martedì 19 maggio 2015

Papa Celestino V


Chi ha paura di Celestino V?

Gent.mo Prof. Cardini,

leggo con crescente stupore le dichiarazioni da Lei rilasciate al Dott. Galeazzi su “La Stampa” del 5 luglio, sulle celebrazioni sulmontine dedicate alla figura di Pietro da Morrone che fu Papa Celestino V.

Provo brevemente a commentare le parti rilevanti della Sua intervista:



-“Se fossi papa ci penserei due volte a riabilitare Celestino V”.

-A Sulmona Benedetto XVI non ha riabilitato Celestino V, né ha minimamente pronunciato frasi che, direttamente o indirettamente, potessero essere intese in tal senso. Lo ha, com’è suo preciso diritto, celebrato e non riabilitato.

Il motivo è semplice: Celestino V non ha alcun bisogno di essere riabilitato. Si riabilitano i malfattori più o meno pentiti, non le persone oneste.

-A meno che essere sobri, umili, miti, distaccati dalle cose terrene, non aggressivi, non avidi di ricchezze e di potere, amanti delle cose semplici e pulite che la natura ci offre, non sia un delitto.

-A meno che praticare un cristianesimo coerente, tenace, inflessibile, determinato fino alle estreme conseguenze non sia un reato.

-Le fonti, quelle che giacciono, purtroppo neglette, negli scantinati delle polverose biblioteche italiane, ci narrano un Pietro da Morrone agli antipodi rispetto a quello che lei descrive: non un vile, ma solo e semplicemente un cocciuto montanaro molisano, con un chiodo fisso nella mente: servire Dio. Null’altro.

E’ un reato?

-Si offrì a Dio fin da fanciullo, e fino alla morte fu solo ed esclusivamente uomo di Dio. E di nessun altro.

-E’ un reato per un credente amare Dio e disprezzare il potere, fosse anche quello ecclesiastico?

-Cristo ha mai aspirato al Potere?

-E’ un reato non saper fare il Papa, dichiararlo formalmente, prima, durante e dopo!, come ben si evince dalle ridondanti e inoppugnabili documentazioni che Lei, se vuole, può facilmente reperire?

-E’ un reato, in nome di Dio, di quel Dio che fu il faro unico e saldamente ancorato nella sua mente e nel suo cuore, accollarsi il peso della croce che gli fu imposto dal Conclave di Perugia?

-Cristo commise un reato quando accettò il martirio della croce per salvare l’umanità? Non si oppose! Era un vile?

-Pietro da Morrone commise un reato quando, per salvare la Chiesa del XIII Secolo, che rischiava una crisi irreversibile (se li ricorda i ventisette lunghissimi ed estenuanti mesi di vacanza papale che precedettero l’elezione di Pietro da Morrone?) si accollò il peso di quella croce?

-E’ un reato, per un cristiano, obbedire al mandato dello Spirito Santo, poiché di questo, come certo Lei ben sa, si tratta?

-Celestino V declinò l’incarico dopo solo cinque mesi e quattro giorni interamente passati a supplicare i suoi Cardinali di restituirlo ai meravigliosi silenzi e alla sublime solitudine della sua Maiella. Dov’è la codardia? Dov’è la pochezza d’animo? Dov’è l’ignavo?

-Mi chiedo: ma perchè tanto livore e tanto disprezzo, contro un uomo colpevole di non aver mai fatto male ad anima viva?            (continua)

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