San Giovanni Paolo II ha visto nella devozione un antidoto contro i vizi delle vita moderna
Negli anni ’50 il cosiddetto “Sacerdote del Rosario”, Padre Patrick Peyton, ha sostenuto l’unità tra il rosario e la vita famigliare con il suo famoso detto: “La famiglia che prega unita rimane unita”. Era tanto tempo fa, e facciamo fatica ad immaginare una campagna per il rosario recitato in famiglia che possa avere lo stesso risultato che ha avuto decenni fa l’impegno di Padre Peyton. Ma le sue parole continuano ancora a diffondere verità, perché il rosario è ancora di grande importanza per le famiglie.
Potreste rispondere dicendo che “bambini + rosario = pianto e stridor di denti”. Come potremmo mai aspettarci che i bambini preghino il rosario?
Giusto. E se noi preghiamo il rosario stando in ginocchio in totale silenzio, ci sono buone possibilità che provare a coinvolgere i bambini (soprattutto i più piccoli) si rivelerà un vero disastro. Ma c’è un santo, papa e filosofo canonizzato di recente che pensava che fosse un’idea tutto sommato da provare.
Sto chiaramente parlando di San Giovanni Paolo II. Nel 2002 ha scritto una lettera sul santo rosario, Rosarium Virginis Mariae.
Per me è una delle cose più belle che ho mai letto del Pontefice polacco, e quando prestavo servizio nella parrocchia la raccomandavo spesso. Giovanni Paolo condivide alcune sue considerazioni personali su come pregare il rosario, l’intera lettera è una vera e propria gemma.
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Ma i suoi appunti sull’applicazione del rosario alla famiglia sono particolarmente illuminanti. Dice, ad esempio, che pregare il rosario in famiglia – sebbene non sia la soluzione a ogni problema del mondo moderno – può aiutare a superare alcuni dei principali vizi della vita moderna. La sua preoccupazione più importante è che “non si riesce a stare insieme, e magari i rari momenti dello stare insieme sono assorbiti dalle immagini di un televisore”. Ma se c’è almeno un tentativo di pregare il rosario insieme, significherà – nella peggiore delle ipotesi – che la famiglia si riunirà per qualcosa di significativo.
Recitare il rosario in famiglia, sostiene Giovanni Paolo II, “significa immettere nella vita quotidiana ben altre immagini, quelle del mistero che salva: l’immagine del Redentore, l’immagine della sua Madre Santissima. La famiglia che recita insieme il Rosario riproduce un po’ il clima della casa di Nazareth: si pone Gesù al centro, si condividono con lui gioie e dolori, si mettono nelle sue mani bisogni e progetti, si attingono da lui la speranza e la forza per il cammino” (RVM #41).
Mi piace tantissimo questo paragone! Molte famiglie trascorrono centinaia di ore davanti a immagini spesso intrise di violenza, morte e vizi di ogni tipo. Ma il rosario porta alla mente immagini diverse. Porta Cristo al centro della famiglia, anche se solo per poco tempo, e favorisce la condivisione alla luce dell’esperienza della famiglia di Nazareth.
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