LA MESSA
DELL'ASSEMBLEA CULLA L'AGNOSTICISMO
[=Dottrina filosofica che afferma l'incapacità della mente umana a conoscere l'assoluto, in quanto estraneo alla scienza positiva]
Editoriale "Radicati nella fede" - Anno VIII n° 8
Editoriale "Radicati nella fede" - Anno VIII n° 8
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Ciò che non c'è più
nella Messa, scompare inevitabilmente anche dalla vita cristiana. È solo
questione di tempo, e nemmeno molto.
Così è stato con
l'ultima riforma liturgica: i “vuoti” del rito sono diventati “vuoti” del nuovo
cristianesimo.
Ne vorremmo
sottolineare uno tra tutti: la scomparsa del submissa voce per
il prete, che corrisponde all’assenza del silenzio per i fedeli. Ci sembra
questo uno dei punti che più evidentemente indicano un cambiamento radicale nel
rito cattolico. D'altronde è questo che soprattutto appare come scandaloso, per
i fedeli che oggi si imbattono nella Messa tradizionale: le lunghe parti in cui
il sacerdote, specialmente nel canone, pronunciando le parole sottovoce, non fa
sentire alcunché ai fedeli, obbligandoli al silenzio.
Più volte abbiamo
constatato che è questo a far problema, più dell'uso del latino.
Eppure questo è un
aspetto determinante, che se eliminato, cambia tutto non solo nella messa, ma
nel cristianesimo stesso.
Il submissa
voce, il sottovoce per il prete e il corrispondente lungo silenzio per i
fedeli, “incastra” prete e fedeli alla fede, senza appoggi umani. Il sacerdote
all'altare deve stare di fronte a Dio, ripetendo sottovoce le parole di Nostro
Signore, rinnovando il Sacrificio del Calvario.
È un rapporto diretto,
personale, intimo con Dio; certo mediato dalla consegna della Chiesa, che
custodisce e trasmette le parole che costituiscono la forma del sacramento, ma
che in quell'istante non si posa sull'umano della Chiesa, ma sul miracolo della
grazia. Così facendo il prete, nel rito tradizionale, immediatamente insegna ai
fedeli che ciò che conta è Dio stesso, la sua azione, la sua salvezza, e che
queste ci raggiungono personalmente.
La nuova messa non
è così, è tutta comunitaria. Il prete in essa, oltre ad essere tutto rivolto ai
fedeli, opera come colui che narra ai fedeli ciò che il Signore ha fatto
nell'ultima cena: racconta ai fedeli le parole e i gesti del Signore, così che
l'azione sacramentale che ne scaturisce appare tutta mediata dall'attenzione
che questi ultimi vi devono mettere.
Scompare così per il prete il rapporto
personalissimo con Dio nel cuore della messa cattolica, il canone, sostituito
da questo estenuante rapporto con chi è di fronte all'altare.
La nuova forma
della messa comunitaria ha così trasformato il sacerdote, gettato in pasto
all'attivismo più sfiancante, che è quello di farsi mediare la fede e il
rapporto con Dio sempre dai fedeli.
La nuova messa ha prodotto un nuovo clero
non più aiutato a stare con Dio, non più ancorato all'atto di fede.
Il continuo dialogo
nella messa, tra sacerdote e assemblea, ha anche modificato la concezione di
Chiesa: oggi pensiamo la Chiesa come nascente dal basso, dal battesimo e quindi
dal popolo cristiano; non la pensiamo più come realmente è, nascente dall'alto,
da Dio, dal sacramento dell'Ordine. Chi pensa che la Chiesa sorga dal
battesimo, non sopporta più quel prete all'altare, che sottovoce pronuncia le
parole che costituiscono il miracolo del sacramento.
Anche i fedeli sono
direttamente rovinati dal nuovo rito perché, continuamente intrattenuti dal
parlare del prete, hanno disimparato anch'essi a stare di fronte a Dio. Così
Dio stesso si trova sostituito dall'assemblea celebrante, che diventa
ingombrante ostacolo nell’educazione al personale atto di fede.
In questi ultimi
tempi si è tentato nella messa moderna di correre ai ripari, cercando invano di
reintrodurvi un po' di silenzio, collocato dopo la lettura del Vangelo, ma
anche questo espediente rivela la gravità della nuova posizione.
Questo
silenzio reintrodotto, solitamente brevissimo, è un silenzio di riposo umano,
di meditazione: esso è di tutt'altra natura rispetto a quello prodotto
dal submissa voce. Il submissa voce produce un
silenzio che avvolge il rapporto intimo del sacerdote con Dio, che dà la sua
persona affinché accada l'azione divina che salva. Il silenzio del submissa
voce è incentrato sull’azione di Dio e non sulla meditazione dell’uomo, ed è
uno dei più grandi richiami al primato della vita soprannaturale, al primato
della grazia.
Non c'è nulla da
fare, occorre tornare alla Messa di sempre, per tornare alla centralità
dell’atto di fede, personale risposta all'azione di Dio.
Sacerdoti e fedeli
non possono resistere di fronte al mondo, se non sono costituiti in forza da
questo rapporto personalissimo, che nessuna assemblea può sostituire.
L'alternativa? Un
agnosticismo pratico, un dubbio di fede pratico, un sospeso dell'anima,
riempito dalle parole di un'assemblea che intrattiene per non far pensare.
Osiamo dirlo: la
nuova messa, tutta ad alta voce, tutta narrazione e predica, ha cullato i vari
agnosticismi, dei preti e dei fedeli, non fermando il dramma dell'apostasia,
cioè dell'abbandono pratico della vita cristiana. Ha illuso, dando, nel
migliore dei casi, un po' di calore umano a buon mercato, diseducando a una
posizione di fede vera, assolutamente necessaria per attraversare la battaglia
di questa vita.
Torniamo alla Messa
tradizionale, prima palestra del cristianesimo, quello vero.
AMDG et BVM