SAN FRANCESCO
D’ASSISI
modello di amore eucaristico per i sacerdoti e per i
fedeli
S. Francesco d’Assisi
"ardeva di amore in tutte le fibre del
suo essere verso il Sacramento del Corpo del Signore, preso da stupore oltre
ogni misura per tanta benevola degnazione e generosissima carità. Riteneva grave
segno di disprezzo non ascoltare almeno una Messa al giorno, se il tempo lo
permetteva. Si comunicava spesso e con tanta devozione da rendere devoti anche
gli altri...
Un giorno volle mandare i
frati per il mondo con pissidi preziose, perchè riponessero in luogo il più
degno possibile il prezzo della redenzione, ovunque lo vedessero conservato
con poco decoro.
Voleva che si dimostrasse
grande rispetto alle mani del Sacerdote, perché ad esse è stato conferito il
Divino potere di consacrare questo Sacramento. "Se mi capitasse - diceva spesso
- di incontrare insieme un Santo che viene dal cielo ed un Sacerdote poverello,
saluterei prima il Prete e correrei a baciargli le mani. Direi infatti: Ohi!
Aspetta, San Lorenzo, perché le mani di
costui toccano il Verbo di vita e possiedono un potere
sovrumano!'".
In questa stupenda pagina del beato Tommaso da Celano, primo
biografo di san Francesco d’Assisi, è
riassunta tutta la vita Eucaristica di S. Francesco, ricca di amore e di fede,
di devozione e di ardore. Non manca proprio nulla all'esemplarità di una vita
Eucaristica piena e perfetta per tutti: per gli stessi sacerdoti, come per i
semplici fedeli.
La S. Messa, la S. Comunione, l'adorazione Eucaristica, il
decoro dell'altare e delle Chiese, la venerazione per i Sacerdoti ministri
dell'Eucaristia: in tutto questo S. Francesco ci è maestro e modello in misura
tale da farlo considerare non solo un Santo Eucaristico ma un serafino
innamorato dell' Eucaristia.
E tra i suoi figli noi avremo le figure mirabili di serafini
dell'Eucaristia come S. Antonio di Padova e S. Bonaventura che hanno scritto
pagine di sublime dottrina e di struggente amore all'Eucaristia, come S.
Pasquale Baylon, diventato protettore dei congressi Eucaristici, come S.
Giuseppe da Copertino che si levava in volo estatico verso gli Ostensori e verso
i Tabernacoli, come il B. Matteo da Girgenti e il B. Bonaventura da Potenza che
dopo morte, anche con il corpo cadavere venerarono l'Eucaristia, come san Pio
da Pietrelcina che per più ore di giorno e di notte sostava in preghiera presso
l’altare eucaristico.
La S. Messa era per S. Francesco un mistero di grazia così
sublime che nella lettera al Capitolo generale e a tutti i frati scrisse queste
esclamazioni di fuoco: "L'umanità
trepidi, l'universo intero tremi, e il cielo esulti, quando sull'altare, nelle
mani del Sacerdote, è il Cristo figlio di Dio vivo".
La cosa che sconvolge S. Francesco è l'amore di Gesù spinto fino
ad un'umiltà inconcepibile: "O ammirabile
altezza, o degnazione stupenda! O umiltà sublime! O sublimità umile, che il
Signore dell'Universo, Dio e Figlio di Dio, così si umili da nascondersi, per la
nostra salvezza, in poca apparenza di pane!".
Per questo egli considerava grave mancanza di amore da parte
nostra l'assenza alla S. Messa quotidiana. Per questo egli non solo partecipava
almeno ad una S. Messa, ma quando era infermo, per quanto era possibile, si
faceva celebrare la S. Messa in cella, o almeno si faceva leggere la pagina del
Vangelo della Messa del giorno: "Voleva sempre ascoltare il Vangelo del giorno -
è scritto nella Leggenda perugina
- quando non aveva potuto
partecipare alla Messa".
Quale lezione per noi tutti, che spesso siamo così pigri e
facciamo fatica anche a partecipare alla Messa solo la domenica! Non parliamo
poi della Messa giornaliera, disertata al punto che in tante Chiese il Sacerdote
deve celebrare la S. Messa ai banchi o a quattro devote vecchiette.
Per la S. Comunione, S. Francesco ci insegna come riceverla da
serafini ardenti di amore: "Si comunicava spesso -
dice il Celano - e con tanta devozione da rendere devoti anche
gli altri". Ecco la vera devozione: quella che edifica, che costruisce, che
spinge al meglio anche gli altri. S. Bonaventura infatti dice che la devozione
di S. Francesco nel fare la S. Comunione era tale "da rendere devoti anche gli
altri". Basti pensare che subito dopo la Comunione "il più delle volte veniva
rapito in estasi". E il Celano ci svela l'intimo di S. Francesco scrivendo che
"quando riceveva l'Agnello immolato, immolava lo spirito in quel fuoco, che
ardeva sempre sull'altare del suo cuore". Questo e l'amore che diventa fusione,
l'immolazione d'amore che non ammette divisioni: "Chi mangia la mia carne e beve il mio Sangue
rimane in Me e Io in lui" (Gv 6,56).
S. Francesco si preparava alla S. Comunione con una premura
attentissima: non solo la sua vita Santa, ricca di eroismi quotidiani, ma anche
la Confessione sacramentale doveva preparare ogni volta la sua anima a ricevere
Gesù Eucaristico con il massimo candore di grazia. A quei tempi non più di tre
volte alla settimana poteva comunicarsi: ebbene, tre volte alla settimana S.
Francesco si confessava. Quando si ama, si vuol compiacere la persona amata
donandole tutto ciò che possa farla gioire. L'anima purificata dal Sacramento
della Confessione diventa una dimora piena di candore e di profumo per Gesù
Ostia immacolata. S. Francesco non solo lo sapeva e lo faceva, ma lo
raccomandava a tutti con fervore veramente serafico. Nella Lettera a tutti i
fedeli S. Francesco scrisse così: Gesù "vuole che tutti siamo salvi per Lui, e che
lo si riceva con cuore puro e corpo casto. Ma pochi sono coloro che lo vogliono
ricevere...". Nella Lettera ai reggitori dei popoli scrive: "Vi consiglio, signori miei, di mettere da
parte ogni cura e preoccupazione e di ricevere devotamente la comunione del
Santissimo Corpo e Sangue del Signore nostro Gesù Cristo".
Quando si ama, inoltre, si guarda con occhi d'amore non solo la
persona amata, ma anche tutto ciò che riguarda la persona amata. In tal senso S.
Francesco coltivò a tensione altissima d'amore sia l'adorazione all'Eucaristia,
sia la venerazione per tutto ciò che riguarda l'Eucaristia, ossia le Chiese e i
Sacerdoti.
La passione d'amore per l'adorazione Eucaristica fu cosi ardente
in S. Francesco, che non erano poche le notti intere da lui trascorse ai piedi
del Tabernacolo. E se talvolta il sonno lo prendeva, si appisolava per un poco
sui gradini dell'altare, e poi riprendeva instancabile e fervente. Chi lo
sosteneva? La fede e l'amore verso questo "mirabile Sacramento" (dalla
Liturgia).
La sua fede e il suo amore all'Eucaristia si irradiano dalla sua
vita e dai suoi scritti con un fulgore luminosissimo. Ai frati una volta
scrisse: "Prego tutti voi, fratelli,
baciandovi i piedi e con quanto ardore posso, di tributare tutta la riverenza e
tutto l'onore che potete al Santissimo Corpo e Sangue del Signore nostro Gesù
Cristo".
Per S. Francesco la fede nell'Eucaristia fa tutt'uno con la fede
nella SS. Trinità e nel Verbo Incarnato.
E così voleva che fosse per tutti. Perciò scriveva con vigore e calore:
"Il Figlio, in quanto Dio come il Padre,
non differisce in qualche cosa dal Padre e dallo Spirito Santo. E allora tutti
coloro che si fermarono alla sola umanità del Signore Gesù Cristo e non videro
e non credettero nello Spirito di Dio, che egli era vero Figlio di Dio, furono
condannati; similmente adesso tutti coloro che vedono il sacramento del corpo di
Cristo, il quale viene sacrificato sull'altare mediante le parole del Signore,
però per il ministero del Sacerdote, Sotto le specie del pane e del vino, e non
vedono e non credono, secondo lo Spirito di Dio che esso è veramente il
Santissimo Corpo e Sangue del Signore nostro Gesù Cristo, sono condannati". E
poco oltre continua la sua ammonizione con un efficace paragone: "Come ai Santi
apostoli apparve in vera Carne, così ora si mostra a noi nel Pane Consacrato; e
come essi con lo sguardo fisico vedevano solo la sua Carne ma, contemplandolo
con gli occhi della fede, credevano che egli era Dio, così anche noi, vedendo
pane e vino con gli occhi del corpo, vediamo e fermamente crediamo che il suo
Santissimo Corpo e Sangue sono vivi e veri".
Questa fede e questo amore arriveranno al punto di fargli
esclamare più volte che "dell'altissimo
Figlio di Dio nient'altro io vedo corporalmente, in questo mondo, se non il
Santissimo Corpo e il Sangue suo... E questi Santissimi misteri sopra ogni cosa
voglio che siano onorati, venerati e collocati in luoghi preziosi".
L'amore alla Casa del Signore è inseparabile dall'amore
all'Eucaristia. Non si può amare Gesù e trascurare la sua dimora. Anche in
questo S. Francesco ci ha lasciato una
lezione stupenda per ardore e concretezza. Personalmente, egli si preoccupava
della pulizia delle Chiese, dei calici e delle pissidi, delle tovaglie e delle
ostie, dei vasi di fiori e delle lampade.
Esortava i ministri dell'altare ad essere ferventi e fedeli nel
circondare il SS. Sacramento di ogni decoro e riverenza. In una lettera ai
Custodi sembra scrivere proprio in ginocchio: "Vi prego, più che se lo facessi per me
stesso, perché quando conviene e lo vedrete necessario, supplichiate umilmente
i Sacerdoti perché venerino sopra ogni cosa il Santissimo Corpo e Sangue del
Signore nostro Gesù Cristo... I calici, i corporali, gli ornamenti degli altari
e tutto ciò che riguarda il Sacrificio devono essere preziosi. E se il
Santissimo Corpo del Signore sarà collocato in modo miserevole in qualche luogo,
secondo il precetto della Chiesa, sia posto da essi in un luogo prezioso e sia
custodito e sia portato con grande venerazione e nel dovuto modo sia dato agli
altri... E quando è consacrato dal Sacerdote sull'altare ed è portato in
qualche parte, tutti, in ginocchio, rendano lode, gloria e onore al Signore Dio
vivo e vero".
Queste cose S. Francesco
le scriveva e le diceva. Quando arrivava in un paese, dopo aver predicato
al popolo, di solito radunava a parte il clero e parlava di questi problemi con
ardore appassionato, ricorrendo perfino alla minaccia delle pene eterne: "Non si muove a pietà il nostro animo -
esclamava - sapendo che il Signore, così
buono, si mette nelle nostre mani e noi possiamo toccarlo e riceverlo? O
ignoriamo che cadremo nelle sue mani? Emendiamoci decisamente, dunque, di
queste e di altre cose, e dovunque si trovasse il Santissimo Corpo del Signore
nostro Gesù Cristo riposto e lasciato indegnamente, rimoviamolo da quel luogo e
riponiamolo e racchiudiamolo in un luogo prezioso".
Più concretamente ancora, S. Francesco stesso, andando a predicare per città e
villaggi "portava una scopa per pulire le Chiese", come riferisce la Leggenda perugina, perché "molto
soffriva Francesco nell'entrare in una chiesa e vederla sporca", e ciò lo
spingeva a raccomandare ai Sacerdoti "di avere la massima cura nel mantenere
pulite le Chiese, gli altari e tutta la suppellettile che serve per la
celebrazione dei divini misteri".
Inoltre, "una volta volle mandare alcuni frati per tutte le
province, - dice lo Specchio di
perfezione - a portare pissidi belle
e splendenti, affinché dovunque trovassero il Corpo del Signore conservato in
modo sconveniente, lo collocassero con onore in quelle pissidi. E anche volle
mandare altri frati per tutte le regioni con molti e buoni ferri da ostie, per
fare delle particole belle e pure".
Se a questo aggiungiamo che S. Francesco faceva preparare da S.
Chiara i corporali da donare alle Chiese povere e che egli stesso a volte
preparava i vasi di fiori per l'altare, possiamo farci un'idea più completa del
fervore Eucaristico di S. Francesco.
*
* *
Che cosa dire, in particolare, della venerazione di san Francesco per i Sacerdoti
all’altare? Basti qui riportare le parole del suo Testamento: "Il signore mi dette e mi dà tanta fede nei
Sacerdoti che vivono secondo la forma della Santa Chiesa romana, a causa del
loro ordine, che se mi dovessero perseguitare voglio ricorrere ad essi e non
voglio in loro considerare il peccato, perché in essi io vedo il Figlio di
Dio".
Ecco la visione soprannaturale di S. Francesco riguardo ai
consacrati in “Persona Christi”,
ossia ai Sacerdoti: "In essi io vedo il
Figlio di Dio". Per questo egli voleva che "fossero onorati in maniera
particolare i Sacerdoti - dicono i Tre
compagni – i quali amministrano sacramenti così venerandi e sublimi:
dovunque li incontrassero, dovevano chinare il capo davanti a loro e baciare
loro le mani... E difatti, dovunque s'imbattessero in un Sacerdote, non importa
se ricco o povero, degno o indegno, s'inchinavano umilmente in segno di
reverenza".
Agli stessi Sacerdoti egli dice con amore: "Badate alla vostra dignità, frati Sacerdoti,
e siate Santi perché Egli è Santo. E come il Signore Dio onorò voi sopra tutti
gli uomini, per questo mistero, così voi più di ogni altro uomo amate, riverite,
onorate Lui". E’ davvero ineffabile la dignità di colui che “impersona Cristo” ed è chiamato ad
essere ovunque “presenza di Cristo” e
a pensare, parlare e operare in tutto
“come Cristo”.
Per questo san Francesco si preoccupa che i Sacerdoti possano
sempre “celebrare la Messa puri e ripieni di purezza compiano con
riverenza il vero sacrificio del santissimo corpo e sangue del Signore nostro Gesù Cristo, con
intenzione santa e monda…”. Abbiano sempre, essi, la massima devozione e il
massimo candore dell’anima, con la perfetta obbedienza a tutte le norme della
Chiesa e con tutta la delicatezza nel portarlo fra le mani e nel distribuirlo
agli altri, facendo così stupire gli angeli che li assistono.
San Francesco non si stanca di raccomandare ai sacerdoti
soprattutto l’umiltà, riferendo
l’esempio di Gesù stesso il quale “ogni
giorno si umilia, come quando dalla sede regale discese nel grembo della
Vergine: ogni giorno, infatti, egli stesso viene a noi in apparenza umile, ogni
giorno discende dal seno del Padre sull’altare nelle mani del
sacerdote”.
E le mani del sacerdote dovrebbero essere pure come quelle della
Madonna, raccomanda il Serafico Padre, esprimendosi con queste parole sublimi:
“Ascoltate, fratelli miei. Se la Beata Vergine è così onorata, come è
giusto, perché lo portò nel suo santissimo grembo [….] quanto deve essere santo,
giusto e degno colui che tocca con le sue mani, riceve nel cuore e con la bocca
e offre agli altri, perché ne mangino, Lui non già morituro, ma in eterno
vivente e glorificato, sul quale gli angeli desiderano fissare lo
sguardo”.
Per questo, considerando tali compiti così sublimi del
Sacerdote, san Francesco non può trattenersi
dal fare una dolorosa e amara costatazione nei riguardi di ogni
Sacerdote: “E’ una grande miseria e una
miseranda debolezza, che avendo lui così presente, voi vi prendiate cura di
qualche altra cosa in tutto il mondo”. Se ogni Sacerdote riflettesse sui
richiami del Serafico Padre!
La conclusione di tutto
il discorso sulla pietà e sulla vita Eucaristica secondo S. Francesco d’Assisi
possiamo trovarla in questa sua esortazione che vale certamente anche per tutti
noi: "Nulla di voi tenete per voi;
affinché vi accolga tutti Colui che a voi si dà tutto". Essere l’uno
dell’altro, essere l’uno nell’altro: non è forse questo il contenuto delle
divine parole d’amore sommo di Gesù: “Chi
mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui” (Gv 6, 56)?
P. Stefano Maria Manelli FI
LAUDETUR JESUS CHRISTUS!
LAUDETUR CUM MARIA!
SEMPER LAUDENTUR!
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