domenica 31 marzo 2013

*** MARIA VALTORTA

 MARÍA VALTORTA 

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Ave Maria!



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"EL HOMBRE-DIOS"
"L'Evangelo come mi è stato rivelato"





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LIBROS de MARIA VALTORTA 


"EL EVANGELIO COMO ME FUE REVELADO" 

Y  OTROS LIBROS



AMDG et BVM

sabato 30 marzo 2013

RISURREZIONE DI GESU' CRISTO



CAPITOLO XXVII

RISURREZIONE DI GESU' CRISTO

Nella notte sacra alla gloriosissima Risurrezione del Signore, mentre Geltrude, prima di Mattutino, pregava con grande divozione, Gesù le apparve pieno di splendore e di grazia, nella gloria della sua divina, immortale Maestà. 

Ella si prostrò ai suoi piedi e, adorandolo con amore, Gli disse: «Sposo diletto, onore e gloria degli Angeli, Tu ti sei degnato di prendermi per tua Sposa, quantunque sia la più indegna delle creature; la mia anima e il cuor mio non hanno sete che di Te, del tuo onore, della tua gloria, e considero come parenti i tuoi più cari amici. Ti domando, amatissimo Gesù, in quest'ora gioiosa della tua Risurrezione, che Tu abbia ad assolvere le anime di tutti coloro che ti sono particolarmente cari. Per ottenere questa grazia, ti offro, in unione alla tua innocentissima passione, tutto quello che il mio cuore e il mio corpo hanno sofferto nelle continue mie infermità ».

Allora Gesù, con ineffabile dolcezza, le mostrò una moltitudine di anime sciolte dalle loro pene e le disse: « Le consegno tutte in dote al tuo amore; in cielo si vedrà eternamente che furono liberate dalle tue preghiere e, davanti a tutti i Santi, godrai per sempre di tale onore ». La Santa chiese: « Quante son queste anime? ». Rispose il Signore « Solo la scienza della mia Divinità ne conosce il numero ». 

Siccome poi Geltrude s'accorse che esse, quantunque liberate dalle pene, non erano però ancora nel pieno possesso delle eterne gioie, s'abbandonò tutta alla divina bontà, per soffrire nel corpo e nell'anima tutto ciò che il Signore vorrebbe per ottenere ad esse il gaudio completo. Tale offerta intenerì il Signore, il Quale in quello stesso istante, ammise quelle anime alla pienezza dell'eterno gaudio. 

Poco dopo Geltrude, sentendo un dolore acutissimo al fianco, s'inginocchiò davanti al Crocifisso. Gesù trasmise i meriti di quella sofferenza alle anime di cui abbiamo parlato, in accrescimento della loro gioia, dicendo loro: « Vi presento quest'omaggio di devozione che la mia Sposa mi ha offerto, perchè metta il colmo alla vostra beatitudine; a vostra volta sforzatevi di onorarla, accordandole il dono delle vostre preghiere ».

Geltrude, con un nuovo slancio d'amore, si mise tutta a disposizione di Gesù, dicendo: « Ecco che nella mia estrema indegnità, dolcissimo unico Amico, mi presento con amore davanti a Te, Signore e Re dei dominanti. Ti offro interamente il cuore e l'anima mia affinchè ti servano, per tutta la vita, in onore della tua adorabile Risurrezione». Rispose il Signore: « Quest'offerta della tua buona volontà sarà come lo scettro della mia divina magnificenza; me ne glorierò eternamente davanti alla SS. Trinità ed a tutti i Santi, come di dono prezioso ricevuto dalla mia diletta Sposa ». 

Geltrude riprese: « Ah, mio Dio! quantunque sappia che questo mio atto di completo abbandono è effetto della tua grazia, pure temo, per la mia incostanza, di dimenticare l'offerta che ti ho presentata». Gesù le rispose: « Non turbarti, poichè la mia Mano non lascerà mai cadere lo scettro che mi fu donato; lo conserverò sempre come pegno e ricordo del tuo amore per me. Ogni volta poi che tu rinnovi quest'intenzione, lo scettro si adornerà di fiori stupendi e di gemme preziose».


Mentre Geltrude, in questo mirabile movimento d'amore consumava le forze ed animava i sensi tanto interni che esterni per prepararsi a cantare il Mattutino della Risurrezione, si cominciò ad intonare l'Invitatorio; ella disse al Signore: « Insegnami, o migliore dei Maestri, come posso lodarti mediante l'Alleluja che oggi tante volte si ripete ». Egli rispose: «Potrai degnamente esaltarmi, unendoti alle lodi che la Corte celeste mi prodiga con questa stessa parola. Nota che, nell'Alleluja vi sono tutte le vocali, tranne l'o che è simbolo del dolore; ma, al suo posto, si ripete l'a. 

Lodami dunque con la vocale « a » unendoti alla lode magnifica con la quale i Santi, trasalendo di gioia, celebrano il soave diletto che l'influsso della Divinità procura alla mia Umanità deificata. Questa mia Umanità è ora elevata alla gloria dell'immortalità, per le amarezze della Passione e della morte che ho subito per salvare l'uomo da orrenda sorte. 

Con la vocale « e » loda quelle inesprimibili delizie che procura al mio sguardo la vista dei pascoli fioriti della suprema, indivisibile Trinità. 

Con la vocale « u » loda quell'armonia ineffabile che accarezza l'orecchio della mia Umanità deificata, ascoltando le meravigliose sinfonie dell'adorabile Trinità e le lodi continue che le prodigano gli angeli, i santi, gli eletti. 

Con la lettera « i » loda quella brezza profumata dei più squisiti olezzi, soffio soavissimo della SS. Trinità, che appaga l'odorato della mia immortale Umanità. 

In seguito con la lettera « a », sostituita alla vocale «o», loda l'incomprensibile, inestimabile, magnifica effusione di tutta la Divinità nella mia Umanità deificata, perché questa Umanità, divenuta immortale ed Impassibile, raccoglie dalla Mano di Dio, in cambio della sofferenza corporale, che per essa più non esiste, questo doppio, grazioso beneficio: l'immortalità e l'impassibilità ».

Mentre Geltrude continuava a recitare Mattutino riceveva a ciascun Salmo, responsorio e Lezioni lumi abbondanti, accompagnati da ineffabili delizie che convenivano tanto alla Risurrezione del Signore che al reciproco amore, e alla gioia della intima unione con Dio. 
Il racconto di tali meraviglie sarebbe forse gradito al divoto lettore, ma noi lo custodiremo sotto silenzio, insieme a molte altre cose, per evitare la prolissità che crea la noia; noi lo confideremo alla divina bontà, da cui procedono tutti i beni così generosamente accordati all'eletta del Signore.



AVE MARIA!
Alleluja Alleluja Alleluja!


Il mattino della Risurrezione. Preghiera di Maria


SURREXIT CHRISTUS SPES MEA
SANTA PASQUA A VOI TUTTI! ALLELUIA!

616. Il mattino della Risurrezione. 
Preghiera di Maria


Le donne riprendono i loro lavori agli oli, che nella notte, al fresco del cortile, si sono solidificati in una manteca pesante.

Giovanni e Pietro pensano che è bene mettere a posto il Cenacolo, pulendo le stoviglie, ma poi rimettendo tutto come fosse appena finita la Cena.
«Egli lo ha detto», dice Giovanni.
«Aveva anche detto: "Non dormite"! Aveva detto: "Non essere superbo, Pietro. Non sai che l'ora della prova  sta per venire?". E... e ha detto: "Tu mi rinnegherai... "». Pietro piange di nuovo mentre dice con cupo dolore: 
«e io l'ho rinnegato!».
«Basta, Pietro! Ora sei tornato tu. Basta di questo tormento!».
«Mai, mai basta. Divenissi vecchio come i primi patriarchi, vivessi i settecento o i novecento anni di Adamo e dei suoi primi nipoti, io non cesserò mai di avere questo tormento».
«Non speri nella sua misericordia?».
«Sì. Se non credessi a questo, sarei come l'Iscariota: un disperato. Ma, e anche Lui mi perdona dal seno del Padre dove è tornato, io non mi perdono. Io! Io! Io che ho detto: "Non lo conosco", perché in quel momento era pericoloso conoscerlo, perché ho avuto vergogna d'essergli discepolo, perché ho avuto paura della tortura... Lui andava a morire e io... io ho pensato a salvarmi la vita. E per salvarla l'ho respinto, come una donna in peccato, dopo averlo partorito, respinge il frutto del suo seno, che è pericoloso avere presso, prima che torni il marito ignaro. Peggio di un'adultera sono... peggio di...».

Entra, attirata dalle grida, Maria Maddalena. «Non urlare così. Maria ti sente. È tanto sfinita! Non ha più forza di nulla, e tutto le fa male. I tuoi gridi inutili e scomposti le tornano a dare il tormento di ciò che voi 
foste...».
«Vedi? Vedi, Giovanni? Una femmina può impormi di tacere. E ha ragione. Perché noi, i maschi sacri al Signore, abbiamo saputo solo mentire o scappare. Le donne sono state brave. Tu, poco più di una donna, tanto sei giovane e puro, hai saputo rimanere. Noi, noi, i forti, i maschi, siamo fuggiti. Oh! che disprezzo deve avere il mondo di me! Dimmelo, dimmelo, donna! Hai ragione! Mettimi il tuo piede sulla bocca che ha mentito. Sulla suola del sandalo c'è forse un poco del suo Sangue. E solo quel Sangue, mescolato al fango della via, può dare un poco di perdono, un poco di pace al rinnegato. Devo pure abituarmi al disprezzo del mondo! Che sono io? Ma ditelo: che sono?».


«Sei una grande superbia», risponde calma la Maddalena. «Dolore? Anche quello. Ma credi pure che, su dieci parti del tuo dolore, cinque, per non offenderti col dire sei, sono del dolore di essere uno che può essere 
disprezzato. Ma che davvero io ti disprezzerò se continui solo a gemere e a dare in smanie, giusto come fa una femmina stolta! Il fatto è fatto. E non sono i gridi scomposti che lo riparano e annullano. Non fanno che 
attirare l'attenzione e mendicare una compassione che non si merita. Sii virile nel tuo pentimento. Non strillare. Fai. Io... tu lo sai chi ero... Ma, quando ho capito che ero più sprezzabile di un vomito, non sono 
andata in convulsioni. Ho fatto. Pubblicamente. Senza indulgere con me e senza chiedere indulgenza. Il mondo mi sprezzava? Aveva ragione. Lo avevo meritato. Il mondo diceva: "Un nuovo capriccio della 
prostituta" e dava un nome di bestemmia al mio andare a Gesù? Aveva ragione. La mia condotta di prima il mondo la ricordava, ed essa giustificava ogni pensiero. Ebbene? Il mondo si è dovuto persuadere che Maria peccatrice non era più. Ho, coi fatti, persuaso il mondo. Fa' tu altrettanto, e taci».


«Sei severa, Maria», obbietta Giovanni.
«Più con me che cogli altri. Ma lo riconosco. Non ho la mano leggera della Madre. Lei è l'Amore. Io... oh! io! Ho spezzato il mio senso con la sferza del mio volere. E più lo farò. Credi che mi sia perdonata, io, di 
essere stata la Lussuria? No. Ma non lo dico altro che alla mia persona. E sempre me lo dirò. Consumata morirò in questo segreto rimpianto di essere stata la corruttrice di me stessa, in questo inconsolabile dolore di 
essermi profanata e di non avere potuto dare a Lui che un cuore calpestato... Vedi... io ho lavorato più di tutte ai balsami... E con più coraggio delle altre io lo scoprirò... Oh! Dio! come sarà ormai! (Maria di Magdala impallidisce solo a pensarlo). E lo coprirò di nuovi balsami, levando quelli che saranno certo tutti corrotti sulle sue piaghe senza numero.... Lo farò, perché le altre sembreranno convolvoli dopo un'acquata... Ma ho dolore di farlo con queste mie mani che hanno dato tante carezze lascive, di accostarmi con questa mia carne macchiata alla sua santità... Vorrei... vorrei avere la mano della Madre Vergine per compiere l'ultima unzione...».

Maria ora piange piano, senza sussulti. Come diversa dalla Maddalena teatrale che sempre ci presentano! È lo stesso pianto senza rumore che aveva il giorno del suo perdono nella casa del Fariseo. (Vol 4 Cap 236).

«Tu dici che... le donne avranno paura?», le chiede Pietro.
«Non paura... Ma si turberanno davanti al suo Corpo, certo già corrotto... gonfio... nero. E poi, questo è certo, avranno paura delle guardie».
«Vuoi che venga io? Io con Giovanni?».
«Ah! questo no! Noi si esce tutte. Perché, come fummo tutte lassù, così è giusto che tutte si sia intorno al suo letto di morte. Tu e Giovanni rimanete qui. Lei non può restare sola!...».




«Non viene Lei?».
«Non la lasciamo venire!».
«Lei è convinta che risorga... E tu?».
«Io, dopo Maria, sono quella che più credo. Ho creduto sempre che così potesse essere. Lui lo diceva. E Lui non mente mai... Lui!... Oh! prima lo chiamavo Gesù, Maestro, Salvatore, Signore... Ora, ora lo sento tanto grande che non so, non oso più dargli un nome... Che gli dirò quando lo vedrò?...»

«Ma credi proprio che risorga?..»
«Un altro! Oh! A suon di dirvi che credo e di sentirvi dire che non credete, finirò col non credere più neppure io! Ho creduto e credo. Ho creduto e gli ho da tempo preparato la veste. E per domani, perché domani è il terzo giorno, la porterò qui, pronta...».
«Ma se dici che sarà nero, gonfio, brutto?».


«Brutto mai. Brutto è il peccato. Ma... ma sì! Sarà nero. Ebbene? Lazzaro non era già marcio? Eppure risorse. Ed ebbe la carne risarcita. Ma, ma se lo dico!... Tacete, miscredenti! Anche in me la ragione umana mi dice: "È morto e non sorgerà". Ma il mio spirito, il "suo" spirito, perché io ho avuto un nuovo spirito da Lui, grida, e sembrano squilli di argentee tube: "Sorge! Sorge! Sorge!". Perché mi sbattete come una navicella contro la scogliera del vostro dubitare? Io credo! Credo, mio Signore! Lazzaro ha ubbidito con strazio al Maestro ed è rimasto a Betania... Io, che so chi è Lazzaro di Teofilo, un forte, non un leprotto pavido, posso misurare il suo sacrificio di rimanere nell'ombra e non presso il Maestro. Ma ha ubbidito. Più eroico in questa ubbidienza che se l'avesse strappato con le armi agli armati. Io ho creduto e credo. E qui sto. In attesa come Lei. Ma lasciatemi andare. Il giorno sorge. Appena ci si vedrà a sufficienza, noi andremo al 
Sepolcro...».

E la Maddalena se ne va, col suo viso bruciato dal pianto, ma sempre forte. Rientra da Maria.
«Che aveva Pietro?».
«Una crisi di nervi. Ma gli è passata».
«Non essere dura, Maria. Soffre».
«Anche io. Ma vedi che non ti ho chiesto neppure una carezza. Lui è stato già medicato da te... E io invece penso che solo tu, Madre mia, hai bisogno di balsamo. Madre mia, santa, amata! Ma fa' cuore... Domani è il terzo giorno. Ci chiuderemo qui dentro noi due: le sue innamorate. Tu, l'Innamorata santa; io, la povera innamorata... Ma come posso lo sono, con tutta me stessa. E lo aspetteremo... Loro, quelli che non credono, 
li chiuderemo di là, coi loro dubbi. E qui metterò tante rose... Oggi farò portare il cofano... Ora passerò dal palazzo e darò ordine a Levi. Via tutte queste orribili cose! Non le deve vedere il nostro Risorto... Tante 
rose... E tu ti metterai una veste nuova... Non deve vederti così. Io ti pettinerò, ti laverò questo povero volto che il pianto ha sfigurato. Eterna fanciulla, io ti farò da madre... Avrò, infine, la beatitudine di avere cure materne per una creatura più innocente di un neonato! Cara!», e con la sua esuberanza affettiva la Maddalena si stringe al petto il capo di Maria, che è seduta, la bacia, la carezza, le ravvia le lievi ciocche dei capelli scomposti dietro le orecchie, le asciuga le nuove lacrime che scendono ancora, ancora, sempre, col lino della sua veste...

Entrano le donne con lumi e anfore e vasi dalle ampie bocche. Maria d'Alfeo porta un pesante mortaio. «Non si può stare fuori. C'è un poco di vento e spegne le lampade», spiega.
Si pongono in un lato. Su un tavolo, stretto ma lungo, pongono tutte le loro cose, e poi dànno un ultimo tocco ai loro balsami, mescendo nel mortaio, su una polvere bianca che estraggono a manciate da un sacchetto, la già pesante manteca delle essenze. Mescolano lavorando di lena e poi empiono un vaso dall'ampia bocca. Lo pongono al suolo. Ripetono con un altro la stessa operazione. Profumi e lacrime cadono sulle resine.

Maria Maddalena dice: «Non era questa l'unzione che speravo poterti preparare». Perché è la Maddalena che, più esperta di tutte, ha sempre regolato e diretto la composizione del profumo, tanto acuto che pensano di aprire la porta e di socchiudere la finestra sul giardino, che appena inalba.
Tutte piangono più forte dopo l'osservazione sommessa della Maddalena. Hanno finito. Tutti i vasi sono pieni.

Escono con le anfore vuote, il mortaio ormai inutile, e molte lucerne. Ne restano due sole nella stanzetta e tremano, pare singhiozzino anche esse col palpitare della loro luce...
Rientrano le donne e chiudono di nuovo la finestra, perché l'alba è freddina. Si pongono i mantelli e prendono delle ampie sacche in cui collocano i vasi del balsamo.

Maria si alza e cerca il suo mantello. Ma tutte le si affollano intorno persuadendola a non venire.
«Non ti reggi, Maria. Sono due giorni che non prendi cibo. Un poco d'acqua soltanto».
«Sì, Madre. Faremo presto e bene. E torneremo subito».
«Non temere. Lo imbalsameremo come un re. Vedi che balsamo prezioso componemmo! E quanto!...».
«Non trascureremo membro o ferita, e lo metteremo con le nostre mani a posto. Siamo forti e siamo madri. Lo metteremo come un bambino nella cuna. E agli altri non resterà che da chiudere il suo posto».

Ma Maria insiste: «È il mio dovere», dice. «L'ho curato sempre io. Solo, in questi tre anni che fu del mondo, ho ceduto ad altri la cura di Lui quando Egli mi era lontano. Ora che il mondo lo ha respinto e rinnegato, è di nuovo mio. E io torno la sua serva».

Pietro, che con Giovanni si era avvicinato all'uscio, non visto dalle donne, fugge sentendo queste parole. 
Fugge in qualche angolo nascosto per piangere sul suo peccato. Giovanni resta presso lo stipite. Ma non dice niente. Vorrebbe andare anche lui. Ma fa il sacrificio di rimanere presso la Madre.
Maria Maddalena riconduce Maria al suo sedile. Le si inginocchia davanti, l'abbraccia ai ginocchi alzando verso Lei il suo volto doloroso e innamorato, e le promette: 

«Egli, col suo Spirito, tutto sa e vede. Ma al suo Corpo, coi baci, io dirò il tuo amore, il tuo desiderio. Io so cosa è l'amore. So che pungolo, che fame è amare. 
Che nostalgia di esser con chi è l'amore per noi. E questo è anche nei vili amori che sembrano oro, e fango sono. Quando poi la peccatrice può sapere ciò che è l'amore santo per la Misericordia vivente, che gli uomini 
non hanno saputo amare, allora meglio può comprendere cosa è il tuo amore, Madre. Tu lo sai che io so amare. E tu sai che Egli lo ha detto (Vol 4 Cap 239 e lo ha ripetuto al Vol 8 Cap 550, dove ha parlato del 
vero balsamo, quello dell’amore, “che Egli gradirà infinitamente”), in quella sera del mio vero natale, là, sulle rive del nostro lago sereno, che Maria sa molto amare. Ora, questo mio esuberante amore, come acqua 
che trabocca da un bacino piegato, come roseto in fiore che si rovescia giù da una muraglia, come fiamma che, trovando esca, più si apprende e cresce, si è tutto riversato su Lui, e da Lui-Amore ha tratto nuova 
potenza... Oh! che la mia potenza d'amare non ha potuto sostituirsi a Lui sulla Croce!... Ma quello che per Lui fare non ho potuto - e patire, e sanguinare, e morire al suo posto, fra gli schemi di tutto il mondo, felice, 
felice, felice di soffrire al suo posto, e, ne sono certa, arso ne sarebbe stato lo stame della mia povera vita più dall'amore trionfale che dal patibolo infame, e sarebbe dalle ceneri sbocciato il nuovo, candido fiore della nuova vita pura, vergine, ignorante di tutto ciò che non è Dio - tutto questo che non ho potuto fare per Lui, per te lo posso fare ancora..., Madre che amo con tutto il mio cuore. Fidati di me. Io che ho saputo, in casa di Simone il fariseo, così dolcemente accarezzare i suoi piedi santi, ora, con l'anima che sempre più sboccia alla Grazia, saprò ancora più dolcemente accarezzare le sue membra sante, medicare le ferite, imbalsamarle più col mio amore, più col balsamo tratto dal mio cuore spremuto dall'amore e dal dolore, che non coll'unguento. 
E la morte non intaccherà quelle carni che tanto amore hanno dato e tanto ne ricevono. Fuggirà la Morte. Perché l'Amore è più forte di essa. È invincibile l'Amore. E io, Madre, col tuo perfetto, col mio totale, di 
amore imbalsamerò il mio Re d'Amore».

Maria bacia quest'appassionata che ha, finalmente, saputo trovare Chi merita tanta passione, e cede al suo pregare.
Le donne escono portando una lucerna. Nella stanza ne resta una sola. Ultima esce la Maddalena, dopo un ultimo bacio alla Madre che resta.
La casa è tutta buia e silenziosa. La strada è ancora oscura e solitaria.
Giovanni chiede: «Non mi volete proprio?».
«No. Puoi servire qui. Addio».
Giovanni torna da Maria. «Non mi hanno voluto...», dice piano.
«Non te ne mortificare. Esse da Gesù. Tu da me. Giovanni, preghiamo un poco insieme. Dove è Pietro?».
«Non so. Per la casa. Ma non lo vedo. È... Lo credevo più forte... Anche io ho pena, ma lui...».
«Lui ha due dolori. Tu uno solo. Vieni. Preghiamo anche per lui». E Maria dice lentamente il Pater noster.


Poi carezza Giovanni: «Va' da Pietro. Non lo lasciare solo. È stato tanto nelle tenebre, in queste ore, che non sopporta neppure la lieve luce del mondo. Sii l'apostolo del tuo fratello smarrito. Inizia da lui la tua 
predicazione. Sulla tua via, e lunga sarà, troverai sempre dei simili a lui. Col compagno comincia il lavoro...».

«Ma che devo dire?... Io non so... Tutto lo fa piangere...».
«Digli il Suo precetto d'amore. Digli che chi solamente teme non conosce ancora a sufficienza Dio, perché Dio è Amore. E se ti dice: "Io ho peccato", rispondigli che Dio ha tanto amato i peccatori che per essi ha mandato il suo Unigenito. Digli che a tanto amore va con amore risposto. E l'amore dà fiducia nel buonissimo Signore. Questa fiducia non ci fa temere il suo giudizio, perché con essa riconosciamo la Sapienza e Bontà divina, e diciamo: "Io sono una povera creatura. Ma Egli lo sa. E mi dà il Cristo come garanzia di perdono e colonna di sostegno. La mia miseria viene vinta dalla mia unione col Cristo". È nel nome di Gesù che tutto viene perdonato... Vai, Giovanni. Digli questo. Io resto qui, con Gesù mio...», e carezza il Sudario. Giovanni esce, chiudendo la porta dietro di sé.



Maria si pone in ginocchio come la sera avanti, viso a Viso col velo della Veronica. E prega e parla col Figlio suo. Forte per dare forza agli altri, quando è sola piega sotto la sua schiacciante croce. Eppure ogni 
tanto, come una fiamma non più oppressa dal moggio, la sua anima si alza verso una speranza che in Lei non può morire. Che anzi cresce col passare delle ore. E dice la sua speranza anche al Padre. La sua speranza e la 
sua domanda.
[…]

«Gesù, Gesù! Non torni ancora? La tua povera Mamma non resiste più a saperti là morto. Tu l'hai detto e nessuno ti ha capito. Ma io ti ho capito! "Distruggete il Tempio di Dio ed Io lo riedificherò in tre giorni"
Questo è l'inizio del terzo giorno. Oh! mio Gesù! Non attendere che sia compiuto per tornare alla vita, alla tua Mamma che ha bisogno di vederti vivo per non morire ricordandoti morto, che ha bisogno di vederti bello, sano, trionfante, per non morire ricordandoti in quello stato come ti ha lasciato!

Oh! Padre! Padre! Rendimi il Figlio mio! Che io lo veda tornato Uomo e non cadavere, Re e non condannato. Dopo, lo so, Egli tornerà a Te, al Cielo. Ma io l'avrò visto guarito da tanto male, l'avrò visto forte dopo tanto languore, l'avrò visto trionfante dopo tanta lotta, l'avrò visto Dio dopo tanta umanità patita per gli uomini. E mi sentirò felice anche perdendo la sua vicinanza. Lo saprò con Te, Padre santo, lo saprò fuori per sempre dal Dolore. Ora invece non posso, non posso dimenticare che è in un sepolcro, che è là ucciso per tanto dolore che gli hanno fatto, che Egli, il mio Figlio-Dio, è accomunato alla sorte degli uomini nel buio di un sepolcro, Egli, il tuo Vivente.

Padre, Padre, ascolta la tua serva. Per quel "sì"... Non ti ho mai chiesto nulla per la mia ubbidienza ai tuoi voleri; era la tua Volontà, e la tua Volontà era la mia; nulla dovevo esigere per il sacrificio della mia a Te, Padre santo. Ma ora, ma ora, per quel "sì" che ho detto all'Angelo messaggero, o Padre, ascoltami!

Egli è fuori dalle torture, perché tutto ha compiuto con l'agonia di tre ore dopo le sevizie del mattino. Ma io sono da tre giorni in questa agonia. Tu lo vedi il mio cuore e ne senti i palpiti. 
Il nostro Gesù l'ha detto che non cade piuma di uccello che Tu non la veda, che non muore fiore nel campo che Tu non ne consoli l'agonia col tuo sole e la tua rugiada. Oh, Padre, io muoio di questo dolore! Trattami come il passero che rivesti di nuova piuma e il fiore che scaldi e disseti nella tua pietà. Io muoio assiderata dal dolore. Non ho più sangue nelle vene. Una volta è divenuto tutto latte per nutrire il Figlio tuo e mio; ora è divenuto tutto pianto perché non ho più Figlio. Me l'hanno ucciso, ucciso, Padre, e Tu sai in che modo! 
Non ho più sangue! L'ho sparso con Lui nella notte del Giovedì, nel Venerdì funesto. Ho freddo come chi è svenato. Non ho più sole, poiché Egli è morto, il Sole mio santo, il Sole mio benedetto, il Sole nato dal mio seno per la gioia della sua Mamma, per la salute del mondo. Non ho più refrigerio, perché non ho più Lui, la più dolce delle fonti per la sua Mamma che beveva la sua parola, che si dissetava della sua presenza. Sono come un fiore in una arena disseccata. 
Muoio, muoio, Padre santo. E di morire non ne ho spavento, poiché anche Egli è morto. Ma come faranno questi piccoli, il piccolo gregge del Figlio mio, così debole, così pauroso, così volubile, se non c'è chi lo sorregge? Sono nulla, Padre. Ma per i desideri del Figlio mio sono come una schiera d'armati. Difendo, difenderò la sua Dottrina e la sua eredità così come una lupa difende i lupicini. Io, agnella, mi farò lupa per difendere ciò che è del Figlio mio e, perciò, ciò che è tuo.
Tu lo hai visto, Padre. Otto giorni or sono questa città ha spogliato i suoi ulivi, ha spogliato le sue case, ha spogliato i suoi giardini, ha spogliato i suoi abitanti e si è fatta roca per gridare: "Osanna al Figlio di Davide; benedetto Colui che viene nel nome del Signore". E mentre Egli passava sui tappeti di rami, di vesti, di stoffe, di fiori, se lo indicavano i cittadini dicendo: "È Gesù, il Profeta di Nazareth di Galilea. È il Re d'Israele". E mentre ancora non erano appassiti quei rami e la voce era ancor roca da tanto osannare, essi hanno mutato il loro grido in accuse e maledizioni ed in richieste di morte, e dei rami staccati per il trionfo hanno fatto randelli per percuotere il tuo Agnello che conducevano alla morte. Se tanto hanno fatto mentre Egli era fra loro e parlava loro, e sorrideva loro, e li guardava con quel suo occhio che stempra il cuore, e ne tremano persin le pietre se ne son guardate, e li beneficava e li ammaestrava, che faranno quando Egli sarà tornato a Te?

I suoi discepoli, lo hai visto. Uno lo ha tradito, gli altri sono fuggiti. È bastato che Egli fosse percosso perché fuggissero come pecore vili, e non hanno saputo stargli intorno mentre moriva. Uno solo, il più giovane, è rimasto. Ora viene l'anziano. Ma ha già saputo rinnegare una volta. Quando Gesù non sarà più qui a guardarlo, saprà permanere nella Fede?
Io sono un nulla, ma un po' del mio Figlio è in me, ed il mio amore mette il colmo alla mia manchevolezza e la annulla. Divengo così qualcosa di utile alla causa del tuo Figlio, alla sua Chiesa, che non troverà mai pace e che ha bisogno di mettere radici profonde per non essere divelta dai venti. Io sarò Colei che la cura. Come ortolana solerte veglierò perché cresca forte e diritta nel suo mattino. Poi non mi preoccuperà morire. Ma 
vivere non posso se resto più a lungo senza Gesù.

Oh! Padre, che hai abbandonato il Figlio per il bene degli uomini ma poi lo hai confortato, perché certo l'hai accolto sul tuo seno dopo la morte, non lasciarmi oltre nell'abbandono. Io lo patisco e lo offro per il bene degli uomini. Ma confortami, ora, Padre. Padre, pietà! Pietà, Figlio mio! Pietà, divino Spirito! Ricòrdati della tua Vergine!».


Dopo, prostrata fino a terra, Maria pare pregare col suo atto oltre che col suo cuore. È proprio una povera cosa abbattuta. Pare quel fiore morto di sete di cui Ella ha parlato. Non avverte neppure lo scuotìo di un breve 
ma violento terremoto che fa urlare e fuggire il padrone e la padrona di casa, mentre Pietro e Giovanni, pallidi come morti, si trascinano fin sulla soglia della stanza. Ma, vedendola così assorta nel suo orare, dimentica, 
lontana da tutto quello che non è Dio, siritirano chiudendo la porta e tornano spauriti nel Cenacolo. 



AVE MARIA!
REGINA COELI LAETARE! 
ALLELUIA!







Considerazioni sulla Risurrezione

Dice Gesù: 


«Le preghiere ardenti di Maria hanno anticipato di qualche tempo la mia Risurrezione.

Io avevo detto: "Il Figlio dell'uomo sta per essere ucciso, ma il terzo giorno risorgerà". Ero morto alle tre del pomeriggio di venerdì. Sia che calcoliate i giorni come nome, sia li calcoliate come ore, non era l'alba 
domenicale quella che doveva vedermi sorgere. Come ore, erano unicamente trentotto ore invece di settantadue quelle che il mio Corpo era rimasto senza vita. Come giorni, doveva almeno giungere la sera di 
questo terzo giorno per dire che ero stato tre giorni nella tomba.


Ma Maria ha anticipato il miracolo. Come quando col suo orare ha schiuso i Cieli con anticipo di qualche anno sull'epoca prefissa, per dare al mondo la sua Salvezza, così ora Ella ottiene l'anticipo di qualche ora per dar conforto al suo cuore morente.


Ed Io, alla prima alba del terzo giorno, sono sceso come sole che scende e del mio fulgore ho sciolto i sigilli umani così inutili davanti alla potenza di un Dio, della mia forza ho fatto leva per ribaltare l'inutilmente 

vegliata pietra, del mio apparire ho fatto folgore che ha atterrato le tre volte inutili guardie messe a custodia di una Morte che era Vita, che nessuna forza umana poteva impedire d'esser tale.


Ben più potente della vostra corrente elettrica, il mio Spirito è entrato come spada di Fuoco divino a riscaldare le fredde spoglie del mio Cadavere, e al nuovo Adamo lo Spirito di Dio ha alitato la vita, dicendo a 

Se stesso: "Vivi. Lo voglio".


Io che avevo risuscitato i morti quando non ero che il Figlio dell'uomo, la Vittima designata a portare le colpe del mondo, non dovevo potere risuscitare Me stesso ora che ero il Figlio di Dio, il Primo e l'Ultimo, il 

Vivente eterno, Colui che ha nelle sue mani le chiavi della Vita e della Morte? Ed il mio Cadavere ha sentito la Vita tornare in Lui.


Guarda: come uomo che si sveglia dopo il sonno dato da una enorme fatica, Io ho un profondo respiro. Né ancora apro gli occhi. Il sangue torna a circolare nelle vene poco rapido ancora, riporta il pensiero alla mente. 
Ma vengo da tanto lontano! Guarda: come uomo ferito che una potenza miracolosa risana, il sangue torna nelle vene vuote, empie il Cuore, scalda le membra, le ferite si rimarginano, spariscono lividi e piaghe, la 
forza torna. Ma ero tanto ferito! Ecco, la Forza opera. Io sono guarito. Io sono svegliato. Io sono ritornato.

CHRISTUS INNOCENS PATRI
RECONCILIAVIT PECCATORES

EL ALBA DE LA PASCUA. LAMENTO. PLEGARIA DE LA VIRGEN




EL ALBA DE LA PASCUA. 
LAMENTO. 
PLEGARIA DE LA VIRGEN



Sigo viendo la habitación donde María llora. Está sentada en su silla, afligidísima, exhausta, desfigurada por tanto llorar.
También las mujeres están. A la luz de lámparas de aceite preparan los aromas mezclándolos.
Las mujeres en medio de lágrimas siguen trabajando. Magdalena es la que dijo esas palabras que hacen llorar fuertemente a todas las mujeres. La casa de Magdalena está enrojecida por el llanto.
Cuando han terminado de preparar todo, se ponen los chales o mantos. También María se levanta, pero la rodean y le dicen que no debe ir. Sería muy cruel hacerle ver de nuevo a su Hijo que ciertamente, a estas horas del tercer día de muerto, estará ya todo negro por la putrefacción. Además Ella está tan exhausta para poder caminar. No ha hecho más que llorar y orar. No ha comido nada, ni descansado. Que se quede tranquila y que confíe en ellas, que cual discípulas amorosas, harán sus veces, y brindarán al santo cuerpo todos los cuidados necesarios para una definitiva sepultura.
María acepta al fin. Magdalena, arrodillada a sus pies, pero apoyada sobre sus calcañales, en su habitual postura, le abraza las rodillas, la mira con sus ojos enrojecidos de llanto, y le promete que transmitirá a Jesús todo el amor suyo, mientras lo embalsamen. Ella sabe qué cosa es amor. Ha pasado del amor vergonzoso al amor santo por la Misericordia que los hombres han matado. Sabe amar. Jesús se lo dijo aquella tarde que fue el alba de su nueva vida, que sabe amar mucho. Que se fíe de ella, de ella que en aquella ocasión supo acariciar los pies de Jesús tan dulcemente, ahora sabrá acariciar las heridas y embalsamárselas más con su amor que con ungüentos, para que la muerte no pueda hincar su diente en ese cuerpo que tanto amó y que también es amado.
La voz de Magdalena está impregnada de pasión. Parece un terciopelo, que envolviese un órgano, pues su voz tiene esa tonalidad preñada de calor, de pasión. Se tiene la sensación de escuchar a un alma que se estremece. Que ha sabido imprimir su deseo. Que está destinada a amar. Y ahora que Jesús la ha salvado, sabe mostrar con inmensa fuerza su amor al Amor divino. No olvidaré esta voz femenina que es una confesión de su íntima sique. No la olvidaré jamás.

LAS MUJERES SALEN LLEVANDO UNA LÁMPARA.
ENVUELTAS EN SUS MANTOS, SIN HABLAR 
SE DIRIGEN AL SEPULCRO DE JESÚS.

Las mujeres salen llevando una lámpara. La casa está oscura y también el camino. Apenas una señal de luz, allá en el lejano oriente. La luz fresca y pura de un amanecer abrileño. El camino está sumido en el silencio y soledad. Las mujeres envueltas en sus mantos, sin hablar se dirigen al sepulcro de Jesús.
Ella, ahora que está sola, se ha puesto nuevamente a orar de rodillas teniendo ante sí el velo que está extendido contra la cara de una especie de cofre, sostenido con clavos. María ora y habla a su Hijo. Es siempre la misma aflicción, mezclada con una esperanza de angustia.
"¡Jesús, Jesús! ¿No vuelves todavía? Tu pobre Madre no sufre más el pensar que estás muerto allá. Tú lo dijiste y nadie te comprendió. ¡Pero yo sí! "Destruid el Templo de Dios y Yo lo reedificaré en tres días". Ha empezado el tercer día. ¡Oh, Jesús mío! No esperes que se termine para regresar a la vida, para regresar a tu Mamá que tiene necesidad de verte vivo para no morir recordándote muerto, que tiene necesidad de verte bello, triunfante, para no morir recordándote en ese sepulcro en que te he dejado.

¡OH, PADRE, PADRE, DEVUÉLVEME A MI HIJO! 
QUE LO VEA REGRESAR COMO HOMBRE Y NO 
COMO UN CADÁVER, COMO A REY Y 
NO COMO A UN SENTENCIADO.
¡Oh, Padre, Padre, devuélveme a mi Hijo! Que lo vea regresar como Hombre y no como un cadáver, como a Rey y no como a un sentenciado. Después, lo sé. El volverá a Ti, al cielo. Pero lo habré visto curado de tanto mal, lo habré visto fuerte después de su gran debilidad, lo habré visto triunfante después de su gran lucha, lo habré visto como a Dios después de que tanto sufrió por los hombres. Me sentiré feliz aun cuando no lo tenga cerca. Sabré que estará contigo, Padre Santo, sabré que para siempre está fuera del dolor. Pero ahora no puedo, no puedo olvidar que está en el sepulcro, está allí muerto por los dolores que le hicieron sufrir, que El, mi Hijo-Dios, está sujeto a la suerte de los hombres en la oscuridad de un sepulcro, El, tu Viviente.

PADRE, PADRE, ESCUCHA A TU SIERVA. POR AQUEL "SÍ"... 
NUNCA TE HE PEDIDO NADA PORQUE SIEMPRE 
HE OBEDECIDO TU VOLUNTAD, PERO AHORA, 
AHORA, POR AQUEL "SÍ" QUE DI AL ÁNGEL MENSAJERO, 
ESCÚCHAME, OH PADRE!

Padre, Padre, escucha a tu sierva. Por aquel "sí"... Nunca te he pedido nada porque siempre he obedecido tu voluntad, tu voluntad que es la mía. Nada debía exigirte por haber sacrificado mi voluntad a Ti, Padre Santo. ¡Pero ahora, ahora, por aquel "sí" que di al Ángel mensajero, escúchame, oh Padre!
Después de las crueldades que padeció por la mañana, sufrió aquella agonía de tres horas, y ahora está ya fuera del alcance del dolor. Pero yo hace tres días que estoy agonizando. Tú ves mi corazón y oyes su palpitar. Nuestro Jesús ha dicho que ningún pájaro pierde una pluma sin que Tú no lo veas, que no se marchita ninguna flor en el campo, sin que no consueles su agonía con tu sol y tu rocío. ¡Oh Padre, muero de este dolor! Trátame como al pajarito que revistes de nuevo plumaje, como a la flor que refrescas, que calmas su sed con tu piedad. Estoy yerta del dolor. No tengo más sangre en las venas. Hubo un tiempo en que se convirtió en leche para alimentar a tu Hijo y mío; ahora es todo llanto porque no lo tengo más. Me lo han matado, matado, Padre, y ¡Tú sabes en qué forma!
¡No tengo más sangre! La he derramado con El en la noche del jueves, en el terrible viernes. Tengo frío como el que se ha desangrado. No tengo más sol, porque El está muerto, mi santo Sol, mi Sol bendito, el Sol nacido de mi seno para alegría de su Mamá, para la salvación del mundo. No tengo más descanso porque no lo tengo más a El que es la más dulce de las fuentes para su Mamá que bebía su palabra, que calmaba su sed con su presencia. Soy como una flor en seco arenal. Me muero, me muero, Padre santo. No tengo miedo a morir, porque también mi Hijo ha muerto. ¿Pero qué harán estos pequeños, la pequeña grey de mi Hijo, tan débil, miedosa, voluble, si no hay quien la sostenga? No soy nada, Padre, pero por deseos de mi Hijo soy como un ejército armado. Defiendo, defenderé su doctrina, su herencia como una loba defiende a sus lobeznos. Yo, cordera, seré una loba  para defender lo que es de mi Hijo y, por consiguiente, lo que es tuyo.
Tú lo has visto, Padre. Hace ocho días esta ciudad arrancó las ramas de sus olivares, de sus jardines, sacó de sus casas a sus habitantes que todos hasta enronquecer gritaron: "¡Hosanna al Hijo de David; bendito el que viene en el nombre del Señor!" Y mientras pasaba sobre alfombras de ramos, de vestidos, de telas, de flores, los habitantes se lo señalaban diciendo: "Es Jesús, el profeta de Nazaret de Galilea. Es el Rey de Israel". Y cuando todavía no se habían secado esos ramos y las gargantas todavía estaban roncas de los hosanna, cambiaron sus gritos y se pusieron a acusar, a maldecir, a pedir su muerte; y con las ramas que emplearon para el triunfo hicieron garrotes para golpear al Cordero que llevaron a la muerte.
Si tanto han hecho cuando vivió entre ellos, les habló, les sonreía, los miraba con esos ojos que derriten el corazón, y hasta las mismas piedras se sienten conmovidas, les hacía bien, les enseñaba, ¿qué harán cuando El haya regresado a Ti?
Tú has visto cómo se portaron sus discípulos. Uno lo traicionó, los otros huyeron. Fue suficiente que hubiera sido aprehendido para que hubieran huido como ovejas cobardes; y no supieron estar a su alrededor cuando moría. Uno solo, el más joven, se quedó. Ahora viene el anciano. Renegó de El. Cuando Jesús no está más aquí a defenderlo, ¿sabrá permanecer en la fe?
Yo soy nada, pero hay un poco de mi Hijo en mí, y mi amor suple lo que falta y lo anula. De este modo me convierto en algo útil a la causa de tu Hijo, a su Iglesia que no encontrará jamás paz y que tiene necesidad de echar raíces profundas para que los vientos no la arranque. Seré yo quien cuide de ella. Como hortelana diligente vigilaré para que crezca fuerte y derecha en su amanecer. Después no me preocupará el morir. Pero no puedo vivir más si sigo sin Jesús.
¡Oh Padre!, que has abandonado a tu Hijo por el bien de los hombres, que después lo has consolado, porque ciertamente lo has aceptado en tu seno después de su muerte, no me dejes más en el abandono. Lo que sufro lo ofrezco por el bien de los hombres. Pero confórtame ahora, Padre. ¡Padre, piedad!  ¡piedad, Hijo mío! ¡Piedad, Espíritu divino! Acuérdate de tu Virgen.
Después, postrada contra el suelo, parece orar. Realmente es un ser destrozado. Se parece a esa flor muerta de sed de que habló... Ni siquiera advierte el sacudimiento de un terremoto breve que hace gritar y huir a los dueños de la casa, mientras que Pedro y Juan, pálidos cual muertos se arrastran hasta el umbral de la habitación. Al ver a la Virgen tan absorta en su oración, lejana de todo lo que no sea Dios, se retiran cerrando la puerta, y espantados regresan al cenáculo.
XI. 649-652
A. M. D. G. et B.V.M.