Chiude la rivista "Popoli". Ma la missione continua
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All’inizio del mese missionario di ottobre, un comunicato stampa del Centro San Fedele di Milano informa che la rivista missionaria mensile dei Gesuiti Popoli chiude nel dicembre prossimo. La rivista è nata nel 1915 col titolo Le missioni della Compagnia di Gesù, nel 1970 ha assunto il titolo di Popoli e Missione, negli anni ottanta Popoli, che chiude alla soglia dei cento anni. Ma allora, i gesuiti non hanno più missionari? Per carità, sono forse l’ordine religioso con il maggior numero di missionari ad gentes. Ma in Italia questo è un tema che interessa sempre meno e questo è il gravissimo problema dell’ottobre missionario, per noi missionari ma anche per tutta la Chiesa italiana.
Dopo la chiusura della rivista Ad Gentes degli Istituti missionari (Vedi il Blog del 15 giugno 2014) anche questa è una triste notizia per l’animazione missionaria ad gentes nella Chiesa italiana, come tante altre simili, ad esempio il crollo vertiginoso delle vocazioni ad gentes (e ad vitam) degli istituti missionari italiani. In questo anno scolastico, nel seminario teologico del Pime di Monza abbiamo una cinquantina di teologi e filosofi, dei quali solo quattro italiani! E dobbiamo ringraziare la Provvidenza di Dio perché il Pime, fondato da monsignor Angelo Ramazzotti nel 1850 come Seminario lombardo per le missioni estere e da Pio XI nel 1926 come Pime (unendolo a un altro simile seminario fondato a Roma nel 1872), è diventato internazionale, altrimenti dovremmo chiudere la nostra teologia missionaria, affiliata con l’Università Urbaniana di Roma per il corso accademico di teologia che si chiude con il diploma di Baccalaureato, riconosciuto anche dallo Stato italiano.
La “missione alle genti” significa annunziare e testimoniare Cristo ai popoli non cristiani (5 miliardi sui 7 dell’umanità) e il danno peggiore di questa decadenza dello spirito e della missione ad gentes sta nel dato di fatto che la Chiesa italiana, presa nel suo assieme, sta percorrendo il cammino opposto a quello che dichiarano i testi del Concilio Vaticano II, dei Papi e della stessa Cei (Conferenza episcopale italiana): si proclama una cosa e se ne fa un’altra. E questo avviene nella Chiesa di Cristo, che vuol essere autentica, trasparente, efficace immagine di Cristo Salvatore. Ma nel Vangelo di San Marco (16, 14-15) si legge: «Gesù apparve agli undici discepoli mentre erano a tavola. Li rimproverò perché avevano avuto poca fede e si ostinavano a non credere a quelli che l’avevano visto risuscitato. E disse loro: “Andate in tutto il mondo e portate il Vangelo a tutti gli uomini. Chi crederà e sarà battezzato sarà salvo, chi non crederà sarà condannato”». E noi potremmo dire: «Ma Gesù, tu rimproveri i tuoi apostoli di non credere alla tua Risurrezione e poi subito dopo li mandi a predicare la Buona Notizia in tutto il modo! Ma com’è possibile? Se non credono che tu sei risorto, che razza di messaggio portano al mondo?».
Ha risposto Giovanni Paolo II nella Redemptoris Missio (N. 2): «La fede si rafforza donandola!», e spiega perché; e poi richiama la grande verità di fede: «Lo Spirito Santo protagonista della Missione» (Capitolo III). E fa venire in mente la famosa scenetta de “La Croix” che pubblicai in “Mondo e Missione” negli anni Settanta, dove si vede Gesù che sale al Cielo mentre detta il suo testamento agli apostoli, in cerchio davanti a Lui: «Andate in tutto il mondo». Ma uno sussurra all’altro: «Ma noi, non siamo incardinati nella diocesi di Gerusalemme?». Quando PF, tutti i Papi e tutti i vescovi prima di lui, continuano a martellare lo slogan: «Per salvare l’uomo e l’umanità dobbiamo ritornare a Cristo», penso che nessuno aggiunga nella sua mente e nel suo cuore: «Eccetto quando ci dice di andare in tutto il mondo a portare il Vangelo a tutti gli uomini».
Chi segue il mio blog “Armagheddo”, sa che a volte è volutamente provocatorio, come anche questa volta. Non voglio assolutamente accusare nessuno, ma solo riproporre con forza il problema: qual è lo scopo dell’animazione e della stampa missionaria ad gentes dei Centri missionari diocesani, degli Istituti missionari, delle Pontificie opere missionarie e della stampa e animazione missionaria? Presentare le testimonianze dei missionari che nelle periferie dell’umanità annunziano Cristo, battezzano i popoli convertendoli a Cristo e formando le prime comunità cristiane; oppure abbiamo cominciato noi a politicizzare la missione alle genti, riducendo la Chiesa in missione a una Ong mondiale che si interessa dei poveri e dei marginali, delle ingiustizie e violenze contro gli ultimi di ogni società, spesso senza alcun aggancio esplicito a Gesù Cristo? Non invento nulla, potrei raccontare decine e decine di esempi, perché l’onda culturale è questa e non è facile fare e proporre e realizzare qualcosa di diverso, si rischia di passare per conservatori, tradizionalisti, reperti archeologi da rottamare.
Ma la Chiesa non è una Ong di carattere sociale-politico-economico-sindacale, ma la comunità dei seguaci di Cristo, che deve andare in tutto il mondo annunziando la Buona Notizia del Vangelo. E quando, noi missionari diamo un’immagine diversa di noi stessi al mondo, perdiamo la nostra unica identità e diventiamo inefficienti, inefficaci, non leggono più le nostre riviste, i giovani non ci seguono più, non donano più la vita e hanno ragione. Donare la vita per che cosa? Per promuovere l’acqua pubblica o protestare contro il debito estero dei Paesi africani o contro la produzione di armi? I giovani danno la vita solo se noi siamo innamorati di Cristo e capaci di innamorarli di Gesù Cristo, nient’altro. Nell’ottobre missionario e della Giornata Missionaria Mondiale è permesso riproporre con forza questo problema, perché se ne discuta e si giunga, con l’aiuto di Dio, ad una decisiva correzione di rotta?
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