sabato 17 dicembre 2016

La mia ordinazione


GIOVANNI PAOLO Il 

Dal libro "Dono e Mistero" Sacerdote!

La mia ordinazione ebbe luogo in un giorno insolito per tali celebrazioni: essa avvenne il primo novembre, solennità di Tutti i Santi, quando la liturgia della Chiesa è tutta rivolta a celebrare il mistero della comunione dei santi e s'appresta a fare memoria dei fedeli defunti. L'Arcivescovo scelse questa data, perché dovevo partire per Roma per proseguire gli studi. Fui ordinato da solo, nella cappella privata degli Arcivescovi di Cracovia. I miei colleghi sarebbero stati ordinati l'anno seguente, nella Domenica delle Palme.

Ero stato ordinato suddiacono e diacono in ottobre. Fu un mese di intensa preghiera, scandito dagli Esercizi Spirituali con i quali mi preparai a ricevere gli Ordini sacri: sei giorni di Esercizi prima del suddiaconato, e poi rispettivamente tre e sei giorni prima del diaconato e del presbiterato. Gli ultimi Esercizi li feci da solo nella cappella del seminario. Il giorno di Tutti i Santi mi presentai di mattina nella residenza degli Arcivescovi di Cracovia, in via Franciszkanska 3, per ricevere l'Ordinazione sacerdotale. Alla cerimonia partecipava un piccolo gruppo di parenti e di amici.



Ricordo di un fratello nella vocazione sacerdotale

Il luogo della mia Ordinazione, come ho detto, fu la cappella privata degli Arcivescovi di Cracovia. 
Ricordo che durante l'occupazione vi andavo spesso di mattina, per fare da ministrante al Principe Metropolita durante la Santa Messa. 
Ricordo anche che per un certo periodo veniva con me un altro seminarista clandestino, Jerzy Zachuta. Un giorno egli non si presentò. Quando dopo la Messa passai da casa sua, a Ludwinw (presso Debniki), seppi che durante la notte era stato prelevato dalla Gestapo. Subito dopo, il suo cognome comparve nell'elenco dei polacchi destinati alla fucilazione. Venendo ordinato in quella stessa cappella che ci aveva visti tante volte insieme, non potevo non ricordare questo fratello nella vocazione sacerdotale che in altro modo Cristo aveva unito al mi-stero della sua morte e della sua risurrezione.

Veni, Creator Spiritus!

Mi rivedo, così, in quella cappella durante il canto del "Veni, Creator Spiritus" e delle Litanie dei Santi, mentre, steso per terra in forma di croce, aspettavo il momento dell'imposizione delle mani. Un momento emozionante! 
In seguito ho avuto modo di presiedere molte volte questo rito come Vescovo e come Papa. C'è qualcosa di impressionante nella prostrazione degli ordinandi: è il simbolo della loro totale sottomissione di fronte alla maestà di Dio e contemporaneamente della piena disponibilità all'azione dello Spirito Santo, che di-scende in loro come artefice della consacrazione. "Veni, Creator Spiritus, mentes tuorum visita, imple superna gratia quae Tu creasti pectora."

Come nella Santa Messa Egli è l'artefice della transunstanziazione del pane e del vino nel Corpo e nel Sangue di Cristo, così nel sacramento dell'Ordine Egli è l'artefice della consacrazione sa-cerdotale o episcopale. Il vescovo, che conferisce il sacramento dell'Ordine, è dispensatore umano del mistero divino. 


L'imposizione delle mani è continuazione del gesto già praticato nella Chiesa primitiva per indicare il dono dello Spirito Santo in vista di una determinata missione (cfr. At 6,6; 8,17;13,3). Paolo lo utilizza nei confronti del discepolo Timoteo (cfr. 2Tm 1,6; 1Tm 4,14) ed il gesto resta nella Chiesa (cfr. 1Tm 5,22) come segno efficace della presenza operante dello Spi-rito Santo nel sacramento dell'Ordine.

Il pavimento

Chi s'appresta a ricevere la sacra Ordinazione si prostra con tutto il corpo e poggia la fronte sul pavimento del tempio, manifestando con ciò la sua completa disponibilità ad intraprendere il ministero che gli viene affidato. 
Quel rito ha segnato profondamente la mia esistenza sacerdotale. Anni più tardi, nella Basilica di San Pietro - si era all'inizio del Concilio - ripensando a quel momento dell'Ordinazione sacerdotale, scrissi una poesia di cui mi piace riportare qui un frammento: 
«Sei tu, Pietro. Vuoi essere qui il Pavimento su cui camminano gli altri... per giungere là dove guidi i loro passi... Vuoi essere Colui che sostiene i passi - come la roccia sostiene lo zoccolare di un gregge: Roccia è anche il pavimento d'un gigantesco tempio. E il pascolo è la croce». (Chiesa: 1 Pastori e le Fonti. Basilica di San Pietro, autunno 1962: 11.X - 8AII, Il Pavimento).

Scrivendo queste parole pensavo sia a Pietro che a tutta la realtà del sacerdozio ministeriale, cercando di sottolineare il profondo significato di questa prostrazione liturgica. In quel giacere per terra in forma di croce prima dell'Ordinazione, accogliendo nella propria vita - come Pietro - la croce di Cristo e facendosi con l'Apostolo «pavimento» per i fratelli, sta il senso più profondo di ogni spiritualità sacerdotale.

AVE MARIA PURISSIMA!