Intervista fatta da Raymond Arroyo, direttore di EWTN News (Eternal Word Television Network -Global Catholic Network USA), e mandata in onda il 5 settembre 2003. Estratti
Raymond: Parliamo un poco del Concilio Vaticano II, in particolare dell' applicazione del Concilio. Lei ne ha parlato e scritto così tanto. Ritengo che per la gente della mia generazione la cosa che risalta di più nella fede, anche in quella dei nostri padri e dei padri dei nostri padri, è la liturgia, la Messa. Lei ha parlato di riforma della riforma, di riformare la riforma. Come pensa di attuarla? Come ritiene che possa concretamente prendere forma via via che andiamo avanti ?
Cardinale Ratzinger: In generale, ritengo che la riforma liturgica non sia stata applicata bene, perché si trattava di una idea generale. Oggi la liturgia è una cosa della comunità. La comunità rappresenta se stessa, e con la creatività dei preti o di altri gruppi si creano le loro liturgie particolari. Si tratta più della presenza delle loro esperienze ed idee personali, che dell'incontro con la Presenza del Signore nella Chiesa; e con questa creatività e questa auto-presentazione della comunità sta scomparendo l'essenza della liturgia.
Con l'essenza della liturgia noi possiamo superare le nostre proprie esperienze e ricevere ciò che non deriva da esse, ma che è un dono di Dio. Così penso che dobbiamo restaurare non tanto certe cerimonie, ma l'idea essenziale della liturgia - capire che nella liturgia non rappresentiamo noi stessi, ma riceviamo la grazia della presenza del Signore nella Chiesa del cielo e della terra. E mi sembra che l'universalità della liturgia sia essenziale. Definire la liturgia e ripristinare questa idea aiuterebbe anche ad essere più ubbidienti alle norme, non nel senso di un positivismo giuridico, ma proprio come condivisione, partecipazione a quello che ci è dato dal Signore nella Chiesa .
Raymond: E quel senso di sacrificio e di culto di cui Lei ha parlato così eloquentemente, come lo vede ripristinato in concreto? Assisteremo al ritorno della disposizione del prete "ad orientem", rivolto verso Est, che volge le spalle al popolo durante il Canone, al ritorno del latino, a più latino nella Messa?
Cardinale Ratzinger: "Versus orientem", direi che potrebbe essere un aiuto, perché si tratta realmente di una tradizione dei tempi apostolici. Non è solo una norma, ma è anche l'espressione della dimensione cosmica e della dimensione storica della liturgia. Noi celebriamo con il cosmo, con il mondo. È la direzione del futuro del mondo, della nostra storia rappresentata dal sole e dalle realtà cosmiche.
Io penso che oggi questa nuova scoperta del nostro rapporto con il mondo creato può essere capita anche dalla gente, forse meglio di 20 anni fa. E ancora, si tratta di una direzione comune - prete e popolo orientati insieme verso il Signore. Per questo penso che potrebbe essere un aiuto.
Da sempre, i gesti esteriori non sono semplicemente un rimedio in se stessi, ma possono essere un aiuto, perché si tratta della classica interpretazione di cos'è la direzione nella liturgia. In generale io penso che tradurre la liturgia nelle lingue parlate sia stata una cosa buona, perché dobbiamo capirla, dobbiamo prendervi parte anche con il nostro pensiero, ma una presenza più marcata di alcuni elementi latini aiuterebbe a dare una dimensione universale, a far sì che in tutte le parti del mondo si possa dire: "io sono nella stessa Chiesa".
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