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Il mistero di Gesù dodicenne
“E una Donna, in su l’entrar, con atto
Dolce di Madre dicer: “Figliuol mio,
Perché
hai tu così verso noi fatto?
Ecco dolenti, lo tuo padre ed
io
Ti cercavamo! ... ”
Dante, Purg. 15, 88
Prima che la Vergine
Santissima nascesse a Nazareth questa era una città disprezzata, nonostante avesse il nome che significa fiorita e/o
santificata. In realtà fu solo
l’incontro con Gesù e Maria che la consacrò e profumò di cielo, autenticandone il nome e riscattando la reputazione d’un
tempo. Anche oggi la piccola Nazareth conserva nell’aria
e sui volti le tracce dei suoi più illustri abitanti
che la distinsero da tutte le altre
città del mondo.
L’episodio che
stiamo per narrare è 1’unico che conosciamo circa l’adolescenza e gioventù di Gesù. Si intravede il mistero della sua persona e filiazione divina.
La descrizione particolareggiata del fatto sottolinea la sua importanza. San Luca ci fa sapere l’età del fanciullo: dodici anni; l’età in cui si cominciava a compiere la Legge per poi, man mano, abituarsi ad essa e a tredici anni divenirne ufficialmente figlio pienamente soggetto ad essa ed essere accolto nella vera sinagoga.
La
Santa Famiglia, dopo aver
fatto Pasqua in Gerusalemme, finita la festa,
riprese il
viaggio di ritorno con gli altri. Ma Gesù
rimase in Gerusalemme, senza che i genitori se ne accorgessero (cf Lc 2, 43).
Ci è difficile spiegare lo svolgimento dei fatti
in questa circostanza. Una cosa è certa: Giuseppe e Maria conoscevano
esattamente il dovere di “genitori” nonché
tutta la prudenza del loro giovinetto. D’altronde un bambino di dodici anni merita tutta la fiducia dei
genitori. È da escludere quindi ogni forma di
negligenza o di eccessiva
fiducia nella maturità
del figlio.
Tutto avvenne perché Gesù aveva un suo piano, una precisa missione da compiere in Gerusalemme. “Essi credevano
che anche Lui fosse in viaggio con la comitiva.
Dopo una giornata di cammino,
si misero a cercarLo tra parenti e conoscenti.
(I fanciulli potevano
viaggiare scegliendo qualsiasi
gruppo, maschile o femminile). Non riuscendo a trovarLo, tornarono
in cerca di Lui verso Gerusalemme” (Lc 2, 44-45).
Pur consapevoli che la vita e il futuro
di Gesù sono completamente determinati da Dio, il fatto del suo
smarrimento getta i genitori in una mortale
angoscia. Il loro cuore è in una morsa di dolore. Fu il dolore più
grande di Maria (e anche di
Giuseppe), dice Sant’Alfonso de’ Liguori. Perché negli altri dolori la Madonna è con Gesù, qui invece
è sola, senza Gesù. È proprio “la Desolata”.
Smarrito Gesù, si perde più che il mondo intero. E ci sono vari modi di smarrire Dio: Lo si smarrisce per colpa nostra o per Suo volere. Quest’ultimo caso fu il caso di Maria Santissima: Gesù Le si nascose per portarLa a una Grazia più grande.
L’lmmacolata provò
la tortura dell’abbandono di Dio perché brillasse in tutto il suo splendore la sua pazienza,
ed anche per un nostro più grande profitto.
Con questo dolore la Vergine Maria insegnò a
tutti i disperati del mondo a saper cercare sempre Gesù, unica Luce e Gioia della nostra esistenza.
“Dopo tre giorni lo trovarono
nel tempio. Era là, seduto in mezzo ai maestri
della legge: li ascoltava e li interrogava.
Tutti quelli che Lo udivano erano meravigliati per l’intelligenza che dimostrava con
le sue risposte. Anche i suoi genitori,
appena Lo videro, rimasero stupiti. E Sua Madre Gli disse: ‘Figlio mio, perché ci hai fatto così? Ecco tuo padre ed io, angosciati, Ti cercavamo!’
Egli ripose loro: ‘Perché mi cercavate? Non sapevate
che Io devo occuparmi
delle cose del Padre mio?’ Ma
essi non compresero le Sue parole” (Lc 2, 46-50).
Le due ultime frasi della Vergine, interrogativa l’una ed enunciativa l’altra, lasciano trasparire il suo profondo e perfettissimo amore materno; e pur essendo uno sfogo istintivo di un cuore di mamma agonizzante per lo smarrimento del Figlio, esse rivelano un inalterato equilibrio e dominio psicologico.
I maestri della legge si
stupivano per la sapienza del fanciullo così uguale e così
diverso dagli altri. I genitori invece, che ben conoscevano la sapienza del loro Figlio, erano indicibilmente sorpresi nel vederLo e trovarLo in quella situazione.
“Perché ci hai fatto questo?”. Lungi da noi il pensare che tale
domanda suoni rimprovero o riprensione della Madre al Figlio. Maria difatti,
conoscendo per esperienza la docilità e la prudenza del suo
Gesù, non Gli chiede che cosa hai fatto?, ma solo: “Perché hai agito così?”, senza cioè
precedentemente avvisarli, risparmiando loro giornate così angosciose e inquiete.
“Ecco tuo padre ed io, ...”: brillano qui la modestia e l’umiltà di Maria nel posporsi allo sposo Giuseppe ‘attribuendogli un primato nell’intensità del dolore e nello zelo per la ricerca del Gesù’. / Il brano che stiamo commentando ci fa conoscere le ultime parole della Vergine, riferite da San Luca, ed anche le prime parole di Gesù.
Le due frasi interrogative:
“Perché mi cercavate? Non sapevate che Io devo
occuparmi delle
cose del Padre mio?” sono la breve e misteriosa risposta di Gesù alla Madre sua. Sembra che questa
risposta crei tra il Figlio e i genitori molto distacco,
ma in realtà non è così.
“Per comprendere nel suo
giusto significato questa risposta apparentemente fuori di tono, è necessario tener presente che Gesù, anziché
riferirsi al particolare fatto presente, intendeva enunciare un
principio generale riguardante l’intera sua
vita tutta votata
a Dio ai suoi più dolorosi distacchi
.. .” (P.C. Landucci).
La risposta di Gesù splende
di sapienza divina. Le sue brevi parole, non
dure ma
altamente significative, ci indicano la sua
missione squisitamente religiosa, di
incondizionato servizio alla Volontà del Padre Suo: cioè la Redenzione
del mondo e il bene delle anime. Esse sono soprattutto la prima limpida affermazione circa la paternità di
Dio nei suoi confronti, e per questo assumono
un’importanza teologica notevole. Gesù ha la chiara coscienza di essere
Figlio naturale ed unico di Dio, e non già il figlio adottivo. È indubitabile che Egli abbia la chiara visione della sua natura divina.
Maria e Giuseppe —
riferisce San Luca — “non compresero il significato di quelle parole”.
In verità sono sconcertanti e umanamente incomprensibili. Però le cose di Gesù vanno giudicate con occhio tutto soprannaturale e così si fanno comprensibili. Maria, Sede della Sapienza e Regina della Rivelazione, conobbe certamente il significato di quelle parole e soprannaturalmente comprese. Dio, che Le permise l’angoscia di Madre, non Le nascose il significato eccelso delle parole di Gesti.
Il silenzio della Vergine non fu frutto di ignoranza, ma solo di adorazione
delle divina Volontà e di delicatezza verso lo sposo (che non poteva ancora sapere tutto quanto Lei, piena di grazia, sapeva di Gesù).
Sono queste le grandi lezioni di Gesù e Maria di
Nazareth. Impariamole praticandole e vivendole con buona volontà e con l’aiuto di Maria e dello Spirito Santo.
Se fu grande lo stupore dei maestri della legge di
Gerusalemme, altrettanto grande
fu la curiosità dei parenti e conoscenti nazareni che si informarono su come, dove e quando
Maria e Giuseppe trovarono Gesù.
Fissiamo
ora l’attenzione su
quelle parole che Luca scrive subito dopo aver riferito l’evento di quella festa
pasquale. Egli dice: “Gesù ritornò a Nazareth
con i genitori e stava loro sottomesso” (Lc 2, 51).
Esse sono la sintesi di tutta la storia di Gesù dai dodici agli oltre trent’anni circa. Esse ci segnalano 1’inabissale umiltà di Colui senza del quale niente è stato fatto di tutto ciò che esiste (cf Gv 1,3), e sublimano anche l’umana famiglia: la dignità dei genitori e del frutto del loro amore; i figli tutti chiamati a crescere in sapienza, età e grazia per lodare il santo nome di Dio.
L’episodio narrato, come tutti gli altri misteri
della vita di Gesù e Maria, è pregno
di significati nascosti. Senza dubbio esso ci illumina sulla ricerca
del Signore.
Noi siamo i cercatori di Dio quando, nella fede
e nell’amore, con Gesù, Maria e Giuseppe, percorriamo il nostro cammino.
Sarà sempre una ricerca
feconda se sapremo accogliere con la mente e il
cuore la parola eterna di Dio, annunziata dalla Chiesa.
Chi cerca Dio in questa vita con la carità, Lo troverà
nell’altra. Sono sette — dice San Tommaso d’Aquino — i modi di
cercare Dio:
a) Con
purità di mente, cioè immuni da ogni
peccato: “Per cercare il Si- gnore
bisogna separarsi da ogni contaminazione con
le genti e con il mondo” (Esd 6, 21).
b) Con la semplicità di intenzione o di cuore: cioè cercare
Dio per sé stesso, non per uno
scopo utilitario o edonistico.
c) Con tutto il
cuore, pensando sempre a Lui.
d) Con tutta la volontà, desiderando possedere solo Lui: “Quanti
Lo cercano con tutto il cuore e con pienezza di volontà, Lo trovano” (Cr 15,15).
e) Con sollecitudine, prima che passi il tempo in cui si può
trovare: “Cercate il Signore
mentre si può trovare” (Is 55,6).
f) Con perseveranza, senza stancarsi e senza interruzioni:
“Cerchiamo sempre la faccia del Signore” (Sal 104,4).
g) Avendo nel cuore il dolore dei propri peccati. In altre
parole, bisogna cercarLo addolorati o afflitti e così “Il Signore ci riscatterà dalle mani dei nostri nemici” (Mic 4, 10).
Solo il Signore bisogna
cercare sopra tutte le cose. Egli merita di
essere cercato essendo giusto,
mansueto, buono, essendo la Vita: “Cerchiamo il Signore e l’anima nostra
vivrà!” (Sal 68, 33). A questa vita ci conduca il Signore, benedetto nei secoli.
Per finire, non scordiamoci che da quest’episodio scaturì, sì, un gran dolore per la Vergine Immacolata, ma anche una
grande allegrezza, non solo perché il suo amore cessò di soffrire quella dolorosissima tortura,
ma soprattutto per l’inesprimibile gioia che invase il
suo Cuore allorché udì echeggiare nel Tempio
per la prima volta il
Vangelo, che è la notizia gioiosa per eccellenza.
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