venerdì 13 luglio 2018

Tre scene. D'altri tempi?



61 - Ma torno alla Domenica. Quella giornata gioiosa che passava tanto rapida aveva pur la sua
velatura di malinconia. Mi ricordo che la mia felicità era senza mescolanze fino a Compieta;
durante quell'ufficio, pensavo che il giorno del riposo stava per finire, che l'indomani bisognava
ricominciare la vita, lavorare, imparare, e il cuore sentiva l'esilio della terra, sospiravo pensando al
riposo eterno del Cielo, la Domenica senza tramonto nella Patria… Persino le passeggiate che
facevamo prima di rientrare ai Buissonnets, mi lasciavano un senso di tristezza nell'anima; allora la
famiglia non era più completa, giacché, volendo fare piacere allo zio, Papà gli concedeva Maria o
Paolina per la serata di domenica; ero ben contenta quando rimanevo anch'io. Anzi, preferivo così
piuttosto che essere invitata sola, perché facevano meno attenzione a me. Il piacere più grande per
me consisteva nell'ascoltare tutto ciò che lo zio diceva, ma non mi andava a genio che egli mi
facesse delle domande, ed avevo paura quando mi faceva far cavallucdo e intonava Barba Blu con
una voce formidabile. Con piacere vedevo Papà che ci veniva a prendere.


62 - Sulla via del ritorno, guardavo le stelle che scintillavano dolcemente, e quella vista mi rapiva.
Soprattutto un grappolo di perle d'oro che distinguevo con gioia, mi pareva che avesse la forma di
una T , lo facevo vedere a Papà e gli dicevo che il nome mio era scritto in cielo, e poi, non volendo
più scorgere nulla della brutta terra, gli chiedevo che mi conducesse; allora, senza guardare dove
mettevo i piedi, abbandonavo il viso proprio verso l'alto, senza stancarmi di contemplare il
firmamento.


63 - Che potrò dire delle veglie d'inverno, soprattutto di quelle domenicali? Com'era dolce per me,
dopo la partita a lama, stare seduta con Celina sulle ginocchia di Papà. Con la sua bella voce
cantava delle arie che empivano l'anima di pensieri profondi, oppure, cullandoci dolcemente, diceva
delle poesie improntate di verità eterne. Dopo, salivamo per fare la preghiera in comune, e la
minuscola regina era sola accanto al suo re: non aveva che da guardarlo per sapere come pregano i
santi... Finalmente sfilavamo tutte, per ordine di età, a dare la buona notte a Papà e a ricevere un
bacio; la regina veniva, naturalmente, per ultima, il re, per abbracciarla, la prendeva per i gomiti, e
lei diceva a tutto fiato: «Buona notte, Papà, buona notte, dormi bene!»... Tutte le sere le stesse
parole. Finalmente la Mammina mia mi prendeva tra le braccia e mi portava nel letto di Celina,
allora dicevo: «Paolina, sono stata proprio buona, oggi? Gli angiolini mi voleranno intorno
stanotte?». La risposta era sempre: «sì», altrimenti avrei passato la notte intera a piangere. Dopo
avermi abbracciata - e così faceva anche la cara mia Madrina - Paolina discendeva, e la povera
Teresa restava sola nel buio; aveva un bel raffigurarsi gli angiolini che le volavano intorno, ben
presto lo sgomento la invadeva, le tenebre la impaurivano, perché dal letto non riusciva a vedere le
stelle che scintillavano con tanta dolcezza.

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