martedì 24 settembre 2013

SANTI AGOSTINO, DOMENICO, FRANCESCO


GRANDEZZA 
DEI SANTI AGOSTINO, DOMENICO, FRANCESCO


Memore del grande pontefice Agostino, per il quale Geltrude aveva, fin dalla prima infanzia, nutrito grande divozione, ringraziò fervorosamente Dio per tutti i benefici che aveva a lui accordati. Il glorioso Pontefice le apparve a fianco di S. Bernardo, nello splendore di un'identica gloria, giacchè non gli è inferiore nè per la sublimità della vita, nè per la soavissima abbondanza della dottrina. 

Agostino stava davanti al trono della divina Maestà, adorno dell'incomparabile bellezza della gloria celeste; e, come S. Bernardo, mandava dal suo cuore fino alla profondità del Cuore divino, dardi infiammati, simbolo dell'ardente eloquenza con la quale aveva eccitati gli uomini al divino amore. Dalla, sua bocca scaturivano raggi brillanti come quelli del sole che si spandevano nella vasta regione del cielo, per simboleggiare l'opulenza della sacra dottrina, che l'eminente Dottore aveva distribuito a tutta la Chiesa. Al di sopra di queî raggi, si curvavano archi di luce meravigliosa, la cui prospettiva avrebbe affascinato qualsiasi sguardo. 

Mentre Geltrude era in ammirazione davanti a quel luminoso edificio, S. Bernardo le disse che i raggi degli insegnamenti di S. Agostino rifulgevano con speciale incanto, perchè l'incomparabile Dottore aveva sempre cercato, con parole e scritti, di diffondere gli splendori della fede cattolica. Dopo lunghi; traviamenti nelle vie tortuose dell'errore, Dio l'aveva richiamato misericordiosamente dalle tenebre dell'ignoranza alla luce delle supreme verità; desiderava pertanto, procurare la gloria del Signore, chiudendo agli uomini le vie dell'errore e dell'ignoranza, per mostrar loro la stella della fede che guida a salvezza eterna.

Geltrude allora chiese a S. Bernardo: « Nei vostri scritti non avevate forse, Padre Santo, la stessa intenzione? ». Egli rispose: « In tutti i miei atti, parole, scritti non ebbi altro fine che l'amor di Dio. Ma questo grande Dottore era spinto a lavorare per la salvezza delle anime, non solo dall'amore divino, ma anche per le disgrazie della sua personale esperienza».

Il Signore attrasse poi nel suo divin Cuore tutti i frutti di fede, di consolazione, di scienza, di luce, d'amore che le parole di Agostino avevano prodotto negli abitanti del cielo e della terra, per rimandarli in seguito nel cuore del Santo, dopo d'aver loro conferito pregio ineffabile nel contatto col suo divin Cuore. Quella dolce effusione, avendo colmata l'anima del Santo Dottore e penetratala fin nelle più intime fibre di gioie celesti, inondò anche il suo cuore, e lo fece vibrare quasi lira melodiosa. 

Come il cuore di S. Bernardo aveva prodotto i suoni dolcissimi dell'innocenza e dell'amore, quello di S. Agostino fece echeggiare le gradite modulazioni di una generosa penitenza e di un'ardente carità. Sarebbe stato difficile dire quale delle due armonie offrisse maggior incanto all'anima degli uditori estasiati! S. Bernardo disse poi a Geltrude
«Queste sono le modulazioni di cui è scritto: ''Omnis illa Deo sacrata et diletta civitas plena modulamine in laude (Inno alla festa della Dedicazione: non è però citato parola per parola, ma solo nel significato generico). Tutta questa sacra città cara a Dio, è piena di modulazione e di lodi". Infatti i cori dei Santi cantano armoniosamente le lodi di Dio, secondo la varietà delle loro, virtù.


Nella festa del glorioso S. Agostino, mentre al Vespro si recitava il Responsorio 
«Vulneraverat charitas Christi», l'illustre Pontefice apparve in piedi, raggiante di gloria, tenendo in mano il cuore, quel suo santissimo cuore tante volte ferito col dardo della carità divina.
Egli parve aprirlo ed offrirlo a lode di Dio, come magnifica rosa che doveva rallegrarlo coi suo profumo, allietando in pari tempo tutta la Corte celeste. Geltrude salutò con divozione il venerabile Padre, pregando per tutti quelli che le si erano raccomandati, e anche per le anime che nutrivano particolare affetto verso il grande Pontefice. Agostino, a sua volta, supplicò il Signore, perché i cuori che desideravano, per i suoi meriti, d'infiammarsi d'amore di Dio, potessero dilatarsi e diffondere un delizioso profumo davanti alla divina Maestà a lode e. gloria della risplendentissima, adorabile Trinità. 

Mentr'ella recitava divotamente il Mattutino, desiderò sapere quale ricompensa riceverebbe S. Agostino per la disposizione che manifesta nelle Confessioni quando dice che, durante la vita mortale, non poteva saziarsi di gustare la dolcezza incomparabile che provava, considerardo la magnificenza del piano divino nell'opera della salvezza degli uomini. 

Il venerabìle Padre le apparve bentosto, in una gloria meravigliosa, secondo la parola d'Isaia: « Laetitia sempiterna super capita eorum - Una gioia sempiterna coronerà il suo capo» (Isaia XXXV, 10). 
Infatti un globo stupenda roteava velocemente sul suo capo, offrendo a ogni istante, un'alternativa di colori che procurava al beato Padre delizie spirituali ineffabili, le quali ne allietavano i sensi corporei. 

Gli occhi erano affascinati dallo splendore delle stelle che si staccavano da quel globo nelle rapide evoluzioni, e tale vista lo ricompensava delle considerazioni con le quali, in terra, aveva cercato in Dio ogni suo bene; le orecchie erano rallegrate dall'armonia che si sprigionava dai movimenti del globo, e tale godimento era la degna rimunerazione per avere costantemente orientato verso Dio la sua sublime intelligenza. Per avere poi disprezzate le gioie del mondo e cercato Dio solo, egli aspirava un'aria balsamica, ricca di soavi fragranze; la sua bocca gustava squisitissimo miele, per avere offerto al Signore gradito soggiorno nel suo cuore. Sappiamo infatti dalla parola del Saggio, che Dio trova la sua delizia nel cuore dell'uomo.

Il globo, al quale abbiamo accennato, stillava sul santo Pontefice dolce rugiada che lo penetrava di soavità celeste, ricompensandolo delle immani fatiche sopportate per la gloria di Dio e il bene della Chiesa con la santità della parola, degli scritti, degli esempi.

La Corte celeste gioiva per le delizie dell'incomparabile Pontefice, e il gaudio da essa provato era tale, che sarebbe stato sufficiente per rendere felici tutti gli uomini.

Il Signore disse in seguito a Geltrude: «Guarda come il mio diletto splende in un candore più scintillante della neve, per la dolce umiltà ed ardente carità!». La Santa rispose meravigliata: «O mio Gesù, come puoi affermare che questo Santo abbia una purezza più splendente della neve? Egli è degno di venerazione per la santa sua vita, ma è pur vero che rimase a lungo nell'eresia e contrasse molta macchie di peccato». Rispose il dolce Maestro: «Ho permesso che rimanesse a lungo nell'errore, appunto per dare risalto alle vie misteriose della Provvidenza, e alla paziente misericordia con cui l'ho atteso a conversione. Volli così manifestare la mia bontà infinita, e la tenerezza gratuita di cui ha sentito il decisivo influsso».


Dopo queste ineffabili parole, Geltrude considerò più attentamente la bellezza luminosa del grande Dottore. I suoi abiti erano trasparenti come il cristallo, ed attraverso a vari colori, si vedevano rifulgere purezza, umiltà, amore.

Aggiunse allora Geltrude: « Mio Gesù, il dolcissimo San Bernardo che ti ha amato così teneramente, non ha forse anch'egli posto in te ogni sua gioia, come il fervente S. Agostino? Eppure, quando lo contemplai nella sua gloria, non mi parve così completa ». 

Rispose Gesù: Ho ricompensato generosamente Bernardo, mio eletto; ma la debolezza della tua mente non può capire, nella sua realtà, la gloria del più piccolo dei miei Santi, a maggior ragione non puoi cogliere l'ineffabile gaudio di Santi così grandi. Pure per soddisfare ai tuoi pii desideri, ti mostrerò i meriti di alcuno de' miei eletti. Questa vista ti farà crescere nell'amore e capirai meglio che: « Vi sono molte mansioni nella casa di mio Padre - In. Domo Patris met mansiones multae sunt » (Giov. XIV, 2). Ti sarà inoltre svelato perchè si dice a lode di ogni Santo « Non est inventus similis illi qui conservaret legem Excelsi - Non si è trovato chi, come lui, osservasse la legge dell'Altissimo » (Eccl. XLIV, 20) perchè non c'è nessun eletto che sia perfettamente simile ad un altro e non abbia qualche sua caratteristica».
« Se è così - riprese Geltrude - o Dio di verità, degnati rivelarmi, malgrado la mia miseria, qualche cosa che riguarda i meriti delle vergini che ho tanto amato, fino dalla prima età: l'amabile Agnese e la gloriosa Caterina ». (Tale favore le fu accordato come già fu detto al capitolo VIII e si dirà al capitolo LVII di questo stesso libro). 





La Santa, sempre smaniosa di cognizioni celesti, amò pure conoscere qualche cosa dei meriti di S. Domenico e S. Francesco, Fondatori illustri dei due Ordini religiosi che fecero rifiorire meravigliosamente la Chiesa di Dio. 

Quei venerabili Padri le apparvero raggianti di gloria stupenda, simile a quella di S. Benedetto, adorni di rose vaghissime, e portando in mano un brillante scettro d'onore. Essi assomigliavano al Santi Agostino e Bernardo, a motivo del loro zelo per la gloria di Dio, la salvezza delle anime e la pratica delle stesse virtù. 
Avevano tuttavia qualche differenza: S. Francesco brillava per la grande umiltà, S. Domenico. per i suoi ferventissimi desideri. Durante la S. Messa, mentre Geltrude s'inabissava in Dio, pensando a ciò che doveva cantare, fu rapita in spirito all'inizio della sequenza e trasportata davanti al trono della divina Maestà.


Allora tutti i Santi, per ricordare e celebrare le spirituali delizie che aveva gustate nella notte precedente, contemplando la gloria del grande Agostino e degli altri Santi di cui abbiamo parlato, le cantarono i sei primi versi della sequenza: « Interni festi gaudia nostra sonet harmonia - La nostra armonia fa prorompere le gioie della festa interiore ». (Vedi in appendice questa magnifica sequenza). Geltrude ad ogni accento, raccolse in cuore illustrazioni e delizie speciali. Dopo il sesto verso tutti i Santi tacquero e invitarono la Santa a cantare a sua volta i versi seguenti, per restituire loro la gioia ch'essi le avevano procurata. Seguendo la sua abitudine, ella, sul divino liuto del Cuore di Gesù, cantò a lode dell'intera Corte celeste « Beata illa patria - Quella felice patria» e i cinque versi che seguono. Ascoltandola i beati comprensori vennero colmati di gioie ineffabili.


In seguito Gesù, Sposo tenerissimo, accarezzandola dolcemente, le cantò questi due versi: « In hac valle miseriae - In questa valle di miserie » e "Quo mundi post exilia -  dopo l'esilio del mondo »: Nello stesso tempo, come un eccellente Maestro, o per meglio dire, come amorosissimo Padre, insegnò alla diletta sua figliola in quale modo avrebbe potuto meritare le gioie eterne, applicandosi frequentemente quaggiù alle cose di Dio. 
I cori angelici vennero a presentare al grande pontefice Agostino i voti della Chiesa cantando «Harum laudum praeconia - Ciò che proclamano queste lodi, ecc. », e tutti i Santi si associarono, cantando i versetti che seguono, per glorificare Dio nel suo servo. 

In quel frattempo il beato Agostino illuminava e rallegrava la Corte celeste coi raggi della sua gloria. Ai due ultimi versi:. « Cujus sequi vestigia - A seguire le sue tracce », il Signore, volendo esaudire la preghiera del santo Pontefice, alzò la mano tracciando un ampio segno di croce su tutti coloro che l'avevano onorato con devote lodi.


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