San Bonaventura
ITINERARIO DELLA MENTE A DIO
PROLOGO
1. Invocazione al Padre della luce.
Comincio invocando l’eterno
Padre, Primo Principio, Padre dei lumi e datore di ogni bene e di ogni dono
perfetto (Gc. 1, 17) dal quale discende su di noi
ogni illuminazione perché con la mediazione di Gesù Cristo nostro Signore, e l’intercessione
della Vergine Maria madre del medesimo Dio e Signore nostro Gesù Cristo, e del
beato Francesco, nostra guida e padre, illumini gli occhi (Ef. 1, 17-18) della
nostra mente affinché possiamo dirigere i nostri passi sulla via di
quella pace (Lc. 1, 79) che
supera ogni intendimento (Gv. 14, 27).
Questa è la pace
evangelizzata e donata da nostro Signore Gesù Cristo. Essa fu di nuovo
annunciata dal nostro padre Francesco che cominciava e terminava ogni sua
predica con la pace, la augurava in ogni suo saluto e in ogni sua preghiera
contemplativa sospirava alla pace dell’estasi, proprio come fosse già cittadino
di quella Gerusalemme, della quale quell’uomo di pace che era
pacifico in mezzo a quelli che odiano la pace, diceva: Invocate la pace per Gerusalemme (Sal. 119, 7). Egli sapeva che il trono di Salomone si fonda
sulla pace, come è scritto: Il suo luogo è nella pace, la sua casa
in Sion (Sal. 75, 3).
2. San Francesco modello e guida.
Sull’esempio del beatissimo padre
Francesco, anch’io, povero peccatore, chiamato a succedere per quanto indegno
a lui come settimo ministro generale dopo la sua morte, cercavo questa pace.
Ora avvenne per volontà divina che, nell’anno trentratreesimo e nei giorni
vicini alla data del suo transito, mi fu concesso di ritirarmi sul monte della
Verna come luogo tranquillo, spintovi dall’amore della ricerca della pace. E
mentre vi dimoravo, e andavo progettando qualche elevazione spirituale a Dio,
mi ricordai del famoso miracolo ivi accaduto allo stesso beato Francesco, cioè
della visione del Serafino alato in forma di Crocefisso. Mentre riflettevo a
tutto questo mi sembrò che quella visione mostrasse apertamente lo stato di
estasi contemplativa del medesimo padre e la via per arrivarvi.
3. Le sei illuminazioni.
In
quelle sei ali possiamo infatti ravvisare le sei specie di elevazioni luminose
con cui l’anima si dispone,come per gradi o itinerari, al transito della pace,
mediante gli estatici rapimenti della sapienza cristiana. Ora non v’è altra via
a questo, se non quell’ardentissimo amore del Crocifisso, che rapì Paolo al
terzo cielo (2Cor. 12, 2) e lo trasformò in Cristo, al punto che disse: Sono
confitto con Cristo alla croce; ormai non sono più io che vivo, è Cristo che
vive in me (Gal. 2, 19-20). Lo stesso amore possedette l’animo di Francesco
tanto che ciò ch’era nello spirito apparve visibile nella carne quando, prima
di morire, portò per due anni sul suo corpo le santissime stimmate della
passione. La figura delle sei ali del Serafino significa dunque le sei
illuminazioni graduali che cominciano dalle creature e conducono fino a Dio: al
quale nessuno può degnamente accedere se non passando per il Crocifisso. Infatti
chi non entra per la porta ma per altra parte, è ladro e brigante (Gv. 10,
11). Chi invece sarà entrato per questa porta, entrerà e uscirà e troverà
pascolo (Gv. 10, 9). Perciò dice Giovanni nell’Apocalisse: Beati quelli
che lavano le loro vesti nel sangue dell’Agnello, perché dal Legno della Vita riceveranno il
potere ed entreranno in città passando per le porte (Ap. 22, 14). Cioè: non
si può entrare con la contemplazione nella celeste Gerusalemme se non si passa
come per una porta attraverso il Sangue dell’Agnello. Non è infatti idoneo, in
certo modo, alle divine contemplazioni che conducono ai rapimenti dello
spirito, se non colui che è, come Daniele, uomo di desideri (Dn. 9, 23).
Ora, i desideri in noi si accendono in due modi, cioè col grido dell’orazione, che proviene dal gemito
del cuore (Sal. 37, 9) e col fulgore della speculazione per cui la
mente si rivolge direttamente e intensamente ai raggi della luce.
4. L’anima
pura.
Perciò dapprima invito il lettore al
gemito della preghiera a Cristo Crocifisso per il cui Sangue veniamo purificati
dalle brutture dei nostri vizi (Eb. 1, 3), perché non creda che gli possa
bastare una lettura senza l’unzione, la speculazione senza la devozione, la
ricerca senza lo stupore, l’osservazione senza l’esultanza, l’impegno senza la
pietà, la scienza senza la carità, l’intelligenza senza l’umiltà, la diligenza
senza la grazia divina, lo specchio senza la sapienza ispirata da Dio. Perciò
coloro che sono prevenuti dalla grazia di Dio umili e pii, contriti e devoti,
unti con l’olio della letizia (Sal. 44, 8), amanti della divina Sapienza e
accesi del desiderio di lei, che intendono dedicarsi a lodare, ammirare e
persino gustare Dio, presento le riflessioni seguenti, osservando che a poco o
nulla giova lo specchio esteriore che qui si propone se non è lindo e ripulito
lo specchio della nostra anima.
Anima devota, prima di levare lo
sguardo ai raggi della sapienza che rilucono nei suoi specchi, cerca di
stimolare col rimorso la tua coscienza: perché non ti avvenga di dover cadere
in una fossa ancora più tenebrosa proprio per avere speculato sopra questi
raggi.
5. Divisione
del trattato.
Mi è parso giusto tuttavia dividere il
trattato in sette capitoli
per rendere più facile la comprensione delle cose da dire. Prego perciò di
voler considerare più la buona intenzione di chi ha scritto che non il
risultato, più il significato delle cose che vi si dicono che non il linguaggio
semplice, più la verità che l’eleganza, più l’impegno della volontà che non l’erudizione
intellettuale. Per questo occorre che il percorso di queste riflessioni non
venga compiuto in fretta, ma che lo si rumini bene adagio adagio.
Fine del Prologo
AMDG et DVM
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