lunedì 23 settembre 2013

È stata la mia forza nella vita.


Le sette beatitudini 
contrapposte alle sette spade

 Nuovo dettato di Maria
Dice Maria SS.ma:

«La beatitudine dell’estasi natalizia è venuta meco come essenza di fiore chiusa nel vivo vaso del cuore per tutta la vita. Indescrivibile gioia. Umana e sovrumana. Perfetta.

Quando il venir di ogni sera mi martellava nel cuore il doloroso “memento”: “Un giorno meno di attesa, un giorno più di vicinanza al Calvario” e l’anima mia ne usciva ricoperta di pena come se un flutto di strazio l’avesse ricoperta, anticipata onda della marea che m’avrebbe inghiottita sul Golgota, io curvavo il mio spirito sul ricordo di quella beatitudine che era rimasto vivo nel cuore, così come uno si curva su una gola montana a riudire l’eco di un canto d’amore ed a vedere in lontananza la casa della sua gioia.

È stata la mia forza nella vita. E lo è stata soprattutto nell’ora della [1281] mia morte mistica ai piedi della Croce. Per non giungere a dire a Dio ‑ che ci puniva, io e il mio dolce Figlio, per i peccati di tutto un mondo ‑ che troppo atroce era il castigo e che la sua mano di Giustiziere era troppo severa, io, attraverso il velo del più amaro pianto che donna abbia versato, ho dovuto affissare quel ricordo luminoso, beatifico, santo, il quale si alzava in quell’ora come visione di conforto dall’interno del cuore per dirmi quanto Dio m’avesse amata, si alzava per venirmi incontro non attendendo, poiché era gioia santa, che io lo cercassi, perché tutto quanto è santo è infuso da amore e l’amore dà la sua vita anche alle cose che par che vita non hanno.

Maria, occorre fare così quando Dio ci colpisce.

Ricordare quando Dio ci ha dato la gioia, per poter dire anche fra lo strazio: “Grazie, mio Dio. Tu sei buono con me”.

Non rifiutare il conforto del ricordo di un passato dono di Dio che sorge per confortarci nell’ora in cui il dolore ci piega, come steli percossi da una bufera, verso la disperazione, per non disperare della bontà di Dio.

Procurare che le nostre gioie siano gioie di Dio, ossia non darci delle gioie umane, da noi volute e facilmente contrarie, come tutto quanto è frutto del nostro operare avulso da Dio, alla sua divina Legge e Volontà, ma attendere solo da Dio la gioia.

Serbare il ricordo di esse anche a gioia passata, perché il ricordo che sprona al bene ed a benedire Iddio è ricordo non condannabile ma anzi consigliato e benedetto.

Infondere della luce di quell’ora le tenebre dell’ora presente per farle sempre tanto luminose che ci bastino a vedere il santo Volto di Dio anche nella più buia notte.

Temperare l’amaro del calice di quella goduta dolcezza per poterne sopportare [1283] il sapore e giungere a berlo sino all’ultima stilla.

Sentire, poiché lo si è conservato come il più prezioso ricordo, la sensazione della carezza di Dio mentre le spine ci stringono la fronte.

Ecco le sette beatitudini contrapposte alle sette spade. Te le dono per mia lezione di Natale (metti questa data) e con te le dono a tutti i miei prediletti.
La mia carezza per benedizione a tutti.»

Tratto da: “I Quaderni del 1944: Quaderno nr 12. Ed. CEV 

[1280] 25 ‑ 12 ‑ 1943 Natale.

Cor mitissimum
ora pro nobis

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