lunedì 28 febbraio 2022

15. La Santa Famiglia e il precursore

 

15. La Santa Famiglia e il precursore

 

“0 Splendor del Padre,

Cristo, eterno Figlio, 

Vivi con Maria

E con San Giuseppe!”

Moderno inno alla Famiglia di Nazaret

 

San Luca dice: “Gesù cresceva in sapienza, età e grazia davanti a Dio e agli uomini” (2, 52). E con Gesù era tutta la santa Famiglia che cresceva e si riempiva di grazia.

La presenza del Figlio di Dio non significò automaticamente un’agiata esistenza. La loro fu un’esistenza travagliata quanto quella di molte altre famiglie del tempo.

La Famiglia di Nazareth ci viene proposta quale modello da imitare, per poter vivere un’esistenza degna dell’uomo e prima ancora di Dio.

Nella vita dei Tre non mancarono le spine: ma esse furono pazientemente calpestate e tramutate in rose. Chi potrebbe descrivere in modo adeguato l’atmosfera di quella casa tutta satura di amore e sapienza divina? La perfezione della santa Famiglia fu completa, perché composta di mille sacrifici come il miele del succo di mille fiori. Delle molte lezioni della santa Casa di Nazareth, il papa Paolo VI, nella visita che vi fece il 5 gennaio 1965, ha raccolto alcuni brevi ammonimenti.


Egli dice: “... È lezione di umiltà, di rassegnazione e di buona armonia. È il regno della serenità, del sorriso, della concordia.

Si prega adorando e ringraziando il Signore in continuazione. Frugalità e amore al lavoro, e umiltà accompagnano tutti i loro giorni.

Così ogni ordine: quello soprannaturale, quello morale, e quello naturale è perfettamente rispettato. Ecco quanto ci insegna la santa Famiglia . . . a Naza- reth. Ed è una grande lezione che si deve meditare assiduamente per imparare ad imitarla”.

L’armonioso sviluppo di Gesù non sfuggiva al vigile ed affettuoso sguardo di Maria. Tutto quanto Ella osservava La riempiva di un misto indefinito di tortura e gaudio: tortura perché Donna e Donna perfettissima cui nulla era


 

nascosto della futura vita del Figlio; ma anche gaudio pari a quello di Gesù medesimo. Difatti abbracciare la volontà di Dio, e operare per redimere i fratelli e accrescere la gloria del Padre celeste, è quello che fa la felicità dei veri figli di Dio.

Gli anni passarono veloci. L’aiuto di Gesù nel tirare avanti la falegnameria era enorme. E il lavoro affaticava sempre più l’ormai vecchio patriarca Guseppe. Egli stesso non si nascondeva che poco gli restava da vivere. La sua vita era giunta al tramonto. Un mattino, infatti, sentì improvvisamente che le forze del corpo lo abbandonavano e che sorella morte bussava alla piccola casa di Naza- reth.

Giuseppe aveva ormai adempiuto con una vita di lavoro e di silenzio la sua altissima missione.

Non conosciamo nessuna parola di Giuseppe, però quelle che riferiamo interpretano bene quanto passò nel suo cuore di uomo giusto, consumato d’amore per Dio e la Madre Sua: “Signore! Se sono ancora necessario al tuo disegno, non ricuso la fatica: sia fatta la tua volontà!”

Uomo meraviglioso! Uomo ricco dei tesori più grandi del mondo: GESU’ e MARIA! Non ti restava che volare nel seno di Abramo e attendere il tuo premio. E partisti con la benedizione di Gesù e il sorriso della Sposa.


Giuseppe doveva avere sessant’anni circa quando chiuse gli occhi a questa vita; e fu seppellito a Nazareth; ma della sua tomba non si sa nulla.

Tutti si rattristarono e tra le lacrime tessevano le sue lodi, pensando alla sua mansuetudine e laboriosità.

La sua dipartita fu dolorosa. Quella casa in cui era stato capo, padre, sposo, fratello, amico, protettore e sostegno, restò vuota della sua amorosa presenza che durava da trenta anni.

Maria e Gesù piansero lacrime di dolore, però si conformarono alla Volontà del1’Eterno. E così la pace e la serenità della santa Famiglia non ne rimasero turbate in profondità.

Dio è mirabile nei suoi disegni e nei suoi misteri. Se a uno sguardo superficiale può sembrare che Dio sia stato severo e non abbia ripagato Giuseppe della stessa moneta, pure, considerando a fondo gli eventi si deve dire che il Signore ha fatto tutto bene e che la morte di Giuseppe avvenne al momento opportuno, e con tutto il conforto che solo Gesù il modello dei figli - poteva offrire.


La morte perde ogni asprezza quando avviene tra le braccia di Gesù, e si muore fidando in Lui.

Giuseppe meritò di avere vicino Gesù, che non aveva ancora cominciato la missione pubblica. I santi Vangeli riportano fatti ed espressioni che ce lo fanno intuire.

All’inizio della vita pubblica di Gesù, alle nozze di Cana, mentre la Vergine

è invitata ed è presente, il padre putativo Giuseppe non viene nominato.

In genere gli Israeliti volendo indicare Gesù, più che chiamarLo “figlio di Giuseppe”, Lo indicano come “figlio di Maria” (cf Mt 13,55).

Infine, Gesù, sul Golgota, affida all’apostolo Giovanni, la Madre, che avrebbe senz’altro affidato a Giuseppe se fosse stato ancora in vita.

Queste sono solo alcune ragioni che, insieme alla tradizione, fanno pensare alla dipartita di Giuseppe quando Gesù non aveva ancora trent’anni.

E il motivo sostanziale di questa morte di Giuseppe pensiamo col Roschini e altri autori sia stato questo: sullo scenario della Redenzione dovevano comparire soltanto due persone: il Redentore e la Corredentrice. Convenientemente quindi, prima che si desse inizio a quest’opera, San Giuseppe lasciò questa terra, continuando però ad illuminarci con la sua vita e la sua potente intercessione.

Madre e Sposa, la Vergine Santissima conobbe anche la vedovanza. Per la sua perfetta sensibilità si trattò di uno dei più intensi dolori della sua martoriata vita.

La sua sofferenza derivò non dalla previsione di difficoltà cui andava incontro, ma semplicemente dall’amore che nutriva per il suo Sposo.

Presso gli Ebrei la sorte della vedova era assai miserabile; la legge mosaica assommava prescrizioni, decreti e ammonimenti. Tra le altre cose, ogni vedova era obbligata a portare una veste speciale. E la Vergine si adeguò all’usanza comune: superò lo strazio di quell’ora aggrappandosi con tutte le forze al suo Gesù, che dirà: “Il mio cibo è fare la Volontà del Padre mio” (cf Gv 4, 34). Per Maria poi questo dolore fu preludio e preparazione a uno più grande: la partenza di Gesù da Nazareth per predicare il Vangelo a tutto il popolo.

Intanto Gesù prese il posto di Giuseppe nella falegnameria. Aveva imparato bene il mestiere ed era diventato esperto anche più del maestro. Portò a termine i lavori lasciati incompiuti dal padre e ne assunse altri. Così Gesù Cristo santificò ogni lavoro, anche quello manuale che è ordinato a quattro scopi, e precisamente:

1.     procurarsi il necessario per vivere;

2.     a evitare l’ozio, che è fonte di molti mali;

3.     a frenare la concupiscenza, in quanto il lavoro macera il corpo;

4.     a darci la possibilità di fare l’elemosina (S. Tommaso d’Aquino).


 

Un giorno correva l’anno decimo quinto dell’impero di Tiberio Cesare e Gesù aveva circa trent’anni — anche a Nazareth arrivò la notizia che era sorto un giovane profeta molto austero, amante di grandi digiuni, e che vestiva di pelli di cammello. Di sé stesso diceva solo di essere “voce”, e senza stancarsi invitava a preparare la via del Signore, a nön accumulare monti di orgoglio, a non creare crepacci di colpe, o vie storte di menzogna, o valli di accidia. “Pentitevi!” diceva —“Cambiate strada: ritornate indietro dalla falsa strada e rimettetevi sulla buona”. E ogni giorno battezzava sulle rive del fiume Giordano.


Era Giovanni, il figlio di Zaccaria ed Elisabetta, che aveva dato inizio alla missione di Precursore. I tempi erano arrivati. Egli con severa energia predicava a tutti, scribi e farisei, pubblicani e soldati, poveri e ricchi, un battesimo di penitenza o conversione per il perdono dei peccati. E per castigare la falsa pietă di molti, gridava:

“Razza di vipere, chi vi ha insegnato a sfuggire all’ira imminente? Fate dunque opere degne della conversione e non cominciate a dire in voi stessi: ‘abbiamo Abramo per padre!’ (Ossia: fate attenzione! Le promesse fatte ad Abramo non possono bastare se non cambiate il cuore!). Perché io vi dico che Dio può far nascere figli ad Abramo anche da queste pietre”. E spingendo tutti   ad essere solleciti e radicali nella conversione aggiungeva: “La scure è giă posta alla radice degli alberi. Ogni albero che non porta buon frutto sară tagliato e buttato nel fuoco. — Chi ha due vestiti ne dia uno a chi non ne ha , e chi ha da mangiare faccia altrettanto. Non molestate alcuno, contentatevi della vostra paga”.

Tutto questo Giovanni faceva per preparare il popolo ad incontrare l’Agnello di Dio: “Dopo di me diceva anche viene uno che è più forte di me e al quale io non sono degno di chinarmi per sciogliere i legacci dei sandali. Io vi ho battezzati con acqua, ma egli vi battezzeră con lo Spirito Santo. Ed è necessario che Egli cresca ed io diminuisca” (Mt 3, 1-12; Me 1, 2-8; Lc 3, 1-18).


Questi in sintesi i fatti e le parole di Giovanni il Battista la cui eco era giunta fino in Galilea.

Quando la notizia giunse alle orecchie di Maria, il cuore ebbe un tonfo e Le salì alla gola. Da quei fatti intuiva 1’imminente necessaria separazione dall’amatissimo Figlio.

Era un’ora che doveva pur scoccare un giorno e scoccò: difatti un mattino d’inverno Gesù Le chiese di confezionare come Lei sola sapeva fare una tunica di pellegrino. Bastò uno sguardo filiale e materno per comunicarsi la realtă.

La Vergine Maria comprese che era giunta l’ora della seconda separazione

dal Figlio. Il suo Gesù, in piena docilità, dopo aver santificato per circa trent’anni il silenzio e il nascondimento, doveva lasciare il suo villaggio per incontrarsi con la gente di tutti i villaggi e annunziare la Parola di Salvezza.

Quali parole e quale silenzio fasciarono quel fatidico momento? Quante le lacrime sgorgate più che dagli occhi, dal Cuore della Madre adorata? Chi potrebbe contarle?

La veste da pellegrino fu puntualmente a disposizione di Gesù per la notte fissata per la partenza, e fu l’addio .. cioè il doloroso martirio della separazione: inizio di un altro martirio; l’attesa di due Cuori fatti l’uno per l’altro.

Addio casetta di Nazareth, addio confortevole riposo e familiare banchetto.


Maria sa bene che Gesù non avrà pietra dove posare il capo e si deve stendere dove il Creatore gliene fa trovare una. Egli non avrà cibo fuorché quello dato dalla carità di chi Lo accoglie.

La Vergine perde il suo unico Bene e tesoro sulla terra e rimane nella povera casa vuota di Lui a vivere sola. Madre e Figlio ripetono il loro Fiat e si offrono l’un l’altro a Dio: vero momento offertoriale che prelude all’immolazione delle vittime. Infine, si abbracciano e riabbracciano, si baciano e ribaciano con divino amore. Gesù benedì tutto quel che lasciava. Maria benedì Gesù. E Gesù partì.

Si realizzò già la parola che proferirà più tardi: “Il Seminatore uscì a seminare”. L’Evangelizzatore uscì ad evangelizzare.

La prima cosa che fece fu cercare Giovanni sul fiume Giordano e ricevere il suo battesimo come gli altri, perché fosse compiuta ogni giustizia, ossia adempiuta perfettamente la Volontà del Padre.

È INNOCENTE. È il sole della giustizia e si lava nel Giordano. Il suo contatto con quelle acque santificò tutte le acque del mondo. Con tale gesto intese partecipare al pentimento comune e dar principio al battesimo della legge nuova che è legge di grazia.

Dopo che Gesù ebbe ricevuto il battesimo si raccolse in preghiera, “...e mentre pregava, si aprì il cielo, e scese lo Spirito Santo, in forma corporea, come colomba su di Lui e venne una voce dal cielo: ‘TU SEI IL MIO FIGLIO, IL PREDILETTO, INTE MI SONO COMPIACIUTO!”’ (Lc 3, 21-22). Analogo annuncio si udrà sul monte Tabor (Mt 17,5).

Di questo furono testimoni Giovanni, i suoi discepoli e la gente. Tutti sentirono allo stesso modo, ma non tutti credettero allo stesso modo.

'Quella era la voce del Padre, che donandoci il Figlio, ha detto e dato tutto in

una sola volta e non ha più nulla da rivelare. Quasi volesse dire ad ogni 

uomo:   fissa lo sguardo in Lui solo. In Lui ti ho detto e rivelato tutto e vi troverai

 anche più di quanto chiedi e desideri '(S.Giovanni della Croce, Salita 2, 22,5).


Il Padre celeste, non potendosì più compiacere degli uomini diventati tutti peccatori in Adamo, ripone ogni compiacenza solo nel Figlio Suo che è anche il Figlio di Maria. Ora - possiamo affermare - che è per Lui e per Lei che tutti gli uomini potranno trovare grazia, essere cioè rigenerati e rivestiti di una veste di immortalità.

Il momento solenne del Battesimo fu occasione propizia per manifestare al mondo, con segni e prodigi, il suo amore di Padre e la necessità di ascoltare questo suo eterno Figlio per essere deificati: conoscere cioè tutti i tesori della sapienza e della scienza nascosti in Lui (Col 2,3).

“Cristo, infatti, è come una miniera ricca di immense vene di tesori, di cui , per quanto si vada a fondo, non si trova la fine” (S. Giovanni della Croce, Cantico A 36,2).

Alla solenne manifestazione della divinità di Gesù di Nazareth intervenne tutta la Trinità. In certo senso, fu l’investitura ufficiale, la Pentecoste di Gesù. ‘In certo senso’, perché Egli appena fu concepito ebbe 1’anima inondata dello Spirito di Dio e dalla profusione dei suoi carismi. Come attesta San Giovanni (3, 34), Dio non conferì a Lui lo Spirito con parsimonia, come agli altri individui adornati di santità e di grazia, ma infuse nell’anima sua così copioso flusso di carismi, che tutti dobbiamo attingervi (Gv 1, 16; Cat. 45).


Pertanto: “O Maria, REGINA E MADRE delle famiglie cristiane noi Ti supplichiamo di proteggere la santità del matrimonio. Sii sempre presso i nostri genitori con il tuo amore e la tua benedizione. Aiutali, perché ogni loro iniziativa sia ispirata e regolata dalla legge del Signore; preservali dalle malattie e dalle disgrazie, specialmente quelle spirituali; dà loro coraggio e forza morale nei giorni della prova; arricchiscili di pazienza, di spirito di sopportazione, di spirito di sacrificio, di tanta pace interiore.

"Allontana dalla sacra società della famiglia lo spirito del mondo, il richiamo dei piaceri pericolosi, la discordia, l’infedeltà.

"Fa che gli sposi di tutto il mondo trovino sempre la felicità nella quotidiana donazione e dedizione vicendevole, nella premura per i figli, nel servizio umile e gioioso, nella società e nella religione.

"Madre Divina, chiedi tu a Gesiì che accetti la nostra umile preghiera; chiedi al tuo Figlio divino tante grazie per tutti i genitori del mondo! Così sia!” (Paolo VI).





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