Il SEGNO DI CAINO
PRIMA RIVELAZIONE:
ricevuta a Chies d’Alpago in data incerta fra il 1965 e il 1968
(Nota della curatrice)
È bene ricordare al lettore che questa locuzione è pervenuta almeno quattro anni prima della grande visione appena descritta [vedi Don Guido Bortoluzzi (7)] e che prima di questa rivelazione don Guido non aveva avuto alcuna rivelazione. Aveva solo intuito che la Donna era figlia di Adamo perché tratta
dalla sua ‘costa’, ma la identificava ancora con Eva.
Premessa
§ 191 Rileggendo nella Bibbia il racconto della ‘Torre di Babele’, giunsi al versetto 5-8 del Capitolo 11 della Genesi e mi soffermai alle parole:
“Il Signore discese e disse: – Confondiamo le loro lingue
in modo che non si intendano più –”.
– Macché! È un’eresia – esclamai. – “Deus intentator malorum est”, dice la lettera di S. Giacomo, Dio non può tentare nessuno al male (Gc. 1,13). La confusione è avvenuta molto tempo prima, sicuramente con il peccato originale. –
La prima locuzione interiore
§ 192 Rilessi la storia di Caino e mi fermai ad indovinare quale
fosse “il segno che il Signore gli aveva posto perché chi lo
avesse incontrato non lo uccidesse” (Genesi 4,15).
“Quel ‘segno’ – pensai, – deve essere sul davanti della
sua persona, per essere riconoscibile da chi lo incontra:
a) Un marchio sulla fronte? Sarebbe stata una crudeltà. Doveva
essere un segno a sua difesa, non a sua condanna.
b) Un orecchino? Non è in faccia.
c) Un anello al naso? O sul labbro inferiore? Impossibile.
d) Un segno sul mento? Nella bocca?”.
– FERMATI LÌ – mi disse una Voce sommessa – NON SI
VEDE, SI SENTE. –
Era la prima volta in assoluto che udivo la Voce del
Signore. Ne rimasi commosso.
“Allora è dentro la bocca” pensai.
e) – I canini sporgenti? -
– È QUELLO DI CUI TI INTERESSI. -
Chiusi il Libro, vi appoggiai la fronte e stetti parecchi minuti a fantasticare. Domandai:
– Signore, che segno era quello? Doveva aprire la bocca,
mostrare la lingua?-
La stessa Voce mi suggerì in tono chiaro:
LA PAROLA. – Fui entusiasta della rivelazione ed esclamai:
– Grazie, Signore; questo potevate dirmelo solo Voi! –
'‘La parola’'
§ 193 Andavo ricapitolando: “L’uso cosciente della parola, o
la manifestazione del pensiero attraverso la parola, come
ebbe a dire Paolo VI, è privilegio esclusivo dell’Uomo fra
tutti gli esseri creati in quanto è stato fatto ad immagine di
Dio”.
Quindi il primo Uomo, creato perfetto ad immagine e somiglianza di Dio, parlava. In senso accomodativo si può dire che:
“In principio erat verbum”, in principio, all’inizio dell’umanità
esisteva la parola, il linguaggio.
Ma se ‘la parola’ era un requisito normale per l’Uomo,
come poteva essere un segno che contraddistingueva Caino
come uomo?
Conclusi che se l’umanità ai suoi esordi era ristretta a
quell’unica famiglia che necessariamente parlava e che se
Caino si faceva conoscere come uomo soltanto con l’uso
della ‘parola’ per non essere ucciso, era chiaro che Caino
nelle forme somatiche non si dimostrava un uomo ma un
ominide.
L’ipotesi dell’ibridazione della specie umana con quella subumana, espressa da alcuni studiosi già nel ‘700, era
dunque ben indovinata
(Nota 48: Don Guido sta pensando al francese George Louis Leclerc conte di Buffon (1707-1788). Fu il primo studioso di scienze naturali nell’intuire che se l’Uomo era stato creato perfetto, come dice
la Bibbia, e poi era decaduto allo stato bestiale, la causa andava ricercata in un problema di ibridazione genetica).
E di conseguenza se Caino, come dice la Bibbia in Genesi 4,15,
aveva timore di venir ucciso perché poteva essere
scambiato per un ominide, è chiaro pure che era cominciata
la caccia agli ominidi per sterminarli ed impedire che si
moltiplicassero e compromettessero ancora l’integrità della
specie umana mediante rapporti generativi irresponsabili.
A conferma di questa supposizione starebbe il “canto della
spada” di Lamek, quel Lamek discendente di Caino (Genesi
4,18-24) che non va confuso con il suo omonimo discendente di Set (Genesi 5,25-31).
Grazie a questo ‘segno’ Caino non fu ucciso. Sicuramente
non prima d’aver generato, poiché noi uomini odierni
siamo tutti discendenti di Caino.
IL PECCATO ORIGINALE
SECONDA RIVELAZIONE:
ricevuta nel 1970 a Farra d’Alpago e scritta dopo il 1974
legata a quella precedente, ragione per cui don Guido ha voluto che i due capitoli fossero messi di seguito.
Va ricordato al lettore che, quando nel 1970 don Guido ebbe questa rivelazione, non aveva ancora avuto la grande visione del 1972 riportata nelle pagine precedenti. Aveva avuto solo la rivelazione de ‘Il segno di Caino’ ricevuta sotto forma di locuzione interiore. Quindi, durante questa rivelazione, non conosce ancora la vera identità di Eva, motivo questo che giustifica le riflessioni precedenti il racconto di questa rivelazione, ma ha già assunto come una certezza la tesi dell’ibridazione della specie umana.
Partendo però da questa conclusione, si aprivano due possibilità: chi
aveva peccato con un ancestre, il primo Uomo o la prima Donna? La Bibbia diceva che “Eva aveva ascoltato il ‘serpente’ e che poi... ‘aveva mangiato’ e aveva dato da mangiare all’Uomo”.
Il verbo ‘mangiare’ aveva chiaramente un significato allegorico. Era una metafora per intendere ‘avere rapporti generativi’. Lo diceva già il commento del Sales (Genesi 4,1). Inoltre questa era una deduzione logica sapendo che la conseguenza del peccato originale
era stata la nascita di Caino, un ibrido. Tutto ciò, però, non era ancora sufficiente per la comprensione del testo biblico.
Il problema quindi era insolubile e don Guido comprese che né lui, né
altri, avrebbe potuto risolverlo senza l’aiuto di Dio. Perciò, quando si arrese di fronte ai suoi limiti, il Signore lo considerò pronto a ricevere la rivelazione del ‘peccato originale’ che gli svelò sotto forma di ‘sogno profetico’.
Data la scabrosità del contenuto, il ‘sogno profetico’ fu scelto
dal Signore come il modo migliore affinché il messaggio arrivasse
a don Guido, volente o non, almeno nel subconscio.
È la stessa dinamica della rivelazione della morte di Abele e di alcune
altre rivelazioni avvenute prima e dopo la grande visione.
Poiché don Guido aveva un carattere forte e deciso e quand’era contrariato opponeva tutte le sue forze per resistere a un’idea che non approvava, il Signore lo mise in condizione di accogliere come conoscenza ciò che probabilmente ad occhi aperti avrebbe rifiutato.
Il fatto che avesse avuto questa rivelazione ‘in sogno’, gli creò non pochi problemi di credibilità. In quest’epoca così materialista, le esperienze che non possono essere scientificamente dimostrate e ripetute trovano poco credito!
Perfino egli stesso fu indotto in un primo tempo, a causa della scabrosità del contenuto, a respingerlo come fonte di conoscenza, cercando con la volontà di dimenticarlo. Solo dopo la grande visione del 1972 e dopo aver compreso i collegamenti con quella, essendosi tranquillizzato che pur questo era un messaggio autentico del Signore, si accinse a trascriverlo dando ad esso l’importanza che ha un ‘sogno profetico’.
Perciò, prima di proseguire, è utile spendere qualche parola per spiegare al lettore che cosa s’intende quando si parla di ‘sogni profetici’.
I ‘sogni profetici’
Questi sono una delle tante modalità scelte dal Signore, come le locuzioni, le visioni, le estasi, le apparizioni, ecc., per far conoscere il Suo Pensiero o la Sua Volontà agli uomini.
Il termine oggi suona in modo strano perché si tende a confonderli con
i sogni onirici o sogni comuni che sono una proiezione inconscia dell’‘io’.
Ma don Guido, che ha sperimentato cosa sia un ‘sogno profetico’, sa che, a differenza dei normali sogni, la mente e le capacità razionali non vengono attenuate, ma addirittura potenziate! Egli infatti mantiene tutte le sue capacità di analisi e di sintesi, mentre il suo corpo rimane in totale inerzia, nel sonno appunto.
Il ‘sogno profetico’ ha per don Guido molte caratteristiche
simili alla visione, dove le capacità intellettive e la memoria restano integre, tant’è vero che le mette sullo stesso piano.
Nell’Antico Testamento, quando questo avveniva, nessuno se ne stupiva, e parlarne era cosa normale. Il soggetto infatti, al suo risveglio, non
aveva alcun dubbio che il sogno avesse un contenuto profetico autentico,
anche se talvolta in chiave allegorica da decodificare.
Ma, a differenza di S. Giuseppe, di don Bosco e di altri Santi, don Guido è meno docile perché tende a respingerne i contenuti. Se, come accadde, le scene che ha visto sono troppo violente per il suo animo sensibile, inconsciamente tende a cancellarle dalla sua mente.
Tuttavia alcuni ricordi si sistemano ugualmente nel suo inconscio, permettendogli più tardi di fare collegamenti, similitudini, deduzioni, ecc. fino a quando, confermato dal Signore, si decide a prenderne nota.
È comunque chiaro che don Guido, come egli stesso afferma nel suo
manoscritto, non fa alcuna distinzione fra visioni in stato di veglia o di
sonno, poiché entrambe sono esperienze soprannaturali che gli danno immagini della medesima intensità, nitidezza e consapevolezza. Si tratta, in entrambi i casi, di doni carismatici in cui le percezioni avvengono attraverso lo Spirito e sono altrettanto vive di quelle percepite in stato di veglia attraverso i sensi./
Premessa
§ 194 È la seconda rivelazione dopo quella de ‘Il segno di
Caino’, ma questa mi venne fatta ‘in sogno’.
Ho già detto come mi fu rivelato ‘Il segno di Caino’ mentre stavo studiando sul libro della Genesi le parole che lo riguardavano. Quel ‘segno’ era ‘la parola’, l’uso della favella, prerogativa esclusiva dell’Uomo, perché solo all’Uomo
fu dato un cervello perfetto, molto più perfetto di qualunque
altro animale, un apparecchio computer ricetrasmittente.
Quella prima rivelazione rafforzò il concetto che mi ero
formato sul problema della confusione delle lingue come
effetto della confusione o ibridazione fra la specie umana
e quella degli ominidi-ancestri. L’uso della favella era dunque un’eccezione per Caino che doveva assomigliare in tutto ad un ominide-ancestre.
Nel testo di ‘Storia Sacra’ scritto da don Bosco avevo
appreso che Caino, diventato vecchio, era tanto ‘peloso’ e
brutto ‘da essere scambiato per una bestia’.
Ma mi chiedevo se fosse già vecchio quando uccise Abele
e se fosse brutto fin dalla nascita, donde l’invidia verso il
fratello come Esaù verso Giacobbe.
Caino dunque doveva essere frutto del peccato originale
commesso dal primo Uomo, peccato ripetuto dai discendenti
puri di Adamo, i ‘Figli di Dio’, “quando videro che tra le ‘figlie degli uomini’ (le discendenti ibride di Caino) ce n’erano
di belle (non pelose) e le presero in sposa” (Genesi 6,1-2).
Studiai di nuovo il terzo capitolo della Genesi e considerai il versetto 6: “Vidit quod bonum esset lignum ad vescendum... aspectuque delectabile”, cioè “Adamo vide che
l’albero genealogico era buono e, nell’ebraico si legge, desiderabile per avere conoscenza”.
Quel ‘conoscenza’ è un eufemismo: indica, come si sa,
‘rapporto generativo’. Qui sta il nodo del mistero: individuare
l’albero genealogico che, conosciuto, avrebbe portato alla rovina.
La rovina del genere umano non poteva venire per via di
generazione dall’Albero genealogico della Vita umana,
perché il Creatore, che fece bene tutte le cose, fece benissimo
il Campione dell’umanità e altrettanto bene la sua legittima
Sposa, la Donna. Dunque, la rovina non avrebbe potuto venire dalla Donna, perché anch’essa apparteneva all’Albero della Vita,
giacché fu “tratta dalla costa”, cioè dal seme, di Adamo
e un rapporto generativo fra Lei e l’Uomo non solo
non era proibito, ma comandato.
L’incesto nella prima e seconda generazione, nella monogenesi della specie umana come per qualsiasi altra specie,
era d’obbligo per necessità di natura per la trasmissione dei
caratteri integri della nuova specie e per l’unità stessa della
specie. Non c’erano alternative.
Perciò l’albero genealogico a cui allude il versetto doveva
essere estraneo alla specie umana.
Questa è la verità che si nasconde dietro l’espressione metaforica del versetto 3,6 della Genesi.
In altre parole l’Uomo, quel primo Uomo e come lui ogni
suo discendente legittimo, doveva evitare ogni rapporto generativo al di fuori della sua specie, cioè con ‘l’albero genealogico’ da cui fu tratto: quello degli ancestri.
§ 195 Ed ecco i miei pensieri: [leggere con particolare attenzione]
– Dice la Genesi al versetto 15 del terzo capitolo: “Porrò
inimicizia fra te, serpente, e la Donna e fra il tuo seme e
quello di lei”. L’“inimicizia fra il ‘serpente’ e la Donna”, rispecchiata nella “inimicizia fra ‘il seme’ suo (del serpente)
e quello di lei (della Donna)”, si riferisce a Caino e Abele?
Ma se essi sono entrambi figli di Adamo (Genesi 4,1-2), allora essi avrebbero avuto come madre, il primo questo simbolico ‘serpente’ e l’altro la Donna.
– Che cos’era quel ‘serpente’ maledetto femmina, il cui
seme avvelena e porta alla morte?
– Il problema era ancora incentrato nei primi versetti del
terzo capitolo:
– Se le madri di Caino e Abele, come è detto al versetto
3,15, sono distinte e sono per Caino il ‘serpente’ e per Abele
la Donna, e se in entrambi i casi il padre è lo stesso Adamo,
allora al versetto 4,2 dove si dice che “Adamo conobbe
Eva, sua moglie; ella concepì e partorì Caino; e poi partorì
il fratello di lui Abele”, il verbo ‘partorì’ (="dare alla luce"),
qui espresso al femminile, andrebbe sostituito con ‘generò’
che indica per entrambi i casi la paternità di Adamo, al maschile.
Per lo stesso motivo il pronome femminile andrebbe sostituito con un pronome maschile che sottintenda Adamo,
così: “Adamo conobbe Eva, da essa egli generò Caino e poi
(Adamo) generò, dalla Donna, il fratello di lui Abele”.
– Certo è che tutti e due sono figli di Adamo, il primo
sicuramente della femmina denominata ‘il serpente’, l’altro
della Donna.
– E se la madre di Caino nei versetti precedenti era stata
denominata ‘il serpente’, era improprio chiamare quella femmina
‘moglie’ di Adamo.
Questi ed altri insistenti interrogativi mi venivano alla
mente ogni volta che mi dedicavo alla lettura della Genesi.
Ricordandomi d’avere a casa mia a Farra d’Alpago una
Bibbia del 1700 con molte note in calce, pensai che, vista
l’epoca in cui fu stampata così vicina a quella di George
Louis Leclerc conde de Buffon, ci fosse in essa qualche accenno alla sua teoria sull’ibridazione della specie.
Avevo sistemato la biblioteca nella mia camera. Presi
quella Bibbia del ‘700, scritta ancora con la lettera "f" al
posto della ‘s’, e vi studiai fino a mezzodì.
Tempo sprecato, delusione, amarezza. Per quanto mi arrovellassi il cervello in tante supposizioni, capivo che non
potevo riuscire a comprendere quel mistero tenuto nascosto
per tanti secoli ai profeti dell’Antico Testamento ed anche a
quelli del Nuovo.
§ 196 ! Ma sapevo che ci sarei riuscito, perché nel 1928 Padre
Matteo Crawley, al termine di una meditazione che tenne
a noi chierici, predisse al seminarista della I liceo classico
Albino Luciani che sarebbe salito ai più alti gradi della
Gerarchia Ecclesiastica, e predisse a me, alunno allora di I
teologia, che sedevo a 2 metri davanti a lui nel banco della
Cappella, che il Signore mi avrebbe rivelato i segreti della
Bibbia.
Mi predisse anche avversità, ma aggiunse che il Signore
mi avrebbe sostenuto e consolato con le Sue rivelazioni.
Ricordavo inoltre come, già nel 1922, anche don Giovanni
Calabria, da Verona, [Nota d. r.:1873+ 4.XII.1954; beatificato
dal Beato Giov.Paolo II il 17.4.1988] mi fece sapere
che ‘da anziano, avrei dovuto scrivere un libro importante
sulla Genesi Biblica’ e aveva insistito che lo scrivessi presto.
Erano però ormai trascorsi tanti anni e le tristi vicende
che si erano succedute nella mia vita mi insegnavano che
non ero più la persona adatta per ricevere una rivelazione.
§ 197 Chiusi la Bibbia a mezzodì e, dopo un pasto frugale, andai
a riposare nella camera attigua alla mia, sul letto che era
stato della mia povera mamma, morta alcuni mesi prima.
Adagiandomi ero arrivato a recitare le parole del Miserere
del Salmo 50 di Re Davide: “Et in peccatis concepit me mater mea”, nel peccato mi concepì mia madre.
A quel pensiero mi ribellavo e trovavo assurdo che un atto
d’amore benedetto da Dio potesse essere un peccato.
La frase dunque doveva avere un altro significato. Quale?
Aveva forse a che fare con il ‘peccato originale’? In che
cosa sarà consistito questo misterioso peccato?
E, meditando, mi soffermai sul versetto seguente:
“... Incerta et occulta Sapientiae tuae manifestasti
mihi”, Tu, o Dio, hai manifestato a me i misteri della Tua
Sapienza.
– Signore, non avete ancora manifestato alla Chiesa il
mistero del ‘peccato originale’! Se lo avete rivelato al Re
profeta, perché egli non lo ha detto? –
Mi addormentai e puntualmente ebbi un ‘sogno’.
Scene di vita quotidiana
Ecco il ‘sogno’.
§ 198 Mi trovavo in un cortiletto a poca distanza dal suo ingresso.
(Nota 49: Abbiamo visto che questo ‘sogno’ è stato ricevuto 2 anni
prima della grande visione già raccontata, ma le scene si riferiscono ad un episodio avvenuto un anno e mezzo o due dopo la nascita della Bambina.
Quindi Adamo, che nella rivelazione di prima aveva una quindicina d’anni, ora ne ha 16 o 17).
A destra avevo la facciata di un rustico, di fronte un terrapieno, alto circa 6 m e lungo 5 o 6, che scendeva verticalmente e si congiungeva ad un muretto che in forma semicircolare delimitava, alla mia sinistra, il cortile per gli altri
due lati. Questo spiazzo dominava la pianura sottostante
verso Sud e verso Ovest.
Davanti a me, poco più oltre e sempre vicino all’ingresso
del cortile, vedo un animale femmina a statura eretta, alto
quasi un metro, nero e peloso, di un pelo non fitto e liscio
come quello delle scimmie, ma più rado e arruffato come la
lanugine che l’uomo ha dall’adolescenza alla radice degli
arti superiori ed inferiori.
Tiene in braccio il suo piccolo, brachicefalo, privo di naso
e di mento, che con la sua mano si diverte a far oscillare
il grande orecchio destro orizzontale della madre che esce
sulla spalla e lo urta.
Alla sinistra di essa ci sono altre due femmine, pure in
piedi e vedo, di profilo, il loro muso glabro con l’angolo
facciale retto, senza mento e senza naso, con capelli che
scendono sulla nuca fino al collo e davanti fino agli occhi.
Sono un po’ più alte della prima e guardano verso il centro
del cortile. Le vedo dalle anche in su, così che posso osservare al di sopra delle loro teste, quello che esse vedono.
§ 199 Quattro cuccioli della stessa specie si muovono carponi
attorno ad una piccola Creatura umana, rosea e grassoccia,
che vedo di schiena, ridere contenta e stare in piedi.
Età: un anno e mezzo o due.
Vidi poco dopo che era una Bimba.
Mi sembrò che il maschietto più grande insegnasse agli
altri a girare intorno alla Bambina e, passandole davanti, a
fare la genuflessione doppia con inchino profondo.
Sopraggiunge dal lato opposto al mio un bel Giovane
completamente nudo, dalla pelle arrossata e lucida, imberbe, con capelli neri che gli scendono fino alle spalle.
Scavalca il muretto e, passando attraverso la scena, va
a sedersi sulla panca con le spalle appoggiate alla parete
della costruzione rustica. Sta a guardare la scena.
Il cucciolo più grande, nero e peloso, con gli orecchi
grandi, nudi, eretti fin sopra la testa, si muove con molta
disinvoltura. Fa una genuflessione doppia e inchino profondo davanti al Giovane e poi davanti alla piccola Creatura
umana, quindi si allontana verso il fondo del cortile con
agili capriole.
Un altro cucciolo, questa volta femmina, un po’ più piccolo ma con gli orecchi orizzontali, si sforza di ripetere i gesti
del primo, ma li fa in modo più impacciato.
La femmina ‘sui generis’ della specie preumana
§ 200 Vedo intervenire una femmina diversa, un esemplare eccezionale ed unico nel suo genere, non pelosa salvo alla
radice degli arti, di pelle non nera ma giallastra, non vista
prima perché era accovacciata presso l’angolo esterno del
cortile alla mia sinistra.
Non ha orecchi eretti come i maschi, né completamente orizzontali come le altre femmine. Sono sì di grandezza
sproporzionata, ma solo la parte superiore è piegata in fuori, orizzontalmente, di circa 4 cm e senza il bordo ripiegato
della cartilagine.
La sua bocca, quando è chiusa, non appare larga come
quella dei suoi simili ma, quando la apre, si vedono i quattro
canini un po’ più lunghi degli altri denti.
Ha gli avambracci lunghi, ma le mani sono meno rozze.
Ha gambe corte e tozze, ma non come gli altri esemplari
della sua specie. È brachicefala, con i capelli opachi castano
chiaro, lunghi dietro fino al collo e davanti fino agli occhi.
Ma sotto quella fronte bassa ci sono un paio di occhi umani e gote umane.
Mostra dai 25 ai 30 anni paragonata alla donna di oggi.
Essa interviene fra i piccoli ogni volta che uno di essi si
azzarda a toccare la Bambina. Avanza a salti. Non cammina
sulle gambe, ma, servendosi delle braccia come di grucce,
avanza portando innanzi il suo sedere ad ogni balzo.
Il più intraprendente è il maschietto più grande. Al sopraggiungere della femmina glabra, il più grandicello schizza
via svelto con delle capriole.
La Bambina è stata ‘concepita immacolata’
§ 201 Appena l’avevo vista la Voce mi suggerì delle parole che
non ricordo esattamente, ma il cui senso era che:
– QUELLA FEMMINA SENZA PELO È LA MADRE DELLA BAMBINA, CONCEPITA IMMACOLATA PER L’INTERVENTO DIRETTO DEL CREATORE SULLA FORMAZIONE DEL GAMETE FEMMINILE E SULLA MODALITÀ
DELLA SUA FECONDAZIONE AD OPERA DELL’UOMO
‘IN SIMILITUDINE NATURAE’ – , cioè con un rapporto secondo natura, benché nel sonno, come dice la Bibbia.
La femmina bianca e senza pelo fa la genuflessione doppia e l’inchino profondo davanti al Giovane e costringe la
cuccioletta nera a ripetere la cerimonia. Poi ritorna all’angolo dal quale era venuta. Altri due cuccioli, ultimi arrivati,
si muovono sui quattro arti intorno alla piccola Creatura
umana.
Interviene di nuovo il cucciolo più grande che ripete la cerimonia, ma succede confusione. Forse ha toccato la Bimba
ai piedi, o questa vuol giocare coi più piccoli perché si curva
verso di loro. C’è un nuovo intervento della femmina senza
pelo che sopraggiunge dal suo angolo dove era tornata ad
accovacciarsi.
Ma questa volta la femmina si avvicina troppo al Giovane
e, dopo un nuovo atto d’adorazione con inchino profondo,
pare dapprima che gli voglia toccare un ginocchio: poi lo
tenta avvicinando la testa fra le ginocchia del giovane Uomo
seduto.
Ma egli la scaccia, ed essa questa volta si erge in piedi
e ritorna al suo posto ma, passando a fianco della Bimba
intenta a guardare i più piccoli e china su di loro, le dà uno
schiaffetto per scaricare su di lei l’umiliazione e procede.
La Bimba cammina piangendo verso il giovane Papà seduto e si ferma al suo fianco destro. Speravo che la prendesse in braccio, o che, almeno, l’accarezzasse. Invece egli sta
osservando la femmina bianca che si allontana.
La piana ai piedi del promontorio
Cambia la scena.
§ 202 Vidi quest’ultima scena da un livello superiore, non più
dal cortile dove prima il Giovane stava seduto sulla panca,
ma dal ballatoio di legno sovrastante la facciata alla quale
egli prima appoggiava la schiena.
Questo ballatoio non era sporgente dalla facciata ma
rientrante da essa e coperto dal tetto.
Di là potei vedere, verso Sud, una grande pianura che dal
piede dell’altura su cui mi trovavo si allungava fino a perdita d’occhio (3 o 4 km) nella foschia lontana, contenuta entro
due solchi divergenti per tutta la lunghezza.
All’inizio la larghezza della piana poteva essere di 50 m
circa, più lontano pareva fosse più larga.
Era tutta coperta di messi spontanee biondeggianti.
Il pane era assicurato e anche la biada per gli animali servitori.
Era un vasto campo di frumento, tracciato nella parte più
prossima da qualche solco per l’irrigazione anche lungo la
linea mediana.
Nella parte occidentale di questa pianura e vicino all’altura su cui mi trovavo, il campo era stato ridotto ad orto con
diverse specie d’ortaggi.
Oltre l’orto, fino alla distanza di 100 metri, vedevo una
fila di cinque o sei casette alte un metro e mezzo, sicuramente costruite dal giovane Uomo per quelle femmine con i
loro cuccioli, ed una più grande in mezzo all’orto, forse per
mettere a riparo gli attrezzi da lavoro.
Sul ballatoio compare il Giovane dall’estremità Sud. Lo
seguo fino al capo opposto di esso. Di là, una scaletta saliva
sopra il terrapieno. Sale e, girando a sinistra, percorre il terrazzo fino al suo termine (oltre l’ingresso dell’abitazione con
i preziosi che vidi nella grande visione). Lo percorro con lui
ed entro in una grotta che riceveva luce solo dall’entrata.
Il soffitto era composto di lastroni di pietra giallastra di
arenaria. L’abitacolo era stato evidentemente ricavato lungo una cengia e murato in tutta la sua lunghezza nella parte
esterna.
All’interno dell’abitacolo la parete di sinistra, volta a valle
e lungo la quale camminavo, era coperta da una malta di sabbia grigia, sopra uno sfondo nero non ben levigato che aveva
lo scopo di renderla impermeabile. Alla mia destra c’era un
giaciglio, alto 30-40 cm, addossato alla parete rocciosa.
Ora mi ritrovo nella parte più interna dell’abitacolo. Il Giovane vi si adagia con i piedi verso l’ingresso.
Lo osservo di scorcio da dietro la sua testa, al suo stesso
livello,vicinissimo.
La Bimba è innocente
riguardo al peccato originale
§ 203 Compare all’ingresso la Bambina nuda. Si ferma un poco.
Poi avanza coi passetti incerti dei pargoli di un anno e mezzo o due, forse per l’asperità del pavimento.
Mentre passava a fianco del giaciglio, m’aspettavo di vedere il giovane Papà farle una carezza, ma nulla. Ormai
avevo capito che il giovane Uomo era il Capostipite Adamo.
Non volevo guardare la Bimba perché era nuda, ma una
Voce mi disse:
– GUARDALA! È MOLTO BELLA. –
Era proprio molto bella. Un viso paffuto, con lineamenti
così delicati, armoniosi e ben proporzionati che mi fecero
sorridere. Anche le sue membra erano ben proporzionate e
grassocce. La pelle era lucida e rosea, ma di un roseo meno
intenso di quella del suo Papà.
La vedevo bene nonostante fosse in controluce. Pareva a
piedi scalzi, ma forse aveva una suoletta.
Passò lungo il fianco del giaciglio, superò il posto nel
quale mi trovavo e si diresse verso il fondo dell’abitacolo e
non la vidi più. Doveva avere, penso, il suo giaciglio dietro
a me.
– RICORDATI CHE È INNOCENTE! – mi venne detto
– RICORDALO! –
Non capii che queste parole si riferivano al fatto che stava
per accadere.
Quella femmina “PONTE”
§ 204 Vidi, invece, un’ombra comparire e sparire due, tre volte,
all’ingresso della grotta.
La terza volta la vidi completamente inquadrata nella luce
dell’ingresso. Non la vedevo bene in controluce, ma quegli
orecchi lunghi, dalle punte orizzontali mi fecero capire che
era la femmina glabra già vista nel cortile.
La Bambina non poteva essere salita lassù da sola; vi fu
portata certamente dalla madre, la quale si era fermata
fuori dell’ingresso per l’abitudine, perché evidentemente il
Giovane non la voleva nel cubicolo.
Le reiterate apparizioni della sua testa nel vano dell’ingresso dovettero corrispondere ad altrettanti segnali della sua voce, perché emetteva la lingua.
Certo ciangottava come una gatta in calore. Era la sua
stagione, prevista dal giovane Uomo.
Egli “diede ascolto a quella voce”, incoraggiandola, suppongo, la prima, la seconda, la terza volta che essa aveva
sporto la testa dallo stipite dell’ingresso. Poi lo vidi sollevare la testa dal guanciale e anche un po’ le spalle, poiché
giaceva supino, e la guardò per alcuni istanti.
Forse la invitava.
Fu allora che essa si decise ad entrare.
La solita Voce intervenne dicendo:
– PONTE. –
Rimasi pensieroso. Quale legame poteva esserci mai fra
quel che vedevo e un ponte? Rinunciai a capire e concentrai
nuovamente la mia attenzione sulla femmina che mi stava
davanti.
Il ‘peccato originale’
§ 205 La vedevo solo dalle anche in su, ma poi, dai movimenti che faceva, capivo che poggiava prima un ginocchio sul
giaciglio da un lato dei piedi del Ragazzo, poi l’altro ginocchio dall’altro lato.
Quindi, aiutandosi con le lunghe braccia come grucce, si
spinse innanzi sopra il corpo del Giovane, fino a presentare
i suoi seni sopra la faccia di lui come volesse offrirgli il proprio ‘frutto’, cioè il latte dei suoi seni.
Quando si chinò sopra di lui vidi il suo muso ad un palmo
sopra i miei occhi.
Quella testa schiacciata, quei capelli corti che le scendevano fin sugli occhi, quegli orecchi enormi e orizzontali, quella bocca dalle labbra aperte fino alla radice delle mascelle,
ma specialmente quegli occhi grossi, quasi fuori
dalle orbite, che mi fissavano, mi fecero inorridire.
In quel momento fui scosso di soprassalto dal fracasso
che pareva ripetere un suono simile a pecc... pecc... pecc...
prodotto dalla messa in moto di un grosso camion a tre assi
posteggiato a fianco della mia casa.
Istintivamente mi ritrassi e mi svegliai.
Anch’io giacevo supino ed avevo l’impressione che la femmina giallastra fosse sopra di me come se mi fosse venuta
addosso. Che orrore!
Contemporaneamente una Voce potente, assecondando lo
strepito del motore e dell’innesto della marcia, disse:
– PECCATO ORRRR... ENDO, ... ORRRR... IBILE, ...
ORRRR... IGINALE. –
Il tre assi partì con un suono metallico, come se il parafango
fosse urtato ripetutamente da un ferro. Mi alzai esclamando:
– Gesù mio, misericordia! E il Ragazzo si è innamorato di
una strega simile? –
§ 206 Non si era innamorato di quella femmina preumana. Si
era solo illuso di generare da essa una creatura bella come
la Bambina.
Vide (perché aveva osservato) che l’albero (selvatico) era
bello (rispetto alle altre femmine) e desiderabile per arrivare alla conoscenza (ossia al rapporto generativo) per avere
altri figli (Genesi 3,6).
Non vidi il Giovane mangiare cioè succhiare il frutto ossia il latte dell’albero, né lo vidi mangiare dell’albero. Era
intuitivo.
Pensai: “Inimicus homo superseminavit zizaniam”. Solo
un ribelle poteva seminare la zizzania sopra il campo del
Signore, la Vita Umana!
Riflettei: “Qui potest facere mundum de immundo concepto semine?”. E chi se non Dio può nuovamente rendere
mondo ciò che è stato concepito da un seme immondo?
Ripensando allo strepito (pecc... pecc... pecc...) di quel
motore che veniva messo in moto e alle tre parole udite
contemporaneamente a quel rumore, specialmente all’ultima con quell’‘erre’ prolungata della parola ORRRR...
IGINALE, sono indotto a credere che fosse già predisposta
la coincidenza della parola col fracasso onomatopeico che
ho già detto e che mi ha fatto sussultare inorridito.
§ 207 Avevo quasi dimenticato molti particolari di questo ‘sogno’, quando, due anni dopo la grande visione del 1972 e
quattro da questa rivelazione, ebbi un altro ‘sogno’, quello
de ‘La sera del giorno fatale della morte di Abele’ che narrerò più avanti.
Quel ‘sogno’ aveva un preciso riferimento a questo, riguardo alla Donna. Quando durante quella rivelazione dissi “vorrei vederla, perché non l’ho mai vista”.
– L’HAI VISTA – mi fu risposto e rividi la Bambina nel
cortile e nel cubicolo con il padre e udii nuovamente le parole:
– RICORDATI CHE È INNOCENTE! –
Il Signore voleva riportarmi con la memoria a questa rivelazione (del ‘peccato originale’), perché l’estraneità della
Donna a questo peccato è fondamentale per la comprensione
di tutta la Rivelazione dell’Antico e del Nuovo Testamento.
L’ibridazione della specie umana creata perfetta
§ 208 Se Adamo non si fosse illuso di generare da questa femmina preumana delle persone, cosa che non poteva accadere
senza l’intervento del Signore, passata la sua generazione il
problema non si sarebbe mai più ripresentato per l’incompatibilità genetica fra le due specie.
Se il Capostipite non avesse generato dalla femmina ancestre, essa non avrebbe portato con i suoi cromosomi lo squilibrio nella specie umana. Invece l’istinto bestiale entrato
nel patrimonio genetico dell’umanità, sarà il genio malefico
dell’animo umano.
Ecco dunque perché aveva così grande valore l’obbedienza a Dio: il Giovane non poteva conoscere le leggi della
genetica, e Dio non era tenuto a spiegargliele, ma solo a
dargli un ordine e fargli sapere che, se avesse trasgredito,
la sua specie, come specie pura, avrebbe trovato la morte...
l’estinzione. È quanto è accaduto.
§ 209 Per l’uomo perfetto era impossibile generare dagli ancestri comuni. I cromosomi, come i gancetti di una cernieralampo, possono combinarsi solo se sono appaiati o, al massimo, se da un lato ve n’è solo uno in più.
Quindi fra la specie umana e quella preumana non c’era
alcuna possibilità di ibridazione perché la differenza di due
cromosomi rendeva impossibile l’aggancio a tutta la cerniera. “... Puoi mangiare a volontà di tutti gli alberi del
giardino...”
(Nota 50:“Questa era un’ipotesi teorica
– spiegava don Guido – che non voleva intendere che ad
Adamo fosse concesso accoppiarsi alle altre femmine ancestri esclusa Eva. Sarebbe inverosimile una mostruosità simile! ‘Deus intentator malorum est’, Dio non può spingere alcuno
al male”.)
è una frase che nasconde una verità di ordine
genetico: i cromosomi ed i geni della cellula riproduttiva
umana non potevano attecchire con quelli della cellula riproduttiva delle altre femmine ancestri.
Potevano attecchire solo con quelli dell’‘albero della conoscenza del bene e del male’, cioè con quell’esemplare
unico ed eccezionale, il ‘capo di ponte’ che doveva restare
‘ponte a senso unico’ e che non doveva essere usato in senso
vietato, pena la rovina, la morte del genere umano come
specie pura.
Passato il pericolo relativo a questa femmina, le due specie avrebbero potuto coesistere serenamente.
Da qui il perentorio divieto di ‘mangiare’ il frutto di ‘quell’albero’.
Il Giovane disobbedì.
Si credeva un dio in Terra e volle fare come Dio, non
sapendo che, troncato il cordone ombelicale che univa la
Bambina alla madre preumana, “Deus cessavit ab omni
opere suo quod patrarat”, Dio aveva terminato il Suo programma d’intervento creativo diretto, essendo stato raggiunto il finalismo della creazione della specie umana.
Voler fare come Dio aveva fatto è stata l’infausta presunzione del primo Uomo che così creò un ‘ponte’ fra le due
specie, aprendo la via all’involuzione della specie umana
dalla quale tuttora non siamo completamente risorti.
Adamo non sapeva che i figli ereditano i caratteri non solo
del padre ma anche della madre in uguali proporzioni.
Credeva, come si è creduto fino a tempi relativamente recenti, che la femmina fosse solo il ‘locus aptus’, il luogo
adatto come il solco della terra per far germogliare il seme.
La sua ignoranza delle leggi della genetica non giustifica
il suo peccato di disubbidienza, di presunzione, di incesto
bestiale.
Caino, il frutto di questo rapporto vietato, come mi fu fatto
vedere nella terza, nella sesta e nella settima rivelazione,
sarà in tutto simile ai figli delle sorelle di Eva perché erediterà i caratteri fisici della specie degli ancestri dalla madre. Sarà nero, peloso e brachicefalo ecc…
Ma erediterà dal padre i caratteri psichici e intellettivi
nella misura in cui sarà capace. Da quel peccato, infatti,
ebbe origine l’ibridazione della specie umana con quella
subumana degli ancestri.
Essa avrebbe portato all’estinzione della specie umana
pura e al totale abbrutimento di quella ibrida se il Creatore,
“per opera del quale furono fatte tutte le cose”, non fosse
intervenuto ‘in extremis’ ad eliminare con il diluvio, cosiddetto universale, o con più diluvi, tutti gli individui irrecuperabili e non avesse guidato la rievoluzione di quei pochi
che erano meno contaminati dalle tare ancestrali.
Dunque solo in questo caso si può parlare di ‘rievoluzione
guidata’.
L’ipotesi o teoria sostenuta nel ‘700 da Leclerc era dunque esatta. Egli era credente e credeva alla Bibbia che dichiara l’Uomo fatto ‘molto bene’ da Dio e non allo stato di
bestia in via di evoluzione, e che l’umanità fu corrotta fin
dalla prima generazione a causa dell’ibridazione fra le due
specie mediante il ‘trait d’union’ o ‘capo di ponte’. Leclerc
ebbe una profonda intuizione o una rivelazione? Se avesse
detto di aver avuto una rivelazione sarebbe morto sul rogo!!
Io non fui messo al rogo, ma ho sperimentato quanto pesi
essere emarginato...!
§ 210 Avendo assistito al ‘peccato originale’ compresi il vero significato della ‘circoncisione’: la ‘costa’
(nota 51: Fino dall’adolescenza don Guido aveva intuito che l’espressione
allegorica della Genesi (la costa)
nascondeva un significato genetico, aiutato dalla fortuita identica espressione idiomatica del suo paese natio che chiamava ‘costa’ il membro maschile. Don Guido riteneva inutile fare esegesi biblica su un termine metaforico. Prima, diceva, bisogna comprendere il concetto che si nasconde dietro un eufemismo, poi si può tradurlo adeguatamente. Infatti aveva compreso che “se la Donna fu tratta dalla ‘costa’
di Adamo, Ella era sua Figlia”)
di Adamo peccò e la ‘costa’ di Abramo e figli fu circoncisa.
Compresi anche che il Battesimo è un perfezionamento
della circoncisione:
1) la ‘circoncisione’ è un atto di riparazione al ‘peccato
originale’: è un atto simbolico di sottomissione e di obbedienza a Dio in contrapposizione all’autosufficienza e alla
disobbedienza di Adamo;
2) il ‘Battesimo’ è un atto formale di adozione a ‘figlio
di Dio’, previa la sottomissione a Dio. Il diseredato viene
riammesso ai diritti dell’eredità.
La circoncisione non può essere considerata in modo riduttivo
come un atto di mera osservanza alla Legge, ma deve
essere il segno di una consapevole volontà di riscatto dalla
condizione di illegittimità di fronte a Dio. La Circoncisione
è l’espressione della volontà dell’uomo di stringere un’alleanza
personale con Dio alla quale Dio risponderà con l’adozione a figlio mediante il Battesimo.
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