giovedì 26 settembre 2013

INDIMENTICABILE-INOLVIDABLE! Ecco un'altra pagina magistrale del nostro Giovannino G.



96. Scrive Giovannino Guareschi (1908-1968) in un’immaginaria lettera indirizzata a don Camillo: 

Don Camillo, perché si rifiuta di capire? Perché, quando il giovane prete inviatoLe dall'Autorità Superiore Le ha spiegato che bisognava  ripulire la chiesa e vendere angeli, candelabri, Santi, Cristi, Madonne e tutte le altre paccottiglie fra le quali anche il  Suo famoso Cristo Crocifisso, perché, dico, Lei lo ha agguantato per gli stracci sbatacchiandolo contro il muro? 

Non ha capito che sono in ballo i più sacri princìpi dell'economia? Che sono in ballo miliardi e miliardi e la stessa sacra Integrità della Moneta? Quale famiglia "bene", oggi, vorrebbe privarsi del piacere di adornare la propria casa con qualche oggetto sacro? Chi può rinunciare ad avere in anticamera un San Michele adibito ad attaccapanni, o in  camera da letto una coppia d'angeli dorati come lampadario, o in soggiorno un Tabernacolo come piccolo bar? (…)

La Chiesa non può più estraniarsi dalla vita dei laici e ignorarne i problemi. Don Camillo, non mi faccia perdere il  segno. Lei, dunque, è nei guai, ma la colpa è tutta Sua. Sappiamo ogni cosa: il pretino inviatoLe dai Superiori Le ha 
proposto -demolito il vecchio altare- di sostituirlo non con una comune Tavola, ma col banco da falegname che il  compagno Peppone gli aveva vilmente fatto offrire in dono suggerendogliene l'utilizzazione. (…) 

Don Camillo, si tratta di un prete giovane, ingenuo, pieno di commovente entusiasmo. Perché non ne ha tenuto conto e ha cacciato il  pretino fuori dalla chiesa a pedate nel sedere? (…) Don Camillo, le cose si vengono a sapere. 

Lei - ricordando le parole del pretino - ha spiegato che, adesso, la Messa deve essere celebrata così e il vecchio Antonio Le ha risposto:  «Ho novantacinque anni e, per quel poco o tanto che ho ancora da vivere, mi basta la scorta di Messe in latino che mi son fatto in novant'anni». «Roba da matti» ha aggiunto la vecchia Romilda. «Questi cittadini vorrebbero farci credere che Dio non capisce più il latino!» «Dio capisce tutte le lingue» ha risposto Lei. «La Messa viene celebrata in italiano perché dovete capirla voi. E, invece di assistervi passivamente, voi partecipate al sacro rito assieme al sacerdote.» «Che mondo» ha ridacchiato Antonio. «I preti non ce la fanno più a dire la Messa da soli e vogliono farsi aiutare da noi! Ma noi dobbiamo pregare, durante la Messa!» «Appunto, così pregate tutti assieme, col prete» ha tentato di spiegare Lei. Ma il vecchio Antonio ha scosso il capo: «Reverendo, ognuno prega per conto suo. Non si può pregare in comuniorum. Ognuno ha i suoi fatti personali da confidare a Dio. E si viene in chiesa apposta perché Cristo è presente nell'Ostia consacrata e, quindi, lo si sente più vicino. Lei faccia il suo mestiere, Reverendo, e noi facciamo il nostro. Altrimenti se Lei è uguale a noi a che cosa serve più il prete? Per presiedere un'assemblea sono capaci tutti. Io non sono forse presidente della cooperativa boscaioli? E poi: perché ha portato via dalla chiesa tutte le cose che avevamo offerto a Dio noi, coi nostri sudati quattrini? Per scolpire quel Sant'Antonio di castagno che lei ha portato in solaio, mio padre ci ha messo otto anni. Si capisce che lui non era un artista, ma ci ha impiegato tutta la sua passione e tutta la sua fede. Tanto è vero che, siccome lui e la mia povera madre non potevano avere figli, appena finita e benedetta la statua, Sant'Antonio gli ha fatto la grazia e sono nato io. Se lei vuole fare la rivoluzione, la vada a fare a casa sua, reverendo». Don Camillo, io capisco quello che Lei ha dovuto provare. Ma la colpa è Sua se si è invischiato in questi guai. (…) Balaustra, angeli, candelabri, ex voto, statue di Santi, Madonnine, quadri e quadretti, Tabernacolo e tutti gli altri arredi sacri sono stati venduti e il ricavato è servito per sistemare la chiesa, per l'impianto stereofonico, dei microfoni, degli altoparlanti, del riscaldamento, eccetera. Anche il famoso Cristo è stato venduto perché troppo ingombrante, incombente, spettacolare e profano. Però metta il cuore in pace: tutta la roba non è andata lontano. L'ha comprata il vecchio notaio Piletti che l'ha portata e sistemata nella cappella privata della sua villa del Brusadone. 


Manca soltanto la balaustra dell'altar maggiore: l'ha comprata Peppone e dice che ci farà il balcone della Casa del Popolo. Però mi risulta che colonnine e ogni altro pezzo della balaustra sono stati imballati, incassati uno per uno con gran cura e riposti in luogo sicuro. Lei sa che, per quanto mi conosca come uno stramaledetto reazionario nemico del popolo, Peppone con me si lascia andare e m'ha fatto capire che sarebbe disposto a trattare. Vorrebbe, in cambio della balaustra, il mitra che Lei gli ha fregato nel 1947. Dice che non ha la minima intenzione di usarlo perché oramai anche lui è convinto che i clericali riusciranno a fregare i comunisti mandandoli al potere senza dar loro la soddisfazione di fare la rivoluzione. Lo rivuole perché è un ricordo.


Don Camillo, io sono certo che quando Lei fra poco tornerà (…) troverà tutte le Sue care cianfrusaglie perfettamente  sistemate nella chiesetta del notaio. E potrà celebrare una Messa Clandestina per i pochi Suoi amici fidati. Messa in latino, si capisce, e con tanti oremus e kirieleison. Una Messa all'antica, per consolare tutti i nostri morti che, pure non conoscendo il latino, si sentivano, durante la Messa, vicini a Dio, e non si vergognavano se, udendo levarsi gli 
antichissimi canti, i loro occhi si riempivano di lacrime. Forse perché, allora, il Sentimento e la Poesia non erano peccato e nessuno pensava che il dolce, eternamente giovane «volto della Sposa di Cristo» potesse mostrare macchie 
o rughe. (…) Don Camillo, tenga duro: quando i generali tradiscono, abbiamo più che mai bisogno della fedeltà dei soldati...




97. Il beato Contardo Ferrini (1859-1902) si recava a Messa ogni mattina, già da giovane, con un suo fratellino. 
Un giorno, dopo la Messa celebrata da un sacerdote ottantenne, il fratellino chiese a Contardo: “Come mai un sacerdote ottantenne –celebrando la Messa di san Pio V- dice: ‘ad Deum qui laetificat juventutem meam?”. Il beato Contardo, battendo la mano sul fratellino, rispose: “Devi sapere, caro Giovannino, che chi è in grazia di Dio è sempre giovane!”


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