Le Mie Prigioni
Appendice alle “Mie Prigioni”
Capitoli inediti
CAPITOLO 7
Capitoli inediti
CAPITOLO 7
Scrissi con effusione di cuore i primi capitoli delle Mie Prigioni; e un giorno ch’io era in campagna, a Villa Nova-Solera, dalla contessa di Masino, lessi segretamente quei capitoli a un vecchio di mia relazione ch’erami affezionatissimo. Ma questi ne rimase spaventato per amore di me, e mi supplicò di non pensare altrimenti a scrivere tali memorie. – Non è tempo ancora – diceami: – restano tuttora nella società troppi germi di malevolenza; lasciate che passino dieci o quindici anni; e frattanto scrivete altre tragedie, e nuove poesie, per accrescere la vostra fama.
L’opinione di quest’uomo mi cagionò una viva impressione. Tornato a Torino, ne feci la confidenza a due altre persone, e le trovai pienamente contrarie al libro proposto, che lasciommi in un grande scoraggiamento. Fui quasi tentato d’abbandonarne il pensiero, e di non parlarne più con nessuno. Ma essendo andato a passare due o tre giorni a Camerano dal Conte Cesare Balbo, volli sentire il parere di lui e della moglie sua intorno a quei pochi capitoli e alla convenienza di continuare, o no, quelle memorie. La loro approvazione fu piena. La contessa Balbo era un angelo di virtù. Quanto ella dissemi del bene che il mio libro poteva produrre troncò tutti i miei dubbi, ripresi la penna, né più la deposi che al fine dell’ultimo capitolo.
In materia di pubblicazioni io sono stato sempre assai timido, e non so per quale fatalità, terminando ora l’uno ora l’altro dei miei scritti, trovai sempre persone che mi consigliarono di non darli alla stampa. Certo è che molti più ne avrei pubblicati senza la debolezza ch’io aveva ad ogni occasione di consultare i miei amici. E’ sempre la minorità quella che dà coraggio; i più inclinano invece a disaminare, a biasimare, a richiedere che tutt’altro si faccia tranne ciò che si è fatto.
Allorchè seppesi che io avevo scritto le “Mie Prigioni”,, e che proponeami di darle alla luce, non si può credere quanto si affaticarono alcuni per impedire ch’io m’arrischiassi di pubblicare quel libro. Gli uni m’avvertirono caritatevolmente che mi sarei tirata addosso l’inimicizia della fazione A; gli altri ch’io poteva incorrere nell’odio della fazione B.
Io era quasi determinato a lasciar dormire per dieci o quindici anni il mio manoscritto, e questo serà secondo i più il partito migliore: mia madre non consentì che io persistessi in questa determinazione, la quale più che altro era il frutto del tedio e della incertezza. – Tutto dee farsi – ella dissemi – per obbedire alla propria coscienza, e nulla per rispetti umani.
AMDG et DVM
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