domenica 19 febbraio 2012

(8) DON GUIDO BORTOLUZZI: Il 'segno' di Caino. La prima locuzione interiore."La parola". Scene di vita quotidiana. La femmina ‘sui generis’ della specie preumana. La Bambina è stata ‘concepita immacolata’. La piana ai piedi del promontorio. L’ibridazione della specie umana creata perfetta. Quella femmina “PONTE”. Il ‘peccato originale’ § 205:– PECCATO ORRRR... ENDO, ... ORRRR... IBILE, ... ORRRR... IGINALE. .


Il SEGNO DI CAINO
PRIMA RIVELAZIONE:
ricevuta a Chies d’Alpago in data incerta fra il 1965 e il 1968





(Nota della curatrice) 
È bene ricordare al lettore che questa locuzione è pervenuta almeno quattro anni prima della grande visione appena descritta [vedi Don Guido Bortoluzzi (7)e che prima di questa rivelazione don Guido non aveva avuto alcuna rivelazione. Aveva solo intuito che la Donna era figlia di Adamo perché tratta 
dalla sua ‘costa’, ma la identificava ancora con Eva. 


Premessa 




§ 191   Rileggendo nella Bibbia il racconto della ‘Torre di Babele’, giunsi al versetto 5-8 del Capitolo 11 della Genesi e mi soffermai alle parole: 
   “Il Signore discese e disse: – Confondiamo le loro lingue 
in modo che non si intendano più –”. 
   – Macché! È un’eresia – esclamai. – “Deus intentator malorum est”, dice la lettera di S. Giacomo, Dio non può tentare nessuno al male (Gc. 1,13). La confusione è avvenuta molto tempo prima, sicuramente con il peccato originale. –


 La prima locuzione interiore

§ 192    Rilessi la storia di Caino e mi fermai ad indovinare quale 
fosse “il segno che il Signore gli aveva posto perché chi lo 
avesse incontrato non lo uccidesse” (Genesi 4,15). 


   “Quel ‘segno’  – pensai,  – deve essere sul davanti della 
sua persona, per essere riconoscibile da chi lo incontra:


   a) Un marchio sulla fronte? Sarebbe stata una crudeltà. Doveva 
essere un segno a sua difesa, non a sua condanna.

   b) Un orecchino? Non è in faccia. 


   c) Un anello al naso? O sul labbro inferiore? Impossibile.

   d) Un segno sul mento? Nella bocca?”.

 – FERMATI  LÌ  – mi disse una Voce sommessa  – NON SI 
VEDE, SI SENTE.  – 


Era la prima volta in assoluto che udivo la Voce del 
Signore. Ne rimasi commosso. 
“Allora è dentro la bocca” pensai.

   e) – I canini sporgenti? -


È QUELLO DI CUI TI INTERESSI. -
Chiusi il Libro, vi appoggiai la fronte e stetti parecchi minuti a fantasticare. Domandai: 
– Signore, che segno era quello? Doveva aprire la bocca, 
mostrare la lingua?-
La stessa Voce mi suggerì in tono chiaro: 
LA PAROLA.  – Fui entusiasta della rivelazione ed esclamai:
– Grazie, Signore; questo potevate dirmelo solo Voi! –



'‘La parola’' 


§ 193   Andavo ricapitolando: “L’uso cosciente della parola, o 
la manifestazione del pensiero attraverso la parola, come 
ebbe a dire Paolo VI, è privilegio esclusivo dell’Uomo fra 
tutti gli esseri creati in quanto è stato fatto ad immagine di 
Dio”.
   Quindi il primo Uomo, creato perfetto ad immagine e somiglianza di Dio, parlava. In senso accomodativo si può dire che: 
“In principio erat verbum”, in principio, all’inizio dell’umanità 
esisteva la parola, il linguaggio.

   Ma se ‘la parola’ era un requisito normale per l’Uomo, 
come poteva essere un segno che contraddistingueva Caino 
come uomo?
 Conclusi che se l’umanità ai suoi esordi era ristretta a 
quell’unica famiglia che necessariamente parlava e che se 
Caino si faceva conoscere come uomo soltanto con l’uso 
della ‘parola’ per non essere ucciso, era chiaro che Caino 
nelle forme somatiche non si dimostrava un uomo ma un 
ominide. 


   L’ipotesi dell’ibridazione della specie umana con quella subumana, espressa da alcuni studiosi già nel ‘700, era 
dunque ben indovinata
  
(Nota 48: Don Guido sta pensando al francese George Louis Leclerc conte di Buffon (1707-1788). Fu il primo studioso di scienze naturali nell’intuire che se l’Uomo era stato creato perfetto, come dice 
la Bibbia, e poi era decaduto allo stato bestiale, la causa andava ricercata in un problema di ibridazione genetica).

   E di conseguenza se Caino, come dice la Bibbia in Genesi 4,15
aveva timore di venir ucciso perché poteva essere 
scambiato per un ominide, è chiaro pure che era cominciata 
la caccia agli ominidi per sterminarli ed impedire che si 
moltiplicassero e compromettessero ancora l’integrità della 
specie umana mediante rapporti generativi irresponsabili.

   A conferma di questa supposizione starebbe il “canto della 
spada” di Lamek, quel Lamek discendente di Caino (Genesi 
4,18-24) che non va confuso con il suo omonimo discendente di Set (Genesi 5,25-31). 
Grazie a questo ‘segno’ Caino non fu ucciso. Sicuramente 
non prima d’aver generato, poiché noi uomini odierni 
siamo tutti discendenti di Caino. 




IL PECCATO ORIGINALE
SECONDA RIVELAZIONE:
ricevuta nel 1970 a Farra d’Alpago e scritta dopo il 1974

(Nota della curatrice) / Questa rivelazione è strettamente 
legata a quella precedente, ragione per cui don Guido ha voluto che i due capitoli fossero messi di seguito.

Va ricordato al lettore che, quando nel 1970 don Guido ebbe questa rivelazione, non aveva ancora avuto la grande visione del 1972 riportata nelle pagine precedenti. Aveva avuto solo la rivelazione de ‘Il segno di Caino’ ricevuta sotto forma di locuzione interiore. Quindi, durante questa rivelazione, non conosce ancora la vera identità di Eva, motivo questo che giustifica le riflessioni precedenti il racconto di questa rivelazione, ma ha già assunto come una certezza la tesi dell’ibridazione della specie umana. 
Partendo però da questa conclusione, si aprivano due possibilità: chi 
aveva peccato con un ancestre, il primo Uomo o la prima Donna? La Bibbia diceva che “Eva aveva ascoltato il ‘serpente’ e che poi... ‘aveva mangiato’ e aveva dato da mangiare all’Uomo”.

Il verbo ‘mangiare’ aveva chiaramente un significato allegorico. Era una metafora per intendere ‘avere rapporti generativi’. Lo diceva già il commento del Sales (Genesi 4,1). Inoltre questa era una deduzione logica sapendo che la conseguenza del peccato originale 
era stata la nascita di Caino, un ibrido. Tutto ciò, però, non era ancora sufficiente per la comprensione del testo biblico.

Il problema quindi era insolubile e don Guido comprese che né lui, né 
altri, avrebbe potuto risolverlo senza l’aiuto di Dio. Perciò, quando si arrese di fronte ai suoi limiti, il Signore lo considerò pronto a ricevere la rivelazione del ‘peccato originale’ che gli svelò sotto forma di ‘sogno profetico’.
Data la scabrosità del contenuto, il ‘sogno profetico’ fu scelto 
dal Signore come il modo migliore affinché il messaggio arrivasse 
a don Guido, volente o non, almeno nel subconscio. 
È la stessa dinamica della rivelazione della morte di Abele e di alcune 
altre rivelazioni avvenute prima e dopo la grande visione.

Poiché don Guido aveva un carattere forte e deciso e quand’era contrariato opponeva tutte le sue forze per resistere a un’idea che non approvava, il Signore lo mise in condizione di accogliere come conoscenza ciò che probabilmente ad occhi aperti avrebbe rifiutato. 
Il fatto che avesse avuto questa rivelazione ‘in sogno’, gli creò non pochi problemi di credibilità. In quest’epoca così materialista, le esperienze che non possono essere scientificamente dimostrate e ripetute trovano poco credito! 
Perfino egli stesso fu indotto in un primo tempo, a causa della scabrosità del contenuto, a respingerlo come fonte di conoscenza, cercando con la volontà di dimenticarlo. Solo dopo la grande visione del 1972 e dopo aver compreso i collegamenti con quella, essendosi tranquillizzato che pur questo era un messaggio autentico del Signore, si accinse a trascriverlo dando ad esso l’importanza che ha un ‘sogno profetico’.

Perciò, prima di proseguire, è utile spendere qualche parola per spiegare al lettore che cosa s’intende quando si parla di ‘sogni profetici’.

I ‘sogni profetici’

Questi sono una delle tante modalità scelte dal Signore, come le locuzioni, le visioni, le estasi, le apparizioni, ecc., per far conoscere il Suo Pensiero o la Sua Volontà agli uomini. 
Il termine oggi suona in modo strano perché si tende a confonderli con 
i sogni onirici o sogni comuni che sono una proiezione inconscia dell’‘io’. 
Ma don Guido, che ha sperimentato cosa sia un ‘sogno profetico’, sa che, differenza dei normali sogni, la mente e le capacità razionali non vengono attenuate, ma addirittura potenziate! Egli infatti mantiene tutte le sue capacità di analisi e di sintesi, mentre il suo corpo rimane in totale inerzia, nel sonno appunto. 
Il ‘sogno profetico’ ha per don Guido molte caratteristiche 
simili alla visione, dove le capacità intellettive e la memoria restano integre, tant’è vero che le mette sullo stesso piano. 
Nell’Antico Testamento, quando questo avveniva, nessuno se ne stupiva, e parlarne era cosa normale. Il soggetto infatti, al suo risveglio, non 
aveva alcun dubbio che il sogno avesse un contenuto profetico autentico, 
anche se talvolta in chiave allegorica da decodificare.


Ma, a differenza di S. Giuseppe, di don Bosco e di altri Santi, don Guido è meno docile perché tende a respingerne i contenuti. Se, come accadde, le scene che ha visto sono troppo violente per il suo animo sensibile, inconsciamente tende a cancellarle dalla sua mente. 
Tuttavia alcuni ricordi si sistemano ugualmente nel suo inconscio, permettendogli più tardi di fare collegamenti, similitudini, deduzioni, ecc. fino a quando, confermato dal Signore, si decide a prenderne nota.

È comunque chiaro che don Guido, come egli stesso afferma nel suo 
manoscritto, non fa alcuna distinzione fra visioni in stato di veglia o di 
sonno, poiché entrambe sono esperienze soprannaturali che gli danno immagini della medesima intensità, nitidezza e consapevolezza. Si tratta, in entrambi i casi, di doni carismatici in cui le percezioni avvengono attraverso lo Spirito e sono altrettanto vive di quelle percepite in stato di veglia attraverso i sensi./

Premessa 


§ 194   È la seconda rivelazione dopo quella de ‘Il segno di 
Caino’, ma questa mi venne fatta ‘in sogno’. 
   Ho già detto come mi fu rivelato ‘Il segno di Caino’ mentre stavo studiando sul libro della Genesi le parole che lo riguardavano. Quel ‘segno’ era ‘la parola’, l’uso della favella, prerogativa esclusiva dell’Uomo, perché solo all’Uomo 
fu dato un cervello perfetto, molto più perfetto di qualunque 
altro animale, un apparecchio computer ricetrasmittente.

   Quella prima rivelazione rafforzò il concetto che mi ero 
formato sul problema della confusione delle lingue come 
effetto della confusione o ibridazione fra la specie umana 
e quella degli ominidi-ancestri. L’uso della favella era dunque un’eccezione per Caino che doveva assomigliare in tutto ad un ominide-ancestre. 
   Nel testo di ‘Storia Sacra’ scritto da don Bosco avevo 
appreso che Caino, diventato vecchio, era tanto ‘peloso’ e 
brutto ‘da essere scambiato per una bestia’. 
Ma mi chiedevo se fosse già vecchio quando uccise Abele 
e se fosse brutto fin dalla nascita, donde l’invidia verso il 
fratello come Esaù verso Giacobbe.

Caino dunque doveva essere frutto del peccato originale 
commesso dal primo Uomo, peccato ripetuto dai discendenti 
puri di Adamo, i ‘Figli di Dio’, “quando videro che tra le ‘figlie degli uomini’ (le discendenti ibride di Caino) ce n’erano 
di belle (non pelose) e le presero in sposa” (Genesi 6,1-2). 
   Studiai di nuovo il terzo capitolo della Genesi e considerai il versetto 6: “Vidit quod bonum esset lignum ad vescendum... aspectuque delectabile”, cioè “Adamo vide che 
l’albero genealogico era buono e, nell’ebraico si legge, desiderabile per avere conoscenza”. 
   Quel ‘conoscenza’ è un eufemismo: indica, come si sa, 
rapporto generativo’. Qui sta il nodo del mistero: individuare 
l’albero genealogico che, conosciuto, avrebbe portato alla rovina. 


   La rovina del genere umano non poteva venire per via di 
generazione dall’Albero genealogico della Vita umana, 
perché il Creatore, che fece bene tutte le cose, fece benissimo 
il Campione dell’umanità e altrettanto bene la sua legittima 
Sposa, la Donna. Dunque, la rovina non avrebbe potuto venire dalla Donna, perché anch’essa apparteneva all’Albero della Vita, 
giacché fu “tratta dalla costa”, cioè dal seme, di Adamo 
e un rapporto generativo fra Lei e l’Uomo non solo 
non era proibito, ma comandato. 


   L’incesto nella prima e seconda generazione, nella monogenesi della specie umana come per qualsiasi altra specie, 
era d’obbligo per necessità di natura per la trasmissione dei 
caratteri integri della nuova specie e per l’unità stessa della 
specie. Non c’erano alternative. 
   Perciò l’albero genealogico a cui allude il versetto doveva 
essere estraneo alla specie umana. 
Questa è la verità che si nasconde dietro l’espressione metaforica del versetto 3,6 della Genesi.

In altre parole l’Uomo, quel primo Uomo e come lui ogni 
suo discendente legittimo, doveva evitare ogni rapporto generativo al di fuori della sua specie, cioè con ‘l’albero genealogico’ da cui fu tratto: quello degli ancestri.

§ 195    Ed ecco i miei pensieri: [leggere con particolare attenzione]
   – Dice la Genesi al versetto 15 del terzo capitolo: “Porrò 
inimicizia fra te, serpente, e la Donna e fra il tuo seme e 
quello di lei”. L’“inimicizia fra il ‘serpente’ e la Donna”, rispecchiata nella “inimicizia fra ‘il seme’ suo (del serpente) 
e quello di lei (della Donna)”, si riferisce a Caino e Abele? 
Ma se essi sono entrambi figli di Adamo (Genesi 4,1-2), allora essi avrebbero avuto come madre, il primo questo simbolico ‘serpente’ e l’altro la Donna.

   – Che cos’era quel ‘serpente’ maledetto femmina, il cui 
seme avvelena e porta alla morte?

 – Il problema era ancora incentrato nei primi versetti del 
terzo capitolo: 
– Se le madri di Caino e Abele, come è detto al versetto 
3,15, sono distinte e sono per Caino il ‘serpente’ e per Abele 
la Donna, e se in entrambi i casi il padre è lo stesso Adamo, 
allora al versetto 4,2 dove si dice che “Adamo conobbe 
Eva, sua moglie; ella concepì e partorì Caino; e poi partorì 
il fratello di lui Abele”, il verbo ‘partorì’ (="dare alla luce"), 
qui espresso al femminile, andrebbe sostituito con ‘generò’ 
che indica per entrambi i casi la paternità di Adamo, al maschile. 
   Per lo stesso motivo il pronome femminile andrebbe sostituito con un pronome maschile che sottintenda Adamo, 
così: “Adamo conobbe Eva, da essa egli generò Caino e poi 
(Adamo) generò, dalla Donna, il fratello di lui Abele”.


   – Certo è che tutti e due sono figli di Adamo, il primo 
sicuramente della femmina denominata ‘il serpente’, l’altro 
della Donna. 
   – E se la madre di Caino nei versetti precedenti era stata 
denominata ‘il serpente’, era improprio chiamare quella femmina 
‘moglie’ di Adamo.

   Questi ed altri insistenti interrogativi mi venivano alla 
mente ogni volta che mi dedicavo alla lettura della Genesi. 
Ricordandomi d’avere a casa mia a Farra d’Alpago una 
Bibbia del 1700 con molte note in calce, pensai che, vista 
l’epoca in cui fu stampata così vicina a quella di George 
Louis Leclerc conde de Buffon, ci fosse in essa qualche accenno alla sua teoria sull’ibridazione della specie. 
   Avevo sistemato la biblioteca nella mia camera. Presi 
quella Bibbia del ‘700, scritta ancora con la lettera "f" al 
posto della ‘s’, e vi studiai fino a mezzodì. 
Tempo sprecato, delusione, amarezza. Per quanto mi arrovellassi il cervello in tante supposizioni, capivo che non 
potevo riuscire a comprendere quel mistero tenuto nascosto 
per tanti secoli ai profeti dell’Antico Testamento ed anche a 
quelli del Nuovo.



§ 196 !   Ma sapevo che ci sarei riuscito, perché nel 1928 Padre 
Matteo Crawley, al termine di una meditazione che tenne 
a noi chierici, predisse al seminarista della I liceo classico 
Albino Luciani che sarebbe salito ai più alti gradi della 
Gerarchia Ecclesiastica, e predisse a me, alunno allora di I 
teologia, che sedevo a 2 metri davanti a lui nel banco della 
Cappella, che il Signore mi avrebbe rivelato i segreti della 
Bibbia. 
   Mi predisse anche avversità, ma aggiunse che il Signore 
mi avrebbe sostenuto e consolato con le Sue rivelazioni.


Ricordavo inoltre come, già nel 1922, anche don Giovanni 
Calabria, da Verona, [Nota d. r.:1873+ 4.XII.1954; beatificato 
dal Beato Giov.Paolo II il 17.4.1988] mi fece sapere 
che ‘da anziano, avrei dovuto scrivere un libro importante 
sulla Genesi Biblica’ e aveva insistito che lo scrivessi presto. 


   Erano però ormai trascorsi tanti anni e le tristi vicende 
che si erano succedute nella mia vita mi insegnavano che 
non ero più la persona adatta per ricevere una rivelazione.



§ 197   Chiusi la Bibbia a mezzodì e, dopo un pasto frugale, andai 
a riposare nella camera attigua alla mia, sul letto che era 
stato della mia povera mamma, morta alcuni mesi prima.

   Adagiandomi ero arrivato a recitare le parole del Miserere 
del Salmo 50 di Re Davide: “Et in peccatis concepit me mater mea”, nel peccato mi concepì mia madre. 
   A quel pensiero mi ribellavo e trovavo assurdo che un atto 
d’amore benedetto da Dio potesse essere un peccato. 
La frase dunque doveva avere un altro significato. Quale? 
Aveva forse a che fare con il ‘peccato originale’? In che 
cosa sarà consistito questo misterioso peccato? 


   E, meditando, mi soffermai sul versetto seguente: 
“... Incerta et occulta Sapientiae tuae manifestasti 
mihi”, Tu, o Dio, hai manifestato a me i misteri della Tua 
Sapienza. 
   – Signore, non avete ancora manifestato alla Chiesa il 
mistero del ‘peccato originale’! Se lo avete rivelato al Re 
profeta, perché egli non lo ha detto?  – 
Mi addormentai e puntualmente ebbi un ‘sogno’. 


Scene di vita quotidiana 


Ecco il ‘sogno’.
 § 198    Mi trovavo in un cortiletto a poca distanza dal suo ingresso.


(Nota 49: Abbiamo visto che questo ‘sogno’ è stato ricevuto 2 anni 
prima della grande visione già raccontata, ma le scene si riferiscono ad un episodio avvenuto un anno e mezzo o due dopo la nascita della Bambina. 
Quindi Adamo, che nella rivelazione di prima aveva una quindicina d’anni, ora ne ha 16 o 17).

   A destra avevo la facciata di un rustico, di fronte un terrapieno, alto circa 6 m e lungo 5 o 6, che scendeva verticalmente e si congiungeva ad un muretto che in forma semicircolare delimitava, alla mia sinistra, il cortile per gli altri 
due lati. Questo spiazzo dominava la pianura sottostante 
verso Sud e verso Ovest.
   Davanti a me, poco più oltre e sempre vicino all’ingresso 
del cortile, vedo un animale femmina a statura eretta, alto 
quasi un metro, nero e peloso, di un pelo non fitto e liscio 
come quello delle scimmie, ma più rado e arruffato come la 
lanugine che l’uomo ha dall’adolescenza alla radice degli 
arti superiori ed inferiori. 
   Tiene in braccio il suo piccolo, brachicefalo, privo di naso 
e di mento, che con la sua mano si diverte a far oscillare 
il grande orecchio destro orizzontale della madre che esce 
sulla spalla e lo urta. 
   Alla sinistra di essa ci sono altre due femmine, pure in 
piedi e vedo, di profilo, il loro muso glabro con l’angolo 
facciale retto, senza mento e senza naso, con capelli che 
scendono sulla nuca fino al collo e davanti fino agli occhi. 
   Sono un po’ più alte della prima e guardano verso il centro 
del cortile. Le vedo dalle anche in su, così che posso osservare al di sopra delle loro teste, quello che esse vedono. 




§ 199    Quattro cuccioli della stessa specie si muovono carponi 
attorno ad una piccola Creatura umana, rosea e grassoccia, 
che vedo di schiena, ridere contenta e stare in piedi. 
   Età: un anno e mezzo o due.
Vidi poco dopo che era una Bimba.
Mi sembrò che il maschietto più grande insegnasse agli
altri a girare intorno alla Bambina e, passandole davanti, a 
fare la genuflessione doppia con inchino profondo. 
   Sopraggiunge dal lato opposto al mio un bel Giovane 
completamente nudo, dalla pelle arrossata e lucida, imberbe, con capelli neri che gli scendono fino alle spalle. 
   Scavalca il muretto e, passando attraverso la scena, va 
a sedersi sulla panca con le spalle appoggiate alla parete 
della costruzione rustica. Sta a guardare la scena. 
   Il cucciolo più grande, nero e peloso, con gli orecchi 
grandi, nudi, eretti fin sopra la testa, si muove con molta 
disinvoltura. Fa una genuflessione doppia e inchino profondo davanti al Giovane e poi davanti alla piccola Creatura 
umana, quindi si allontana verso il fondo del cortile con 
agili capriole. 
   Un altro cucciolo, questa volta femmina, un po’ più piccolo ma con gli orecchi orizzontali, si sforza di ripetere i gesti 
del primo, ma li fa in modo più impacciato.

 La femmina ‘sui generis’ della specie preumana 


§ 200   Vedo intervenire una femmina diversa, un esemplare eccezionale ed unico nel suo genere, non pelosa salvo alla 
radice degli arti, di pelle non nera ma giallastra, non vista 
prima perché era accovacciata presso l’angolo esterno del 
cortile alla mia sinistra. 
   Non ha orecchi eretti come i maschi, né completamente orizzontali come le altre femmine. Sono sì di grandezza 
sproporzionata, ma solo la parte superiore è piegata in fuori, orizzontalmente, di circa 4 cm e senza il bordo ripiegato 
della cartilagine.
   La sua bocca, quando è chiusa, non appare larga come 
quella dei suoi simili ma, quando la apre, si vedono i quattro 
canini un po’ più lunghi degli altri denti.
Ha gli avambracci lunghi, ma le mani sono meno rozze.
Ha gambe corte e tozze, ma non come gli altri esemplari 
della sua specie. È brachicefala, con i capelli opachi castano 
chiaro, lunghi dietro fino al collo e davanti fino agli occhi.
Ma sotto quella fronte bassa ci sono un paio di occhi umani e gote umane.
Mostra dai 25 ai 30 anni paragonata alla donna di oggi. 
Essa interviene fra i piccoli ogni volta che uno di essi si 
azzarda a toccare la Bambina. Avanza a salti. Non cammina 
sulle gambe, ma, servendosi delle braccia come di grucce, 
avanza portando innanzi il suo sedere ad ogni balzo. 
   Il più intraprendente è il maschietto più grande. Al sopraggiungere della femmina glabra, il più grandicello schizza 
via svelto con delle capriole.

 La Bambina è stata ‘concepita immacolata’

§ 201   Appena l’avevo vista la Voce mi suggerì delle parole che 
non ricordo esattamente, ma il cui senso era che: 
   – QUELLA FEMMINA SENZA PELO È LA MADRE DELLA BAMBINA, CONCEPITA IMMACOLATA PER L’INTERVENTO DIRETTO DEL CREATORE SULLA FORMAZIONE DEL GAMETE FEMMINILE E SULLA MODALITÀ 
DELLA SUA FECONDAZIONE AD OPERA DELL’UOMO 
‘IN SIMILITUDINE NATURAE’ – , cioè con un rapporto secondo natura, benché nel sonno, come dice la Bibbia. 


   La femmina bianca e senza pelo fa la genuflessione doppia e l’inchino profondo davanti al Giovane e costringe la 
cuccioletta nera a ripetere la cerimonia. Poi ritorna all’angolo dal quale era venuta. Altri due cuccioli, ultimi arrivati, 
si muovono sui quattro arti intorno alla piccola Creatura 
umana. 
   Interviene di nuovo il cucciolo più grande che ripete la cerimonia, ma succede confusione. Forse ha toccato la Bimba 
ai piedi, o questa vuol giocare coi più piccoli perché si curva 
verso di loro. C’è un nuovo intervento della femmina senza 
pelo che sopraggiunge dal suo angolo dove era tornata ad 
accovacciarsi. 
   Ma questa volta la femmina si avvicina troppo al Giovane 
e, dopo un nuovo atto d’adorazione con inchino profondo, 
pare dapprima che gli voglia toccare un ginocchio: poi lo 
tenta avvicinando la testa fra le ginocchia del giovane Uomo 
seduto. 
   Ma egli la scaccia, ed essa questa volta si erge in piedi 
e ritorna al suo posto ma, passando a fianco della Bimba 
intenta a guardare i più piccoli e china su di loro, le dà uno 
schiaffetto per scaricare su di lei l’umiliazione e procede. 
   La Bimba cammina piangendo verso il giovane Papà seduto e si ferma al suo fianco destro. Speravo che la prendesse in braccio, o che, almeno, l’accarezzasse. Invece egli sta 
osservando la femmina bianca che si allontana.

 La piana ai piedi del promontorio 


Cambia la scena.


§ 202   Vidi quest’ultima scena da un livello superiore, non più 
dal cortile dove prima il Giovane stava seduto sulla panca,
ma dal ballatoio di legno sovrastante la facciata alla quale 
egli prima appoggiava la schiena. 
   Questo ballatoio non era sporgente dalla facciata ma 
rientrante da essa e coperto dal tetto. 
Di là potei vedere, verso Sud, una grande pianura che dal 
piede dell’altura su cui mi trovavo si allungava fino a perdita d’occhio (3 o 4 km) nella foschia lontana, contenuta entro 
due solchi divergenti per tutta la lunghezza.


  All’inizio la larghezza della piana poteva essere di 50 m 
circa, più lontano pareva fosse più larga. 
Era tutta coperta di messi spontanee biondeggianti. 
Il pane era assicurato e anche la biada per gli animali servitori. 
Era un vasto campo di frumento, tracciato nella parte più 
prossima da qualche solco per l’irrigazione anche lungo la 
linea mediana. 
Nella parte occidentale di questa pianura e vicino all’altura su cui mi trovavo, il campo era stato ridotto ad orto con 
diverse specie d’ortaggi. 
   Oltre l’orto, fino alla distanza di 100 metri, vedevo una 
fila di cinque o sei casette alte un metro e mezzo, sicuramente costruite dal giovane Uomo per quelle femmine con i 
loro cuccioli, ed una più grande in mezzo all’orto, forse per 
mettere a riparo gli attrezzi da lavoro. 
   Sul ballatoio compare il Giovane dall’estremità Sud. Lo 
seguo fino al capo opposto di esso. Di là, una scaletta saliva 
sopra il terrapieno. Sale e, girando a sinistra, percorre il terrazzo fino al suo termine (oltre l’ingresso dell’abitazione con 
i preziosi che vidi nella grande visione). Lo percorro con lui 
ed entro in una grotta che riceveva luce solo dall’entrata. 
   Il soffitto era composto di lastroni di pietra giallastra di 
arenaria. L’abitacolo era stato evidentemente ricavato lungo una cengia e murato in tutta la sua lunghezza nella parte 
esterna. 
All’interno dell’abitacolo la parete di sinistra, volta a valle 
e lungo la quale camminavo, era coperta da una malta di sabbia grigia, sopra uno sfondo nero non ben levigato che aveva 
lo scopo di renderla impermeabile. Alla mia destra c’era un 
giaciglio, alto 30-40 cm, addossato alla parete rocciosa. 
   Ora mi ritrovo nella parte più interna dell’abitacolo. Il Giovane vi si adagia con i piedi verso l’ingresso. 
Lo osservo di scorcio da dietro la sua testa, al suo stesso 
livello,vicinissimo. 


La Bimba è innocente 
riguardo al peccato originale 


§ 203   Compare all’ingresso la Bambina nuda. Si ferma un poco. 
Poi avanza coi passetti incerti dei pargoli di un anno e mezzo o due, forse per l’asperità del pavimento. 
   Mentre passava a fianco del giaciglio, m’aspettavo di vedere il giovane Papà farle una carezza, ma nulla. Ormai 
avevo capito che il giovane Uomo era il Capostipite Adamo. 
Non volevo guardare la Bimba perché era nuda, ma una 
Voce mi disse: 
   – GUARDALA! È MOLTO BELLA.  – 
Era proprio molto bella. Un viso paffuto, con lineamenti 
così delicati, armoniosi e ben proporzionati che mi fecero 
sorridere. Anche le sue membra erano ben proporzionate e 
grassocce. La pelle era lucida e rosea, ma di un roseo meno 
intenso di quella del suo Papà. 


   La vedevo bene nonostante fosse in controluce. Pareva a 
piedi scalzi, ma forse aveva una suoletta. 
Passò lungo il fianco del giaciglio, superò il posto nel 
quale mi trovavo e si diresse verso il fondo dell’abitacolo e 
non la vidi più. Doveva avere, penso, il suo giaciglio dietro 
a me. 
   – RICORDATI CHE È INNOCENTE!  – mi venne detto  
– RICORDALO!  – 
Non capii che queste parole si riferivano al fatto che stava 
per accadere.

Quella femmina “PONTE” 


§ 204   Vidi, invece, un’ombra comparire e sparire due, tre volte, 
all’ingresso della grotta. 
   La terza volta la vidi completamente inquadrata nella luce 
dell’ingresso. Non la vedevo bene in controluce, ma quegli 
orecchi lunghi, dalle punte orizzontali mi fecero capire che 
era la femmina glabra già vista nel cortile.

   La Bambina non poteva essere salita lassù da sola; vi fu 
portata certamente dalla madre, la quale si era fermata 
fuori dell’ingresso per l’abitudine, perché evidentemente il 
Giovane non la voleva nel cubicolo. 
   Le reiterate apparizioni della sua testa nel vano dell’ingresso dovettero corrispondere ad altrettanti segnali della sua voce, perché emetteva la lingua. 
   Certo ciangottava come una gatta in calore. Era la sua 
stagione, prevista dal giovane Uomo. 


   Egli “diede ascolto a quella voce”, incoraggiandola, suppongo, la prima, la seconda, la terza volta che essa aveva 
sporto la testa dallo stipite dell’ingresso. Poi lo vidi sollevare la testa dal guanciale e anche un po’ le spalle, poiché 
giaceva supino, e la guardò per alcuni istanti. 
   Forse la invitava. 
Fu allora che essa si decise ad entrare. 


La solita Voce intervenne dicendo: 
– PONTE.  – 
   Rimasi pensieroso. Quale legame poteva esserci mai fra 
quel che vedevo e un ponte? Rinunciai a capire e concentrai 
nuovamente la mia attenzione sulla femmina che mi stava 
davanti.

 Il ‘peccato originale’

§ 205   La vedevo solo dalle anche in su, ma poi, dai movimenti che faceva, capivo che poggiava prima un ginocchio sul 
giaciglio da un lato dei piedi del Ragazzo, poi l’altro ginocchio dall’altro lato. 
   Quindi, aiutandosi con le lunghe braccia come grucce, si 
spinse innanzi sopra il corpo del Giovane, fino a presentare 
i suoi seni sopra la faccia di lui come volesse offrirgli il proprio ‘frutto’, cioè il latte dei suoi seni. 
   Quando si chinò sopra di lui vidi il suo muso ad un palmo 
sopra i miei occhi. 
Quella testa schiacciata, quei capelli corti che le scendevano fin sugli occhi, quegli orecchi enormi e orizzontali, quella bocca dalle labbra aperte fino alla radice delle mascelle, 
ma specialmente quegli occhi grossi, quasi fuori 
dalle orbite, che mi fissavano, mi fecero inorridire.

   In quel momento fui scosso di soprassalto dal fracasso 
che pareva ripetere un suono simile a pecc... pecc... pecc... 
prodotto dalla messa in moto di un grosso camion a tre assi 
posteggiato a fianco della mia casa. 
   Istintivamente mi ritrassi e mi svegliai. 
Anch’io giacevo supino ed avevo l’impressione che la femmina giallastra fosse sopra di me come se mi fosse venuta 
addosso. Che orrore! 
   Contemporaneamente una Voce potente, assecondando lo 
strepito del motore e dell’innesto della marcia, disse:
   – PECCATO ORRRR... ENDO, ... ORRRR... IBILE, ... 
ORRRR... IGINALE. – 
   Il tre assi partì con un suono metallico, come se il parafango 
fosse urtato ripetutamente da un ferro. Mi alzai esclamando:

– Gesù mio, misericordia! E il Ragazzo si è innamorato di 
una strega simile?  –

§ 206    Non si era innamorato di quella femmina preumana. Si 
era solo illuso di generare da essa una creatura bella come 
la Bambina. 
   Vide (perché aveva osservato) che l’albero (selvatico) era 
bello (rispetto alle altre femmine) e desiderabile per arrivare alla conoscenza (ossia al rapporto generativo) per avere 
altri figli (Genesi 3,6). 
   Non vidi il Giovane mangiare cioè succhiare il frutto ossia il latte dell’albero, né lo vidi mangiare dell’albero. Era 
intuitivo.

   Pensai: “Inimicus homo superseminavit zizaniam”. Solo 
un ribelle poteva seminare la zizzania sopra il campo del 
Signore, la Vita Umana! 


   Riflettei: “Qui potest facere mundum de immundo concepto semine?”. E chi se non Dio può nuovamente rendere 
mondo ciò che è stato concepito da un seme immondo? 
   
Ripensando allo strepito (pecc... pecc... pecc...) di quel 
motore che veniva messo in moto e alle tre parole udite 
contemporaneamente a quel rumore, specialmente all’ultima con quell’‘erre’ prolungata della parola ORRRR... 
IGINALE, sono indotto a credere che fosse già predisposta 
la coincidenza della parola col fracasso onomatopeico che 
ho già detto e che mi ha fatto sussultare inorridito. 






§ 207   Avevo quasi dimenticato molti particolari di questo ‘sogno’, quando, due anni dopo la grande visione del 1972 e 
quattro da questa rivelazione, ebbi un altro ‘sogno’, quello 
de ‘La sera del giorno fatale della morte di Abele’ che narrerò più avanti.

   Quel ‘sogno’ aveva un preciso riferimento a questo, riguardo alla Donna. Quando durante quella rivelazione dissi “vorrei vederla, perché non l’ho mai vista”. 
   – L’HAI VISTA  – mi fu risposto e rividi la Bambina nel 
cortile e nel cubicolo con il padre e udii nuovamente le parole: 
   – RICORDATI CHE È INNOCENTE!  – 
   Il Signore voleva riportarmi con la memoria a questa rivelazione (del ‘peccato originale’), perché l’estraneità della 
Donna a questo peccato è fondamentale per la comprensione 
di tutta la Rivelazione dell’Antico e del Nuovo Testamento.

 L’ibridazione della specie umana creata perfetta 


§ 208   Se Adamo non si fosse illuso di generare da questa femmina preumana delle persone, cosa che non poteva accadere 
senza l’intervento del Signore, passata la sua generazione il 
problema non si sarebbe mai più ripresentato per l’incompatibilità genetica fra le due specie. 
  
 Se il Capostipite non avesse generato dalla femmina ancestre, essa non avrebbe portato con i suoi cromosomi lo squilibrio nella specie umana. Invece l’istinto bestiale entrato 
nel patrimonio genetico dell’umanità, sarà il genio malefico 
dell’animo umano.

   Ecco dunque perché aveva così grande valore l’obbedienza a Dio: il Giovane non poteva conoscere le leggi della 
genetica, e Dio non era tenuto a spiegargliele, ma solo a 
dargli un ordine e fargli sapere che, se avesse trasgredito, 
la sua specie, come specie pura, avrebbe trovato la morte... 
l’estinzione. È quanto è accaduto.

§ 209    Per l’uomo perfetto era impossibile generare dagli ancestri comuni. I cromosomi, come i gancetti di una cernieralampo, possono combinarsi solo se sono appaiati o, al massimo, se da un lato ve n’è solo uno in più. 
   Quindi fra la specie umana e quella preumana non c’era 
alcuna possibilità di ibridazione perché la differenza di due 
cromosomi rendeva impossibile l’aggancio a tutta la cerniera. “... Puoi mangiare a volontà di tutti gli alberi del 
giardino...”  
(Nota 50:“Questa era un’ipotesi teorica  
– spiegava don Guido  – che non voleva intendere che ad 
Adamo fosse concesso accoppiarsi alle altre femmine ancestri esclusa Eva. Sarebbe inverosimile una mostruosità simile! ‘Deus intentator malorum est’, Dio non può spingere alcuno 
al male”.)


 è una frase che nasconde una verità di ordine 
genetico: i cromosomi ed i geni della cellula riproduttiva 
umana non potevano attecchire con quelli della cellula riproduttiva delle altre femmine ancestri.
   Potevano attecchire solo con quelli dell’‘albero della conoscenza del bene e del male’, cioè con quell’esemplare 
unico ed eccezionale, il ‘capo di ponte’ che doveva restare 
‘ponte a senso unico’ e che non doveva essere usato in senso 
vietato, pena la rovina, la morte del genere umano come 
specie pura.

   Passato il pericolo relativo a questa femmina, le due specie avrebbero potuto coesistere serenamente. 
Da qui il perentorio divieto di ‘mangiare’ il frutto di ‘quell’albero’. 
Il Giovane disobbedì.

Si credeva un dio in Terra e volle fare come Dio, non 
sapendo che, troncato il cordone ombelicale che univa la 
Bambina alla madre preumana, “Deus cessavit ab omni 
opere suo quod patrarat”, Dio aveva terminato il Suo programma d’intervento creativo diretto, essendo stato raggiunto il finalismo della creazione della specie umana. 


   Voler fare come Dio aveva fatto è stata l’infausta presunzione del primo Uomo che così creò un ‘ponte’ fra le due 
specie, aprendo la via all’involuzione della specie umana 
dalla quale tuttora non siamo completamente risorti. 
   Adamo non sapeva che i figli ereditano i caratteri non solo 
del padre ma anche della madre in uguali proporzioni. 
Credeva, come si è creduto fino a tempi relativamente recenti, che la femmina fosse solo il ‘locus aptus’, il luogo 
adatto come il solco della terra per far germogliare il seme. 
   La sua ignoranza delle leggi della genetica non giustifica 
il suo peccato di disubbidienza, di presunzione, di incesto 
bestiale.


Caino, il frutto di questo rapporto vietato, come mi fu fatto 
vedere nella terza, nella sesta e nella settima rivelazione, 
sarà in tutto simile ai figli delle sorelle di Eva perché erediterà i caratteri fisici della specie degli ancestri dalla madre.  Sarà nero, peloso e brachicefalo ecc… 
   Ma erediterà dal padre i caratteri psichici e intellettivi 
nella misura in cui sarà capace. Da quel peccato, infatti, 
ebbe origine l’ibridazione della specie umana con quella 
subumana degli ancestri.

   Essa avrebbe portato all’estinzione della specie umana 
pura e al totale abbrutimento di quella ibrida se il Creatore, 
“per opera del quale furono fatte tutte le cose”, non fosse 
intervenuto ‘in extremis’ ad eliminare con il diluvio, cosiddetto universale, o con più diluvi, tutti gli individui irrecuperabili e non avesse guidato la rievoluzione di quei pochi 
che erano meno contaminati dalle tare ancestrali. 
   Dunque solo in questo caso si può parlare di ‘rievoluzione 
guidata’. 


   L’ipotesi o teoria sostenuta nel ‘700 da Leclerc era dunque esatta. Egli era credente e credeva alla Bibbia che dichiara l’Uomo fatto ‘molto bene’ da Dio e non allo stato di 
bestia in via di evoluzione, e che l’umanità fu corrotta fin 
dalla prima generazione a causa dell’ibridazione fra le due 
specie mediante il ‘trait d’union’ o ‘capo di ponte’. Leclerc 
ebbe una profonda intuizione o una rivelazione? Se avesse 
detto di aver avuto una rivelazione sarebbe morto sul rogo!! 
Io non fui messo al rogo, ma ho sperimentato quanto pesi 
essere emarginato...! 


§ 210   Avendo assistito al ‘peccato originale’ compresi il vero significato della ‘circoncisione’: la ‘costa’ 


(nota 51: Fino dall’adolescenza don Guido aveva intuito che l’espressione 
allegorica della Genesi (la costa) 
nascondeva un significato genetico, aiutato dalla fortuita identica espressione idiomatica del suo paese natio che chiamava ‘costa’ il membro maschile. Don Guido riteneva inutile fare esegesi biblica su un termine metaforico. Prima, diceva, bisogna comprendere il concetto che si nasconde dietro un eufemismo, poi si può tradurlo adeguatamente. Infatti aveva compreso che “se la Donna fu tratta dalla ‘costa’ 
di Adamo, Ella era sua Figlia”)
  
di Adamo peccò e la ‘costa’ di Abramo e figli fu circoncisa. 


   Compresi anche che il Battesimo è un perfezionamento 
della circoncisione:

1) la ‘circoncisione’ è un atto di riparazione al ‘peccato 
originale’: è un atto simbolico di sottomissione e di obbedienza a Dio in contrapposizione all’autosufficienza e alla 
disobbedienza di Adamo;

   2) il ‘Battesimo’ è un atto formale di adozione a ‘figlio 
di Dio’, previa la sottomissione a Dio. Il diseredato viene 
riammesso ai diritti dell’eredità. 


La circoncisione non può essere considerata in modo riduttivo 
come un atto di mera osservanza alla Legge, ma deve 
essere il segno di una consapevole volontà di riscatto dalla 
condizione di illegittimità di fronte a Dio. La Circoncisione 
è l’espressione della volontà dell’uomo di stringere un’alleanza 
personale con Dio alla quale Dio risponderà con l’adozione a figlio mediante il Battesimo.



LAUDETUR JESUS CHRISTUS!
LAUDETUR CUM MARIA!
SEMPER LAUDENTUR!

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