divenuto egli stesso preghiera vivente desidera trascinare gli altri sulla sua scia.

E a tutti raccomanda questo "gran mezzo"; ai predicatori, ai confessori, ai pastori d'anime rimprovera a più riprese il silenzio su questo pulito capitale: "Quel che più mi affligge, vedo che i predicatori e i confessori poco attendono a parlarne ai loro uditori e penitenti; e vedo anche che i libri spirituali che oggidì corrono per le mani, neppure ne parlano abbastanza. Quando che tutti i predicatori e confessori, e tutti i libri non dovrebbero insinuare altra cosa che questa del pregare" (1).

Nelle regole della congregazione del Santissimo Redentore prescrive ai suoi religiosi un programma intenso di preghiera in modo che la loro giornata sia tutta immersa nel pensiero di Dio e dei suoi misteri (essi non devono mai meritare il rimprovero di non pregare); inoltre, nelle missioni non devono mai tralasciare la predica sulla preghiera e devono stabilire nelle parrocchie un regolamento sulla pratica di essa.

Scrittore, pubblica diversi libri sulla preghiera personale e liturgica, e torna con insistenza sull'argomento nelle opere dogmatiche, morali, ascetiche, in cui molti capitoli li chiude con l'invocazione a Dio, a Cristo, alla Vergine. Nelle numerose lettere che indirizza a varie categorie di persone insiste con accenti convinti sull'argomento e non c'è lettera nella quale non chieda preghiere per sé o per gli altri; ciò che potrebbe sembrare una ripetizione monotona se non fosse l'espressione di un'anima, tutta presa dalla verità di quello che dice.

All'origine di questo fatto, unico nella storia della spiritualità, in cui si pone la preghiera come cardine e punto di riferimento costante, c'è una convinzione personalissima di s. Alfonso sul compito di essa nel destino eterno dell'uomo. Egli, che aveva una sensibilità acutissima, sperimentò in maniera tragica il problema della salvezza, il tesoro nascosto, la perla preziosa, per cui vendette tutto per conquistarla. Ebbene, la salvezza, secondo la sua convinzione indiscutibile, si raggiunge solo, ma certamente, con la preghiera: c'è una specie di equazione: preghiera è uguale a salvezza.

La sua visione del problema si può riassumere così: Dio vuole che tutti gli uomini si salvino, e volendo metterli effettivamente in grado di raggiungere il loro destino soprannaturale, li rende tutti capaci d pregare. L'uomo nasce nell'impotenza di salvarsi con le sue forze; ma il Signore, spinto dalla sua bontà, dona a ciascuno la grazia della preghiera con la quale può ottenere tutti gli aiuti di cui ha bisogno per osservare i comandamenti e pervenire alla salute eterna. La preghiera è quindi un consenso, una cooperazione alla grazia, la risposta della creatura agli appelli e alle proposte del Creatore. "La preghiera è l'incontro di Dio e della creatura nell'opera della salvezza... Pregare è costruire con Dio l'edificio della salvezza, realizzare con Lui la propria predestinazione... La preghiera non è tanto una condizione per ricevere la grazia quanto un'esplicazione della grazia stessa... Chi prega ha detto già un primo si all'invito della grazia" (2) . L'economia attuale della grazia è essenzialmente e intrinsecamente un'economia della preghiera.

C'è in s. Alfonso qualcosa di drammatico e di angoscioso che si agita nel sottosuolo della sua anima che improvvisamente si denuncia, con nostra sorpresa: un senso pessimistico e tragico della sua natura e del suo possibile destino di uomo, il sentimento abissale dell'anima davanti alla sempre aperta avventura del peccato: "Dobbiamo tutti persuaderci che poi stiamo come sulla cima di un monte, sospesi sull'abisso di tutti i peccati e sostenuti dal solo filo della grazia: se questo filo si spezza noi certamente cadiamo in tale abisso, e commetteremmo le scelleraggini più orrende...".

Unica via di salvezza l'invocazione a Dio mediante la preghiera: "Altri poi che peccano per fragilità o per impeto di qualche gran passione, e gemono sotto il gioco del nemico, desiderano di rompere quelle catene di morte ed uscire da quella schiavitù, e perciò domandano aiuto a Dio...". Attraverso la preghiera egli giunge al più operoso ottimismo: "Ed io, dico la verità, non mai mi sento più consolato nello spirito, e con maggior confidenza di salvarmi, che quando prego Dio e a Lui mi raccomando. E lo stesso penso avvenga a tutti gli altri fedeli, poiché gli altri segni della nostra salvezza sono tutti incerti e fallibili, ma che Dio esaudisca chi lo prega con confidenza è verità certa e infallibile, com'è infallibile che Dio non può mancare alle sue promesse".

Così veniva superata praticamente la posizione pessimistica del giansenismo, aprendosi un adito certo alla salvezza per chi la salvezza desiderasse e chiedesse a Dio, secondo quanto affermava in altro punto la formula riassuntiva diventata popolare: "Chi prega certamente si salva, chi non prega certamente si danna" (3).

Nell'opera di s. Alfonso la preghiera include un significato molto vario, in quanto essa può essere un ricorso a Dio, un dialogo con Lui, un'espressione di gioia, una manifestazione di ringraziamento, un addentrarsi nel mistero, un grido dello spirito, una domanda di perdono. Pregare non è necessariamente presentare delle richieste, chiedere aiuti, un mendicare per ottenere grazie. Rifacendosi al pensiero di s. Agostino e di s. Tommaso, egli afferma che non è necessario far conoscere a Dio le nostre necessità, la nostra miseria, perché Lui già sa tutto; tuttavia siamo obbligati a pregare per convincerci sempre di più che abbiamo assoluto bisogno di Lui.

S. Alfonso riconosce il giusto valore ai vari tipi di preghiera, anche se con le dovute distinzioni; efficace e doverosa è la preghiera individuale; e nei suoi scritti egli vi dà molto spazio e la presenta come predominante; ma nonostante la mentalità del suo tempo, quasi del tutto dimentica della centralità della liturgia, dà anche la sua importanza alla preghiera comunitaria e liturgica scrivendo tra l'altro un libro dal titolo La Messa e l'Officio strapazzati.

La preghiera deve essere alimentata dalla meditazione della parola di Dio; prima occorre ascoltare Dio, e poi dare la propria risposta: s. Alfonso fa pregare meditando, e fa meditare pregando; per questo nei suoi libri egli intreccia le riflessioni, le invocazioni, gli affetti. A seconda delle circostanze e degli stati d'animo, la preghiera assume varie tonalità, a volte opposte, una familiarità affettuosa o una gravità, fatta di timore, tanto necessaria per la vera pietà; se s. Alfonso ha scritto Modo di conversare continuamente e alla familiare con Dio nel quale l'incontro con Dio è semplice, dimesso, quasi quotidiano, ha scritto anche Apparecchio alla morte nel quale il pensiero della salvezza e della morte suscita ansietà e paura, e la preghiera si fa accorata, gemito e pianto.

La vera preghiera sarà umile, confidente, perseverante, tre condizioni che devono coesistere perché venga esaudita; e sarà certamente ascoltata se è diretta verso i beni spirituali, o meglio verso il compimento della volontà di Dio. Inoltre essa deve essere viva, adeguarsi ai vari momenti e situazioni dell'itinerario spirituale dell'uomo; deve essere perciò progressiva e seguire un movimento incessante di sviluppo: da mediocre diventerà fervente, da rara diventerà frequente, abituale, perché se Dio è sempre presente all'uomo, anche l'uomo deve essere sempre presente a Dio; da preghiera discorsiva e tormentata diventerà via via orazione di semplice sguardo, di quiete, oscura e luminosa, fino a raggiungere le vette della contemplazione mistica (4).

S. Alfonso compendiò il suo pensiero sulla necessità, sul valore, sulle condizioni della preghiera nel libro Del gran mezzo della preghiera che pubblicò nel 1759 dopo avervi lavorato con grande impegno e a varie riprese per oltre tre anni. Espresse in esso il risultato delle sue riflessioni teologiche, della sua esperienza pastorale e missionaria, e la passione tragica e luminosa della sua anima. Lo ritenne la più importante delle sue opere tanto che desiderava diffonderlo con ogni mezzo e farlo conoscere a tutti, come lui stesso dichiarò: "Io non ho questa possibilità, ma se potessi vorrei di questo libretto stamparne tante copie, quanti sono tutti i fedeli che vivono sulla terra, e dispensarle ad ognuno, acciocché ognuno intendesse la necessità che abbiamo tutti di pregare per salvarci " (5).

Del gran mezzo della preghiera è un'opera meditata e sofferta, che s'impone per l'originalità dell'impostazione, la robustezza del pensiero, la varietà delle argomentazioni, e per un notevole vigore polemico. Così almeno la considerò s. Alfonso: "Questo libro della preghiera è un'opera singolare, utilissima a tutti. E non solo è opera ascetica o sia spirituale, ma è opera ancora teologica, che mi costa gran fatica ... ; e spero piacerà universalmente a tutti " (6). S. Alfonso è stato buon profeta, perché Del gran mezzo della preghiera è piaciuto sempre, per oltre duecento anni, per cui è stato ristampalo moltissime volle. Esso "piacerà" certamente anche oggi, soprattutto a coloro che sono angosciati dal peccato, affamati di grazia, assetati di giustizia, e trepidanti per il loro destino eterno.

Giovanni Velocci
in ALFONSO M. DE LIGUORI
Il gran mezzo della preghiera
Città Nuova 1984, pp.34-40

LAUDETUR JESUS CHRISTUS!

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