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martedì 3 ottobre 2023

PATRONA DI TUTTE LE MISSIONI: S.TERESA DI GESU' BAMBINO


 

Teresa di Gesù Bambino nacque ad Alençon, in Francia da nobili e pii genitori. 

All'età di cinque anni, perduta la madre, si affidò interamente alla provvidenza di Dio sotto la vigilante custodia dell'affettuosissimo padre e delle sorelle maggiori, alla cui scuola Teresa fece grandi progressi nel percorrere la via della perfezione. 

A nove anni venne affidata per l'educazione alle monache benedettine di Lisieux. A dieci anni, tormentata lungamente da una misteriosa e grave malattia, fu miracolosamente liberata con l'aiuto di nostra Signora della Vittoria. Ripiena di angelico fervore, accostandosi alla prima Comunione, parve attingere un desiderio insaziabile di questo cibo celeste. 

Volle entrare nell'Ordine delle Carmelitane Scalze; per mancanza di età incontrò molte difficoltà nell'abbracciare la vita religiosa ma, superatele con fortezza d'animo, [ con l'intervento supremo del Papa Leone XIII] all'età di 15 anni, entrò finalmente nel convento di Lisieux. 

Lì fu ardente di amore verso Dio e verso il prossimo. Seguì, secondo la dottrina del Vangelo, la via dell'infanzia spirituale e la insegnò anche ad altri, specialmente alle novizie. 

Accesa della stessa carità, due anni prima di morire si offrì vittima all'amore di Dio misericordioso. A ventiquattro anni di età, il 30 settembre 1897, se ne volò allo Sposo. Il Sommo Pontefice Pio XI, dopo averla inserita fra le beate vergini e, due anni dopo, nella ricorrenza del gran giubileo, annoverata solennemente fra le sante, la costituì e dichiarò speciale patrona di tutte le Missioni.

℣. E tu, o Signore, abbi pietà di noi.

℟. Grazie a Dio.

Magnificat anima mea Dominum
Quia fecit mihi magna qui potens est...



lunedì 4 marzo 2019

4 MARZO

4  M A R Z O 

NOVENA A SAN FRANCESCO SAVERIO
(dal 4 Marzo al 12 Marzo)

<< O amabilissimo e amatissimo San Francesco Saverio, con te adoro con riverenza la divina Maestà. Mi compiaccio degli specialissimi doni di grazia di cui Dio ti ha favorito durante la tua vita terrena e di quelli di gloria di cui ti ha arricchito dopo la morte e vivamente lo ringrazio. 
Ti supplico con tutto l’affetto del mio cuore di chiedere per me, con la tua efficacissima intercessione, prima di tutto la grazia di vivere e morire santamente. 
Ti supplico inoltre di ottenermi la grazia… Ma se ciò che chiedo non fosse secondo la maggior gloria di Dio ed il maggior bene dell’anima mia, ti prego di supplicare il Signore affinché mi conceda ciò che è più utile all’una e all’altra cosa. Amen. >>

Padre Nostro che sei nei Cieli, sia santificato il tuo nome, venga il tuo regno e sia fatta la tua volontà come in Cielo così in terra. Dacci oggi il nostro pane quotidiano e rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori e non ci indurre in tentazione ma liberaci dal male. 

Ave, o Maria, piena di grazia, il Signore è con Te. Tu sei benedetta fra le donne e benedetto è il frutto del tuo seno, Gesù. Santa Maria, Madre di Dio, prega per noi peccatori, adesso e nell'ora della nostra morte.

Gloria al Padre, al Figlio ed allo Spirito Santo, come era nel principio e ora e sempre nei secoli dei secoli. Amen

Da recitarsi per nove giorni consecutivi


La novena della grazia. 
Si può fare quando si vuole, alcuni usano recitarla anche 9 volte al giorno. 

ORIGINE
* La notte tra il 3 e 4 gennaio 1634 San Francesco Saverio apparve a P. Mastrilli S. che era ammalato. 

Lo guarì istataneamente e gli promise che chi, confessato e comunicato per 9 giorni, dal 4 al 12 marzo (giorno della canonizzazione del Santo), avesse implorato la sua intercessione avrebbe infallibilmente sentito gli effetti della sua protezione. 

Ecco l’origine della novena diffusasi poi in tutto il mondo. Santa Teresa di Gesù Bambino dopo aver fatto la novena (1896), pochi mesi prima di morire, disse: “Ho domandato la grazia di far del bene dopo la mia morte, e adesso sono sicura d’essere stata esaudita, perché per mezzo di questa novena si ottiene tutto ciò che si desidera”.

AMDG et DVM

martedì 2 ottobre 2018

SANTA TERESINA



Santa Teresa di Gesù Bambino (di Lisieux) 
Vergine e dottore della Chiesa
Alençon (Francia), 2 gennaio 1873 - Lisieux, 30 settembre 1897

La Francia dell'Ottocento è il primo paese d'Europa nel quale cominciò a diffondersi la convinzione di poter fare a meno di Dio, di poter vivere come se egli non esistesse. Proprio nel paese d'Oltralpe, tuttavia, alcune figure di santi, come Teresa di Lisieux, ricordarono che il senso della vita è proprio quello di conoscere e amare Dio. Teresa nacque nel 1873 in un ambiente profondamente credente. Di recente anche i suoi genitori sono stati dichiarati beati. Ella ricevette, dunque, una educazione profondamente religiosa che presto la indusse a scegliere la vita religiosa presso il carmelo di Lisieux. Qui ella si affida progressivamente a Dio. Su suggerimento della superiora tiene un diario sul quale annota le tappe della sua vita interiore. Scrive nel 1895: «Il 9 giugno, festa della Santissima Trinità, ho ricevuto la grazia di capire più che mai quanto Gesù desideri essere amato». All'amore di Dio Teresa vuol rispondere con tutte le sue forze e il suo entusiasmo giovanile. Non sa, però, che l'amore la condurrà attraverso la via della privazione e della tenebra. L'anno successivo, il 1896, si manifestano i primi segni della tubercolosi che la porterà alla morte. Ancor più dolorosa è l'esperienza dell'assenza di Dio. Abituata a vivere alla sua presenza, Teresa si trova avvolta in una tenebra in cui Le è impossibile vedere alcun segno soprannaturale. Vi è, però, un'ultima tappa compiuta dalla santa. Ella apprende che a lei, piccola, è affidata la conoscenza della piccola via, la via dell'abbandono alla volontà di Dio. La vita, allora, diviene per Teresa un gioco spensierato perché anche nei momenti di abbandono Dio vigila ed è pronto a prendere tra le sue braccia chi a Lui si affida.
Patronato: Missionari, Francia
Etimologia: Teresa = cacciatrice, dal greco; oppure donna amabile e forte, dal tedesco
Emblema: Giglio, Rosa
Martirologio Romano: Memoria di santa Teresa di Gesù Bambino, vergine e dottore della Chiesa: entrata ancora adolescente nel Carmelo di Lisieux in Francia, divenne per purezza e semplicità di vita maestra di santità in Cristo, insegnando la via dell’infanzia spirituale per giungere alla perfezione cristiana e ponendo ogni mistica sollecitudine al servizio della salvezza delle anime e della crescita della Chiesa. Concluse la sua vita il 30 settembre, all’età di venticinque anni.
(30 settembre: A Lisieux in Francia, anniversario della morte di santa Teresa di Gesù Bambino, la cui memoria si celebra domani). 


Si arrampica a Milano sul Duomo fino alla Madonnina, a Pisa sulla Torre, e a Roma si spinge anche nei posti proibiti del Colosseo. 

La quattordicenne Teresa Martin è la figura più attraente del pellegrinaggio francese, giunto in Roma a fine 1887 per il giubileo sacerdotale di Leone XIII. 

Ma, nell’udienza pontificia a tutto il gruppo, sbigottisce i prelati chiedendo direttamente al Papa di poter entrare in monastero subito, prima dei 18 anni. Cauta è la risposta di Leone XIII; ma dopo quattro mesi Teresa entra nel Carmelo di Lisieux, dove l’hanno preceduta due sue sorelle (e lei non sarà l’ultima). 

I Martin di Alençon: piccola e prospera borghesia del lavoro specializzato. Il padre ha imparato l’orologeria in Svizzera. 


La madre dirige merlettaie che a domicilio fanno i celebri pizzi di Alençon. Conti in ordine, leggendaria puntualità nei pagamenti come alla Messa, stimatissimi. E compatiti per tanti lutti in famiglia: quattro morti tra i nove figli. Poi muore anche la madre, quando Teresa ha soltanto quattro anni. 

In monastero ha preso il nome di suor Teresa di Gesù Bambino e del Volto Santo, ma non trova l’isola di santità che s’aspettava. Tutto puntuale, tutto in ordine. Ma è scadente la sostanza. La superiora non la capisce, qualcuna la maltratta. Lo spirito che lei cercava, proprio non c’è, ma, invece di piangerne l’assenza, Teresa lo fa nascere dentro di sé. E in sé compie la riforma del monastero. Trasforma in stimoli di santificazione maltrattamenti, mediocrità, storture, restituendo gioia in cambio delle offese. 


E’ una mistica che rifiuta il pio isolamento. La fanno soffrire? E lei è quella che "può farvi morir dal ridere durante la ricreazione", come deve ammettere proprio la superiora grintosa. 


Dopodiché, nel 1897 lei è già morta, dopo meno di un decennio di vita religiosa oscurissima. Ma è da morta che diviene protagonista, apostola, missionaria. Sua sorella Paolina (suor Agnese nel Carmelo) le ha chiesto di raccontare le sue esperienze spirituali, che escono in volume col titolo Storia di un’anima nel 1898. 

Così la voce di questa carmelitana morta percorre la Francia e il mondo, colpisce gli intellettuali, suscita anche emozioni e tenerezze popolari che Pio XI corregge raccomandando al vescovo di Bayeux: "Dite e fate dire che si è resa un po’ troppo insipida la spiritualità di Teresa. Com’è maschia e virile, invece! Santa Teresa di Gesù Bambino, di cui tutta la dottrina predica la rinuncia, è un grand’uomo". Ed è lui che la canonizza nel 1925. 

Non solo. Nel 1929, mentre in Urss trionfa Stalin, Pio XI già crea il Collegio Russicum, allo scopo di formare sacerdoti per l’apostolato in Russia, quando le cose cambieranno. Già allora. E come patrona di questa sfida designa appunto lei, suor Teresa di Gesù Bambino.


Autore: 
Domenico Agasso

AMDG et DVM

lunedì 1 ottobre 2018

Quell’avventura, unica nel suo genere, mi fece crescere nella fiducia e nell’amore di Colui che...

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...
231 –Gesù si è compiaciuto di soddisfare anche altri miei desideri d’altro genere, desideri infantili, simili a quello della neve per la mia vestizione. 

Lei sa, Madre cara, quanto io ami i fiori; facendomi prigioniera a quindici anni, rinunciai per sempre alla gioia di correre nelle campagne smaltate dai tesori della primavera; ebbene! mai ho avuto più fiori che da quando sono entrata nel Carmelo. 

È usanza che i fidanzati offrano spesso dei mazzi alle fidanzate; Gesù non lo dimenticò, mi mandò in gran numero mazzi di fiordalisi, margherite, papaveri, ecc. di tutti i fiori che mi piacciono di più.

C’era perfino un fiorellino chiamato la nigella dei grani che non avevo trovato da quando stavamo a Lisieux, desideravo tanto rivederlo, questo fiore della mia infanzia che avevo colto nelle campagne di Alencon; proprio al Carmelo venne a sorridermi e mostrarmi che sia nelle cose piccole come nelle grandi il buon Dio dà il centuplo fin da questa vita alle anime che per amor suo hanno lasciato tutto. 


232 –Ma il più intimo dei miei desideri, il più grande di tutti, che credevo non veder mai attuato, era che la mia Celina entrasse nel nostro stesso Carmelo. Questo sogno mi pareva inverosimile: vivere sotto il medesimo tetto, condividere gioie e dolori della mia compagna d’infanzia; così avevo fatto completamente il mio sacrificio, avevo affidato a Gesù l’avvenire della mia sorella cara, ed ero risoluta a vederla partire verso l’estremità del mondo, se necessario. 

La sola cosa che non potevo accettare, era che lei non fosse la sposa di Gesù, perché l’amavo quanto me stessa, e mi pareva impossibile vederla dare il cuore a un uomo di questa terra. Avevo già sofferto molto sapendola nel mondo, esposta a pericoli che io non avevo conosciuti. 

Posso dire che a datare dal mio ingresso nel Carmelo, il mio affetto per Celina era un amore di madre quanto di sorella. Una volta in cui doveva andare a una festa, ciò mi dispiaceva tanto che supplicai il Signore d’impedirle di ballare, e (contro la mia abitudine) ci feci anche un bel pianto. Gesù si degnò di esaudirmi. Non permise che la sua piccola fidanzata potesse ballare quella sera (nonostante che non fosse impacciata per farlo graziosamente quando ciò era necessario). Essendo stata invitata senza che le fosse possibile rifiutare, il suo cavaliere si trovò nell’incapacità totale di farle fare un passo, con grande sua confusione fu condannato a camminare semplicemente per ricondurla al posto, poi sparì, e non ricomparve più per tutta la serata. 

Quell’avventura, unica nel suo genere, mi fece crescere nella fiducia e nell’amore di Colui che, ponendo il suo segno sulla mia fronte, l’aveva al tempo stesso inciso su quella della mia Celina cara.

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AMDG et DVM

sabato 28 luglio 2018

Una giornata di Cielo!


109 - Un «giorno bello tra tutti» arrivò finalmente. Quali ricordi intraducibili mi hanno lasciato nell'anima i particolari minimi di quella giornata di Cielo! il risveglio gioioso dell'aurora, i baci rispettosi e teneri delle maestre e delle compagne grandi. La stanza piena di fiocchi di neve di cui ciascuna bimba veniva rivestita a turno. Soprattutto l'entrata nella cappella e il canto mattinale dell'inno tanto bello «O santo Altare che gli Angeli circondano!». 

Ma non voglio entrare nei particolari, ci sono cose che perdono il loro profumo appena esposte all'aria, ci sono pensteri dell'anima che non si possono tradurre in linguaggio terreno senza perdere il loro senso intimo e celeste; sono come quella “Pietra bianca che sara data al vincitore, e sulla quale è scritto un nome che nessuno conosce se non colui che la riceve”. Ah, come fu dolce il primo bacio di Gesù all'anima mia! Fu un bacio d'amore, mi sentivo amata, e dicevo anche: «Vi amo, mi do a Voi per sempre». 

Non ci furono domande, non lotte, non sacrifici; da lungo tempo Gesù e la povera piccola Teresa si erano guardati e si erano capiti... Quel giorno non era più uno sguardo, ma una fusione, non erano più due, Teresa era scomparsa come la goccia d'acqua nell'oceano. Gesù restava solo, era il padrone, il re. Teresa gli aveva pur chiesto di toglierle la libertà, perché la libertà le faceva paura, lei si sentiva così debole, così fragile, che voleva unirsi per sempre alla Forza divina! La sua gioia era troppo grande, troppo profonda perché lei potesse contenerla, lacrime deliziose la inondarono ben presto, con grande stupore delle compagne le quali più tardi dicevano una all'altra: «Perché ha pianto? Aveva qualche cosa che le dispiaceva?». - «No, era piuttosto per non avere la Mamma con sé, o la sorella che lei ama tanto e che è carmelitana». 
Non capivano che tutta la gioia del Cielo venendo in un cuore, questo cuore esiliato non poteva sopportarla senza spargere lacrime. Oh no, l'assenza di Mamma non mi dava dolore nel giorno della prima Comunione, non c'era forse il Cielo nell'anima mia? E Mamma non aveva lì il suo posto da gran tempo? Non piangevo l'assenza di Paolina: senza dubbio sarei stata felice di vedermela accanto, ma da lungo tempo il mio sacrificio era accettato; in quel giorno, soltanto la gioia mi empiva il cuore, io mi univo a colei che si dava irrevocabilmente a Gesù: e Gesù si dava a me con tanto amore! 
https://www.monasterovirtuale.it/servizi/download/classici/34-s-teresa-di-lisieux-storia-di-un-anima-1/file.html
AMDG et DVM

martedì 24 luglio 2018

LORETO MI RAPI'!



<<166 - Dopo Venezia andammo a Padova, venerammo la lingua di sant'Antonio, poi a Bologna, e vedemmo santa Caterina che conserva l'impronta del bacio di Gesù Bambino. Quanti particolari interessanti potrei dare su ciascuna città e riguardo a mille circostanze minute del nostro viaggio! Ma non finirei più, e perciò scriverò soltanto i punti salienti. 

Con gioia lasciai Bologna, la quale mi era diventata insopportabile a causa degli studenti di cui è piena e che formavano siepe quando avevamo la sventura di uscire a piedi; e a causa soprattutto del piccolo incidente avuto con uno di essi, fui felice di prendere la via di Loreto. 

Non sono sorpresa che la Vergine Santa abbia scelto quel luogo per trapiantarvi la sua casa benedetta; la pace, la gioia, la povertà vi regnano sovrane; tutto è semplice e primitivo, le donne hanno conservato il loro garbato costume italiano e non hanno, come quelle di altre città, adottato la moda di Parigi; insomma, Loreto mi rapì! 



167 - Che dirò della santa Casa? La mia emozione era profonda mentre mi trovavo sotto il tetto medesimo della sacra Famiglia, contemplando i muri sui quali Gesù aveva posati i suoi sguardi divini, mentre camminavo sulla terra che san Giuseppe aveva bagnato col suo sudore, ove Maria aveva portato Gesù tra le braccia dopo averlo portato nel suo seno virginale. Ho visto la cameretta ove l'angelo discese presso la Vergine Santa... Ho deposto il mio rosario nella scodella di Gesù Bambino... 
Come sono incantevoli questi ricordi! 
Ma la nostra consolazione più grande fu ricevere Gesù stesso nella sua casa ed essere il tempio vivo di lui nel luogo che egli aveva onorato con la sua presenza. Secondo un'usanza italiana, il ciborio si conserva in ciascuna chiesa sopra un altare solo, e li soltanto si può ricevere la Comunione; quell'altare era nella basilica stessa ove si trova la santa Casa, racchiusa come un diamante prezioso in uno scrigno di marmo bianco. Ciò non bastò per la nostra felicità. Noi volevamo ricevere la Comunione nel diamante stesso e non già nello scrigno.. Papà, con la sua consueta dolcezza fece come gli altri, ma Celina e io andammo a trovare un sacerdote che ci accompagnava dovunque e che proprio allora si preparava a celebrare la Messa nella Santa Casa, per un privilegio speciale. 
Chiese due piccole ostie che depose sulla patena con la sua grande ostia, e lei capisce, Madre mia cara, quale fu il nostro rapimento di far tutte e due la santa Comunione in quella Casa benedetta! Fu una felicità celestiale che le parole non possono tradurre. Che sarà dunque quando riceveremo la Comunione nella dimora eterna del Re dei Cieli? 

Allora non vedremo più finire la gioia nostra, non ci sarà più la tristezza della partenza, e per portare via un ricordo non sarà necessario grattare furtivamente i muri santificati dalla presenza divina, poiché la casa sua sarà nostra per l'eternità. Egli non vuole darci la casa terrena, si contenta di mostrarcela per farci amare la povertà e la vita nascosta; quella che ci riserva è il suo Palazzo di gloria ove non lo vedremo più nascosto sotto l'apparenza di un bambino o di una ostia bianca, ma tale quale è, nel suo splendore infinito >>

venerdì 13 luglio 2018

Tre scene. D'altri tempi?



61 - Ma torno alla Domenica. Quella giornata gioiosa che passava tanto rapida aveva pur la sua
velatura di malinconia. Mi ricordo che la mia felicità era senza mescolanze fino a Compieta;
durante quell'ufficio, pensavo che il giorno del riposo stava per finire, che l'indomani bisognava
ricominciare la vita, lavorare, imparare, e il cuore sentiva l'esilio della terra, sospiravo pensando al
riposo eterno del Cielo, la Domenica senza tramonto nella Patria… Persino le passeggiate che
facevamo prima di rientrare ai Buissonnets, mi lasciavano un senso di tristezza nell'anima; allora la
famiglia non era più completa, giacché, volendo fare piacere allo zio, Papà gli concedeva Maria o
Paolina per la serata di domenica; ero ben contenta quando rimanevo anch'io. Anzi, preferivo così
piuttosto che essere invitata sola, perché facevano meno attenzione a me. Il piacere più grande per
me consisteva nell'ascoltare tutto ciò che lo zio diceva, ma non mi andava a genio che egli mi
facesse delle domande, ed avevo paura quando mi faceva far cavallucdo e intonava Barba Blu con
una voce formidabile. Con piacere vedevo Papà che ci veniva a prendere.


62 - Sulla via del ritorno, guardavo le stelle che scintillavano dolcemente, e quella vista mi rapiva.
Soprattutto un grappolo di perle d'oro che distinguevo con gioia, mi pareva che avesse la forma di
una T , lo facevo vedere a Papà e gli dicevo che il nome mio era scritto in cielo, e poi, non volendo
più scorgere nulla della brutta terra, gli chiedevo che mi conducesse; allora, senza guardare dove
mettevo i piedi, abbandonavo il viso proprio verso l'alto, senza stancarmi di contemplare il
firmamento.


63 - Che potrò dire delle veglie d'inverno, soprattutto di quelle domenicali? Com'era dolce per me,
dopo la partita a lama, stare seduta con Celina sulle ginocchia di Papà. Con la sua bella voce
cantava delle arie che empivano l'anima di pensieri profondi, oppure, cullandoci dolcemente, diceva
delle poesie improntate di verità eterne. Dopo, salivamo per fare la preghiera in comune, e la
minuscola regina era sola accanto al suo re: non aveva che da guardarlo per sapere come pregano i
santi... Finalmente sfilavamo tutte, per ordine di età, a dare la buona notte a Papà e a ricevere un
bacio; la regina veniva, naturalmente, per ultima, il re, per abbracciarla, la prendeva per i gomiti, e
lei diceva a tutto fiato: «Buona notte, Papà, buona notte, dormi bene!»... Tutte le sere le stesse
parole. Finalmente la Mammina mia mi prendeva tra le braccia e mi portava nel letto di Celina,
allora dicevo: «Paolina, sono stata proprio buona, oggi? Gli angiolini mi voleranno intorno
stanotte?». La risposta era sempre: «sì», altrimenti avrei passato la notte intera a piangere. Dopo
avermi abbracciata - e così faceva anche la cara mia Madrina - Paolina discendeva, e la povera
Teresa restava sola nel buio; aveva un bel raffigurarsi gli angiolini che le volavano intorno, ben
presto lo sgomento la invadeva, le tenebre la impaurivano, perché dal letto non riusciva a vedere le
stelle che scintillavano con tanta dolcezza.

mercoledì 11 luglio 2018

Infanzia radiosa di ... un fiorellino bianco


INFANZIA RADIOSA AD ALENCON (1873-1877)


Preambolo - Dolce clima domestico - Temperamento felice - L'inseparabile Celina - Gesto
rivelatore - Diavoletti in sogno - In sintonia con la natura.

J.M.J.T. Gesù+ Gennaio 1895

STORIA PRIMAVERILE DI UN FIORELLINO BIANCO SCRITTA DA LUI STESSO E
DEDICATA ALLA REVERENDA MADRE AGNESE DI GESÙ.

1 - A lei, Madre mia cara, a lei che mi è due volte madre confido la storia dell'anima mia... Quando
lei mi chiese di farlo, pensai: il cuore si dissiperà, occupandosi di se stesso; ma poi Gesù mi ha fatto
sentire che, obbedendo con semplicità, avrei fatto piacere a lui; del resto, faccio una cosa sola:
comincio a cantare quello che debbo ripetere eternamente: “Le misericordie del Signore!”.

2 - Prima di prendere la penna, mi sono inginocchiata davanti alla statua di Maria (quella che ci ha
offerto tante prove delle materne premure da parte della Regina del Cielo verso la nostra famiglia),
l'ho supplicata che mi guidi la mano: nemmeno un rigo voglio scrivere che non piaccia a lei! Poi ho
aperto il Vangelo, e lo sguardo è caduto su alcune parole: «Gesù salì sopra una montagna, e chiamò
a sé quelli che volle: e andarono a lui» (s. Marco, cap. III, v. 13).

3 - Questo, proprio questo il mistero della mia vocazione, della mia vita tutta, e in particolare il
mistero dei privilegi di Gesù sull'anima mia. Gesù non chiama quelli che sono degni, bensì chi
vuole lui, o, come dice san Paolo: «Dio ha pietà di chi vuole lui, ed usa misericordia a chi vuole lui.
Non è dunque opera di chi voglia né di chi corra, bensì di Dio che usa misericordia» (Ep. ai Rom.,
cap. IX, vv. 15-16).

4 - Per tanto tempo mi sono chiesta perché Dio abbia delle preferenze, perché tutte le anime non
ricevano grazie in grado uguale, mi meravigliavo perché prodiga favori straordinari a Santi che
l'hanno offeso, come san Paolo, sant'Agostino, e perché, direi quasi, li costringe a ricevere il suo
dono; poi, quando leggevo la vita dei Santi che Nostro Signore ha carezzati dalla culla alla tomba,
senza lasciare sul loro cammino un solo ostacolo che impedisse di elevarsi a lui, e prevenendo le
loro anime con tali favori da rendere quasi impossibile che esse macchiassero lo splendore
immacolato della loro veste battesimale, mi domandavo: perché i poveri selvaggi, per esempio,
muoiono tanti e tanti ancor prima di avere inteso pronunciare il nome di Dio?

5 - Ma Gesù mi ha istruita riguardo a questo mistero. Mi ha messo dinanzi agli occhi il libro della
natura, ed ho capito che tutti i fiori della creazione sono belli, le rose magnifiche e i gigli
bianchissimi non rubano il profumo alla viola, o la semplicità incantevole alla pratolina... Se tutti i
fiori piccini volessero essere rose, la natura perderebbe la sua veste di primavera, i campi non
sarebbero più smaltati di infiorescenze. Così è nel mondo delle anime, che è il giardino di Gesù. Dio
ha voluto creare i grandi Santi, che possono essere paragonati ai gigli ed alle rose; ma ne ha creati
anche di più piccoli, e questi si debbono contentare d'essere margherite o violette, destinate a
rallegrar lo sguardo del Signore quand'egli si degna d'abbassarlo. La perfezione consiste nel fare la
sua volontà, nell'essere come vuole lui.

6 - Ho capito anche un'altra cosa: l'amore di Nostro Signore si rivela altrettanto bene nell'anima più
semplice la quale non resista affatto alla grazia, quanto nell'anima più sublime; in realtà, è proprio
dell'amore umiliarsi, e se tutte le anime somigliassero ai santi Dottori, i quali hanno rischiarato la
Chiesa con i lumi della loro dottrina, parrebbe che Dio misericordioso non discendesse abbastanza
per raggiungerli; ma egli ha creato il bimbo il quale non sa nulla e si esprime soltanto con strilletti
deboli deboli; ha creato il selvaggio il quale, nella sua totale miseria, possiede soltanto la legge
naturale per regolarsi; e Dio si abbassa fino a loro! Anzi, sono questi i fiori selvatici che lo
rapiscono perché sono tanto semplici.

7 - Abbassandosi fino a questo punto, Dio si mostra infinitamente grande. Allo stesso modo in cui il
sole illumina i grandi cedri ed i fiorucci da niente come se ciascuno fosse unico al mondo, così
Nostro Signore si occupa di ciascuna anima con tanto amore, quasi fosse la sola ad esistere; e come
nella natura le stagioni tutte sono regolate in modo da far sbocciare nel giorno stabilito la pratolina
più umile, così tutto risponde al bene di ciascun'anima.

8 - Certamente, Madre cara, lei si domanda dove io voglia arrivare, perché finora non ho detto
parola che somigli alla storia della mia vita, ma lei mi ha chiesto di scrivere liberamente quello che
mi viene al pensiero, perciò io non racconterò la mia vita vera e propria, bensì i miei pensieri
riguardo alle grazie che Dio mi ha concesse. Mi trovo a un punto della mia esistenza dal quale
posso guardare il passato; l'anima mia si è maturata tra prove esterne e interne, ora, come un boccio
rafforzato dalla tempesta, mi risollevo, e vedo che in me si verificano le parole del Salmo XXII «il
Signore è il mio Pastore, nulla mi può mancare. Mi fa riposare nelle pasture fresche e ricche. Mi
guida dolcemente lungo il fiume. Conduce l'anima mia senza stancarla... E quand'anche scenderò
nella valle ombrosa della morte, non temerò danno, perché tu sarai con me, Signore!».

9 - Sempre il Signore è stato pieno di compassione per me, e di dolcezza... Lento a punire e
abbondante in misericordie! (Salmo CII, v. 8). Così, Madre mia, sono felice di cantare vicino a lei la
misericordia del Signore. Per lei sola scriverò la storia del fiore umile colto da Gesù, e parlerò
abbandonandomi, senza preoccuparmi dello stile, o delle tante digressioni che farò. Un cuore di
mamma capisce sempre il suo bimbo, anche se questo balbetta soltanto, e perciò sono sicura di
essere capita, indovinata da lei: è lei che mi ha formato il cuore, e l'ha offerto a Gesù!

10 - Mi pare che, se un fiorellino potesse parlare, direbbe, con gran semplicità, ciò che il Signore ha
fatto per lui e non cercherebbe di nascondere i benefici divini. Per falsa modestia, non direbbe:
«Sono sgraziato, non ho profumo, il sole ha portato via il mio splendore, la bufera ha infranto il mio
stelo» quando riconoscesse in sé tutto il contrario.

11 - Il fiore che racconta qui la sua storia si rallegra perché farà conoscere le premure tutte gratuite
di Gesù; non ha niente lui - e lo sa bene - che possa attrarre lo sguardo di Dio, ed anche sa che la
sola misericordia divina ha fatto tutto il buono esistente in lui. L'ha fatto nascere in una terra santa,
e quasi permeata da un profumo verginale. L'ha fatto precedere da otto gigli sfolgoranti di candore.
Nel suo amore, ha voluto preservare il fiore umile dal soffio velenoso del mondo; stavano appena
per aprirsi i petali, e il Salvatore l'ha trapiantato sulla montagna del Carmelo, ove già olezzavano
due gigli: proprio quei due che l'avevano avvolto e cullato dolcemente al suo primo germogliare…
Sette anni sono trascorsi da quando il fiore si è radicato nel giardino dello Sposo dei vergini, ed ora
vicine a lui ondulano tre corolle fragranti; non lontano, un'altra si apre allo sguardo di Gesù, ed i
due steli benedetti che le hanno prodotte sono riuniti per sempre nella Patria divina. Là hanno
ritrovato i quattro gigli che la terra non ha visti fiorire. Oh, che Gesù voglia non lasciare a lungo
sulla riva straniera coloro che sono rimaste nell'esilio: che ben presto tutto il cespo bianco sia
completo nel Cielo!

12 - Madre mia, ho riassunto in poche parole ciò che il Signore ha fatto per me, ora mi addentrerò
nella mia vita di bimba; so che là, dove chiunque altro non vedrebbe se non una tiritera noiosa, il
suo cuore di mamma troverà un fascino. E poi, i ricordi che evocherò sono anche i suoi, perché
l'infanzia mia è trascorsa vicina a lei, ed io ho la fortuna d'appartenere ai genitori ineguagliabili i
quali ci hanno avviluppate delle stesse premure e di uguale tenerezza. Benedicano essi la minima
delle loro figlie e l'aiutino a cantare le misericordie di Dio!

13 - Nella storia dell'anima mia fino a quando sono entrata nel Carmelo, distinguo nettamente tre
periodi: il primo, nonostante la brevità, non è il meno fecondo di ricordi: dall'iniziale destarsi della
mia mente al transito della nostra Mamma amata.

14 - Per tutta la mia vita è piaciuto a Dio circondarmi d'amore, i primi ricordi sono sorrisi e carezze
tenerissime: ma, se egli mi aveva messo intorno tanto amore, me ne aveva posto anche nel cuore,
creandolo amante e sensibile; così amavo grandemente Papà e Mamma e dimostravo il mio affetto
in mille modi, perché ero molto espansiva. Soltanto i mezzi che usavo erano talvolta strani, come lo
prova questo passo di una lettera di Mamma: «La piccina è un furicchio impagabile, mi ha carezzata
augurandomi la morte: "Oh, come vorrei che tu morissi, povera Mammina mia!..."; la rimbrottano e
lei mi fa: "Ma è perché tu possa andare in Cielo, giacché tu dici che bisogna morire per andarci!". E
in modo simile augura la morte al Babbo, quand'è nei suoi trasporti d'amore».

15 - Il 25 giugno 1874, avevo appena diciotto mesi, ecco ciò che Mamma diceva di me: «Papà ha
installato un'altalena, Celina è felice a più non posso, ma bisogna vedere la piccina quando si
dondola: è buffissima, si regge come una bimba grande, non c'è pericolo che lasci la corda, poi
quando non va abbastanza forte, grida. L'attacchiamo davanti con un'altra corda e, nonostante
questo, non sono tranquilla quando la vedo issata lì sopra.

16 - M'è accaduta un'avventura curiosa ultimamente con la piccina. Ho l'abitudine di andare alla
Messa delle cinque e mezzo, nei primi giorni non osavo lasciarla, ma vedendo che non si svegliava
mai, ho finito per decidermi. La metto nel letto mio, e accosto la culla in modo che lei non possa
cadere. Un giorno dimentico di avvicinare la culla. Ritorno, la piccina non c’è più: nello stesso
attimo odo uno strilletto, guardo, la vedo seduta sopra una seggiola accanto al letto, con la testina
appoggiata al traversino, e dormiva agitata per la posizione scomoda. Non ho ancora capito come
abbia potuto cadere seduta su una seggiola, dal momento che era distesa. Ho ringraziato Iddio che
non le sia capitato nulla, è un fatto provvidenziale davvero, avrebbe dovuto ruzzolare per terra, il
suo Angelo ha vegliato, e le anime del purgatorio, che invoco per lei tutti i giorni, l'hanno protetta:
io lo accomodo così, questo fatto... Voi accomodatelo come vi pare!...».

17 - Alla fine della lettera, Mamma aggiungeva: «Ecco la piccina, che mi mette le manotte su' viso
e mi abbraccia. Povera bimba, non mi vuole lasciare, sta sempre con me; le piace tanto andare in
giardino, ma se non ci vado anch'io, non ci rimane, e piange fino a quando me la riportano». Ecco
un altro tratto di un'altra lettera: «L’altro giorno Teresa mi domanda se andrà in Cielo: le dico di si,
se è proprio buona; mi risponde: "Sì, ma se non fossi proprio buona buona, andrei all'inferno... ma
io lo so cosa farei: scapperei su con te, che saresti in Cielo, come farebbe il buon Dio per
prendermi? Tu mi reggeresti forte tra le braccia...". Ho letto nei suoi occhi: è convinta che il buon
Dio non le può fare nulla se è tra le braccia della Mamma».

https://www.monasterovirtuale.it/servizi/download/classici/34-s-teresa-di-lisieux-storia-di-un-anima-1/file.html
AMDG et DVM

martedì 3 ottobre 2017

Tutta la somma della cristiana sapienza, o dilettissimi, consiste non nella facondia del dire, non nell'accortezza del disputare, non nella bramosia della lode e della gloria, ma nella vera e volontaria umiltà, che il Signore Gesù Cristo e scelse ed insegnò con ogni forza dal seno della Madre fino al supplizio della Croce. (san Leone Papa)



Lettura 4

Teresa del Bambino Gesù, nacque ad Alençon, in Francia, da onorati genitori, ragguardevoli per singolare e costante pietà verso Dio. Fin dalla prima età prevenuta dal divino Spirito, bramava di farsi religiosa. E seriamente promise, ch'ella non avrebbe negato a Dio niente di ciò ch'egli stesso le fosse sembrato domandare: promessa che cercò di osservare fedelmente fino alla morte. All'età di cinque anni, perduta la madre, si affidò interamente alla provvidenza di Dio sotto la vigilante custodia del padre amantissimo, e delle sorelle maggiori; alla cui scuola, Teresa esultò come un gigante nel percorrere la via della perfezione. A nove anni viene affidata in educazione alle monache Benedettine di Lisieux, dove fu vista distinguersi nella scienza delle cose divine. A dieci anni, la tormentò lungamente una misteriosa e grave malattia, da cui fu miracolosamente liberata coll'aiuto, come narra ella stessa, della beatissima Vergine, che le apparve sorridente, e che si studiò d'invocare con una novena sotto il titolo di nostra Signora della Vittoria. Allora, ripiena d'angelico fervore, cercò di prepararsi con somma diligenza al sacro convito in cui si riceve Cristo.



Lettura 5

Come gustò il pane eucaristico, parve che attingesse una fame insaziabile di questo cibo celeste; onde, come ispirata, pregava Gesù, che le cambiasse in amarezza ogni mondana consolazione. Perciò accesa di amore verso il tenerissimo Cristo Signore e verso la Chiesa, nulla ebbe più a cuore, che di entrare nell'ordine delle Carmelitane  Scalze, affinché coll'annegazione di sé, e co' suoi sacrifici potesse venire in aiuto dei sacerdoti, dei missionari e di tutta la Chiesa, e guadagnare a Gesù Cristo innumerevoli anime: cosa che, già prossima a morire, promise di fare presso Dio. Per mancanza di età, incontrò molte difficoltà nell'abbracciare la vita religiosa, ma superatele con incredibile fortezza d'animo, all'età di quindici anni, entrò felicemente nel Convento di Lisieux. Là Dio dispose ammirabili ascensioni nel cuore di Teresa, che, imitata la vita nascosta della Vergine Maria, come orto irrigato, germogliò fiori di ogni virtù, e specialmente di esimia carità verso Dio e verso il prossimo.



Lettura 6

Per piacere sempre più all'Altissimo, avendo letto nelle Sacre Scritture quel monito: «Chi è piccolo venga a me» Prov. 9,4, volle essere piccola di spirito, onde si abbandonò per sempre con figliale fiducia a Dio, come a Padre amantissimo. Ella insegnò agli altri questa via dell'infanzia spirituale, secondo la dottrina del Vangelo, specialmente alle novizie, che per obbedienza aveva accettato a formare all'amore delle virtù religiose, e così ripiena di zelo apostolico, mostrò al mondo, gonfio di superbia e amante delle vanità, la via della semplicità evangelica. Ma lo Sposo Gesù l'accese del desiderio di soffrire internamente così nell'anima come nel corpo. Inoltre osservando che la carità di Dio era affatto trascurata, presa da grandissimo dolore, due anni prima di morire, si offrì vittima all'amore di Dio misericordioso. Allora, come racconta ella medesima, fu ferita dalla fiamma del fuoco celeste: onde, consunta dalla carità, rapita in estasi, ripetendo ferventissimamente: Dio mio, ti amo; nel ventiquattresimo anno di età, il 30 Settembre del 1897 se ne volò allo Sposo. E quello che aveva promesso morendo, che avrebbe mandato sulla terra una pioggia perenne di rose, ricevuta in cielo, lo adempì realmente con innumerevoli miracoli e lo adempie continuamente. Il Sommo Pontefice Pio XI dopo averla ascritta fra i Beali e, dopo due anni, nella ricorrenza del gran giubileo, annoveratala fra le Sante, la stabilì e dichiarò speciale Patrona di tutte le Missioni.
V. E tu, o Signore, abbi pietà di noi.
R. Grazie a Dio.


*

Lettura 7

Lettura del santo Vangelo secondo Matteo
Matt 18:1-4
In quell'occasione: S'accostarono a Gesù i discepoli e gli dissero: Chi è, secondo te, il più grande nel regno dei cieli? Eccetera.



Omelia di san Leone Papa
Sermone 37, sulla festa dell'Epifania 7, cap. 3,4
Tutta la somma della cristiana sapienza, o dilettissimi, consiste non nella facondia del dire, non nell'accortezza del disputare, non nella bramosia della lode e della gloria, ma nella vera e volontaria umiltà, che il Signore Gesù Cristo e scelse ed insegnò con ogni forza dal seno della Madre fino al supplizio della Croce. Infatti allorquando i suoi discepoli, come dice l'Evangelista, disputavano chi di loro sarebbe il più grande nel regno dei cieli, egli chiamato un bambino, lo pose in mezzo a loro, e disse: «In verità vi dico, che se non vi cambierete e non diventerete come bambini, non entrerete nel regno dei cieli. Chi dunque si farà umile come questo piccino, lui sarà il più grande nel regno dei cieli» Matth. 18,1. Cristo ama l'infanzia, ch'egli per il primo prese e coll'anima e col corpo. Cristo ama l'infanzia, maestra dell'umiltà, regola dell'innocenza, modello della mitezza. Cristo ama l'infanzia, a cui indirizza costumi dei più grandi, a cui riduce l'età dei vecchi; e spinge al suo esempio quelli che sublima al regno eterno.



Lettura 8

Affinché poi riusciamo a conoscere pienamente come si possa apprendere sì mirabile cambiamento e con quale mutazione noi si debba ritornare all'età infantile, ci istruisca il beato Paolo con dire: «Non vogliate diventare bambini nell'intelligenza, ma siate bambini nella malizia» 1Cor. 14,20. Non dunque ai giuochi e alle cose imperfette della prima infanzia dobbiamo noi tornare, ma prendere da essa qualche cosa che convenga anche agli anni maturi, in guisa che il passaggio del turbamento sia veloce, e pronto il ritorno alla pace: nessun ricordo ci sia dell'offesa, nessuna cupidigia di dignità; ci sia l'amore della carità fraterna, l'eguaglianza naturale. Infatti è gran cosa non sapere di nuocere e non conoscere malignità: poiché fare e rendere ingiuria, è la sapienza di questo mondo; ma non rendere ad alcuno male per male, è l'infanzia della cristiana bontà d'animo.



Lettura 9

A questa rassomiglianza dei piccini vi invita, o dilettissimi, il mistero della festa odierna; e questo modello di umiltà vi insinua il bambino Salvatore adorato dai Magi: il quale, per mostrare qual gloria prepara al suoi imitatori, consacrò col martirio i bambini del tempo della sua nascita; cosicché generati a Betlemme, dove nacque Cristo, colla comunanza dell'età andasse congiunta anche quella della passione. Si ami dunque l'umiltà, e si eviti dai fedeli ogni superbia. L'uno a sé preferisca l'altro e nessuno cerchi quel ch'è suo, sibbene quello dell'altro; cosicché abbondano in tutto l'affetto della benevolenza, in nessuno si trovi il veleno dell'invidia: poiché «chi si esalta sarà umiliato, e chi si umilia sarà esaltato» Matth. 23,12, secondo che attesta lo stesso Signore nostro Gesù Cristo, che col Padre e collo Spirito Santo vive e regna Dio per i secoli dei secoli. Così sia.
V. E tu, o Signore, abbi pietà di noi.
R. Grazie a Dio.

Orazione 
V. O Signore, esaudisci la mia preghiera.
R. E il mio grido giunga fino a Te. 
Preghiamo
Signore, che hai detto: Se non diventerete come bambini, non entrerete nel regno dei cieli: dacci, te ne preghiamo, di seguire nell'umiltà e semplicità di cuore le orme della Vergine santa Teresa in tal maniera, che conseguiamo le eterne ricompense: 
Tu che sei Dio, e vivi e regni con Dio Padre in unità con lo Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli.
R. Amen

giovedì 22 dicembre 2016

Il Natale delle due Terese

Il Natale delle due Terese

sante-terese
(di Cristiana de Magistris) Non vi è cosa che riesca più difficile all’uomo moderno, il cosiddetto cattolico “adulto”, quanto esercitarsi nelle piccole virtù, nel silenzio e lontano dagli sguardi umani, avendo per testimone Dio solo. Non senza ragione il Signore volle darci il Suo esempio affinché più facilmente potessimo seguire questa via. Ecco perché è necessario tenere i nostri occhi per tutta la vita fissi sugli “abbassamenti di Betlemme”.
A questa scuola fu istruita la grande riformatrice del Carmelo, S. Teresa d’Avila, e ad essa volle che attingessero i figli e le figlie del Carmelo. Si racconta nella vita della Santa che un giorno, nel monastero dell’Incarnazione di Avila, mentre stava scendendo le scale, incontrò un bel bambino che le sorrideva. La Santa, sorpresa di vedere un bambino all’interno della clausura del Monastero, gli chiese: “E tu chi sei?”. Ma il bambino rispose con un’altra domanda: «E tu chi sei?». La Santa replicò: «Io sono Teresa di Gesù». Il Bambino, con un sorriso ampio e luminoso, le disse: «Io sono Gesù di Teresa».
A questo emblematico episodio si può far risalire la speciale devozione che la grande Riformatrice del Carmelo ebbe per l’Infanzia del Signore. In tutte le sue fondazioni non mancarono mai le statue di Gesù Bambino, delle quali la Santa ere particolarmente devota. Si tramanda che ne avesse diverse. Aveva, per esempio, un Bambino al quale ricorreva quando desiderava che piovesse o non piovesse; un altro a cui si rivolgeva quando doveva pagare dei debiti e non sapeva come pagarli, e così via.
Ognuno dei “suoi” Bambini aveva il suo compito! Voleva, inoltre, che le austerità del Carmelo durante il tempo natalizio fossero temperate e rallegrate con canti di esultanza e pie ricreazioni. Non solo. Per accrescere la gioia spirituale delle monache, la Santa soleva comporre versi da cantare portando in processione le statue della Madonna e di S. Giuseppe attraverso il Monastero. Una volta insegnò alle monache più anziane a cantare il ritornello di un canto da lei composto che diceva: Destatevi, Sorelle mie! Ecco viene la Vergine, che ha dato alla luce il suo Figlio e suo Dio. Piena di devozione e di gioia, la Santa chiedeva alle suore di dare ospitalità al Divin Bambino, alla Sua Santa Madre e al suo sposo S. Giuseppe, di cui era particolarmente devota.
La devozione della Santa al Divin Infante fu anche testimoniata da un miracolo, avvenuto nel Carmelo di Toledo, dove la statua del Piccolo Gesù – portata dalla Santa stessa in occasione della fondazione di quel Monastero nel 1569 – pianse quando la grande Riformatrice doveva lasciare il Monastero.
Così è scritto nel museo del convento che custodisce questo tesoro: «Il giorno 8 giugno 1580, Santa Teresa si congedava dalle sue religiose di Toledo per recarsi a Segovia. Il cuore naturalmente affettuoso della Santa soffriva molto in questi congedi, soprattutto quando pensava che non avrebbe rivisto le sue figlie. Quella volta né lei né le sue amate religiose si sbagliavano, perché tutte presentivano che la Madre era giunta al termine del suo viaggio terreno. Secondo una pia tradizione, perfino un’immagine del Bambino Gesù si associò al dolore delle monache, versando lacrime quando la Santa abbandonò il suo amato convento di Toledo. Da allora questa immagine viene chiamata con il soprannome affettuoso di ‘Niño Lloroncito’».
La devozione alla santa Infanzia si radica, dunque, nell’esperienza mistica della Riformatrice spagnola. Passando attraverso le figure di altre illustri figlie del Carmelo, come la Venerabile Margherita del SS. Sacramento (1619-1648), del Carmelo di Beaune, e Suor Maria di S. Pietro (1816-1848), del Carmelo di Tours, che contribuirono a sviluppare e diffondere tale devozione, essa approda infine al piccolo Fiore di Lisieux, S. Teresina, destinata dalla Provvidenza ad essere la Maestra della “Piccola Via”, sulle orme del Bambino di Betlemme. 
L’ascesa verso il monte della perfezione iniziò per la piccola Teresa in tenera età. Ma fu nel Natale del 1886 che, accogliendo nel suo cuore il Dio fattosi uomo, questa tenera fanciulla, che, come scrisse ella stessa, piangeva per dei nonnulla, sperimentò un radicale “cambiamento” della sua vita o, piuttosto, quella che definì la sua «completa conversione». «In un istante – scrisse – l’opera che non ero riuscita a fare in 10 anni, Gesù la fece accontentandosi della mia buona volontà».
Era la notte di Natale. Dopo la Messa di mezzanotte, nella quale aveva “avuto la felicità di ricevere il Dio forte e potente”, «Gesù, il Bambino piccolo e dolce, trasformò la notte dell’anima mia in torrenti di luce». Ripensando a quel momento, Teresa scrisse: «In quella notte nella quale Gesù si fece debole e sofferente per mio amore, Egli mi rese forte e coraggiosa».
Da quella notte Teresa camminò nella via del Signore con più lena e si sentì più sicura. «Dopo quella notte benedetta – ricorda –, non sono stata vinta in nessuna battaglia, ma ho camminato di vittoria in vittoria e ho iniziato, per così dire, una corsa da gigante».
Ogni anno festeggiava con la più grande devozione il 25 marzo – racconta la sorella Celina – perché, diceva, «questo è il giorno, nel quale Gesù, nel seno di Maria, è stato il più piccolo». Ma amava in modo del tutto particolare il mistero del presepe. È qui che il Bambino Gesù le rivelò tutti i suoi segreti sulla semplicità e sull’abbandono. Su immaginette natalizie che lei stessa dipingeva, scriveva con passione questa frase di san Bernardo: «Gesù, chi ti ha fatto così piccolo? L’amore!».
Il suo nome, Teresa del Bambino Gesù, che scelse fin dall’età di nove anni, resterà il suo costante programma di vita a cui si sforzò di restare fedele fino all’epilogo della sua breve vita. Più tardi, sotto un’immagine di Gesù Bambino scriverà questa frase: «O piccolo Bambino, mio unico tesoro, mi abbandono ai tuoi divini capricci, non voglio avere altra gioia che quella di farti sorridere. Imprimi in me le tue grazie e le tue virtù infantili, affinché il giorno della mia nascita al Cielo, gli angeli e i santi riconoscano nella tua piccola sposa: Teresa del Bambin Gesù».
È dal Bambino di Betlemme che la piccola Teresa attinse lo spirito d’infanzia, che era per lei soprattutto spirito d’umiltà e di piccolezza. Non perdeva occasione nella sua vita quotidiana al Carmelo per esercitarsi in questa “piccola via” e per istruirvi le altre.
Ecco come la sorella Celina sintetizza questa “via diretta per il Cielo”. Poiché la Santa si sentiva incapace di percorrere il duro cammino della perfezione, si sforzò di diventare sempre più piccola, affinché Dio si prendesse completamente cura delle sue cose, e la prendesse tra le sue braccia, come succede nelle famiglie per i bambini più piccoli. Voleva essere santa ma senza diventare grande, poiché, come le piccole malefatte dei bambini non fanno adirare i genitori, così le imperfezioni delle anime umili non possono offendere gravemente il buon Dio, e gli errori non saranno imputabili loro come colpa, secondo le parole della Scrittura: «Ai piccoli si perdona per pietà».
Di conseguenza si guardava bene dal desiderare di sentirsi perfetta e che gli altri la considerassero come tale, perché sarebbe cresciuta e Dio l’avrebbe lasciata camminare da sola. «I bambini non lavorano per farsi una posizione – diceva –; se sono saggi, lo fanno per far contenti i loro genitori. Allo stesso modo, non occorre lavorare per diventare santi, ma per fare piacere a Dio». “Forse – diceva a Celina – un padre sgrida il suo bambino quando egli si accusa da se stesso, o gli infligge un castigo? No davvero, ma se lo stringe al cuore».
E riportava la seguente storia ascoltata da bambina. Un re, in una partita di caccia, inseguiva un coniglio bianco, che i suoi cani erano sul punto di raggiungere, quando la bestiola, sentendosi perduta, ritornò indietro rapidamente e saltò tra le braccia del cacciatore. Costui, commosso da tanta fiducia, non volle più separasi dal coniglio bianco e non permetteva a nessuno di toccarlo, riservandosi di nutrirlo. «Così – commentava Teresa – il Buon Dio farà con noi se, perseguiti dalla giustizia figurata dai cani, cercheremo scampo nelle braccia stesse nel nostro Giudice!».
È tutta qui la sapienza della Santa di Lisieux. Essa consiste nel riconoscere, accettare, perfino amare la propria debolezza, senza tuttavia sottovalutare la corrispondenza personale. Essa non scusa il peccato ma vuole che, perdendo ogni illusione su se stessi, non confidando nei propri meriti, non appoggiandosi sulle proprie forze, l’anima si getti con slancio nell’amore misericordioso di Dio. La “piccola dottrina” della Santa di Lisieux non fa del peccato una semplice debolezza e della debolezza quasi una virtù, come spesso accade ai nostri giorni.
Tutt’altro. Le esigenze ascetiche della perfezione cristiana non subiscono nella sua “piccola via” alcun alleggerimento: non v’è in essa alcuna ombra di quietismo. «Occorre – diceva la Santa – fare tutto quello che è in noi, dare senza contare, rinunziare a sé costantemente, in una parola, provare il nostro amore con tutte le buone azioni in nostro potere. Ma, in verità, poiché tutto questo è poca cosa, è necessario confessarci servi inutili dopo aver fatto tutto quanto credevamo di dover fare, sperando tuttavia che il buon Dio ci darà per grazia tutto ciò che desideriamo. È quanto sperano le piccole anime che corrono sulla via dell’infanzia: dico corrono e non si riposano». Questo atteggiamento di povertà spirituale rende profittevoli anche le cadute. Scriveva: «I bambini cadono spesso, ma sono troppo piccoli per farsi un gran male».
Insegnava questa sapienza alle sue consorelle specialmente nel giorno di Natale quando – sull’esempio della sua Santa Madre – si industriava a scriver poemetti e ad organizzare pie ricreazioni, come quella nella quale un immaginario Angelo veniva a chiedere a ciascuna monaca di accogliere al Piccolo Gesù che, fattosi uomo, ha trovato sulla terra solo freddezza e indifferenza: «Le vostre carezze – cantava il messaggero celeste –, e lodi, e tenerezze, siano per il Bambinello! Bruciate d’amore, anime accese; ché un Dio s’è fatto mortale per voi. Stupendo mistero: chi vien mendicando è l’eterno Verbo! Sorelle mie, non temete, avvicinatevi, ed una ad una offrite a Gesù il vostro amore; saprete la sua santa volontà. V’insegnerò ciò che più brama il Bambinello in fasce, a voi che, pure come gli Angeli, avete in più che potete soffrire. Sempre, mai sempre, il vostro patire, e le gioie, siano per il Bambinello! Ardete d’amore, anime accese; ché un Dio s’è fatto mortale per voi. Stupendo mistero; chi vien mendicando è il Verbo eterno!».
Certamente – nota Celina – Teresa avrebbe gustato, se l’avesse conosciuta, questa preghiera di Bossuet: «Gran Dio… non lasciate giammai che alcuni spiriti, di cui alcuni si annoverano tra i dotti, altri tra gli spirituali, possano essere accusati al Vostro terribile tribunale di aver contribuito in qualche modo a chiuderVi l’accesso in non so quanti cuori, perché Voi volevate entrarvi in un modo la cui semplicità li urtava […]; piuttosto fate in modo che, diventando tutti piccoli come fanciulli, come Gesù Cristo comanda, noi possiamo entrare una buona volta per questa piccola porta, per poterla poi mostrare agli altri con più sicurezza e con più efficacia. Così sia».
Niente di strano se, alla sua ultima ora, questo grande prelato francese, che con la sua eloquenza aveva incantato intere platee, abbia pronunciato queste commoventi parole: «Se potessi ricominciare a vivere, non vorrei essere che un piccolo fanciullo che dà sempre la mano al Bambin Gesù».
È la lezione delle due Terese per questo Santo Natale. (Cristiana de Magistris)