La santità è un ideale altissimo che si raggiunge solo per mezzo della
preghiera. Questo tema pervade tutta l'Opera di s. Alfonso e gli imprime una
fisionomia propria, inconfondibile, per cui egli è passato alla storia della Chiesa
come il "Dottore della preghiera". Religioso, missionario,
vescovo, fa di essa l'anima della sua vita e della sua attività; divenuto egli
stesso preghiera vivente desidera trascinare gli altri sulla sua scia.
E a tutti raccomanda questo "gran mezzo"; ai predicatori,
ai confessori, ai pastori d'anime rimprovera a più riprese il silenzio su
questo pulito capitale: "Quel che più mi affligge, vedo che i predicatori
e i confessori poco attendono a parlarne ai loro uditori e penitenti; e vedo anche
che i libri spirituali che oggidì corrono per le mani, neppure ne parlano
abbastanza. Quando che tutti i predicatori e confessori, e tutti i libri non
dovrebbero insinuare altra cosa che questa del pregare" (1).
Nelle regole della congregazione del Santissimo Redentore prescrive ai suoi
religiosi un programma intenso di preghiera in modo che la loro giornata sia
tutta immersa nel pensiero di Dio e dei suoi misteri (essi non devono mai
meritare il rimprovero di non pregare); inoltre, nelle missioni non devono mai
tralasciare la predica sulla preghiera e devono stabilire nelle parrocchie un
regolamento sulla pratica di essa.
Scrittore, pubblica diversi libri sulla preghiera personale e liturgica, e
torna con insistenza sull'argomento nelle opere dogmatiche, morali, ascetiche,
in cui molti capitoli li chiude con l'invocazione a Dio, a Cristo, alla
Vergine. Nelle numerose lettere che indirizza a varie categorie di persone
insiste con accenti convinti sull'argomento e non c'è lettera nella quale non
chieda preghiere per sé o per gli altri; ciò che potrebbe sembrare una
ripetizione monotona se non fosse l'espressione di un'anima, tutta presa dalla
verità di quello che dice.
All'origine di questo fatto, unico nella storia della spiritualità, in cui
si pone la preghiera come cardine e punto di riferimento costante, c'è una
convinzione personalissima di s. Alfonso sul compito di essa nel destino eterno
dell'uomo. Egli, che aveva una sensibilità acutissima, sperimentò in maniera
tragica il problema della salvezza, il tesoro nascosto, la perla preziosa, per
cui vendette tutto per conquistarla. Ebbene, la salvezza, secondo la sua
convinzione indiscutibile, si raggiunge solo, ma certamente, con la preghiera:
c'è una specie di equazione: preghiera è uguale a salvezza.
La sua visione del problema si può riassumere così: Dio vuole che tutti gli
uomini si salvino, e volendo metterli effettivamente in grado di raggiungere il
loro destino soprannaturale, li rende tutti capaci d pregare. L'uomo nasce
nell'impotenza di salvarsi con le sue forze; ma il Signore, spinto dalla sua
bontà, dona a ciascuno la grazia della preghiera con la quale può ottenere
tutti gli aiuti di cui ha bisogno per osservare i comandamenti e pervenire alla
salute eterna. La preghiera è quindi un consenso, una cooperazione alla grazia,
la risposta della creatura agli appelli e alle proposte del Creatore. "La
preghiera è l'incontro di Dio e della creatura nell'opera della salvezza...
Pregare è costruire con Dio l'edificio della salvezza, realizzare con Lui la propria
predestinazione... La preghiera non è tanto una condizione per ricevere la
grazia quanto un'esplicazione della grazia stessa... Chi prega ha detto già un
primo si all'invito della grazia" (2) . L'economia attuale della grazia è
essenzialmente e intrinsecamente un'economia della preghiera.
C'è in s. Alfonso qualcosa di drammatico e di angoscioso che si agita nel
sottosuolo della sua anima che improvvisamente si denuncia, con nostra
sorpresa: un senso pessimistico e tragico della sua natura e del suo possibile
destino di uomo, il sentimento abissale dell'anima davanti alla sempre aperta
avventura del peccato: "Dobbiamo tutti persuaderci che poi stiamo come
sulla cima di un monte, sospesi sull'abisso di tutti i peccati e sostenuti dal
solo filo della grazia: se questo filo si spezza noi certamente cadiamo in tale
abisso, e commetteremmo le scelleraggini più orrende...".
Unica via di salvezza l'invocazione a Dio mediante la preghiera: "Altri
poi che peccano per fragilità o per impeto di qualche gran passione, e gemono
sotto il gioco del nemico, desiderano di rompere quelle catene di morte ed
uscire da quella schiavitù, e perciò domandano aiuto a Dio...". Attraverso
la preghiera egli giunge al più operoso ottimismo: "Ed io, dico la verità,
non mai mi sento più consolato nello spirito, e con maggior confidenza di
salvarmi, che quando prego Dio e a Lui mi raccomando. E lo stesso penso avvenga
a tutti gli altri fedeli, poiché gli altri segni della nostra salvezza sono
tutti incerti e fallibili, ma che Dio esaudisca chi lo prega con confidenza è
verità certa e infallibile, com'è infallibile che Dio non può mancare alle sue
promesse".
Così veniva superata praticamente la posizione pessimistica del giansenismo,
aprendosi un adito certo alla salvezza per chi la salvezza desiderasse e
chiedesse a Dio, secondo quanto affermava in altro punto la formula
riassuntiva diventata popolare: "Chi prega certamente si salva, chi non
prega certamente si danna" (3).
Nell'opera di s. Alfonso la preghiera include un significato molto vario, in
quanto essa può essere un ricorso a Dio, un dialogo con Lui, un'espressione di
gioia, una manifestazione di ringraziamento, un addentrarsi nel mistero, un
grido dello spirito, una domanda di perdono. Pregare non è necessariamente
presentare delle richieste, chiedere aiuti, un mendicare per ottenere grazie.
Rifacendosi al pensiero di s. Agostino e di s. Tommaso, egli afferma che non è
necessario far conoscere a Dio le nostre necessità, la nostra miseria, perché
Lui già sa tutto; tuttavia siamo obbligati a pregare per convincerci sempre di
più che abbiamo assoluto bisogno di Lui.
S. Alfonso riconosce il giusto valore ai vari tipi di preghiera, anche se
con le dovute distinzioni; efficace e doverosa è la preghiera individuale; e
nei suoi scritti egli vi dà molto spazio e la presenta come predominante; ma
nonostante la mentalità del suo tempo, quasi del tutto dimentica della
centralità della liturgia, dà anche la sua importanza alla preghiera
comunitaria e liturgica scrivendo tra l'altro un libro dal titolo La Messa e
l'Officio strapazzati.
La preghiera deve essere alimentata dalla meditazione della parola di Dio;
prima occorre ascoltare Dio, e poi dare la propria risposta: s. Alfonso fa
pregare meditando, e fa meditare pregando; per questo nei suoi libri egli
intreccia le riflessioni, le invocazioni, gli affetti. A seconda delle
circostanze e degli stati d'animo, la preghiera assume varie tonalità, a volte
opposte, una familiarità affettuosa o una gravità, fatta di timore, tanto
necessaria per la vera pietà; se s. Alfonso ha scritto Modo di conversare
continuamente e alla familiare con Dio nel quale l'incontro con Dio
è semplice, dimesso, quasi quotidiano, ha scritto anche Apparecchio alla
morte nel quale il pensiero della salvezza e della morte suscita
ansietà e paura, e la preghiera si fa accorata, gemito e pianto.
La vera preghiera sarà umile, confidente, perseverante, tre
condizioni che devono coesistere perché venga esaudita; e sarà certamente
ascoltata se è diretta verso i beni spirituali, o meglio verso il compimento
della volontà di Dio. Inoltre essa deve essere viva, adeguarsi ai vari momenti
e situazioni dell'itinerario spirituale dell'uomo; deve essere perciò
progressiva e seguire un movimento incessante di sviluppo: da mediocre
diventerà fervente, da rara diventerà frequente, abituale, perché se Dio è
sempre presente all'uomo, anche l'uomo deve essere sempre presente a Dio; da
preghiera discorsiva e tormentata diventerà via via orazione di semplice
sguardo, di quiete, oscura e luminosa, fino a raggiungere le vette della
contemplazione mistica (4).
S. Alfonso compendiò il suo pensiero sulla necessità, sul valore, sulle
condizioni della preghiera nel libro Del gran mezzo della preghiera che
pubblicò nel 1759 dopo avervi lavorato con grande impegno e a varie riprese per
oltre tre anni. Espresse in esso il risultato delle sue riflessioni teologiche,
della sua esperienza pastorale e missionaria, e la passione tragica e luminosa
della sua anima. Lo ritenne la più importante delle sue opere tanto che desiderava
diffonderlo con ogni mezzo e farlo conoscere a tutti, come lui stesso dichiarò:
"Io non ho questa possibilità, ma se potessi vorrei di questo libretto
stamparne tante copie, quanti sono tutti i fedeli che vivono sulla terra, e
dispensarle ad ognuno, acciocché ognuno intendesse la necessità che abbiamo
tutti di pregare per salvarci " (5).
Del gran mezzo della preghiera è un'opera meditata e sofferta,
che s'impone per l'originalità dell'impostazione, la robustezza del pensiero,
la varietà delle argomentazioni, e per un notevole vigore polemico. Così almeno
la considerò s. Alfonso: "Questo libro della preghiera è un'opera
singolare, utilissima a tutti. E non solo è opera ascetica o sia spirituale, ma
è opera ancora teologica, che mi costa gran fatica ... ; e spero piacerà
universalmente a tutti " (6). S. Alfonso è stato buon profeta, perché Del
gran mezzo della preghiera è piaciuto sempre, per oltre duecento anni, per cui
è stato ristampalo moltissime volle. Esso "piacerà" certamente anche
oggi, soprattutto a coloro che sono angosciati dal peccato, affamati di grazia,
assetati di giustizia, e trepidanti per il loro destino eterno.
Giovanni Velocci
in ALFONSO M. DE LIGUORI
Il gran mezzo della preghiera
Città Nuova 1984, pp.34-40
LAUDETUR JESUS CHRISTUS!
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