In Italia, meno aborti chirurgici, più aborti chimici
(di Alfredo De Matteo) Il Ministero della Sanità ha
trasmesso al Parlamento la relazione sulla cosiddetta interruzione volontaria di
gravidanza relativamente all’anno 2015, che altro non è, è bene ricordarlo, la
conta delle vittime innocenti barbaramente assassinate dallo stato italiano in
conseguenza dell’applicazione della legge 194/1978. Sulla base di tale macabra
conta ne esce fuori un quadro della situazione drasticamente cambiato e, per
certi versi, ancora più drammatico rispetto agli anni precedenti: infatti, si
registra un calo sensibile degli aborti chirurgici (87.369, il 9,3 % in meno
rispetto all’anno precedente) a fronte però di un aumento considerevole del
ricorso all’aborto chimico.
Il dato più eclatante riguarda la cosiddetta pillola dei cinque giorni dopo
(EllaOne), pesticida umano che l’Aifa (l’agenzia italiana del farmaco) ha
dapprima pensato bene di immettere sul mercato e poi di consentirne la libera
vendita eliminando l’obbligo della prescrizione medica per le maggiorenni.
Ebbene, se nel 2014 sono state acquistate 16.796 confezioni, nel 2015, dopo tale
liberalizzazione, il numero è salito a ben 83.346. C’è inoltre da considerare
che esiste una gran varietà di farmaci cripto abortivi spacciati per semplici
anticoncezionali, e che le vendite relative alla cosiddetta contraccezione
d’emergenza viaggiano ad una media di circa 365.000 confezioni annue …
Pertanto, l’aborto farmacologico costituisce un vero e proprio business
orchestrato sulla pelle degli innocenti, che oltretutto presenta degli
innegabili vantaggi per il sistema: innanzitutto, riduce sensibilmente gli
ingenti costi legati all’intervento chirurgico e all’ospedalizzazione della
donna, costi che, è opportuno sottolineare, gravano interamente sul
contribuente; in secondo luogo, consente l’aumento esponenziale della pratica
abortiva, ossia la piena attuazione del piano demoniaco di distruzione della
civiltà che si avvale anche dei “progressi” in campo medico per immettere sul
mercato nuovi e più efficaci strumenti di morte; infine, tende a far passare il
concetto erroneo che la legalizzazione dell’aborto abbia comportato una drastica
riduzione del ricorso all’aborto: non a caso, la relazione annuale
sull’applicazione della legge 194, come si legge dal sito del Ministero della
Salute,si concentra soprattutto sui dati che indicano la netta diminuzione delle
gravidanze “interrotte”; scarso risalto viene dato al parallelo e maggiormente
significativo aumento degli aborti farmacologici, elemento statistico che tra
l’altro consente un conteggio solo approssimativo e per difetto delle vittime,
viziato com’è dalla surrettizia distinzione tra farmaci anticoncezionali e
farmaci abortivi. In realtà, quello a cui si assiste ormai da quasi quarant’anni
è una strage silenziosa degli innocenti che assume col passare del tempo sempre
più i contorni di un genocidio. Del resto, il ricorso sempre più massiccio
all’aborto farmacologico è diretta e naturale conseguenza della perversa logica
contenuta nella legge 194, norma che, di fatto, ha trasformato l’aborto in un
diritto umano.
Tra l’altro, il legislatore sembra aver astutamente previsto i futuri
progressi in campo medico e si è premunito di blindarli anche dal punto di vista
normativo: infatti, all’articolo 15 della legge 194 si legge che «Le
regioni, d’intesa con le università e con gli enti ospedalieri, promuovono
l’aggiornamento del personale sanitario ed esercente le arti ausiliarie sui
problemi della procreazione cosciente e responsabile, sui metodi
anticoncezionali, sul decorso della gravidanza, sul parto e sull’uso delle
tecniche più moderne, più rispettose dell’integrità fisica e psichica della
donna e meno rischiose per l’interruzione della gravidanza. Le regioni
promuovono inoltre corsi ed incontri ai quali possono partecipare sia il
personale sanitario ed esercente le arti ausiliarie sia le persone interessate
ad approfondire le questioni relative all’educazione sessuale, al decorso della
gravidanza, al parto, ai metodi anticoncezionali e alle tecniche per
l’interruzione della gravidanza». Dunque, tutto è stato previsto da chi ha
pensato la legge 194/1978, anche il superamento della legge stessa. Purtroppo,
c’è ancora qualche pro life che parla di carenza di valide alternative
all’aborto da offrire alle gestanti e di tradimento delle finalità stesse della
legge 194. (Alfredo De Matteo)