17.
È l’ora, Cristo è venuto ad annunziare la pace a tutti, pace ai vicini, pace ai lontani
La madre dice ai servi:
“Fate quello che vi dirà”
(Gv 2, 5)
Dopo il battesimo e
l’intensa preparazione di deserto, Gesù di Nazareth è pronto per 1’annunzio ufficiale della buona novella di liberazione e salvezza.
Tutta l’umanità aveva
aspettato e invocato questo momento di lieti annunci: “Manda, o
Signore, l’Agnello Dominatore del mondo! Venga dal deserto al monte
di Sion! (Is 16,1).
Ogni profeta, specialmente
Isaia, aveva alzato la voce, aveva gridato di gioia, perché
vedeva con i suoi occhi il ritorno del Signore qual luce splendida che scendeva
sulla terra: “Prorompete insieme in
canti di gioia, rovine di Gerusalemme,
perché il Signore ha consolato il suo popolo, ha riseattato Gerusalemme. Egli ha snudato
il suo santo braccio, davanti
a tutti i popoli; tutti i confini della terra vedranno
la salvezza del nostro Dio” (Is 52, 9-10).
È bello vedere il giovane
Gesù lasciare il deserto e avviarsi a fare le prime conquiste di cuori generosi. Ha chiara dinanzi a sé la
missione ricevuta dal Padre: “Beneficare e risanare tutti
coloro che stanno sotto il potere del diavolo”
(At
10,38).
Si presentò di nuovo presso
il fiume Giordano. Giovanni, appena Lo vide, disse: “ECCO L’AGNELLO DI DIO, ecco Colui che toglie i
peccati del mondo! Ecco Colui del quale io dissi: Dopo di
me viene uno che mi è passato avanti, perché era prima di me.
Questi è IL FIGLIO DI DIO!” (Gv 1, 29-30. 34).
Poi, il giorno seguente a
questa pubblica dichiarazione, Giovanni stava ancora là (sulle rive del Giordano) con due dei suoi discepoli e
fissando lo sguardo su Gesù che passava, disse: “ECCO
L’AGNELLO DI DIO!” . E i due discepoli, sentendo parlare così il loro maestro, seguirono
Gesù.
Allora Gesù si voltò e,
vedendo che Lo seguivano, disse: “Che cosa cercate?” Gli risposero: “Rabbì (cioè
Maestro!), dove abiti?”. Disse loro: “Venite e
vedrete”. Andarono dunque e videro dove
abitava, e quel giorno si fermarono presso di Lui. Erano circa le quattro
del pomeriggio” puntualizza Giovanni (Gv
1, 35-39). Erano gli inizi
di una sorpresa e amicizia eterna: in Gesù trovarono il fratello,
l’amico, il maestro, il premio, insomma più di quel che cercavano e desideravano.
Gesù all’Opera di Salvezza
volle avere per intimi collaboratori gli stessi uomini:
cominciò allora a formarsi la
schiera degli apostoli.
I primi furono due
discepoli di Giovanni Battista: Giovanni e Andrea, che divennero i primi redenti
dalla parola di Gesù di Nazareth.
Andrea incontrò il fratello Simone e gli disse: “Abbiamo trovato il Messia, il Cristo!” e lo condusse da Gesù. Gesù, fissando lo sguardo su di lui disse: “Tu sei Simone, il figlio di Giovanni. Ti chiamerai Cefa (che significa: Pietro)” (Gv 1, 41-42).
Il giorno seguente
viaggiando per la Giudea, Gesù prese alla sua sequela Filippo e Natanaele. Egli chiamò sempre chi volle. Li chiamò con
lo sguardo carico d’amore e con la
parola: “SEGUIMI”. Al suo invito, tutti gli uomini di buona volontà venivano,
vedevano e restavano con Lui.
I veri discepoli di Gesù si distinsero essenzialmente in questo seguire sempre il Maestro:
nella vita, nella morte, nella gloria.
Da Adamo ed Eva fino
all’ultimo redento, è sempre il nascosto lavorio della grazia che trasforma gli uomini; ma da questo lavorio profondo
non è mai assente la Madre di Gesù e dei primi Apostoli.
Quando Gesù, per dissipare
le nostre tenebre e riempirci di grazia, lasciò Nazareth e divenne il Maestro d’Israele e del mondo la Madre
dolcissima non cessò mai di accompagnarlo con
1’amorosa preghiera. Come avrà supplicato il
cielo perché il
mondo — con la fede — si aprisse ad accogliere il Redentore, Figlio dell’Altissimo, nato da Lei Vergine Purissima.
Nello stile di Gesiì, nei suoi inviti tutto era ineffabile. Diceva: “Venite e vedete”. Ed essi andavano e ne rimanevano conquistati. Gesù poi li conduceva da sua Madre nella prima occasione propizia, perché il suo fascino li rendesse più docili e forti nel nuovo cammino.
Intanto a nessuno sfugga
l’importanza o meglio la necessità di
un ‘precursore’ per incontrarsi con Gesù. Egli,
l’Eletto, poteva certamente farne a meno; però
in pratica
volle essere indicato
e presentato da Giovanni Battista.
Così da allora in poi perché uno creda nel Cristo Gesù bisogna
che prima si imbatta nello spirito e
nella virtù di un precursore, che con la parola e il rito sacro prepari il cuore, appianandone e raddrizzandone le vie aspre e tortuose.
Ogni precursore trova
in Giovanni Battista
il modello ideale. Egli è sempre
nell’umi1tà, sempre al suo
posto di creatura che prepara il cuore degli uomini a ricevere Gesù; e gioisce (“Ecco
la mia gioia: adesso è completa” Gv 3, 30) quando vede che alcuni suoi discepoli lo abbandonano per seguire
Gesù.
Giovanni dice: “Bisogna che
Lui cresca e io diminuisca” (Gv 3, 30). La caratteristica del vero testimone di Gesù è l’umiltà vissuta
con gioia.
Questo l’atteggiamento di ogni precursore, di ogni testimone della luce; anche l’atteggiamento di Maria Santissima, la prima evangelizzatrice.
L’evangelista San Giovanni racconta: “Tre giorni dopo ci fu uno
sposalizio a Cana di Galilea e la Madre
di Gesù si trovava là” (2,1).
Il modo con cui
l’evangelista ci descrive il fatto
indica la grande importanza ad esso connessa. È certamente uno dei brani più ricchi per
i suoi simboli e le sue applicazioni. Certamente c’è una
stretta relazione tra quest’inizio della vita
pubblica di Gesù e
il suo compìmento. I tre giorni fanno pensare a tre epoche diverse; la presenza della Madre di Gesù
non è casuale in Cana come non lo sarà lì sul Calvario; il vino dello
sposalizio ha il suo parallelo nel Sangue della Redenzione; sia Gesù che Maria sono “causa nostrae laetitiae”.
Cana, oggi identificata in Kefr Kenna, era
ed è un pittoresco paese adagiato sul fertile pendio d’una collinetta, entro un’ampia valle,
a circa sette chilometri a nord-est di Nazareth: è lì
che ci furono le nozze di alcuni parenti o amici della santa Famiglia. Sia Gesù che Maria furono
invitati a parteciparvi ed essi vi andarono con gioia.
Così Gesù diede inizio alla
sua vita pubblica, partecipando ad una bella
festa di nozze. La sua presenza oltre ad essere una benedizione alle
gioie del matrimonio che per mezzo delle
creature perpetua l’opera del Creatore, fu anche una
testimonianza del suo perfettissimo amore per tutte le pecorelle vicine o lontane.
E la Vergine Maria,
che sa sempre aiutare e rallegrarsi con quanti si rallegrano, si
recò per tempo a Cana e aiutò nei preparativi della festa, che usualmente durava almeno sette giorni.
Potremmo immaginare la gioia che
provò il suo materno Cuore nel rivedere e
riabbracciare, dopo settimane di assenza, il Figlio amabilissimo? Nella luce della fede tutto era un chiaro dono della Provvidenza,
ed ogni particolare era preparato
perché meglio risplendesse la gloria di Dio nel1’Incarnazione e nella
Redenzione.
La festa dello sposalizio
procedeva magnificamente. Gli sposi gioivano per la
presenza di ospiti tanto illustri. Un po’ tutti — con le debite eccezioni — erano carezzati dalla dolce ebbrezza
ed euforia del festino e ... però la festa stava per finire proprio sul più bello! Povero banchetto nuziale!
L'evangelista, testimone oculare, dice che “non ci fu
più vino”, “era venuto a mancare il vino alle nozze”. Non sappiamo se per inesperienza degli organizzatori o
per un inimmaginabile afflusso di invitati. Certo è che vino non ce
n’era più. Ora i convitati come avrebbero gioito?
Per fortuna se ne accorse 1’attenta Madre di Gesù. Ben sapendo chi può rimediare la situazione imbarazzante e triste, discretamente si avvicina al Figlio e gli dice: “NON HANNO PIU’ VINO!”. Gesù Le risponde: “Che ho da fare con te, o Donna? Non è ancora venuta la mia ora”. La Madre dice ai servi: “FATE QUELLO CHE EGLI VI DIRA’ !” ( Gv 2, 2-5).
E bastò perché la situazione fosse salva.
Si tenga presente che il vino, “che rallegra il
cuore dell’uomo” (Sal 103, 15), era quasi l’elemento base d’una festa nuziale.
IlTalmud sentenzia che dove non c’è
vino non c’è allegria. “Vinum non habent!”: Non hanno più vino: queste tre parole, unite al sereno comando dato
ai servi: “Fate quello che Egli vi dirà!”, sono
le ultime parole che i Vangeli ci riferiscono
di Maria Santissima. Esse costituiscono
un essenziale programma di perfezione. L’importante è fare ciò che Gesù vuole. E la Vergine poteva certo
aggiungere: ‘Come ho fatto io, fate anche voi’.
Quale profonda interiorità traspare dalle parole di Maria Vergine che agiva sempre sotto la mozione dello Spirito Santo! Da ogni sua parola
traspare la fede inconcussa nell’onnipotenza di Gesù;
traspare la sua intuizione di
Madre dei viventi: Donna senza macchia, Don- na dal calcagno
potente, Corredentrice sapiente che vede vicina l’ora della manifestazione di Gesù Redentore e con la sua potenza d’amore
l’affretta e l’accelera;
traspare la fiducia illimitata
nell’inesauribile bontà del Cuore divino;
traspare la stupenda forza e sobrietà della
preghiera materna, che non consiste in molte parole, ma nel molto amare. Fu per questo che si limitò a presentare amorosamente e semplicemente la necessità
degli sposi;
traspare, inoltre, la vigile
comprensione e compassionevole sollecitudine
in favore di chi soffre e di chi non ha.
Veramente Maria Santissima ha
Cuore di Madre e di Mamma universale ed opera sempre con amore ardente e purissimo.
La risposta che Gesù diede
alla Madre: “Che c’è (più) tra me e te, o Donna? Non è
ancora giunta la mia ora!” è certamente più misteriosa delle altre. Già sant’Agostino diceva:
“Senza dubbio, o fratelli, qui c’è nascosto
qualcosa”.
La frase di Gesù ha fatto
versare agli interpreti fiumi di inchiostro, e ne sono venute fuori vaghe interpretazioni. Tutti concordano nel riconoscere che si tratta di una frase tipicamente semitica, dal1’apparenza aspra e scostante.
Non ci addentreremo nelle
varie ipotesi, e della suddetta frase riferiamo semplicemente l’originale spiegazione di alcuni rabbini romani
dell’epoca di papa Pio XII; interrogati della frase
idiomatica di Gesù a sua Madre essi risposero
che essa equivarrebbe a quest’altra: ‘quelli che sono i tuoi desideri sono anche i miei desideri’. In verità una
tale spiegazione cancella radicalmente ogni ombra di rifiuto o di severità, e richiama 1’ attenzione sulla perfettissima accondiscendenza
filiale di Gesù verso la volontà del Padre che ora si rivela a lui nella supplica della Madre.
Gesù, che amava tanto la
Mamma, come poteva non onorarLa anche con quelle parole che ad alcuni appaiono
disdicevoli? Invece La onorò a ta1 punto che, anche se non era scoccata la sua ora —
cioè della sua morte e risurrezione redentrice — Le concesse ciò che desiderava: un intervento prodigioso
e vedremo di quale grandezza.
L’appellativo ‘Donna!’, usato da Gesù per la Madre, è altamente onorifico ed anche profetico, in quanto preannunzia
il Golgota e rivela tutta la missione materna di Maria.
La Vergine Santissima comprese perfettamente
le parole velatamente sostenute del
Figlio e, ben sapendo che Gesù nulla mai Le negava, avvisò sapientemente i servi. E silenziosa attese.
E Gesù operò il miracolo e fu il primo miracolo nell’ordine della natura
suscitato dalla Madre e offerto a Lei dal Figlio.
“Vi erano là sei pile di pietra (o idrie)
preparate per le purificazioni dei Giudei: ciascuna di esse conteneva due o tre metrete
(una metreta equivale a quaranta
litri circa). Gesù dice ai servi: ‘Riempitele di acqua’. I servi le riempirono fino a11’orlo.
Poi soggiunse loro: ‘E ora attingete e portate al capo della
mensa”’ (Gv 2, 6-8). E i servi eseguirono docilmente l’ordine.
Nulla ci è detto sul modo con cui si effettuò il
miracolo. Evidentemente esso è stato determinato da un atto della volontà di
Gesù. Fu miracolo di trasformazione di una specie in un.’altra. L’acqua
fu trasformata in eccellente vino che subito servì a
rendere ancora più ebbri gli invitati alle nozze.
Tutti giudicarono ottimo il
nuovo vino. Esso generava nuova forza e nuova
gioia, perché un vitale
sapore vi si nascondeva. Era la novità dei nuovi tempi e dei nuovi metodi che
il Messia portava con sé.
“Il vino dell’Antico Testamento è buono: ‘Amerai il tuo prossimo e
odierai il tuo nemico!’ (Mt 5, 43); ma il vino
del Nuovo è migliore, infatti sta scritto: ‘Io
vi dico: Amate i vostri nemici e fate del bene ai vostri persecutori!’ (Mt 5, 44). Con Gesù “le cose vecchie sono passate, ed ecco ne
sono nate di nuove” (2 Cor 5, 17).
“Così Gesù diede inizio ai
suoi miracoli in Cana di Galilea, manifestò la sua gloria
(ossia, ‘la gloria’ che ha come Figlio unico del Padre) e i suoi discepoli credettero in Lui” (Gv 2, 11).
Dio aveva mostrato così i prodigi del suo infinito Amore.
Tre cose sono intimamente relazionate con questo miracolo (o segno):
1.
l’inizio dell’attività taumaturgica di Cristo;
2.
la manifestazione della
sua “gloria” di Unigenito;
3.
la conferma della fede dei discepoli.
Ciò che l’evangelista si
prefigge è pienamente raggiunto: il miracolo, chiesto da Maria, è compiuto da Gesù per indurre gli uomini a credere in
Gesù e nella Madre sua. Senza dubbio poi il convito o sposalizio di
Cana di Galilea è relazionato con i prodigi del Cenacolo e la tragedia
del Calvario. Se a Cana, Maria opera
come Madre, là sul Calvario è solennemente proclamata Madre universale.
Ne deriva che la gloria di Gesù si manifesta sempre unita alla gloria della
“Madre di Gesù”. E questo è segno che “non si può essere veri cristiani senza essere anche mariani”
(Palo VI).
Le nozze di Cana sono una opportunità per
approfondire, anche il matrimonio, proclamato da San Paolo “grande sacramento” (Ef 5, 32).
“Grande” per la sua origine
e per la sua finalità. Ecco come ne parla San Tommaso d’Aquino. L’origine del matrimonio è di una
grandezza divina, per quattro motivi:
1.
Perché
Dio lo istituì e comandò. “Crescete e moltiplicatevi e riempite il mondo” (Gn 1, 28).
2.
Dio
lo confermò come istituzione divina per mezzo del
suo Verbo fatto carne. “Ciò che Dio ha
congiunto, l’uomo non lo separi!” (Mt 19,5)
3. Il figlio di Dio lo onorò con la sua presenza. A questa presenza onorifica allude il Vangelo quando dice: “Alle nozze fu invitato anche Gesù” (Gv 2,3).
4.
Dio lo glorificò. È in
un convito di nozze che Cristo operò il suo primo miracolo (cf 2, 1-11).
Il matrimonio è grande anche per la sua finalità,
che è racchiusa nei triplici
beni della fede, della prole,
del sacramento.
1.
La fede. Consiste
nella fedeltà reciproca tra i coniugi. Questa fedeltà deve essere assoluta. “La
moglie non è arbitra del proprio
co,rpo, ma lo è il marito; allo stesso modo anche
il marito non è arbitro del proprio corpo, ma lo è la moglie” (1 Cor 7,4). Questa
fedeltà è distrutta dagli adulteri,
sui quali incombe la condanna di Dio. “Il matrimonio sia rispettato da tutti e il talamo
sia senza macchia. I fornicatori e gli adulteri saranno giudicati da Dio” (Eb 13,
4).
2.
La prole.
Consiste nell’osservanza del comando divino di generare
figli per sé e per il Signore.
a)
La bestia genera per
la natura e per la foresta. Gloria dell’uomo è
quella di generare
figli per sé e per il Signore.
b)
L’osservanza di questo comando è garanzia
di salvezza dei coniugi. “La donna
potrà essere salvata partorendo figli, a condizione di perseverare nella fede, nella carità e nella
santificazione, con modestia” (1 Tm 2, 15).
c)
Su chi non osserva
questo comando grava la maledizione di Dio. “Maledetta la terra che non partorisce”.
d)
Distruggono questo bene: tanto coloro che
usano pratiche anticoncezionali; quanto coloro che trascurano la
formazione religiosa dei figli.
3. Il sacramento. Consiste nell’indissolubilità del matrimonio.
a)
Simbolo dell’unione
del Cristo con la Chiesa, suo corpo mistico,
l’unione che il matrimonio realizza è modellata sullo
stesso carattere perenne
dell’unione del Cristo
con la Chiesa.
b)
Come il Cristo non si separa mai dalla sua Chiesa,
così nemmeno i coniugi
devono separarsi tra loro.
c)
Questo bene è
distrutto da quanti divorziano. Questi tali sono di fatto adulteri e su di essi grava la stessa condanna degli
adulteri. “La donna sarà chiamata adultera se, mentre vive il marito, passa a un altro uomo” (Rm 7,3).
La Madre del Cielo voglia, ancora oggi come un tempo, con la sua dolce presenza nella famiglia cristiana — dove in altre maniere sta venendo meno la gioia, l’unione e la pace — pregare per essa Gesù. Sicuramente tornerà la pace che è Dio, ed ogni famiglia sarà la sua piccola Chiesa.
“O Maria,
Madre e Regina delle famiglie a Te consacrate, prega per noi”.