lunedì 30 luglio 2018

CREDO UT INTELLEGAM


« La sapienza tutto conosce e tutto comprende » (Sap 9, 11)


16. Quanto profondo sia il legame tra la conoscenza di fede e quella di ragione è indicato
già nella Sacra Scrittura con spunti di sorprendente chiarezza. Lo documentano
soprattutto i Libri sapienziali. Ciò che colpisce nella lettura, fatta senza preconcetti, di
queste pagine della Scrittura è il fatto che in questi testi venga racchiusa non soltanto la
fede di Israele, ma anche il tesoro di civiltà e di culture ormai scomparse. Quasi per un
disegno particolare, l'Egitto e la Mesopotamia fanno sentire di nuovo la loro voce ed alcuni
tratti comuni delle culture dell'antico Oriente vengono riportati in vita in queste pagine
ricche di intuizioni singolarmente profonde.

Non è un caso che, nel momento in cui l'autore sacro vuole descrivere l'uomo saggio, lo
dipinga come colui che ama e ricerca la verità: « Beato l'uomo che medita sulla sapienza e
ragiona con l'intelligenza, considera nel cuore le sue vie, ne penetra con la mente i segreti.
La insegue come uno che segue una pista, si apposta sui suoi sentieri. Egli spia alle sue
finestre e sta ad ascoltare alla sua porta. Fa sosta vicino alla sua casa e fissa un chiodo
nelle sue pareti; alza la propria tenda presso di essa e si ripara in un rifugio di benessere;
mette i propri figli sotto la sua protezione e sotto i suoi rami soggiorna; da essa sarà
protetto contro il caldo, egli abiterà all'ombra della sua gloria » (Sir 14, 20-27).

Per l'autore ispirato, come si vede, il desiderio di conoscere è una caratteristica che
accomuna tutti gli uomini. Grazie all'intelligenza è data a tutti, sia credenti che non
credenti, la possibilità di « attingere alle acque profonde » della conoscenza (cfr Pro 20,
5). Certo, nell'antico Israele la conoscenza del mondo e dei suoi fenomeni non avveniva
per via di astrazione, come per il filosofo ionico o il saggio egiziano. Ancor meno il buon
israelita concepiva la conoscenza con i parametri propri dell'epoca moderna, tesa
maggiormente alla divisione del sapere. Nonostante questo, il mondo biblico ha fatto
confluire nel grande mare della teoria della conoscenza il suo apporto originale.

Quale? La peculiarità che distingue il testo biblico consiste nella convinzione che esista
una profonda e inscindibile unità tra la conoscenza della ragione e quella della fede. Il
mondo e ciò che accade in esso, come pure la storia e le diverse vicende del popolo, sono
realtà che vengono guardate, analizzate e giudicate con i mezzi propri della ragione, ma
senza che la fede resti estranea a questo processo. Essa non interviene per umiliare
l'autonomia della ragione o per ridurne lo spazio di azione, ma solo per far comprendere
all'uomo che in questi eventi si rende visibile e agisce il Dio di Israele. 

Conoscere a fondo il mondo e gli avvenimenti della storia non è, pertanto, possibile senza confessare al contempo la fede in Dio che in essi opera. 
La fede affina lo sguardo interiore aprendo la mente a scoprire, nel fluire degli eventi, la presenza operante della Provvidenza.
Un'espressione del libro dei Proverbi è significativa in proposito: « La mente dell'uomo
pensa molto alla sua via, ma il Signore dirige i suoi passi » (16, 9). Come dire, l'uomo con
la luce della ragione sa riconoscere la sua strada, ma la può percorrere in maniera
spedita, senza ostacoli e fino alla fine, se con animo retto inserisce la sua ricerca
nell'orizzonte della fede. La ragione e la fede, pertanto, non possono essere separate
senza che venga meno per l'uomo la possibilità di conoscere in modo adeguato se stesso,
il mondo e Dio.


AMDG et DVM

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