Chi non dà Dio dà troppo poco.
La Pastorale Giovanile nel magistero di Benedetto XVI.
Cosa si aspetta Papa Ratzinger dalla pastorale giovanile? Benedetto XVI si è pronunciato in proposito in varie occasioni, incontrando Vescovi e sacerdoti. Innanzitutto, egli ritiene che “la gioventù deve essere realmente la priorità del nostro lavoro pastorale, perché essa vive in un mondo lontano da Dio”...
1. Porgo un cordiale saluto a tutti voi, che partecipate al X Convegno Nazionale di Pastorale Giovanile, e in particolare ringrazio don Nicolò Anselmi , Direttore del Servizio Nazionale, per l’invito che mi ha fatto a tenere questa relazione, e che ho accettato ben volentieri. Il vostro Convegno è un evento ecclesiale importante, proprio perché la pastorale delle giovani generazioni costituisce in un certo senso il cuore stesso dell’opera evangelizzatrice della Chiesa.
È veramente entusiasmante vedere una partecipazione così numerosa a questo Convegno: sacerdoti, religiosi, religiose, laici e molti giovani. Una presenza giovanile tanto rilevante dimostra in modo inequivocabile che i giovani non sono affatto soggetti meramente passivi della cura pastorale della Chiesa, ma vi prendono parte attiva da protagonisti. Questa platea riunita testimonia chiaramente dell’attenzione e dell’impegno generoso della Chiesa italiana in favore delle giovani generazioni.
Infatti, non da oggi la Chiesa italiana ha fatto della pastorale giovanile un’opzione prioritaria e un tema centrale della sua missione. E’ una Chiesa che non ha paura dei giovani, ma con amore materno li cerca, li vuole incontrare “fino agli estremi confini”, come attesta il tema di questo Convegno. Siete un grande segno di speranza, perché proprio nelle giovani generazioni la Chiesa ritrova ogni volta di nuovo il suo volto sempre giovane e trova il coraggio di guardare al futuro.
Come Presidente del Pontificio Consiglio per i Laici vi ringrazio e mi congratulo con ciascuno di voi per quanto fate - come Chiesa - a favore dei giovani. Con il vostro lavoro di oggi state formando il laicato di domani, uomini e donne consapevoli della loro vocazione e della loro missione nella Chiesa e nel mondo, persone di cui tanto avvertiamo il bisogno.
Il titolo del mio intervento: “La Pastorale Giovanile nel magistero di Benedetto XVI” richiede una breve spiegazione. Quando si studiano con attenzione gli insegnamenti di Papa Ratzinger, ci si accorge presto - non senza una certa sorpresa - della vastità degli orizzonti pastorali che il suo profondo pensiero teologico apre alla Chiesa del nostro tempo.
Questo Papa si presenta, dunque, non solo come un grande teologo, ma anche come un autentico pastore, estremamente sensibile ai problemi che la Chiesa deve affrontare, pronto a dialogare con tutti, quindi anche con i giovani, come abbiamo visto durante l’indimenticabile incontro di Agorà 2007 a Loreto.
Nel suo insegnamento trova piena conferma la regola che non c’è niente di più pastorale che una buona e solida teologia. Proprio da tale costatazione deriva la scelta del tema della mia relazione. Come vedremo, Benedetto XVI ci offre moltissimi insegnamenti assai rilevanti e anche “pratici”, per aiutarci a cogliere ciò che nel nostro impegno pastorale a favore dei giovani è veramente essenziale.
2. Dobbiamo anzitutto inserire i1 nostro discorso sulla pastorale giovanile nel contesto più ampio della “grande emergenza educativa” provocata dalla cultura post-moderna. Il Papa ultimamente è tornato più volte su questo tema, segno evidente di quanto l’argomento gli stia a cuore. Si tratta “della crescente difficoltà che s’incontra nel trasmettere alle nuove generazioni i valori-base dell’esistenza e di un retto comportamento”[1].
Il Papa spiega che si tratta di una emergenza ineludibile: “in una società e in una cultura che troppo spesso fanno del relativismo il proprio credo - il relativismo è diventato una sorta di dogma-, in una simile società viene a mancare la luce della verità, anzi si considera pericoloso di parlare di verità, lo si considera “autoritario” e si finisce per dubitare della bontà della vita”[2].
Nella “società liquida” (Z. Bauman) senza certezze e senza criteri certi, priva di qualsiasi fondamento solido di valori condivisi, che rifiuta l’esistenza della verità e la sostituisce con il pluralismo illimitato delle opinioni, l’educazione dei giovani diventa un compito estremamente arduo se non addirittura impossibile.
Sulla stessa linea del Papa si colloca un significativo Appello lanciato recentemente da un gruppo di intellettuali: “Sta accadendo una cosa che non era mai accaduta prima: è in crisi la capacità di una generazione di adulti di educare i propri figli. Per anni da nuovi pulpiti - scuole e università, giornali e televisioni - si è predicato che la libertà è l’assenza di legami e di storia, che si può diventare grandi senza appartenere a niente e a nessuno, seguendo semplicemente il proprio gusto o piacere.
E’ diventato normale pensare che tutto è uguale, che nulla in fondo ha valore se non i soldi, il potere e la posizione sociale. Si vive come se la verità non esistesse, come se il desiderio di felicità di cui è fatto il cuore dell’uomo fosse destinato a rimanere senza risposta”[3]. Si diffonde un pericoloso clima di confusione, smarrimento e sfiducia. Per essere più concreti, secondo l’ultimo rapporto sull’infanzia e adolescenza di Telefono Azzurro - EURISPES, i giovani italiani si rivelano come la generazione del “tutto e subito”, che percepisce il tempo enfatizzando l’immediatezza e il presente, dato che il futuro si presenta nebuloso e incerto.
Sono “figli- padroni”, di genitori ormai dominati da una sorta di “pedofobia”, nel senso di una paura per le reazioni aggressive dei più piccoli. Nei genitori, troppo assenti nell’ambiente familiare per lavoro o altri problemi, i sensi di colpa generano una permissività eccessiva nei confronti dei figli che compromette ogni serio rapporto educativo[4]. Il Papa stesso nota che molti educatori “sono tentati di abdicare ai propri compiti educativi e di non comprendere nemmeno più quale sia il loro ruolo o meglio la missione ad essi affidata”[5].
Oggi si può parlare senz’altro di crisi generalizzata della figura dell’educatore, il che inevitabilmente si riflette anche sulla pastorale giovanile. Come uscire da questa crisi, che sta mettendo in pericolo le basi stesse della convivenza sociale e il futuro della nostra società? Certamente non possiamo arrenderci alle tendenze nichiliste della cultura post-moderna.
La risposta di Papa Benedetto XVI è molto impegnativa: “In un simile contesto l’impegno della Chiesa per educare alla fede, alla sequela e ala testimonianza dei Signore Gesù assume più che mai anche il valore di un contributo per far uscire la società in cui viviamo dalla crisi educativa che la affligge, mettendo un argine alla sfiducia e a quello strano “odio di sé” che sembra diventato una caratteristica della nostra società”[6].
Ecco, dunque, la grande sfida e al tempo stesso l’entusiasmante proposta del Papa per la pastorale giovanile. Forti, in quanto Chiesa, della pedagogia del Vangelo, siamo chiamati a dare una risposta chiara e coraggiosa all’emergenza educativa dei nostri tempi.
3. In tale contesto, cosa si aspetta Papa Ratzinger dalla pastorale giovanile? Benedetto XVI si è pronunciato in proposito in varie occasioni, incontrando Vescovi e sacerdoti.
Innanzitutto, egli ritiene che “la gioventù deve essere realmente la priorità del nostro lavoro pastorale, perché essa vive in un mondo lontano da Dio”[7]. Per lui la meta principale è l’educazione delle nuove generazioni “aila fede, alla sequela e alla testimonianza”.
E nella situazione di isolamento e di solitudine in cui vivono i giovani d’oggi, il Papa intende la pastorale essenzialmente come un “accompagnamento personale” da parte della comunità ecclesiale. I giovani devono sentirsi amati, compresi e accolti: “in concreto, questo accompagnamento deve far toccare con mano che la nostra fede non è qualcosa del passato, che essa può essere vissuta oggi e che vivendola troviamo realmente il nostro bene… che il modo di vivere cristiano è realizzabile e ragionevole, anzi, di gran lunga il più ragionevole”[8].
Per questo è così importante per i giovani “poter fare esperienza della Chiesa come di una compagnia di amici davvero affidabile, vicina in tutti i momenti e le circostanze di vita”[9].
Nella pastorale giovanile non si deve mai dimenticare che “il rapporto educativo è sempre un incontro di libertà e che la stessa educazione cristiana è formazione all’autentica libertà”[10].
Il Papa sottolinea che “quando avvertono di essere rispettati e presi sul serio nella loro libertà, gli adolescenti e i giovani, pur con la loro incostanza e fragilità, non sono affatto indisponibili a lasciarsi interpellare da proposte esigenti: anzi, si sentono attratti e spesso affascinati da esse”[11].
Nella pastorale, la libertà va coniugata con il bisogno di verità che i giovani portano dentro di sé. Dice il Papa: “E’ nostro compito cercare di rispondere alla domanda di verità ponendo senza timori la proposta della fede a confronto con la ragione del nostro tempo. Aiuteremo così i giovani ad allargare gli orizzonti della loro intelligenza, aprendosi al mistero di Dio”[12].
A questo punto Benedetto XVI rivolge a tutti gli operatori della pastorale giovanile un pressante appello: “non esitate a promuovere una vera e propria pastorale dell’intelligenza”[13], cioè una pastorale che prenda sul serio le domande dei giovani, tanto quelle esistenziali quanto quelle nate dal confronto tra fede e ragione. Questo appello sicuramente merita di essere accolto e tradotto operativamente nella programmazione pastorale.
La pastorale giovanile, forse più di tutti gli altri settori dell’impegno pastorale della Chiesa, richiede il coinvolgimento di tutta la comunità cristiana: parrocchiale, diocesana, regionale e nazionale.
Per questa ragione Benedetto XVI sollecita gli operatori della pastorale giovanile non solo alla comunione profonda con il Signore - presupposto necessario di ogni opera evangelizzatrice - ma anche alla comunione tra educatori: “la disponibilità e prontezza a lavorare insieme, a «fare la rete», a realizzare con animo aperto e sincero ogni utile sinergia”[14].
L’invito è in evidente contrasto con un abbastanza diffuso individualisino degli operatori della pastorale giovanile, e li sollecita a unire le forze, a coordinare meglio le iniziative, per evitare una frammentazione dispersiva e deleteria delle forze.
Si tratta inoltre di coinvolgere tutte le realtà aggregative presenti nelle diocesi e nelle parrocchie: l’Azione Cattolica, le associazioni giovanili, i movimenti e le nuove comunità ecclesiali, ma anche gli oratori, la scuola cattolica e soprattutto le famiglie cristiane.
In un’altra occasione il Papa auspicava come metodo, una “pastorale integrata”, spiegandone in questo modo l’opportunità: “Non ogni parroco ha la possibilità di occuparsi sufficientemente della gioventù. E c'è quindi bisogno di una pastorale che trascenda i limiti della parrocchia e trascenda anche i limiti del lavoro del sacerdote. Una pastorale che coinvolga anche molti operatori”[15]. Il Papa dunque fornisce gli elementi strutturali per costruire una pastorale giovanile che corrisponda veramente ai bisogni della Chiesa del nostro tempo.
4. Soffermiamoci ora brevemente sui due protagonisti della pastorale giovanile, ovvero sui giovani stessi e su chi è chiamato a svolgere tra di loro l’opera pastorale a nome della Chiesa.
Occupiamoci dapprima dei giovani d’oggi: chi sono? Cosa cercano nella vita? Cosa li distingue dalla generazione precedente?
Numerosi studi su questo argomento confermano che oggi i giovani, come in ogni altra epoca, vogliono essere sé stessi, desiderano affermare la propria identità, ricercano ragioni di vita. Quando sono adeguatamente motivati, sono capaci di generosità, solidarietà e dedizione (volontariato!), ma - rispetto al passato - hanno meno punti di riferimento e minor senso di appartenenza. Fortemente individualisti, rivendicano il diritto di costruirsi la vita a prescindere dai valori e dalle norme comunemente accettati.
Li caratterizza una grave carenza di radici culturali, religiose e morali. A differenza della generazione precedente, sono decisamente meno permeabili a influssi ideologici. Nella loro vita prevale la dimensione affettiva e sensoriale, a scapito della ragione, della memoria e della riflessione. In una società che favorisce e coltiva il dubbio, l’immaturità ed l’infantilismo, i giovani hanno difficoltà a crescere, anzi, dimostrano essi stessi d’averne poca voglia.
L’infanzia è sempre più breve mentre si prolunga indefinitamente il periodo dell’adolescenza. Perciò, spaventati dalla falsa prospettiva di perdere la loro libertà, i giovani esitano di fronte a impegni duraturi, rifuggono le scelte definitive (matrimonio, sacerdozio, vita religiosa). Il risultato è una personalità estremamente fragile e incoerente[16].
In sintesi, si tratta di figli di una cultura in crisi profonda che - come abbiamo detto - ha perso la capacità di educare le giovani generazioni, di aiutarle, cioè, a “essere di più” e non solo ad “avere di più”. Ogni operatore della pastorale giovanile, che sia sacerdote, religioso o laico, deve confrontarsi ogni giorno con questa situazione.
Benedetto XVI, da parte sua, dimostra una straordinaria capacità di dialogare con i giovani d’oggi, che evidentemente sa capire molto bene.
Non dimentichiamo che quando era professore universitario per molti anni è stato quotidianamente in contatto diretto con loro: il suo punto di vista sulla gioventù d’oggi è essenzialmente positivo: “c’è un desiderio nella gioventù, una ricerca anche di Dio. I giovani vogliono vedere se Dio c’è e che cosa ci dice. Esiste quindi una certa disponibilità, con tutte le difficoltà oggi. Esiste anche un entusiasmo. Dobbiamo quindi fare il possibile - conclude il Papa - per tenere viva questa fiamma che si mostra in occasioni come le Giornate Mondiali della Gioventù”[17].
Le GMG - come si vede - sono anche per questo Pontefice un importante laboratorio per la pastorale giovanile. A Colonia il Papa, rivolgendosi ai Vescovi tedeschi, diceva: “La loro Idei giovani1 fede e la loro gioia nella fede continuino a essere per noi una provocazione a vincere pusillanimità e stanchezza e ci spingano, a nostra volta I.../ a indicare loro la strada, cosicché l’entusiasmo trovi anche il giusto ordine”. E poi concludeva: “Dobbiamo accogliere la provocazione della gioventù , affinché questa GMG di Colonia possa diventare veramente “un nuovo inizio per la pastorale giovanile”[18].
Così il Papa ha messo in risalto la necessità di passare dall’aspetto straordinario” dell’avvenimento (anche questo è importante!) a quello “ordinario” dell’impegno quotidiano nelle diocesi e nelle parrocchie. Abbiamo qui un’importante indicazione di Benedetto XVI a tutti gli operatori della pastorale giovanile: aprirsi sempre di più a quella “salutare provocazione” proveniente dal mondo giovanile, in particolare dalle GMG, per ravvivare l’entusiasmo pastorale e continuare a cercare vie sempre nuove per evangelizzare i giovani.
5. L’emergenza educativa, di cui parla Benedetto XVI, deriva non solo dalle gravi carenze degli ambienti preposti all’educazione, ma anche da un’allarmante carenza di educatori autentici, di maestri veri.
Ora evidentemente dobbiamo affrontare la questione della figura dell’operatore di pastorale giovanile: chi è? Come dovrebbe essere?
Le GMG dimostrano che sta nascendo una nuova generazione di giovani, un fatto che riempie tutti di grande gioia. Ma questa nuova generazione di giovani ha bisogno di una nuova generazione di operatori di pastorale giovanile, capaci di rispondere ai reali bisogni spirituali di questa gioventù, senza lasciarsi condizionare da scelte ideologiche del passato. E questa “nuova generazione” di pastori sta nascendo un po’ ovunque, grazie all’esperienza delle GMG e alla diffusione del loro metodo pedagogico, che sta diventando un punto di riferimento fondamentale per i nuovi formatori. Voi ne siete una prova tangibile ...
L’impegno nella pastorale giovanile comporta per i formatori, che siano pastori, religiosi o laici, la disponibilità a lasciarsi provocare in prima persona dai giovani, che sono molto esigenti nei confronti del mondo degli adulti e si dimostrano sensibilissimi al minimo segnale di incoerenza e falsità.
Per questo ogni operatore pastorale deve essere disposto a mettersi ogni giorno in questione, disposto sempre alla conversione personale e pastorale. Benedetto XVI sottolinea con insistenza che il lavoro con i giovani richiede la solida autorevolezza che nasce da una testimonianza di vita credibile: “specialmente quando si tratta di educare alla fede, è centrale la figura del testimone e il ruolo della testimonianza (...). Il testimone di Cristo non trasmette semplicemente informazioni, ma è coinvolto personalmente con la verità che propone e attraverso la coerenza della propria vita diventa attendibile punto di riferimento.
Egli non rimanda però a se stesso, ma a Qualcuno che è infinitamente più grande di lui, di cui si è fidato ed ha sperimentato l’affidabile bontà[19]. La maturità umana e cristiana degli operatori della pastorale giovanile è la chiave di volta del processo di educazione alla fede, tuttavia non basta.
Il Papa insiste: “Una simile opera non può essere realizzata con le nostre forze, ma soltanto con la potenza dello Spirito. Sono necessarie la luce e la grazia che vengono da Dio e agiscono nell’intimo dei cuori e delle coscienze. Per l’educazione e formazione cristiana, dunque, è decisiva anzitutto la preghiera e la nostra amicizia personale con Gesù”[20].
Quando era Cardinale, J. Ratzinger una volta rimarcò che “Solo attraverso uomini che sono toccati da Dio, Dio può far ritorno presso gli uomini”[21]. Il Convegno che in questi giorni ci riunisce è un’occasione davvero propizia per riflettere su queste parole...
6. Siano giunti al centro delle nostre riflessioni: il magistero di Benedetto XVI ci sollecita a riconsiderare seriamente le scelte di fondo del nostro impegno in favore delle giovani generazioni.
Il Papa, grande maestro della fede, ci aiuta a tornare all’essenziale: “All’inizio dell’essere cristiano non c’è una decisione etica o una grande idea, bensì l’incontro con un avvenimento, con una Persona, che dà alla vita un nuovo orizzonte e con ciò una decisione definitiva” (Deus Caritas Est, n. l). In queste parole riconosciamo il baricentro di tutta la pastorale.
7. Ma nell’insegnamento del Papa, incontriamo anche alcuni “grandi temi” che gli stanno molto al cuore, i “pilastri” della pastorale giovanile, che vorrei brevemente presentare:
A) La centralità di Dio nella vita dell’uomo: il problema fondamentale dell’uomo d’oggi - in particolare dei giovani - è il problema di Dio: e la risposta non è un dio qualunque - insiste Benedetto XVI - ma il Dio che ha il volto di Gesù di Nazaret. Dice il Papa: “I conti sull’uomo, senza Dio, non tornano, e i conti sul mondo, su tutto l’universo, senza di Lui non tornano”[22].
E in un’altra occasione: “Chi esclude Dio dal suo orizzonte falsifica il concetto di «realtà» /.../ Solo chi conosce Dio, conosce la realtà e può rispondere ad essa in modo adeguato e realmente umano”[23].Ormai la fede non può essere data per scontata. Le giovani generazioni hanno il diritto di ricevere l’annuncio di Dio in maniera esplicita e diretta, senza ridurlo a un pretesto per trattare questioni che alla mentalità moderna appaiono forse più interessanti[24]. C’è una grande sete di Dio nei nostri giovani, anche se non sempre sono in grado di articolarla in modo diretto. Il Papa comunque ci offre la regola fondamentale per guidare il nostro impegno pastorale: “Chi non da Dio da troppo poco”[25]. Sembra un’affermazione scontata, ma purtroppo l’esperienza dimostra il contrario...
B) Come spesso ci ricorda Benedetto XVI, viviamo nel mondo estremamente confuso della “dittatura del relativismo”, dove le opinioni soggettive hanno sostituito la verità. Per questo il Papa instancabilmente ci ricorda il principio della ragionevolezza della fede, davvero importante per i giovani, dato che oggi in loro - come abbiamo detto - prevale la dimensione affettiva e sensoriale, a scapito della ragione.
Benedetto XVI ribadisce: “Il desiderio della verità appartiene alla natura stessa dell’uomo. Perciò, nell’educazione delle nuove generazioni, la questione della verità non può certo essere evitata: deve anzi occupare uno spazio centrale. Ponendo la domanda intorno alla verità allarghiamo infatti l’orizzonte della nostra razionalità, iniziamo a liberare la nostra ragione da quei limiti troppo angusti entro i quali essa viene confinata quando si considera razionale soltanto ciò che può essere oggetto di esperimento e di calcolo.
E’ proprio qui che avviene l’incontro della ragione con la fede (…) il dialogo tra fede e ragione, se condotto con sincerità e rigore, offre la possibilità di percepire, in modo più efficace e convincente, la ragionevolezza della fede in Dio”[26].
Dunque la nostra pastorale giovanile non può accontentarsi di esperienze effimere e superficiali, ma deve puntare in profondità, per dimostrare in modo concreto - come dice il Papa - che “il modo di vivere cristiano è realizzabile e ragionevole, anzi, di gran lunga più ragionevole”[27].
Ricordiamo anche in proposito il suo pressante invito a dar vita a una vera e propria “pastorale dell’intelligenza”.
C) La pastorale giovanile - che punta all’educazione integrale della persona - tocca direttamente l’ambito della libertà e del suo uso corretto, perché sia davvero orientata alla crescita umana e cristiana dei giovani. Si tratta di una questione decisiva per la vita, riguarda infatti le scelte vocazionali.
Molti giovani dimostrano in proposito una preoccupante fragilità psicologica, hanno paura delle decisioni definitive, fino a considerarle impossibili. A questo proposito il Papa puntualizza: “Un’educazione vera ha bisogno di risvegliare il coraggio delle decisioni definitive, che oggi vengono considerate un vincolo che mortifica la nostra libertà, ma in realtà sono indispensabili per crescere e raggiungere qualcosa di grande nella vita (...) quindi per dare consistenza e significato alla stessa libertà”[28].
La pastorale giovanile è dunque essenzialmente una pastorale vocazionale, deve aiutare giovani a compiere scelte mature e responsabili: il matrimonio cristiano, il sacerdozio oppure la vita consacrata.
D) Seguendo il magistero di Benedetto XVI, arriviamo finalmente all’ultimo punto cruciale per la pastorale giovanile: la bellezza.
Già durante la solenne apertura del Pontificato, il Papa diceva: “Non vi è niente di più bello che essere raggiunti, sorpresi dal Vangelo, da Cristo. Non vi è niente di più bello che conoscere Lui e comunicare agli altri l’amicizia con Lui”[29].
Qualche giorno prima della GMG di Colonia nel 2005, un giornalista gli pose la domanda: “Santità, cosa vorrebbe in modo speciale trasmettere ai giovani che stanno arrivando da tutto il mondo?” Il Papa diede una risposta memorabile: “Vorrei convincere questi giovani che essere cristiani è bello!”
E’ un tema che nei discorsi di questo Papa ritorna spesso: “I giovani hanno bisogno di vivere la fede come gioia, di assaporare quella serenità profonda che nasce dall’incontro con il Signore (...) La fonte della gioia è questa certezza di essere amati da Dio”[30].
Troppo spesso oggi il cristianesimo viene considerato come un cumulo di divieti, qualcosa che mortifica la libertà e il desiderio di felicità.
Ma è vero il contrario: il Vangelo - insiste il Papa - è un affascinante programma di vita del tutto positivo. Il cristianesimo non va mai ridotto all’arido moralismo del “devi” o “non devi”.
Il Vangelo dischiude davanti a noi un appassionante orizzonte per il quale “vale la pena” impegnarsi - “vale la pena scommettere tutta la vita su Cristo”! Ecco, dunque, una sfida decisiva per la pastorale giovanile: svelare ai giovani il volto luminoso di Cristo e del suo Vangelo, convincerli che essere cristiani non solo è giusto, è bello!
7. Certamente non stiamo parlando di un compito facile, soprattutto in un tempo di crisi profonda, che ci ha condotto a una “emergenza educativa” generalizzata.
Ogni giorno sperimentate sulla vostra pelle questa realtà. Vivete tesi tra gioie pastorali, quando i vostri giovani rispondono con generosità e straordinari slanci di fede, e momenti di tristezza e di scoraggiamento, quando l’indifferenza, la fragilità, la debolezza umana e lo “spirito del mondo” sembrano chiudere i cuori al messaggio evangelico.
Chi è chiamato a portare avanti la pastorale in genere, e la pastorale giovanile in particolare, ha bisogno di maturare una personalità cristiana solida, capace di affidarsi totalmente al Signore, deve essere animato da una gioia ben radicata, che non svanisca di fronte ai momentanei insuccessi. Gli educatori siano soprattutto uomini e donne di speranza - di una speranza “contagiosa”, specie per i giovani.
Con l’enciclica “Spe salvi” Benedetto XVI ci ha offerto un insegnamento straordinario in questo senso. Al centro del cammino di evangelizzazione si trova sempre la logica della Croce: un fallimento che è divenuto la più grande vittoria della storia.
Qualche tempo fa il Papa ha parlato precisamente dei “fallimenti di Dio” lungo la storia della salvezza dell’umanità. Solo alla luce della “legge” del chicco di grano che muore per dare la vita, si può capire il vero senso di questi “fallimenti”.
Benedetto XVI dice: “Dio fallisce sempre , lascia esistere la libertà dell’uomo, e questa dice continuamente “no”. Ma la fantasia di Dio, la forza creatrice del SUO amore è più grande del “no” umano (...) Che cosa tutto ciò significa per noi? Innanzitutto significa una certezza: Dio non fallisce. “Fallisce” continuamente, ma proprio per questo non fallisce, perché ne trae nuove opportunità di misericordia più grande, e la sua fantasia è inesauribile. Non fallisce, perché trova sempre nuovi modi per raggiungere gli uomini e per aprire di più la sua casa…”[31]
Ecco la ragione per cui la speranza non dovrebbe abbandonarci mai: Dio non fallisce, anche se, guardando il nostro mondo, potrebbe sembrare il contrario! Il Papa continua ad assicurarci che Dio “anche oggi troverà nuove vie per chiamare gli uomini (i giovani!) e vuole avere con sé noi come suoi messaggeri e servitori”[32].
[1] Discorso d'apertura del Convegno ecclesiale della Diocesi di Roma (2007), in: 'L'Osservatore Romano', 13 giugno 2007.
[2] Ibid.
[3] Appello: 'Se ci fosse una educazione del popolo tuffi starebbero meglio', in: 'Atlantide', 4/12/2005, p.119.
[4] Cfr. Paola Simonetti, S.O.S. Educazione: genitori permissivi e figli-padroni ', in
'Avvenire', 16 novembre 2007.
[5] Discorso d'apertura del Convegno della Diocesi di Roma (2007).
[6] Ibid.
[7] Incontro con il clero romano, in 'L'Osservatore Romano', 24 febbraio 2007.
[8] Convegno ecclesiale della Diocesi di Roma (2007).
Discorso d'apertura del Convegno ecclesiale della Diocesi di Roma (2006), in: 'Insegnamenti di Benedetto XVI' II,1 (2006), pp. 773-779.
[9] Discorso d'apertura del Convegno ecclesiale della Diocesi di Roma (2006), in: 'Insegnamenti di Benedetto XVI' II,1 (2006), pp. 773-779.
[10] Convegno ecclesiale della Diocesi di Roma (2007).
[11] Ibid.
[12] Ibid.
[13] Ibid.
[14] Ibid.
[15] Incontro con i sacerdoti della Diocesi di Albano, in “insegnamenti di Benedetto XVI”II,2 (2006), pp. 163-179.
[16] Cfr. T. Anatrella, Le monde des jeunes: qui sorzt-ils, que cherchent-ils? in: “Bulletin du Secrétariat de la Coiiference des Eveques de France “, n.7 (mai 2003), p.20 .
[17] Incontro con i sacerdoti della Diocesi di Albano…
[18] Incontro con. i Vescovi tedeschi, in: “L’Osservatore Romano”, 24 agosto 2005.
[19] Convegno ecclesiale della Diocesi di Roma (2007) ...
[20] Ibid.
[21] La crisi delle culture, in : “l’Europa di Benedetto nella crisi delle culture”, Siena 2005, pp. 63-64.
[22] Omelia della Celebrazione Eucaristica nell’Inslinger Fled di Regensburg, in: “L’Osservatore Romano”, 14 settembre 2006.
[23] Discorso di apertura della V Conferenza dell’Episcopato Latinoamericano, in: “L’Osservatore Romano, 14-15 maggio 2007.
[24] Cfr. ‘‘Nota dottrinale su alcuni aspetti dell’evangelizzazione”Congregazione per la Dottrina della Fede, 3 dicembre 2007.
[25] Messaggio per la Quaresima 2006, in: “Insegnamenti di Benedetto XVI” I (2005), pp. 606-610.
[26] Convegno ecclesiale della Diocesi di Roma (2006) ...
[27] Convegno ecclesiale della Diocesi di Ronza (2007) ...
[28] Discorso al IV Convegno nazionale della Chiesa italiana a Verona, in: “Insegnamenti di Benedetto XVI” II,2 (2006), pp. 465-477.
[29] Omelia della Celebrazione Eucaristica per l’assunzione del ministero petrino, in: “insegnamenti di Benedetto XVI” I (2005), pp. 20-26.
[30] Convegno ecclesiale della Diocesi di Roma (2006)…
[31] ‘‘Discorso ai Vescovi svizzeri in visita ad Eimina, in: “Insegnamenti di Benedetto
XVI” II,2 (2006), pp. 576-577.
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