giovedì 7 maggio 2015

Una voce bellissima disse: "Giuseppe, qui c'è Gesù."


Giuseppe era uomo di colore sulla quarantina che viveva in Sudafrica. Giuseppe era un buon cattolico e lavorava come domestico presso una famiglia olandese. 
In quella casa Giuseppe faceva un po' di tutto, e a volte era obbligato a lavorare talmente tanto che non sempre gli era concesso di andare a messa nei giorni di festa. 
E così, appena poteva si recava in chiesa nei giorni feriali, visto che di pomeriggio un paio d'ore libere le aveva sempre. Di solito dalle cinque alle sei; a quell'ora, generalmente, il missionario-parroco del posto era in chiesa anche lui per la recita del breviario e vedeva Giuseppe seduto in fondo, nell'ombra, immobile. 

Un giorno gli chiese: "Giuseppe, si vede che gusti la preghiera. Ma cosa dici al Signore in tutto questo tempo?"
"Oh padre, cosa posso dirgli io non ho studiato, non so pregare... Lo guardo così semplicemente, e gli dico: Gesù, qui c'è Giuseppe."
"Solo questo gli dici?"
"Eh sì padre, solo questo, non so dirgli altro."
Per il sacerdote questa fu una meditazione molto seria: quel povero servo analfabeta sembrava essere stato elevato alla preghiera di unione con Dio. 

Una sera chiamarono d'improvviso: una disgrazia! Un camion, non si sa come mai, era passato a tutta velocità per una via del centro e aveva travolto due persone. Una delle vittime viveva ancora e aveva supplicato che si avvertisse il parroco per poter ricevere Gesù Eucaristia. 
Il missionario accorse premuroso. Fu condotto a una casetta bassa, oscura vicina alla villa di un uomo bianco inondata di luce. C'erano lì alcune persone che, vedendo il padre si misero in ginocchio intorno al giaciglio su cui agonizzava l'uomo. Una lanterna illuminava debolmente la stanza. Quell'uomo aveva il corpo straziato, ma il suo viso era intatto: era Giuseppe.

Il povero servo morente vedendo il sacerdote abbozzò un sorriso: "Padre, mi ha portato il Signore?"... Parlava a stento, si sentiva appena, le parole si perdevano nel rantolo. Il missionario si affrettò a disporre ogni cosa per l'ultima Comunione a Giuseppe. Non c'era un tavolo, non una sedia. Tra i presenti si trovava una bambina Bantù. Nelle sue manine aperte e accostate al petto il padre pose l'astuccio, vi distese sopra il bianco lino e su di esso la teca con I'Eucaristia. Dopo l'atto di dolore, che tutti recitarono insieme, il padre diede l'assoluzione. Poi aprì la teca, si genuflesse davanti alla bambina-altare e, presa la Particola consacrata, si voltò verso Giuseppe: "Ecco l'Agnello di Dio, ecco Colui che toglie i peccati del mondo". 
Nel silenzio che seguì, si sentì una voce bellissima dire: "Giuseppe, qui c'è Gesù."
Le parole erano venute dall'Ostia che il padre teneva in mano. Un brivido indefinibile di soprannaturale pervase la cameretta. 
Il povero servo nero, ricevuto il Signore, socchiuse gli occhi felice e non li riaprì più.

"Mi compiaccio con te, o Padre, Signore del cielo e della terra, che hai tenuto nascoste queste cose ai sapienti e ai saggi e le hai rivelate ai semplici." Matteo 11, 25

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