sabato 10 settembre 2016

La splendida attività del Beato Pietro, primo degli apostoli + Gesta del beato Paolo apostolo e dottore delle genti, compiute in diversi luoghi


MEMORIE APOSTOLICHE DI ABDIA - PRIMO VESCOVO DI BABILONIA 

LIBRO I 

La splendida attività del Beato Pietro, 
primo degli apostoli 

[1] Dopo che il Signore si era fatto carne nella natività, e lo stesso Signore Gesù Cristo, vera luce del mondo, aveva mostrato la sua luce alle tenebre del mondo, mentre se ne camminava lungo il mare di Galilea, vide due fratelli, Simone detto Pietro, e Andrea suo fratello, che lanciavano il giacchio in mare; erano infatti pescatori. Disse loro: "Seguitemi e vi renderò pescatori di uomini". E quelli subito, lasciate le reti, lo seguirono. Arrivato nei dintorni di Cesarea di Filippo, interrogò i suoi discepoli: "Chi dice la gente che sia il Figlio dell'uomo?". Essi risposero: "Alcuni dicono: è Giovanni il Battezzatore, altri Elia, altri Geremia o uno dei profeti". Rispose allora Simone Pietro senza esitazione e con fermezza: "Tu sei il Messia, il Figlio del Dio vivente". E Gesù a lui: "Beato sei tu, Simone bar-Jona, perché non la carne e il sangue te l'hanno rivelato ma il Padre mio che è nei cieli. Ebbene, io dico a te: tu sei Pietro e su questa pietra io edificherò la mia Chiesa, e le porte dell'Ade non prevarranno contro di essa; ti darò le chiavi del regno dei cieli, e ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli". In quello stesso periodo il Cristo, presi con sè Pietro, Giovanni e Giacomo, tre dei discepoli più cari, andò secondo il suo solito su un monte a pregare. Appena i discepoli lo videro elevarsi un po' più in alto e circondato dalla luce del sole tra Mosè ed Elia, "Signore - disse Pietro - questo è un ottimo luogo per starci; e così, se sei d'accordo, faremo tre tende: una per te, una per Elia e una per Mosè" Gesù però non rispose nulla: li esortò invece ad alzarsi e a deporre il timore; e proseguì il suo discorso sulla passione. Prima delle festività pasquali, quando erano ormai imminenti, Gesù, sapendo che il Padre gli aveva dato tutto nelle mani e che egli era venuto da Dio e a Dio ritornava, si levò da mensa e depose le vesti; prese un panno, se ne cinse, quindi versò dell'acqua nel catino e prese a lavare i piedi dei suoi discepoli e ad asciugarli col panno. Giunto a Simone Pietro, Pietro gli dice: "Signore, tu i piedi non me li laverai". Gli risponde Gesù: "Ciò che sto facendo tu ora non lo comprendi, lo comprenderai però dopo". Allora Pietro: "Tu i piedi non me li laverai mai!". Gesù gli rispose: "Se non ti laverò, non avrai parte con me". Al che Pietro: "Non soltanto i piedi, ma anche il mio capo e le mie mani". Gesù, in occasione di quelle parole, rispose: "Chi ha fatto un bagno non ha più bisogno di essere lavato ancora, ma è del tutto mondo". Questi avvenimenti riguardanti Pietro risalgono a prima della risurrezione. 

[2] Quindi il Signore Gesù, dopo che fu risorto, disse a Pietro: "Simone di Giovanni, mi ami?". "Certo, Signore - rispose Pietro - tu lo sai che ti amo". Allora rispose Cristo: "Pasci i miei agnelli"; e soggiunse: "Simone di Giovanni, mi ami?". Gli rispose Pietro: "Lo sai che ti voglio bene". "Pasci allora le mie pecore", rispose Gesù. E per la terza volta rivolto a Pietro: "Simone di Giovanni, mi ami?". Udito questo, Pietro si rattristò perché gli aveva chiesto per la terza volta: "Mi ami?" e rispose: "Signore, tu lo sai che ti amo!". E Gesù: "Pasci allora le mie pecore. In verità ti dico: quando eri più giovane ti cingevi e andavi dove volevi, ma quando sarai vecchio stenderai le braccia e un altro ti cingerà e ti condurrà dove tu non vorrai!". Disse questo per indicare con quale genere di morte doveva glorificare Dio. Questi fatti risalgono al tempo in cui il Salvatore, dopo essere risorto, era apparso sulla spiaggia del mare di Tiberiade ai discepoli che stavano pescando e aveva chiesto loro se avessero preso qualche pesce. Ma essi, che da lontano non avevano riconosciuto il Signore, assicuravano di no. All'udire questo, Gesù ordinò di gettare la rete a destra della barca. Quando essi l'ebbero fatto e Pietro si fu tuffato in mare, tirarono su una rete piena di pesci. Stupefatti da quel miracolo, cominciarono a riconoscere il Signore, e guadagnata la riva trovarono vicino a lui del pesce sopra la brace e del pane. Dopo che ebbero contati ben cento e cinquanta pesci, il Cristo invitò i discepoli a sedere e a mangiare pane e pesce con lui. Questi fatti di Pietro, degni di essere ricordati, avvennero quando ancora Egli era sulla terra dopo la risurrezione. 

[3] Dopo che il Signore Gesù fu assunto in cielo, Pietro e Giovanni stavano salendo al tempio verso l'ora nona per la preghiera. Ed ecco che veniva portato un uomo nato storpio, che usavano collocare ogni giorno alla porta del tempio chiamata "Bella" perché chiedesse l'elemosina a quanti vi entravano. Costui, visti Pietro e Giovanni che stavano entrando, chiese loro l'elemosina. Pietro con Giovanni lo fissò e disse: "Guarda verso di noi". L'uomo li guardava attento, con la speranza di riceverne qualcosa. Allora Pietro: "Non ho argento e oro, ma quel che possiedo te lo do: in nome di Gesù Cristo, il Nazareno, alzati e cammina!". E, presolo per la destra, fece l'atto di rialzarlo. All'istante piedi e caviglie presero vigore, ed egli con un balzo fu in piedi e camminò. Entrò poi con loro nel tempio e si mise a testimoniare pubblicamente il fatto e a esaltare il Signore. Come età aveva superato i quarant'anni. Frattanto il numero di coloro che abbracciavano la fede, una moltitudine di uomini e di donne, cresceva sempre più, e si arrivò al punto di portar fuori nelle piazze gli ammalati e di deporli sui rispettivi lettini e barelle lungo le vie pubbliche su cui avevano saputo che gli apostoli sarebbero arrivati. Molti ancora dalle città vicine raggiungevano Gerusalemme portando uomini infermi e tormentati da potenze maligne, e Pietro li guariva tutti Intanto corse voce a Gerusalemme che la Samaria aveva accolto il vangelo e gli apostoli vi inviarono Pietro e Giovanni. Essi, giunti colà, recitarono per loro un'orazione perché ricevessero lo Spirito santo. Su nessuno di loro infatti era disceso ancora, ma erano stati soltanto battezzati nel nome di Gesù. Allora gli apostoli imposero loro le mani, e così anche i Samaritani ricevettero lo Spirito santo. Un certo Simone, detto il Mago, quando vide che con l'imposizione delle mani degli apostoli veniva dato lo Spirito santo, offrì loro del denaro dicendo: "Fornite anche a me questo potere di conferire lo Spirito santo a chiunque imporrò le mani". Pietro gli rispose: "Alla malora tu e il tuo denaro, perché hai creduto di ottenere il dono di Dio con l'oro. Tu non parteciperai mai a ciò che hai chiesto. Questo perché il tuo cuore non è retto davanti a Dio. Pentiti, quindi, ravvediti da questa tua nefandezza e chiedi a Dio, se possibile, di perdonare il tuo desiderio, perché è iniquo. Io infatti ti vedo schiavo di una passione perniciosa". Simone rispose: "Pregate voi per me il Signore che nulla mi accada di quanto mi avete detto". Essi pertanto, dopo aver testimoniato ed esposto il vangelo di Gesù, rientrarono a Gerusalemme, evangelizzando molte zone della Samaria. 

[4] Avvenne allora che Pietro, toccando molte città e villaggi, scese presso i cristiani residenti a Lidda. Là trovò un paralitico chiamato Enea, che giaceva da otto anni in un letto, e gli disse: "Enea, alzati, il Signore nostro Gesù Cristo ti ha guarito". E subito quegli si alzò e si rifece il letto. Lo videro tutti gli abitanti di Lidda e del Saron e si convertirono al Signore. Durante questi avvenimenti occorse il fatto di una cristiana di nome Tabita, che significa "gazzella". Costei si dava alle opere buone e alle elemosine che elargiva di continuo. Un giorno cadde ammalata e morì. I parenti paterni, dopo averla lavata, la deposero nella sala superiore. E siccome Lidda era vicina a Joppe, inviarono due uomini da Pietro per invitarlo a venire da loro immediatamente. Pietro, ricevuta la notizia, si mise in cammino e giunse con loro a Joppe. Appena arrivato, lo fecero salire alla sala superiore e venne attorniato da tutte le vedove in lacrime che gli mostravano tuniche e mantelli che aveva loro confezionato Gazzella. Pietro, commosso dal pianto di costoro, dopo aver fatto uscire tutti i parenti, alzò occhi e mani al cielo, e inginocchiatosi, si mise a pregare. Rivolto al cadavere, disse: "Tabita, alzati!". Quella aprì gli occhi e, visto Pietro, si levò a sedere. Pietro allora le porse la mano, la fece alzare e, chiamati i cristiani e le vedove, la presentò loro viva. Il fatto si riseppe in tutta Joppe e molti credettero nel Signore. 

[5] In quello stesso periodo il re Erode prese a maltrattare alcuni membri della Chiesa; vedendo che la cosa era gradita agli Ebrei, arrestò anche Pietro. Si era nei giorni degli Azzimi. Presolo, lo mise in carcere, affidandolo alla custodia di quattro plotoni di soldati, con l'intento di fargli il processo dopo la Pasqua. Pietro era rinchiuso in carcere, ma la Chiesa innalzava continuamente preghiere per lui al Signore. Quando Erode fu sul punto di portarlo in giudizio, quella stessa notte Pietro era addormentato tra due soldati, legato con due catene. I carcerieri montavano la guardia davanti alla porta. Quand'ecco un angelo del Signore apparve e una luce brillò nella cella; toccato Pietro sul fianco, il Signore lo svegliò: "Alzati in fretta"; le catene gli caddero dai polsi, e l'angelo gli disse: "Mettiti la cintura e i sandali"; Pietro ubbidì. Disse ancora: "Indossa il mantello e seguimi". Pietro, seguendolo, uscì; ma non riusciva a capacitarsi che ciò che stava facendo, grazie all'angelo, fosse vero: credeva piuttosto che fosse un sogno. Traversati così il primo e il secondo posto di guardia, giunsero al portone di ferro che dava in città, il quale si aprì da solo. Usciti, percorsero una strada, quando improvvisamente l'angelo scomparve. Pietro, ripresosi, disse: "Ora sono sicuro che il Signore ha inviato il suo angelo e mi ha tolto dalle mani di Erode e dalle speranze del popolo ebreo". 

[6] Dopo questi fatti si fece avanti un certo Simone samaritano, che appena vide i miracoli di Pietro, cercò di acquistare il carisma dello Spirito, lui che diceva di essere un gran personaggio e di essere diverso e cangiante; a coloro che avessero creduto in lui egli prometteva di sottrarli alla morte. Costui desiderava creare difficoltà all'insegnamento di Pietro e porne in ridicolo la dottrina; fissò anche un giorno nel quale essere presente allorché la folla si radunava per udire Pietro allo scopo di discutere con lui. Pietro allora si trovava a Cesarea di Stratone. Giunta l'alba del giorno stabilito, Zaccheo, capo della città, si presentò a Pietro e gli disse: "E' ora che tu vada a discutere Pietro. La folla, già radunata al centro dell'atrio, si accalca per aspettarti; in mezzo ad essa vi è Simone con un forte seguito". Pietro, udito questo, per fare la preghiera fece allontanare alcuni che non erano ancora stati mondati dai peccati commessi senza averne coscienza, e disse rivolto ai restanti: "Preghiamo fratelli, perché il Signore per mezzo di Cristo suo Figlio e per la sua ineffabile misericordia mi aiuti mentre sto per espormi in favore della salvezza di individui che sono creature pure di Dio". Detto questo, conclusa la preghiera, si portò nell'atrio della casa dove era radunata una folla grandissima. Appena gli sembrò che tutti fossero attenti nel più grande silenzio e il mago Simone fungesse da capo in mezzo a loro, cominciò così: 

[7] "Pace a voi tutti che siete disposti a conciliarvi con la verità. A chiunque infatti la segue, pare naturale rendere un favore a Dio; mentre sono essi a conseguire da lui un dono di grandissimo valore, percorrendo i sentieri della sua giustizia Perciò la prima cosa da fare è ricercare la giustizia del Signore ed il suo regno. La giustizia, perché impariamo ad agire rettamente; il regno, poi, perché conosciamo qual è il frutto delle fatiche e della sofferenza. In esso, per coloro che hanno vissuto bene, vi è ricompensa dei beni eterni; per coloro invece che saranno andati contro la sua volontà ci sarà un equivalente contraccambio di pena per le loro azioni. Quindi è qui, cioè, mentre siete in questa vita, che dovete riconoscere la volontà del Signore e quando viene l'opportunità di agire. Infatti se qualcuno volesse cercare ciò che non può trovare, prima di aver emendato la sua condotta, la sua ricerca sarà sciocca e inutile. Il tempo è poco e il giudizio sarà fatto in vista delle azioni, non delle dispute. Perciò prima di tutto chiediamoci che cosa sia necessario fare o in che modo farlo per meritare la vita eterna. Il mio parere è quindi questo, che è pure quello del Profeta: ricerchiamo dapprima la giustizia specialmente coloro che fanno la professione di conoscere il Signore. Se c'è qualcuno che reputa che vi sia qualche cosa di più giusto, lo dica. Dopo averlo detto, ascolti, ma con calma e pazienza. Infatti per questo all'inizio, sotto la forma di un saluto, ho augurato pace a voi tutti". 

[8] Simone di rimando rispose: "A noi non occorre la tua pace, perché se la pace e la concordia esistessero, nella ricerca della verità non potremmo avanzare di un sol passo: infatti sono i ladri, i lussuriosi ad essere in pace tra loro, perché ogni nefandezza dà ragione a se stessa; se quindi ci siamo radunati per questo, vale a dire per applaudire per amor di pace ogni cosa che viene detta, non gioveremmo in nessun modo a coloro che ci ascoltano, ma al contrario li illuderemmo per andarcene da buoni amici. Perciò non invocare la pace, ma piuttosto la diatriba; se gli errori li puoi confutare, non ricercare l'amicizia ottenuta con adulazioni ingiuste. Voglio che tu sappia innanzitutto che quando due vengono a diverbio, verrà il momento nel quale uno dei due, vinto, cadrà". Pietro rispose: "Perché temi di udire spesso la parola pace? Ignori forse che la perfezione della legge è data dalla pace? Dal peccato infatti nasce guerra e discordia. Quando invece non c'è peccato, esiste la pace nelle discussioni, e la verità nelle opere". E Simone: "Le parole che hai detto sono vuote. Ora però ti mostrero la potenza della mia capacità soprannaturale, in modo che subito ti ravveda e mi adori. 

[9] Io sono la potenza prima immortale e infinita. Entrato nell'utero di Rachele, fui generato da lei come uomo in modo da poter essere visto dagli uomini. Ho volato nel cielo, il mio corpo è composto col fuoco; ho fatto sì che le statue si muovessero, ho animato cose inanimate, ho mutato pietre in pane, da un monte ho volato discendendo sorretto dalle mani degli angeli. E queste cose non solo le ho fatte, ma le posso ripetere ora per dimostrare a tutti che sono il Figlio di Dio, che sono immortale e in grado di rendere immortali coloro che credono in me. Le tue parole sono tutte inutili, né puoi addurre alcun fatto che provi la verità. Come quel famoso mago che ti ha inviato, che non ha nemmeno potuto liberarsi dal supplizio della croce. Io posso infatti rendermi invisibile a coloro che volessero catturarmi, e poi di nuovo, volendolo, rendermi palese. Se volessi fuggire, trapasserei monti e rocce come argilla. Se precipitassi da un monte altissimo, giungerei a terra illeso, come se fossi trasportato; legato, sarei io stesso a liberarmi e legherei a mia volta coloro che mi avessero messo le catene; gettato assieme agli altri in carcere, farei sì che le porte si aprissero da sole. Trasformerei le statue inanimate in modo tale che vengano ritenute persone vive da coloro che le osservano; in un batter d'occhio farei nascere nuove piante e produrrei virgulti improvvisi; mi butterei nel fuoco, ma non mi brucerei; mi trasformerei in modo tale da non essere riconosciuto. Potrei avere due volti da mostrare agli uomini: apparire come pecora o capra; e, sebbene neonato, mettere la barba. Potrei librarmi volando nell'aria, rivelare ricchezze ingenti, costituire re ed essere adorato come Signore, ricevere di fronte a tutti onori divini in modo che, costruitami un'effige, mi onorino come Signore e mi adorino. Ma che bisogno c'è di elencare tutto? Io posso fare tutto ciò che voglio. Molte di tali opere le ho già sperimentate con successo. Infine, disse, una volta quando mia madre Rachele mi ordinò di andare nel campo a mietere, io, vedendo una falce, le comandai di andare a mietere: ed essa falciò dieci volte più delle altre. Dalla terra ho fatto scaturire virgulti nuovi che in un istante apparvero e misero fronde. Un'altra volta ho perforato un vicino monte". 

[10] Dopo che Simone ebbe parlato, Pietro rispose: "Non dire degli altri ciò che non sono. Che tu sia un mago è chiaro e palese dagli stessi discorsi che hai fatto. Il nostro Maestro, di natura divina e umana, è palesemente buono. Quanto al fatto che sia veramente Figlio del Signore, viene comprovato da quegli stessi motivi grazie ai quali fu comprovato. Quanto a te, se non vuoi confessare di essere un mago, andiamo con tutta questa folla a casa tua, e lì scopriremo allora chi è il mago". Ma mentre Pietro diceva questo, Simone cominciò a bestemmiare e a maledire, e non pot‚ essere redarguito nel tramestio generale che ne seguì. Pietro, per non far vedere che se ne andava a causa delle imprecazioni, rimase immobile e lo redarguì aspramente. Il popolo indignato respinse Simone fuori dalle porte di casa, dopo che era già stato scacciato dall'atrio. Uno solo lo seguì. Nel silenzio generale, Pietro così parlò al popolo: "Fratelli, dovete sopportare pazientemente le persone malvagie, ricordatevi che il Signore, pur potendo annientarle, permette tuttavia che vivano fino al giorno prefissato in cui tutto sarà sottoposto al giudizio. Potremo quindi non sopportare noi coloro che sopporta il Signore, cui sono sottomessi e ubbidiscono i cieli e la terra? E voi che vi siete convertiti al Signore per mezzo della penitenza, piegate davanti a lui le ginocchia". Detto questo, si inginocchiò davanti al Signore. Pietro, con gli occhi al cielo pregava tra le lacrime per loro, perché il Signore, nella sua bontà, si degnasse di accogliere coloro che si rimettevano completamente a lui. Dopo aver pregato e prescritto che il giorno seguente giungessero per tempo, celebrò l'Eucaristia. Quindi, come d'uso, rimase in silenzio. 

[11] Al mattino giunse un discepolo di Simone a dire: "Ti prego, Pietro, accogli me, misero, che sono stato ingannato dal mago Simone; lo credevo un Dio celeste per tutti i prodigi che gli ho visto fare; dopo aver udito però le tue parole ho cominciato a considerarlo come un uomo, e per di più malvagio. Tuttavia quando uscì di qui, io solo lo seguii, poiché non avevo ancora riconosciuto tutte le sue empietà. Quando vide che lo seguivo, chiamandomi beato, mi condusse a casa sua. Verso mezzanotte mi disse: "Ti renderò superiore a tutti gli uomini, se vorrai restare con me fino in fondo". Appena glielo promisi, pretese da me un giuramento di costanza; dopo averlo ricevuto, pose sulle mie spalle certi suoi segreti impudichi ed esecrabili, perché li portassi, e mi seguì. Appena giunto al mare e salito su di una barca che si trovava lì per caso, riprese dal mio collo ciò che mi aveva ordinato di portare. Discesone poco dopo, non riportò indietro nulla: naturalmente l'aveva gettato in mare. Mi pregò poi di mettermi in cammino con lui, dicendo di voler raggiungere Roma. Là infatti avrebbe avuto tanto successo da venir considerato Signore ed essere insignito pubblicamente di onori divini. "Allora, disse, pieno di ogni ricchezza, se desidererai ritornare qui, ti rimanderò trasportato da una moltitudine di potenze angeliche!". Udite queste parole e non vedendo in lui nulla che potesse testimoniare questa promessa, capii che era un mago e un ingannatore, e risposi: "Ti prego di scusarmi ché i piedi mi fanno male e non sono in grado di andarmene da Cesarea. Oltre al resto ho moglie e figli piccoli che non posso assolutamente lasciare". Udite queste parole, partì per Roma accusandomi di viltà e dicendomi: "Quando saprai della fama di cui mi sarò circondato in Roma, ti pentirai". Dopo di questo, come aveva detto, si diresse verso Roma. Dal canto mio sono subito tornato qui a pregarti di accogliermi come penitente, perché da lui sono stato ingannato". 

[12] Appena colui che aveva abbandonato Simone ebbe finito di parlare, Pietro gli ordinò di prendere posto nell'atrio. Anch'egli, facendosi avanti e vedendo che la folla era molto più numerosa dei giorni precedenti, si pose al solito posto e, indicando colui che aveva abbandonato Simone, disse: "Fratelli costui che vedete, è venuto poco fa da me per informarmi sulle nefandezze magiche di Simone e in che modo egli abbia gettato in mare tutti gli artifizi della sua scelleratezza, non per un sentimento di penitenza, ma per il timore di essere arrestato e sottoposto alle leggi pubbliche". Mentre Pietro parlava, il popolo era stupito di vedere l'uomo che aveva abbandonato Simone. Quindi Pietro, lasciata Cesarea, raggiunse Tripoli e, entrato in casa di Marone, vide un luogo adatto alla discussione. Appena vide la folla, che appariva come un grande fiume che si fosse riversato in un piccolo alveo, salì su un piedistallo che era appoggiato lungo la parete che dava sul giardino e salutò dapprima il popolo, secondo l'uso religioso. Alcuni dei presenti, da parecchio tempo in preda ai demoni, si gettarono per terra mentre gli spiriti immondi scongiurarono Pietro che permettesse loro di rimanere anche per un solo giorno nei corpi che occupavano. Pietro, esorcizzandoli, ordinò loro di uscire immediatamente, ed essi se ne andarono senza indugio. Anche altri, infermi da lungo tempo, invocarono Pietro perché li risanasse ed egli promise che avrebbe per loro supplicato il Signore appena terminata l'istruzione religiosa; subito, come aveva promesso, furono guariti dalle loro malattie. Volle che costoro andassero a sedersi in disparte assieme a quelli che erano stati guariti dai demoni, come se fossero affaticati dopo un lungo lavoro. 

[13] Partito da Tripoli, Pietro si diresse verso Antiochia. Giunse alle isole dette Ancaridi nel cui tempio c'erano delle colonne di rara grandezza e, per vederle, molti erano venuti con Pietro; Pietro dopo averle ammirate ed essere uscito dalle porte, vide una donnina che chiedeva l'elemosina a coloro che entravano. Dopo averla guardata attentamente, disse: "Dimmi, donna, che difetto fisico hai da sottometterti alla vergogna di chiedere l'elemosina e perché non ti procuri con le tue mani, ricevute dal Signore, il cibo, frutto del lavoro?". Quella rispose sospirando: "Volesse il cielo che avessi mani da potere muovere! Mi è rimasta solamente l'apparenza delle mani. Esse infatti sono morte, malferme e insensibili ai miei morsi". Pietro allora, dopo averle preso le mani, le risanò. Quella donna era la madre di Clemente dal quale nello stesso posto fu riconosciuta. Difatti, grazie alla potenza di Pietro, riabbracciò gli altri figli Faustino e Fausto che, con nomi diversi, venivano chiamati Aquila e Nicia, e così pure suo marito Faustino, che per molto tempo erano rimasti lontani. Siccome volevano lasciare per mare l'isola, la madre disse a Clemente: "Figlio carissimo, è giusto che dica addio alla donna che mi ha accolto: infatti è povera, paralitica e inchiodata a un letto". Udito questo Pietro e tutti coloro che avevano ascoltato rimasero ammirati di fronte alla bontà e alla prudenza della donna. Pietro ordinò immediatamente ad alcuni di andare e di portare la donna sul lettino in cui giaceva. Appena fu portata e messa in mezzo alla folla che era presente, Pietro disse di fronte a tutti: "Se io sono un banditore della verità, per rafforzare la fede di tutti i presenti, perché sappiano e credano che uno solo è il Signore che ha fatto il cielo e la terra, in nome di Gesù Cristo Figlio suo si alzi costei". E subito, appena Pietro ebbe pronunciate queste parole, la donna si alzò risanata e si gettò ai piedi di Pietro, e, baciando una sua intima parente, ringraziava il Signore. 

[14] Fatto questo, siccome Pietro voleva andarsene all'albergo, il padrone di casa gli disse: "E' indecoroso per un uomo come te albergare in una locanda quando io ho quasi tutta la casa da metterti a disposizione e diversi letti completi di tutto il necessario". Ma poiché Pietro rifiutava, la moglie del capo-famiglia si presentò davanti a lui assieme ai figli esortandolo: "Ti prego, rimani presso di noi!". Ma neppure così Pietro si decideva ad acconsentire. Giunse allora la figlia di coloro che lo pregavano; da molto tempo essa era posseduta dal demonio e perciò era stata messa in catene e chiusa in una stanza. Allorché si presentò a Pietro aveva le catene, in mano, poiché il demonio se ne era andato da solo; questa disse: "O mio Signore, sarebbe cosa buona che tu oggi festeggiassi qui la mia guarigione e non rattristassi me e i miei parenti". Mentre Pietro si chiedeva il perché di queste parole e delle catene, i parenti di lei, lieti per la guarigione insperata della figlia e stupiti, non riuscivano a dir nulla. I servi dissero: "Costei posseduta dal demonio fin dall'età di sette anni, strappava le vesti di coloro che tentavano di avvicinarsi, li feriva con morsi e cercava di sbranarli. Da vent'anni a questa parte non ha mai smesso di comportarsi così e nessuno ha mai potuto curarla, anzi, nemmeno avvicinarla. Molti infatti li ha fatti andare via senza aver concluso niente, altri li ha uccisi. Era più forte di qualsiasi uomo, poiché certamente si serviva delle forze del demonio. Ora, come vedi, il demonio è fuggito dalla tua presenza: le porte, che erano serrate con tutta sicurezza, si sono aperte e lei se ne sta guarita di fronte a te, pregandoti di rendere lieto per lei e per i suoi parenti il giorno della sua guarigione". Dopo che uno dei servi ebbe parlato così, e le catene caddero spontaneamente dalle sue mani e dai suoi piedi, Pietro, convinto di essere stato lui a guarirla, acconsentì ad andare nella casa di suo padre. 

[15] Dopo questi fatti, Pietro, in viaggio per Roma, presentì imminente la propria morte. Perciò nell'assemblea dei fratelli, prendendo la mano di Clemente, si alzò senza indugi e fece risuonare queste parole a tutta la Chiesa: "Ascoltatemi, fratelli e come me servi: siccome il Signore e Maestro Gesù Cristo che mi ha mandato mi ha fatto sapere che è imminente l'ora della mia morte, vi ordinerò vescovo questo Clemente: a lui solo affido la cattedra della mia predicazione e dottrina; egli mi è stato compagno in tutto, dall'inizio alla fine, e perciò ha conosciuto la veridicità di tutta la mia predicazione. Mi è stato compagno perseverante e fedele in tutte le tentazioni. L'ho conosciuto più degli altri come servo del Signore, amante del prossimo, casto, studioso, sobrio, benigno, giusto, paziente come colui che sa sopportare le ingiurie di alcuni anche se vengono da parte di coloro che sono istruiti nella Parola del Signore. Perciò affido a lui il potere datomi dal Signore di legare e di sciogliere di modo che qualunque cosa avrà decretato in terra, rimarrà stabilita anche in cielo. Legherà infatti ciò che sarà necessario legare, e scioglierà ciò che sarà necessario sciogliere". Detto questo, gli impose le mani e lo fece sedere sul suo seggio spiegandogli diffusamente come doveva governare la Chiesa affidatagli o nutrire il gregge ricevuto. 

[16] In quello stesso periodo l'apostolo Paolo, in viaggio per Roma, predicava il Cristo Signore. Quindi al tempo di Nerone Cesare, vi erano a Roma gli apostoli Pietro e Paolo, maestri apportatori della salvezza cristiana grazie ai quali, mentre la fede nel Signore Gesù Cristo si sviluppava nella mente di tutti, aumentava la diffusione della vera religione perché erano meravigliosi nelle loro opere e famosi nell'insegnamento in forza della grazia divina. Nerone cominciò ad avversare in modo forte gli apostoli tramite il mago Simone: poiché il mago aveva conquistato con varie illusioni diaboliche l'animo del Cesare al punto che confidava in lui senza il minimo sospetto come in uno che presiedeva alla sua salvezza ed era custode della sua vita. Difatti credeva che con il suo aiuto avrebbe conseguito vittorie in guerra, sottomesso genti e avuto prosperità. Ma l'apostolo Pietro smantellò i suoi sogni ambiziosi e tutte le sue scelleraggini perché la luce della verità e lo splendore della parola divina che da non molto tempo si era irradiata per la salvezza degli uomini, grazie agli apostoli, aveva fatto scomparire dalle umane menti l'oscurità di tutta quanta la menzogna, e le tenebre dell'ignoranza. Allora il mago Simone colpito dal bagliore della vera luce divenne cieco immediatamente: colui che già in Giudea era stato confutato per le sue scelleratezze, e se ne era fuggito dall'altra parte del mare. Egli che altrove aveva sperimentato il potere di Pietro, precedutolo a Roma, osò vantarsi di poter risuscitare i morti. In quello stesso momento era morto un nobile adolescente, parente di Cesare. Si radunò un gran numero di parenti, si chiedevano a vicenda se ci fosse qualcuno che potesse risuscitare il morto. Pietro aveva già una buona fama in questo, ma dai pagani non si credeva per nulla a tutto ciò. Il dolore tuttavia richiese che si cercasse un rimedio; vi furono alcuni che ritennero bene invitare anche Simone, in modo che vi fossero ambedue. Dato che Simone si gloriava della sua potenza, Pietro disse ai parenti che si provasse lui per primo, se ne era capace, a risuscitare il morto. Se non ce l'avesse fatta, fossero pure certi che Cristo avrebbe agito sul morto. Simone che dai pagani era ritenuto dotato di una grande potenza, pose come condizione che, se egli avesse risuscitato il morto, Pietro venisse ucciso, giacché aveva ingiuriato una persona così potente sfidandola con parole provocanti; se però non fosse riuscito a nulla e Pietro avesse risuscitato il morto, il mago si sarebbe sottomesso alla sentenza che era stata posta contro l'apostolo. Pattuita questa condizione, si avvicinò al lettuccio del defunto, e cominciò a fare incantesimi e a sussurrare segretamente formule imprecatorie. Ai presenti sembrò di vedere il capo del defunto muoversi e già si levarono le grida della folla perché si pensava che il morto ritornasse in vita e parlasse con Simone. Cominciò a farsi sentire una grande e generale indignazione verso Pietro, perché aveva osato mettersi a confronto con un uomo così potente. Allora Pietro domandò il silenzio e disse: "Se il defunto è ritornato in vita, parli; se è veramente stato risuscitato, si alzi, cammini e faccia sentire la sua voce. Io vi farò toccare con mano che è un'illusione e non la verità il movimento del capo del defunto. Il mago venga dunque allontanato, disse, dal lettino e saranno messi a nudo gli inganni diabolici". Simone allora venne allontanato dal letto e il morto rimase immobile senza alcuna speranza di vita. Pietro assisteva da lontano e, dopo aver pregato per un poco tra sè, disse: "Fanciullo, alzati, io te lo dico: il nostro Signore Gesù Cristo ti ridà la vita". Immediatamente il giovane si alzò, parlò e camminò, e Pietro lo restituì vivo a sua madre. Essa voleva ricompensare il beato apostolo, ma questi le disse: "Stattene tranquilla, o madre, per tuo figlio e non aver paura; ha infatti il suo custode". 

[17] E poiché il popolo voleva lapidare il mago Simone, Pietro riprese: "Gli è già una pena sufficiente il fatto di essersi visto battuto sul suo stesso campo. Rimanga in vita a vedere crescere il regno di Cristo, anche se non lo desidera". Il mago frattanto si tormentava e, scosso dalla gloria dell'apostolo, corse da Nerone Cesare e, servendosi di una nuova ingiuria, nei confronti di Pietro, ottenne che venisse convocato. Quando furono ambedue di fronte all'imperatore, Simone parlò per primo: "Mi meraviglio che tu, Cesare, ritenga costui come uomo di un certo valore, mentre è un pescatore fallito, pieno di menzogne, e sprovvisto di ogni potere, sia quanto a parole sia quanto a fatti. Non sopportare più a lungo questo avversario, comanderò ai miei angeli ora di venire a farmi vendetta di costui". Al che Pietro: "Non temo certamente i tuoi angeli, costretti ad avere paura di me, in forza della mia fede nel Cristo, in questo mio Signore che tu pretendi di essere. Difatti se c'è qualcosa di divino in te che ti fa scrutare i pensieri più intimi, dimmi Simone che cosa penso e che cosa farò. Questo mio pensiero, o ottimo Cesare, prima che il mago ti racconti una fandonia, te lo farò sentire in modo che non possa dire diversamente da come penso". Allora Nerone "Avvicinati e dimmi ciò che pensi". Pietro disse: "Da' disposizione perché mi venga portato un pane di orzo e consegnato di nascosto". Data la disposizione, Pietro riprese: "Mi dica quindi Simone che cosa ho pensato, cosa ho detto e cosa ho fatto". Allora Nerone: "Che dici, Simone?". Simone rispose: "Mi dica Pietro piuttosto cosa ho pensato o fatto io". Pietro allora: "Vi farò constatare che cosa ha pensato Simone, se però lui prima avrà detto che cosa ho pensato io". Simone, udito questo, disse: "Il buon imperatore sappia che nessuno conosce i pensieri degli uomini, se non Dio solo; per il resto Pietro ha mentito". Al che Pietro di nuovo: "Ma tu che ti dici figlio di Dio, dimmi che cosa penso e che cosa ho fatto ora segretamente, fammelo sapere, se puoi". Pietro aveva benedetto il pane di orzo che aveva ricevuto, l'aveva spezzato e riposto nella sua manica destra e nella sinistra. 

[18] Allora Simone, sdegnato per non aver potuto svelare il segreto dell'apostolo, esclamò: "Vengano avanti grandi cani e lo divorino in presenza del Cesare". Appena ebbe parlato, comparvero dei cani di una grandezza eccezionale e si gettarono su Pietro. Pietro però, alzate le mani in preghiera, mostrò ai cani il pane che aveva benedetto; ed appena i cani lo videro svanirono nel nulla. Allora Pietro rivolto a Cesare: "Ecco, imperatore, che ti ho mostrato a fatti e non a parole che cosa stesse pensando Simone. Infatti colui che aveva promesso che gli angeli sarebbero venuti contro di me ha mandato i cani, per far vedere che non possiede angeli divini, ma solo canini". Perciò il mago indignato cominciò a valersi di ogni risorsa dei suoi scongiuri. Radunò il popolo e dichiarò di essere stato offeso dai Galilei e che avrebbe lasciato la città che normalmente lui proteggeva. Infine fissò il giorno in cui, assicurava con arroganza, in volo avrebbe dovuto essere trasportato alle sedi celesti per destino, per dimostrare che era in suo potere raggiungere il cielo quando voleva. Il giorno stabilito salì sul monte Capitolino e, gettatosi da una rupe, cominciò a volare. Il popolo ammirato si mise a venerarlo. Molti dicevano pure che il volare corporalmente verso il cielo era una facoltà divina e non umana; e molti affermavano che il Cristo non aveva fatto nulla di simile. Allora Pietro, che si trovava tra loro, disse: "Signore Gesù, mostra la tua potenza e non permettere che il popolo che sta per credere in te venga ingannato da queste falsità. Signore, possa egli cadere, in modo che ogni vivente sappia di non potere nulla contro la tua potenza". Dopo che l'apostolo ebbe chiesto queste cose con le lacrime, disse: "Vi scongiuro nel nome di Gesù Cristo: voi che lo portate, lasciatelo andare subito". Alla voce di Pietro, abbandonato dai demoni, ingarbugliatosi il ritmo delle ali che aveva messo, precipitò. Né riprese più i sensi, ma tutto rotto nel corpo, senza forza, dopo poco spirò in quello stesso luogo. Quando venne riferito ciò a Nerone, mentre si rammaricava di essere stato ingannato e deluso, indignato perché era stato tolto un uomo utile e necessario allo stato, cominciò a ricercare dei motivi per uccidere Pietro. 

[19] Così venne dato ordine da Nerone che Pietro venisse catturato. Pure essendo stato pregato prima da tutti di andarsene altrove, egli sempre resisteva dicendo: "Questo non lo farò mai, sarebbe come se fuggissi atterrito dal timore della morte"; sapeva bene che ne sarebbe derivato un motivo eterno di gloria per sè e per tutti, conforme alla passione di Cristo. 
Siccome però Pietro nascondeva queste cose, il popolo in lacrime lo pregava di non abbandonarlo, e di non passare sopra alle lacrime di tanti fedeli, proprio quando era imminente la bufera contro i cristiani. Vinto infine dalle lacrime del popolo, acconsentì e promise che se ne sarebbe andato dalla città. 
La notte seguente quindi salutò i fratelli, e dopo la preghiera in comune si mise in viaggio da solo. Era appena giunto presso la porta che si vide venirgli incontro il Cristo. Lo adorò e domandò: "Signore, dove vai?". E a lui il Signore: "Vado a Roma per essere crocifisso per la seconda volta". L'apostolo, udito ciò, comprese che alludeva alla sua passione; nell'apostolo naturalmente si sarebbe visto patire il Cristo che, come sappiamo, soffre nei singoli uomini non per il dolore del corpo, ma per la contemplazione della misericordia e dell'affetto della pietà. Così se ne ritornò in città e fu catturato dalle sentinelle. 
A questa notizia subito si radunò una grande folla, tanto che le platee non avrebbero potuto contenere le persone di ambedue i sessi e di tutte le età, e si misero a gridare a gran voce "Perché uccidete Pietro? Che delitto ha commesso? Che danno ha portato alla città? Non è permesso condannare un innocente. E ci sarebbe da temere che per la morte di un uomo così, Cristo si vendichi e noi periamo dal primo all'ultimo" 

[20] Pietro però acquietava l'animo del popolo perché non infierisse contro il sovrano, dicendo: "Romani che credete in Cristo e in lui solo sperate, ricordatevi di come egli seppe soffrire e come vi consolò in quegli stessi miracoli che avete visto fatti da me. Sperate in lui che sta per venire e darà a ciascuno secondo le sue opere. Quanto a ciò che ora vedete fatto contro di me, mi è stato annunziato già precedentemente dal Signore che non c'è discepolo superiore al maestro, né servo superiore al padrone Perciò sappiate che mi sto avvicinando in fretta per comparire alla presenza del Signore, una volta spogliato della carne. 
Ma perché mi attardo e non vado al supplizio della croce? Coloro che mi perseguitano dispongano pure del corpo: io me ne andrò al Signore con la mia anima". 
E accostandosi alla croce supplicò di esservi affisso inversamente al modo tradizionale. Era questo un segno di rispetto affinché egli non sembrasse crocifisso come il Signore, ma come servo. 
Finito questo, cominciò a parlare al popolo dalla croce. "Indicibile e nascosto mistero della croce, legame inscindibile della carità. Questo è l'albero della vita su cui il Signore Gesù innalzato, trasse tutto a sè. Questo è l'albero della vita su cui fu crocifisso il corpo del Signore Salvatore. Su di lui è stata crocifissa la morte e il mondo intero è stato sciolto dal legame di una morte eterna. O grazia incomparabile e amore che non verrà mai meno. Ti rendo grazie, Signore Gesù, Figlio del Dio vivo, non solo con la voce e il cuore, ma anche con l'anima grazie alla quale posso amarti, nominarti, supplicarti senza tregua, averti, conoscerti, vederti. Tu sei per me ogni cosa e in ogni cosa tu mi sei tutto e non ho null'altro all'infuori di te solo. Tu che hai bontà, sei veramente Figlio di Dio e Dio, al quale con il Padre eterno e lo Spirito santo va ogni onore e gloria nei secoli per sempre". Dopo che il popolo ebbe risposto a piena voce: "Così sia!", egli spirò. 

Marcello, uno dei suoi discepoli, senza aspettare l'ordine di nessuno, ne depose il corpo dalla croce con le sue stesse mani e, trattatolo con aromi costosissimi lo collocò nella sua stessa tomba, nel posto detto "Vaticano", lungo la via Trionfale, dove è celebrato in pace dalla venerazione di tutta la città.



 LIBRO II 
Gesta del beato Paolo apostolo e dottore delle genti, compiute in diversi luoghi 

[1] Vi fu un uomo in Gerusalemme della tribù di Beniamino, di nome Saulo, conoscitore profondo dei libri di Mosè e delle norme liturgiche (le cerimonie allora venivano eseguite secondo la lettera: non si avvertiva nè si presentiva in esse alcunché di mistico). 
Costui portava il terrore nella Chiesa di Dio penetrando nelle case e trascinando in carcere uomini e donne: e ogni giorno riusciva a coglierne molti. Allora, spirando minacce e stragi contro gli apostoli del Signore, andò dal principe dei sacerdoti e gli chiese delle lettere di presentazione per le sinagoghe di Damasco in modo che, se avesse trovato individui che seguivano questa via, sia uomini che donne, li avrebbe condotti in catene a Gerusalemme. 
Mentre era in viaggio con questo scopo, ecco che, avvicinandosi a Damasco, una luce dal cielo lo abbagliò; cadendo per terra, udì una voce che gli diceva: "Saulo, Saulo, perché mi perseguiti? Ti è duro recalcitrare contro il pungolo". Egli rispose: "Chi sei, Signore?". Ed egli: "Io sono il Gesù che tu perseguiti. Ma alzati, entra in città e ti sarà detto ciò che devi fare". Gli uomini che lo accompagnavano erano stupefatti come lui, giacché sentivano una voce, ma non vedevano nessuno. 
Saulo allora si alzò da terra e aprì gli occhi, ma non gli riuscì di vedere. Tenendolo quindi per mano, entrarono in Damasco; quivi restò tre giorni senza la vista, non toccando nè cibo nè bevanda. 

Vi era però a Damasco un discepolo di Cristo di nome Anania: il Signore gli disse in visione: "Anania!". Rispose: "Eccomi, Signore". E il Signore a lui: "Alzati, raggiungi la via detta "diritta" e cerca in casa di Giuda una persona di nome Saulo, di Tarso; ora sta pregando; ti aspetta perché, entrato da lui, gli imponga le mani e possa riacquistare la vista". Gli rispose Anania: "Signore, sono stati in molti a raccontarmi quanto male ha fatto costui ai cristiani in Gerusalemme. Dai prìncipi dei sacerdoti egli ha avuto il potere di mettere in catene coloro che invocano il tuo nome". E il Signore: "Vai, disse, perché è per me un vaso di elezione per portare il mio nome a popoli, a re e ai figli di Israele. Io infatti gli mostrerò quanto dovrà patire per il mio nome". 

Anania andò, entrò nella casa e, imponendogli le mani, disse: "Fratello Saulo, il Signore Gesù, che ti è apparso sul cammino quando venivi, mi ha mandato perché riacquisti la vista e sii ripieno di Spirito santo". Subito dai suoi occhi caddero come delle croste e riebbe la vista. Alzatosi, fu battezzato e, preso del cibo, si fortificò. 


[2] Rimase poi con i discepoli di Damasco alcuni giorni: e immediatamente iniziò ad andare nelle sinagoghe a predicare che Gesù è Figlio di Dio. Vedendo questo tutti si stupivano e commentavano: "Non è forse questo l'uomo che in Gerusalemme combatteva coloro che invocano questo nome? E non è venuto qui proprio per condurli in catene ai prìncipi dei sacerdoti?". Saulo frattanto si rimetteva sempre più in salute e confondeva i Giudei di Damasco affermando che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio. 
Dopo parecchi giorni i Giudei si radunarono a consiglio per farlo morire; ma subito questo progetto insidioso venne alle orecchie di Paolo. Essi tenevano d'occhio le porte giorno e notte per catturarlo; ma i suoi discepoli, presolo di notte, lo fecero uscire dalle mura dopo averlo posto in una cesta. 
Una volta giunto poi a Gerusalemme, tentava di congiungersi ai discepoli di Cristo. Ma essi avevano paura di lui, non persuasi che fosse un discepolo. 
Barnaba, allora, lo prese e lo condusse agli apostoli narrando loro come avesse visto il Signore lungo il cammino, come gli avesse parlato, e che cosa aveva compiuto a Damasco fiducioso nel nome di Gesù. 

[3] Da allora Saulo, che è poi Paolo, messosi ad evangelizzare il Cristo in molte città, giunse a Listra. Vi era là un uomo storpio dalla nascita che non aveva mai camminato e se ne stava accovacciato. Costui, appena udì Paolo parlare, si mise a fissarlo con insistenza. Saulo, vedendo che era fiducioso di venire guarito, gli gridò: "Alzati, e stattene ritto in piedi!". Subito, balzò in piedi quell'uomo e si mise a camminare. La folla, visto ciò che Paolo aveva fatto, proruppe in questo grido: "Costui è veramente un ministro di Dio per fare una cosa del genere in Israele". 
Un'altra volta, mentre erano diretti verso il luogo di preghiera, incontrarono una giovane schiava che era posseduta da uno spirito di divinazione e con i suoi oracoli procurava molti guadagni ai suoi padroni. Costei prese a seguir noi per un po' e gridava: "Costoro sono i servi del Dio Altissimo e vi annunciano la via della salvezza". Ripeté questo per molti giorni, ma Paolo, infastiditosene, disse allo spirito: "Nel nome del Signore Gesù Cristo ti ordino di uscire da costei!" Ed esso immediatamente uscì. 

[4] In seguito, venuto in Asia con qualche discepolo, discuteva nella scuola di Tiranno per ben due anni, cosicché tutti gli abitanti dell'Asia udirono la parola del Signore, sia Giudei che pagani, mentre Dio compiva per mano di Paolo miracoli straordinari al punto che venivano asportati i fazzoletti e i grembiuli da lui usati, venivano poi posti sui malati i quali guarivano da ogni infermità, mentre ne uscivano le potenze maligne. 
La domenica, quando ci radunammo per spezzare il pane, Paolo, che doveva partire il giorno dopo, conversò con loro e protrasse la conversazione fino a mezzanotte. Nella sala superiore, dove erano radunati, vi erano accese parecchie lampade. Un giovanetto di nome Eutico si era seduto sulla finestra, e, preso da un sonno pesante, siccome Paolo andava per le lunghe, trascinato dal sonno, precipitò dal terzo piano al suolo e venne raccolto cadavere. Paolo, sceso da lui, gli si coricò sopra, lo strinse fra le braccia e disse: "Non angustiatevi! E' vivo". Poi risalì, spezzò il pane e, dopo averlo consumato, continuò a parlare fino all'aurora. Frattanto ricondussero anche il ragazzo ritornato in vita, e si riconsolarono tutti parecchio. 

[5] Dopo di che Paolo, salito su una nave, giunse all'isola di Malta. I nativi ci dimostrarono un'umanità straordinaria, ci accesero il fuoco e ci ospitarono tutti a causa della pioggia che aveva cominciato a cadere e del freddo. Paolo raccolto un fascio di sterpi e avendolo posto sul fuoco, una vipera balzò fuori per il calore e si attaccò alla sua mano. I nativi, appena videro il rettile pendere dalla sua mano, dissero: "Quest'uomo certo è un criminale perché, dopo essere scampato al naufragio, la giustizia non permette che sopravviva". Ma egli scosse il rettile nel fuoco e non ne risentì minimamente. Quelli credevano che gonfiasse e cadesse morto all'improvviso; per quanto però aspettassero e stessero a vedere, a Paolo non succedeva proprio niente: cambiato allora parere, presero a dire che era un dio. 
C'era in quel posto un appezzamento di proprietà del primo cittadino dell'isola detto Publio, il quale ci accolse e ci alloggiò benevolmente per tre giorni. Capitò allora che il padre di Publio si mise a letto afflitto da accesso febbrile e da dissenteria. Paolo andò da lui e dopo aver pregato gli impose le mani e lo guarì. Dopo di che tutti coloro che nell'isola erano afflitti da infermità si presentavano e venivano guariti. Essi trattarono Paolo con molto riguardo. 

Quindi giunse a Roma per mare e colà, non più chiuso in catene, rimase per ben due anni nella propria casa d'affitto, riceveva chiunque lo andasse a trovare, predicava il regno di Dio e insegnava le cose riguardanti il Signore Gesù Cristo. 

[6] Dopo la crocifissione di Pietro e la scomparsa del mago Simone, Paolo rimaneva nella città ancora sotto la libera custodia di un soldato: nello stesso giorno, infatti, era stato sottratto alla corona del martirio per divina disposizione affinché per mezzo suo tutti i popoli fossero arricchiti dalla predicazione del vangelo. Così, condotto a Roma dal centurione Giulio, Paolo, rimase fino allora sotto la sorveglianza di un solo soldato; dopo tre giorni radunò i capi dei Giudei; quando giunsero dove albergava, disse loro: 
"Fratelli, io pur non commettendo alcun reato verso il popolo e la tradizione dei padri, sono stato condotto prigioniero da Gerusalemme nelle mani dei Romani. Costoro, dopo avermi processato, avevano deciso dapprima di rilasciarmi perché non vedevano alcun motivo di condanna per me. Ma siccome i Giudei si opponevano, sono stato costretto ad appellarmi a Cesare. Per questo dunque, essendo di passaggio, vi ho pregato di farvi vedere per parlarvi: difatti è per la speranza di Israele che sono avvinto da questa catena". 
Ma essi gli risposero: "A tuo riguardo noi non abbiamo ricevuto nessuna lettera di presentazione dalla Giudea, né alcuno dei fratelli, giungendo, ci ha parlato di te e della tua posizione. Desideriamo quindi ora udire da te ciò che pensi Infatti non ignoriamo l'esistenza di questa setta perché ovunque la si avversa". Fu così che il giorno convenuto giunsero molti Giudei nella sua casa d'affitto. Egli espose loro le Scritture testimoniando il regno di Dio: insegnò loro dal mattino alla sera, traendo argomenti dalla legge di Mosè e dai Profeti. Ma siccome non tutti credevano in Gesù, Paolo disse loro: "Lo Spirito santo ha detto giustamente per bocca di Isaia: Vai da questo popolo e digli: avete orecchie per udire e non capite; vedete con gli occhi, ma non potete penetrare. Il cuore di questo popolo difatti si è ispessito; hanno chiuso gli occhi per non vedere, le orecchie per non sentire e affinché il loro cuore non comprenda, affinché non si convertano e io non li risani. Desidero quindi che sappiate che questa salvezza di Dio è stata mandata anche ai pagani e che essi perverranno alla salvezza". Quando ebbe detto questo i Giudei lo lasciarono discutendo animatamente tra loro. 
Paolo rimase a Roma per tutti quei due anni nella sua casa d'affitto e accoglieva tutti coloro che lo visitavano predicando il regno di Dio e insegnando le cose riguardanti il Signore Gesù Cristo con fede, senza restrizione. 

[7] Mentre l'apostolo svolgeva questa attività in Roma, venne condotto da Nerone Cesare non solo perché propagava un nuovo culto superstizioso, ma perché era causa di sommosse contro l'impero. Chiamato dunque e interrogato da Nerone perché rendesse conto della sua religione, parlò così di fronte a Cesare: "Quanto alla dottrina del mio Maestro, su cui mi hai interrogato, la comprendono solamente coloro che aderiscono alla fede con cuore puro. Ho insegnato infatti ciò che riguarda la pace e la carità. Da Gerusalemme e, in largo raggio, fino all'Illiria, ho portato a compimento la predicazione dell'annuncio della pace. Ho insegnato a prevenirsi a vicenda nel rispetto. Ho insegnato ai potenti e ai ricchi a non insuperbirsi e a non contare troppo sulla precarietà delle ricchezze, ma a porre la propria speranza in Dio. Ho insegnato a quelli di media condizione ad accontentarsi del vitto e del vestito. Ho insegnato ai poveri a godere nella loro povertà. Ho insegnato ai padri a educare i propri figli con la disciplina del timor di Dio. Ho insegnato ai figli ad essere sottomessi ai genitori e alle ammonizioni fatte per il loro bene. Ho insegnato a coloro che hanno possedimenti a pagare le tasse con sollecitudine. Ho insegnato ai negozianti a pagare le imposte agli ufficiali dello stato. Ho insegnato alle mogli ad amare i propri mariti e a rispettarli come padroni. Ho insegnato agli uomini ad osservare la fedeltà coniugale allo stesso modo che essi pretendono che sia loro conservato il pudore in ogni modo: ciò infatti che il marito punisce nella moglie adultera, questa stessa mancanza l'unico padre e creatore, Dio, la punisce nel marito adultero. Ho insegnato inoltre ai padroni ad essere indulgenti con i propri servi. Ho insegnato ai servi a servire fedelmente ai propri padroni come a Dio. Ho insegnato che l'assemblea di coloro che credono venera un Dio uno e onnipotente, invisibile e incomprensibile. E questa dottrina non mi è stata affidata dagli uomini o da un qualsiasi uomo, ma da Gesù Cristo e dal Padre della gloria che mi parlò dal cielo. Il Signore mio Gesù Cristo, mentre mi mandava a predicare, mi disse: "Vai, io sarò con te, spirito di vita per tutti coloro che credono in me, e tutto ciò che dirai O farai, lo ratificherò"". 

[8] Quando Paolo finì di dire questo, l'imperatore Nerone rimase stupito; poi si indignò, pronunciò contro di lui la sentenza di morte per decapitazione. E avendogli fatto sapere più tardi la notizia della sua prossima morte, secondo il suo costume, Nerone mandò due armati, Ferego e Partenio; costoro, andati là, trovarono Paolo che stava istruendo con piena fiducia e libertà tutto il popolo sui miracoli di Cristo. Quando li vide avvicinarsi, Paolo disse loro parole di esortazione: "Venite, figli e credete anche voi nel Dio che ha chiamato me e tutti coloro che credono in lui, grazie alla venuta del Figlio suo unigenito e ci ha posti nel suo regno eterno, perché le vostre anime siano salve". Quelli risposero: "Ma noi, Paolo, andremo prima da Nerone per annunciargli il compimento della tua morte. Tu però prega per noi, perché crediamo in colui che tu predichi come Dio". Avevano pregato, infatti, Paolo che li battezzasse per la loro salvezza. 
Allora di nuovo l'apostolo disse: "Figli, tra poco verrete qui al mio sepolcro e troverete due uomini in preghiera, Tito e Luca; essi dopo di me insegneranno il sacramento della salvezza". Dopo di questo si fecero avanti i soldati che lo presero e lo condussero fuori della città.

Giunto sul luogo del supplizio, Paolo si voltò verso Oriente e, alzate le mani e gli occhi al cielo, pregò molto a lungo. Terminata la preghiera, diede la pace ai fratelli che lo avevano seguito, li salutò in ginocchio, forte nel segno della croce, offrì il collo al boia. Allorché la spada staccò la testa, invece di sangue sgorgò latte a tal punto che un fiotto di latte impregnò la destra del boia. Quando i circostanti videro ciò, stupiti, tutti magnificarono Dio che aveva concesso tanta gloria al suo apostolo. Lucina, una cristiana, trattò il corpo con aromi e lo seppellì nella propria tenuta sulla via Ostiense alla seconda pietra miliare. Morì quindi il 3 luglio, due anni dopo la morte di Pietro, mentre regnava il Signore nostro Gesù Cristo al quale sia gloria presso l'eterno Padre e lo Spirito santo onore e gloria per sempre. Amen. 

AMDG et BVM