giovedì 13 giugno 2013

Santa Gertrude

CAPITOLO II

TESTIMONIANZA DELLA GRAZIA

Tutto ciò che il cielo racchiude ne' suoi spazi, la terra ne' suoi confini, l'abisso nelle sue profondità, canti un inno di ringraziamento al grande Iddio, che diffonde su noi la magnificenza delle sue grazie! Tutti gli tributino quella lode eterna, immensa ed immutabile che, procedendo dall'amore increato, non trova la sua pienezza, che risalendo al medesimo amore!

L'eterno Iddio sia universalmente glorificato per aver diretto i flutti della sua tenerezza verso la valle dell'umana fragilità, degnandosi di guardare un'anima che l'attraeva per i meravigliosi favori di cui l'aveva ricolmata! Poichè la Scrittura afferma che « due o tre testimoni bastano per stabilire solidamente, un'asserzione » (II, Cor. XIII, 1) e noi già abbiamo parecchi di tali testimoni, così possiamo concludere, con certezza, che il Signore ha scelto particolarmente quest'anima per manifestarle i segreti del suo amore.
Il primo e principale testimonio è Dio stesso, il quale si compiacque di eseguire quanta ella aveva predetto, di svelare quanto ella aveva appreso in segreto; di manifestare l'effetto delle sue preghiere, liberando dalle tentazioni coloro che, con cuore contrito ed umiliato, avevano supplicato Dio, mediante il suo ausilio.

Citeremo qualcuno fra i moltissimi fatti occorsi.
Morto Rodolfo re dei Romani, si pregava in Monastero per l'elezione del suo successore: ebbene, Geltrude palesò alla Madre Abbadessa il nome dell'eletto, il giorno e, a quanto pare, persino l'ora dell'elezione avvenuta lontano, aggiungendo che sarebbe stato ucciso dallo stesso suo successore: ciò che avvenne.

Altra volta un uomo sospetto minacciava l'abbazia. Il pericolo era evidente ed inevitabile, ma la Santa, dopo breve preghiera, annunciò alla Madre che il rischio era scomparso. Infatti ben presto un procuratore di corte avvisò che quell'uomo, essendo stato condannato, non poteva più nuocere; ciò che la Santa aveva segretamente saputo per divina rivelazione. L'Abbadessa, e coloro che conobbero il fatto, ne ringraziarono Dio con immenso giubilo.
Una persona tormentata da gravissime tentazioni ricevette, in sonno, l'avviso di raccomandarsi alle preghiere di Geltrude per esserne liberata: lo fece con umile devozione, ed ebbe la grande consolazione di essere immediatamente esaudita.


Riportiamo un altro fatto degno di essere conosciuto. Una persona, mentre stava per comunicarsi durante la S. Messa, venne assalita da tentazioni ossessionanti, causate da funesta occasione capitatale qualche giorno prima. La tentazione divenne così incalzante da farle sembrare impossibile la resistenza, e prossima la caduta. Desolatissima non osava comunicarsi, avendo la mente infestata da simili suggestioni diaboliche. In quel frangente si sentì spinta da superna Ispirazione a raccogliere un lembo di stoffa che Geltrude aveva strappato dalla sua calzatura. La povera tentata se lo pose sul cuore, e pregò con fiducia il Signore di liberarla per l'amore col quale aveva purificato la sua diletta Sposa da ogni affezione umana, per colmarla di grazia celeste e farsene un tempio di predilezione. Cosa ammirabile e degna di essere considerata con venerazione. Appena ebbe posato quel lembo di stoffa sul cuore, la tentazione si dileguò e non disturbò più neppure in avvenire quella persona.


Nessuno neghi fede a queste meraviglie! Non ha forse detto Nostro Signore nel S. Vangelo: « Qui credit in me, opera quae ego facio et ipse faciet, et malora horum faciet? - Colui che crede in me farà le opere che faccio io, anzi ne farà di più grandi?» (Giov. XIV, 12). L'uomo Dio, che si degnò di guarire l'emoroissa col semplice tocco del suo mantello, volle, per i meriti della fedele sua Sposa, liberare dalla tentazione un'anima per la quale non si meritò di morire in Croce.



Questi fatti bastano per stabilire la prima testimonianza, quantunque non ci sarebbe difficile aggiungerne molti e molti altri ancora.

O Cuore di Gesù Tu sei
l'unico Signore del mio cuore

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