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venerdì 19 novembre 2021

SPLENDIDA PREGHIERA

 

S.Agostino - Orazione

Questa splendida preghiera, attribuita a Sant’Agostino, è ricavata dal Messale Mozarabico e di composizione nettamente medioevale. Vedi “Dictionnaire d’Archèologie Chrètienne”, Tom. V, col. 1633. Si attribuisce la sua inserzione nel Messale Romano a Urbano VIII (+ 1644).

 

Innanzi a te, o Signore, portiamo le nostre colpe e le piaghe ricevutene.

Se pensiamo al male fatto, è molto meno ciò che soffriamo, di quanto meritiamo.

E’ assai più grave ciò che commettemmo, di quanto soffriamo.

Sentiamo la pena del peccato, ma non abbandoniamo la volontà del peccare.

Sotto i tuoi castighi viene meno la nostra debolezza, ma non si muta la nostra malizia.

L’anima stanca si affligge, ma non curva pentita la fronte.

La vita sospira nel dolore, e non si emenda nell’opera.

Se tu indugi, non ci correggiamo; se tu punisci, non tolleriamo.

Nel castigo confessiamo ciò che facemmo di male; e, dopo le tue lezioni, dimentichiamo ciò che piangemmo.

Se tu stendi la mano per colpirci, promettiamo di fare il nostro dovere; se ritiri la tua spada, non manteniamo le promesse.

Se ci colpisci, invochiamo pietà; se ci risparmi, nuovamente ti provochiamo a colpirci.

Tu hai davanti, o Signore, dei rei confessi; riconosciamo che, se non perdoni, giustamente ci affliggi.

Concedine, senza alcun nostro merito, ciò che chiediamo, o Padre onnipotente, Tu che dal nulla hai fatto quelli che ti avrebbero pregato. Per Cristo Signor nostro. Amen.

 

V. Signore, non trattarci secondo i nostri peccati.

R. E non ci punire secondo le nostre iniquità.

V. Preghiamo. O Dio, che dalla colpa sei offeso e dalla penitenza placato, guarda propizio alle preghiere del tuo popolo supplicante, e allontana i flagelli dell’ira tua, meritati dai nostri peccati. Per Cristo Signor nostro.

R. Così sia.


 

Ante óculos tuos, Dómine, culpas nostras férimus et plagas quas accépimus, conférimus. 

Si pensámus malum quod fécimus, minus est quod pátimur, majus est quod merémur. 

Grávius est quod commisimus, lévius est quod tolerámus. 

Peccáti pœnam sentimus, et peccándi pertináciam non vitámus. 

In flagéllis tuis infirmitas nostra téritur, et iniquitas non mutátur. 

Mens ægra torquétur, et cervix non fléctitur. 

Vita in dolóre suspirat et in ópere non se eméndat. 

Si exspéctas, non corrigimur: si vindicas, non durámus. 

Confitémur in correctióne, quod égimus: obliviscimur post visitatiónem quod flévimus. 

Si exténderis manum, faciénda promittimus; si suspénderis gládium, promissa non sólvimus. 

Si férias, clamámus ut parcas: si pepérceris, iterum provocámus ut férias.

Habes, Dómine, confiténtes reos: nóvimus quod nisi dimittas, recte nos périmas. 

Præsta, Pater omnipotens, sine mérito quod rogámus, qui fecisti ex nihilo, qui te rogárent. Per Christum Dóminum nostrum. Amen. 

 

V. Dómine, non secúndum peccáta nostra fácias nobis. 

R. Neque secúndum iniquitátes nostras retribuas nobis. 

V. Oremus. - Deus, qui culpa offénderis et pœniténtia placáis: preces pópuli tui supplicántis propitius réspice: et flagélla tuæ iracúndiæ, quæ pro péccatis nostris merémur, avérte. Per Christum Dóminum nostrum. 

R. Amen. 


Sant'Agostino d'Ippona

AMDG et DVM

mercoledì 27 ottobre 2021

"Dobbiamo spiegarvi che cosa significhi essere semplici come colombe e prudenti come serpenti."

In preparazione alla solennità di Tutti i Santi




DISCORSO 64 di sant'Agostino

DISCORSO TENUTO NELLA SOLENNITÀ DEI MARTIRI

Sorte dei buoni e dei cattivi.

1. Celebriamo la festa annuale dei martiri. Ammiriamo dunque la gloria dei martiri, e imitiamone le azioni. Tutto ciò che avete sentito mentre si leggeva il santo Vangelo: Vi consegneranno nei loro tribunali, e nelle loro sinagoghe vi tortureranno 1, e poi la frase: Allora un fratello tradirà il proprio fratello e un padre il proprio figlio per farlo morire, e ognuno avrà nemici nella propria famiglia 2: tutto ciò capiterà ai buoni e ai cattivi. Infatti i mali che soffrono gli uomini su questa terra sono comuni ai buoni e ai cattivi, allo stesso modo che i beni che hanno gli uomini su questa terra li hanno ugualmente i buoni e i cattivi. La moltitudine dei martiri dunque, vedendo che molti cattivi soffrono su questa terra molti mali, gridarono a Dio a una sola voce: Giudicami, o Dio, e distingui la mia causa da quella del popolo empio 3. Poiché viene punito sia il cattivo che il buono, che cosa accadrebbe al buono, se non si distinguesse la sua causa? Quaggiù il buono viene punito, ma viene premiato con la felicità eterna presso Dio. Il cattivo, invece, non solo è punito quaggiù, ma sarà anche tormentato con l'eterno castigo. Se dunque amiamo i santi martiri, scegliamo per noi la loro causa per piacere a Dio.

I lupi diventati pecore.

2. Vedete come nostro Signore Gesù Cristo istruisce i propri martiri col suo insegnamento. Dice: Io vi mando come pecore in mezzo ai lupi 4. Considerate che cosa fa un unico lupo se va in mezzo a molte pecore. Per quante possano essere le migliaia di pecore, se si lancia in mezzo ad esse un unico lupo, si scompigliano e, anche se non vengono sbranate tutte quante, tuttavia vengono atterrite tutte. Che razza di modo d'agire era dunque cotesto, che genere di progetto, che tipo di potere, quale grande [prova della] divinità era quella di lasciare entrare non già un lupo tra le pecore, ma di mandare le pecore tra i lupi? Vi mando - egli dice - come le pecore in mezzo ai lupi, non "presso i confini delle tane dei lupi", ma proprio in mezzo ai lupi. I lupi dunque erano un grosso branco, mentre le pecore un piccolo gregge; ma dopo che il branco di lupi ebbe ucciso il piccolo gregge di pecore, i lupi si convertirono e divennero pecore.


Il nome di Cristo prima odiato, ora glorificato.

3. Ciononostante il Signore si rivolge a tutti, non solo a coloro che vivevano allora e ascoltavano il Signore, ma anche a coloro che per opera loro avrebbero creduto nel Signore e a coloro che fino a noi e dopo di noi sino alla fine del mondo sarebbero subentrati, con la loro nascita, agli altri che sarebbero partiti da questo mondo alla loro morte; a tutti il Signore dice: Sarete odiati da tutti a causa mia 5. In verità è stato predetto che la Chiesa si sarebbe diffusa tra tutti i popoli. Come leggiamo che è stata fatta la promessa, così vediamo che è stata adempiuta. Tutti i popoli sono cristiani, e d'altra parte non sono cristiani tutti i popoli. Per tutto il campo c'è il frumento, per tutto il campo c'è la zizzania 6. Quando dunque sentite dire da nostro Signore Gesù Cristo: Sarete odiati da tutti a causa mia, ascoltatelo come frumento; ciò è detto a coloro che sono frumento. Riflettete attentamente con me perché qualcuno non dica tra sé e sé: "Ciò è stato detto ai discepoli del Signore quando nostro Signore Gesù Cristo li mandò a predicare la sua parola tra i popoli. [Allora] tutti i popoli li odiavano a causa del suo nome. Adesso invece tutti i popoli glorificano il suo nome. Non dobbiamo pensare d'essere odiati da tutti i popoli, ma d'essere amati da tutti i popoli". O comunità cristiane di tutto il mondo, o voi che siete frumento del Signore, o germogli cattolici sparsi in tutto il mondo, considerate voi stessi e riconoscete che tutti i popoli vi odiano a causa di Cristo. Tutti quelli che sono rimasti pagani, tutti quelli che sono rimasti giudei, tutti quelli che deviando dalla retta via sono diventati eretici, non ci odiano forse a causa del nome di Cristo? Ma potrebbe esistere anche un individuo pessimo, che fosse nobile, potente, insigne per dignità, eminente per autorità; poniamo il caso ch'egli volesse il male e avesse il potere di commetterne assai; anch'egli verrebbe odiato da tutti, ma non a causa di Cristo. L'odio procuratosi sarebbe bensì uguale, ma il motivo differente. Ecco perché il Signore Gesù, poiché sapeva che anche a individui pessimi poteva capitare d'essere odiati da tutti, dopo aver detto: Vi odieranno tutti soggiunse: a causa mia 7, poiché esaudisce coloro che dicono: Giudicami tu, o Dio, e distingui la mia causa da quella di un popolo empio 8.

Da che cosa viene al cristiano la fiducia tra i lupi.

4. Ascoltiamo dunque quale esortazione ha dato colui che ci ha promesso il premio eterno. Ci ha proposto un agone, ma egli, che assiste al nostro agone, ci aiuta mentre siamo oppressi. Che specie di agone ci ha proposto? Agone equivale a combattimento. Che specie di combattimento dunque il Signore Gesù Cristo c'ingiunge? Eccolo: Siate prudenti come serpenti e semplici come colombe 9. Chi avrà compreso questa ingiunzione, chi vi si sarà attenuto, chi l'avrà osservata, morirà tranquillo poiché non morirà. Nessuno infatti morirà tranquillo se non chi sa di morire in guisa che per lui la morte avrà fine e la vita avrà il suo premio eterno.

Come imitare l'astuzia del serpente.

5. Per questo motivo, carissimi, sebbene spesso ne abbiamo parlato, dobbiamo spiegarvi che cosa significhi essere semplici come colombe e prudenti come serpenti. Se dunque ci è comandato d'essere semplici come colombe, come può andare d'accordo la semplicità della colomba con la prudenza del serpente? Ciò che apprezzo nella colomba è il fatto ch'essa non ha il fiele; ciò che temo nel serpente è il fatto che possiede il veleno.

6. Non devi temere il serpente sotto nessun aspetto. Esso ha qualità che si devono odiare, ma anche qualità che si devono imitare. Quando infatti il serpente è oppresso dalla vecchiaia e sente il peso della decrepitezza, s'introduce a fatica attraverso un cunicolo e così facendo si spoglia della pelle vecchia per uscir fuori nuovo. Imitalo tu, o cristiano, che ascolti il Cristo che dice: Entra attraverso la porta stretta 10. L'apostolo Paolo dice inoltre: Spogliatevi dell'uomo vecchio con le sue azioni e rivestitevi dell'uomo nuovo ch'è stato creato ad immagine di Dio 11. Hai dunque una caratteristica da imitare riguardo al serpente: Non morire a causa della decrepitezza. Chi muore a causa di un vantaggio materiale, muore a causa della decrepitezza spirituale. Chi muore a causa del vantaggio della lode umana, muore a causa della decrepitezza spirituale. Quando invece ti sarai spogliato di tali forme di decrepitezza, avrai imitato la prudenza del serpente. Imitalo in modo più sicuro: conserva la tua testa. Che significa: "Conserva la tua testa"? Conserva in te Cristo. Può darsi che qualcuno di voi quando voleva uccidere un serpente, ha osservato come questi per salvare la sua testa espone ai colpi di chi lo ferisce tutto il suo corpo? Esso evita di farsi colpire nella parte di se stesso ove sa di avere la vita. Ma la nostra vita è Cristo, poiché egli stesso ha detto: Io sono la via, la verità e la vita 12. Senti anche che cosa dice l'Apostolo: Capo dell'uomo è Cristo 13. Chi dunque conserva in sé il Cristo, conserva per sé il proprio capo.

Imitare la semplicità delle colombe.

7. Orbene, che bisogno c'è di dilungarci a mostrare la semplicità delle colombe? Bisognava mettere in guardia dal veleno dei serpenti. Era pericolosa l'imitazione di quella loro proprietà ch'era da temere. La colomba, al contrario, devi imitarla tranquillamente. Osserva come le colombe godono di stare insieme: dappertutto volano insieme, si cibano insieme, rifiutano di star sole, godono della vita comune. Sono animate d'amor fervente, tubano con gemiti amorosi, generano la prole col baciarsi. Finché però siamo nel corpo, siamo lontani dal Signore 14. Beati coloro che piangono 15. Inoltre, se vuoi essere come una colomba, di' al tuo Signore: Il mio gemito non ti è nascosto 16. Quando dunque le colombe - poiché osserviamo spesso anche questo fatto - litigano tra loro per i loro posti, è in un certo senso un litigio pacifico. Si separano forse per il fatto che litigano? [Tutt'altro!] Volano insieme, pascolano insieme, lo stesso litigio è pacato. Osservate una lite tra colombe. L'Apostolo afferma: Se poi uno non obbedisce a ciò che ordiniamo con questa nostra lettera, segnatelo a dito e non abbiate alcuna relazione con lui 17. Ecco il litigio. Fa' però attenzione ch'è lite di colombe, non di lupi. [L'Apostolo infatti] soggiunge immediatamente: Non trattatelo però come nemico, ma rimproveratelo come un fratello 18. La colomba ama anche quando colpisce, il lupo invece odia anche quando accarezza.

8. Avendo dunque la semplicità delle colombe e la prudenza dei serpenti, celebrate la solennità dei martiri con la sobrietà della mente, non con l'ebrietà del ventre. Cantate lodi a Dio. Il nostro Dio è lo stesso Signore dei martiri. Se avremo combattuto valorosamente, ci darà il premio eterno lo stesso Dio che ha premiato con la felicità eterna coloro che desideriamo imitare.

AVE MARIA PURISSIMA!

mercoledì 5 maggio 2021

PAZIENZA

 




La pazienza interessa l’anima e il corpo.

8. 7. Quando dunque ci affliggono mali che non ci inducono a commettere il peccato, esercitando la pazienza l’anima acquista il dominio di se stessa; non solo, ma se lo stesso corpo viene per qualche tempo colpito dal dolore o anche dalla morte, attraverso la pazienza lo si recupera per una salute stabile, anzi eterna, e così attraverso il dolore e la morte gli si procura una salute perfetta e un’immortalità felice. Al riguardo il Signore Gesù, volendo esortare i suoi martiri alla pazienza, promise loro che avrebbero ottenuto l’integrità del corpo senza subire la perdita non dico d’un qualche membro ma nemmeno di un capello. Diceva: Ve lo dico in verità: un solo capello della vostra testa non andrà perduto 7. E siccome son vere le parole dell’Apostolo: Nessuno ha mai odiato la sua carne 8, ne segue che il cristiano provvede al bene del suo corpo più con la pazienza che con l’intolleranza, e con il guadagno inestimabile dell’incorruttibilità futura compensa le tribolazioni della vita presente, per quanto grandi possano essere.

8. 8. Sebbene la pazienza sia una virtù dell’anima, tuttavia l’anima la esercita in parte su se stessa, in parte nei riguardi del corpo. La esercita in se stessa quando, senza che il corpo venga leso e toccato, l’anima è spinta dagli stimoli di avversità o da brutture reali o verbali a fare o a dire cose sconvenienti o indecorose; ma lei sopporta con pazienza tutti i mali per non commettere nulla di male con azioni o parole.

La pazienza dell’anima.

9. 8. In virtù di questa pazienza dell’anima noi, sani di corpo, sopportiamo che ci venga rinviata la nostra beatitudine e che ci tocchi di vivere fra gli scandali del tempo presente. A ciò si riferiscono le parole or ora menzionate: Se speriamo ciò che non vediamo, lo attendiamo con la pazienza. Per questa pazienza il santo [re] Davide sopportò le ingiurie di chi lo svillaneggiava e, sebbene potesse facilmente vendicarsi, non solo non si vendicò, ma trattenne dalla vendetta quell’altro che, addolorato, s’era fatto prendere dall’ira 9, e del suo potere regale si servì più per proibire che per esercitare la vendetta. In quel frangente non era il suo corpo che veniva tormentato da malattie o ferite, ma era il suo animo che, riconoscendo il momento dell’umiliazione, la sopportava per fare la volontà di Dio e per questo ingoiava con somma pazienza l’amara bevanda della contumelia. Questa pazienza ci insegnò il Signore quando disse che ai servi irritati per la mescolanza della zizzania [con il buon grano] e desiderosi di estirparla il padrone di casa rispose: Lasciate che [le due piante] crescano fino al tempo della mietitura 10. Infatti occorre sopportare con pazienza ciò che non si può eliminare con fretta. Di questa pazienza ci ha offerto un esempio palese lui stesso tollerando quel discepolo, che era ladro, vicino a sé fino al tempo della passione, cioè finché non lo denunziò come traditore 11. Prima di esperimentare le funi, la croce e la morte, non rifiutò il bacio di pace a quelle labbra menzognere 12. Tutti questi esempi, e i tanti altri che sarebbe lungo ricordare, rientrano in quel genere di pazienza dove l’anima non soffre per i suoi peccati, ma dentro di sé sopporta pazientemente quei mali che le provengono dal di fuori senza che il corpo ne venga minimamente colpito.

La pazienza dei martiri.

10. 8. C’è un altro campo per esercitare la pazienza: quello in cui l’anima tollera gli affanni e i dolori derivanti dai patimenti del corpo: non certo quelli che soffrono gli uomini stolti o perversi per raggiungere vani ideali o per perpetrare delitti ma, com’ebbe a determinare il Signore, per la giustizia 13. L’uno e l’altro combattimento sostennero i santi martiri. Vennero infatti coperti di contumelie da parte degli empi, e in quel caso l’animo rimanendo saldo sosteneva come delle sue proprie ferite, mentre il corpo ne era esente; per quanto poi riguarda il loro corpo, essi furono legati, incarcerati, affamati e assetati, torturati, segati, squartati, bruciati, uccisi barbaramente. Con incrollabile fedeltà sottomisero il loro spirito a Dio, mentre nel corpo soffrivano tutto ciò che la crudeltà dei persecutori seppe immaginare.

La pazienza nella lotta contro il diavolo.

10. 9. È più grande la lotta che sostiene la pazienza quando non si tratta d’un nemico visibile che perseguitando con ferocia ti spinge al male (esso è allo scoperto, e chi non gli consente lo vince in maniera palese), ma si tratta del diavolo stesso che, servendosi magari di gente incredula come di suoi strumenti, perseguita i figli della luce ovvero, rimanendo occulto li assale e con ferocia li stimola a fare e a dire cose che dispiacciono a Dio.

La pazienza di Giobbe.

11. 9. L’ira di questo nemico ebbe ad esperimentare il santo Giobbe: da lui fu aspramente provato con le due specie di tentazione, ma in tutt’e due riuscì vincitore con l’immutabile forza della pazienza e le armi della pietà. In principio, rimanendo illeso il corpo, soffrì la perdita di tutto ciò che aveva; e così, prima che il suo corpo subisse tormenti, il suo animo fu lacerato dalla perdita di quei beni che gli uomini hanno più a cuore, e, siccome si pensava che egli servisse Dio in vista di quei beni, ne doveva seguire che perdendoli avrebbe bestemmiato contro di lui. Fu colpito anche dalla morte improvvisa di tutti i figli: li aveva avuti uno dopo l’altro, li perse tutti in una volta; e se erano stati numerosi, questo non fu per accrescere la sua gioia ma per aumentare la sventura. Quando gli toccò di soffrire tutti questi mali, egli rimase fermo nella fedeltà a Dio, sempre unito alla volontà di colui che non avrebbe potuto perdere se non per una scelta della sua propria volontà; e, a posto di tutto quello che perse, gli rimase colui che glielo toglieva, colui nel quale avrebbe trovato ciò che era imperituro. A togliergli i beni infatti non era stato il maligno che l’aveva voluto danneggiare, ma colui che aveva dato a lui il potere di farlo.


DEO GRATIAS et MARIAE

lunedì 3 maggio 2021

E' importante avere compagni di viaggio

 Benedetto XVI Udienze 2010

DE  - EN  - ES  - FR  - HR  - IT  - PT ]
Santa Monica  col figlio Agostino


BENEDETTO XVI

UDIENZA GENERALE

Palazzo Apostolico di Castel Gandolfo
Mercoledì, 25 agosto 2010

 

 

Cari fratelli e sorelle,

nella vita di ciascuno di noi ci sono persone molto care, che sentiamo particolarmente vicine, alcune sono già nelle braccia di Dio, altre condividono ancora con noi il cammino della vita: sono i nostri genitori, i parenti, gli educatori; sono persone a cui abbiamo fatto del bene o da cui abbiamo ricevuto del bene; sono persone su cui sappiamo di poter contare. 

E’ importante, però, avere anche dei “compagni di viaggio” nel cammino della nostra vita cristiana: penso al Direttore spirituale, al Confessore, a persone con cui si può condividere la propria esperienza di fede, ma penso anche alla Vergine Maria e ai Santi. Ognuno dovrebbe avere qualche Santo che gli sia familiare, per sentirlo vicino con la preghiera e l’intercessione, ma anche per imitarlo. 

Vorrei invitarvi, quindi, a conoscere maggiormente i Santi, a iniziare da quello di cui portate il nome, leggendone la vita, gli scritti. Siate certi che diventeranno buone guide per amare ancora di più il Signore e validi aiuti per la vostra crescita umana e cristiana.



Come sapete, anch’io sono legato in modo speciale ad alcune figure di Santi: tra queste, oltre a san Giuseppe e san Benedetto dei quali porto il nome, e ad altri, c’è sant’Agostino, che ho avuto il grande dono di conoscere, per così dire, da vicino attraverso lo studio e la preghiera e che è diventato un buon “compagno di viaggio” nella mia vita e nel mio ministero. Vorrei sottolineare ancora una volta un aspetto importante della sua esperienza umana e cristiana, attuale anche nella nostra epoca in cui sembra che il relativismo sia paradossalmente la “verità” che deve guidare il pensiero, le scelte, i comportamenti.

Sant’Agostino è un uomo che non è mai vissuto con superficialità; la sete, la ricerca inquieta e costante della Verità è una delle caratteristiche di fondo della sua esistenza; non, però, delle “pseudo-verità” incapaci di dare pace duratura al cuore, ma di quella Verità che dà senso all’esistenza ed è “la dimora” in cui il cuore trova serenità e gioia. 

Il suo, lo sappiamo, non è stato un cammino facile: ha pensato di incontrare la Verità nel prestigio, nella carriera, nel possesso delle cose, nelle voci che gli promettevano felicità immediata; ha commesso errori, ha attraversato tristezze, ha affrontato insuccessi, ma non si è mai fermato, non si è mai accontentato di ciò che gli dava solamente un barlume di luce; ha saputo guardare nell’intimo di se stesso e si è accorto, come scrive nelle Confessioni, che quella Verità, quel Dio che cercava con le sue forze era più intimo a sé di se stesso, gli era stato sempre accanto, non lo aveva mai abbandonato, era in attesa di poter entrare in modo definitivo nella sua vita (cfr III, 6, 11; X, 27, 38).

 Come dicevo a commento del recente film sulla sua vita, sant’Agostino ha capito, nella sua inquieta ricerca, che non è lui ad aver trovato la Verità, ma la Verità stessa, che è Dio, lo ha rincorso e lo ha trovato (cfr L’Osservatore Romano, giovedì 4 settembre 2009, p. 8). Romano Guardini commentando un brano del capitolo terzo delle Confessioni afferma: sant’Agostino comprese che Dio è “gloria che ci getta in ginocchio, bevanda che estingue la sete, tesoro che rende felici, […egli ebbe] la pacificante certezza di chi finalmente ha capito, ma anche la beatitudine dell’amore che sa: Questo è tutto e mi basta” (Pensatori religiosi, Brescia 2001, p. 177).



Sempre nelle Confessioni, al Libro nono, il nostro Santo riporta un colloquio con la madre, santa Monica la cui memoria si celebra il prossimo venerdì, dopodomani. È una scena molto bella: lui e la madre stanno a Ostia, in un albergo, e dalla finestra vedono il cielo e il mare, e trascendono cielo e mare, e per un momento toccano il cuore di Dio nel silenzio delle creature. 

E qui appare un’idea fondamentale nel cammino verso la Verità: le creature debbono tacere se deve subentrare il silenzio in cui Dio può parlare. Questo è vero sempre anche nel nostro tempo: a volte si ha una sorta di timore del silenzio, del raccoglimento, del pensare alle proprie azioni, al senso profondo della propria vita, spesso si preferisce vivere solo l’attimo fuggente, illudendosi che porti felicità duratura; si preferisce vivere, perché sembra più facile, con superficialità, senza pensare; si ha paura di cercare la Verità o forse si ha paura che la Verità ci trovi, ci afferri e cambi la vita, come è avvenuto per sant’Agostino.



Cari fratelli e sorelle, vorrei dire a tutti, anche a chi è in un momento di difficoltà nel suo cammino di fede, a chi partecipa poco alla vita della Chiesa o a chi vive “come se Dio non esistesse”, di non avere paura della Verità, di non interrompere mai il cammino verso di essa, di non cessare mai di ricercare la verità profonda su se stessi e sulle cose con l’occhio interiore del cuore. Dio non mancherà di donare Luce per far vedere e Calore per far sentire al cuore che ci ama e che desidera essere amato.

L’intercessione della Vergine Maria, di sant’Agostino e di santa Monica ci accompagni in questo cammino.


Saluti:

Je suis heureux de vous recevoir ce matin, chers pèlerins de langue française! Je salue particulièrement le groupe œcuménique d’Athènes et les religieuses de l’Immaculée Conception de Castres. Que les saints qui vous sont les plus familiers, comme ceux dont vous portez le nom, soient pour vous des guides pour aimer toujours plus le Seigneur et des aides dans votre croissance humaine et spirituelle!

I greet all the English-speaking pilgrims, especially the young altar servers from Malta and their families, and the pilgrimage group from Japan. This Saturday the Church celebrates the feast of Saint Augustine, who found in Christ the fullness of that truth which brings authentic freedom and joy. May Saint Augustine and his mother, Saint Monica, accompany us by their prayers and draw us ever closer to the Lord.

Mit Freude grüße ich alle Gäste deutscher Sprache, vor allem die Teilnehmer am Ferienlager in Ostia. Ostia erinnert uns an Augustinus und seine Mutter Monika, die dort gestorben ist, und erinnert uns so daran, daß für unser Leben, für uns als Christen die Heiligen nicht Tote sind, sondern Wegbegleiter, die mit uns gehen. Mir selbst ist durch meine Studien und so weiter der heilige Augustinus ein solcher ganz persönlicher Freund und Weggefährte geworden. Am kommenden Samstag feiern wir seinen Gedenktag. Sein Leben war erfüllt von der Suche nach Wahrheit. Diese war nicht leicht zugänglich. Er hat viele Umwege machen müssen, aber er ließ sich davon nicht abbringen zu suchen: Was ist nun wirklich wahr? Gibt es Gott? Wer ist er? Wo ist er? Und diese Suche hat ihm schließlich Sinn und Halt gegeben und ihn zum lebendigen Gott geführt. Augustinus helfe uns allen auf unserem Weg durch die Wirrnisse dieser Zeit, Gott zu finden, mit ihm und auf ihn hin zu leben. Der Herr segne euch alle.

Saludo a los grupos de lengua española, en particular a los fieles de la Parroquia de Santa María la Mayor, de Andújar, así como a los demás peregrinos venidos de España, México y otros países latinoamericanos. Os invito a que os familiaricéis con la vida y los escritos de los Santos, pues os ayudarán a amar cada vez más al Señor y a crecer como personas y como cristianos.

Queridos peregrinos vindos do Brasil e de Portugal, a minha saudação amiga para todos vós, em especial para os grupos paroquiais de Unhos, Catujal e Viseu. Recordamos nestes dias Santo Agostinho e sua mãe, Santa Mónica, testemunhas de como Jesus Cristo Se deixa encontrar por quantos O procuram. E, com Ele, a vossa vida não poderá deixar de ser feliz.

Saluto in lingua polacca:

Serdeczne pozdrowienie kieruję do Polaków. Jutro w Polsce przypada uroczystość Matki Bożej Częstochowskiej. Jej opiece zawierzam was, wasze rodziny, Kościół i cały naród. Wszystkim, którzy gromadzą się w tych dniach na Jasnej Górze z serca błogosławię. Niech będzie pochwalony Jezus Chrystus.

Traduzione italiana:

Un cordiale saluto rivolgo ai polacchi. Domani in Polonia si celebra la solennità della Madre di Dio di Czestochowa. Alla sua protezione affido voi, le vostre famiglie, la Chiesa e tutta la nazione. Benedico di cuore tutti coloro che in questi giorni si radunano a Jasna Gora. Sia lodato Gesù Cristo!

Saluto in lingua ungherese:

Isten hozott Benneteket kedves magyar zarándokok, különösen is Titeket, akik Munkácsról jöttetek. Kívánom nektek, hogy a most kezdődő iskolaévben és a társadalom különböző pontjain tanúságot tudjatok tenni hitetekről. Apostoli áldásommal. Dicsértessék a Jézus Krisztus!

Traduzione italiana:

Vi saluto cordialmente, cari pellegrini ungheresi, specialmente voi, che siete arrivati da Mukachevo. Vi incoraggio a proseguire con generosità nel vostro impegno di testimonianza cristiana nella scuola e nella società. Con la mia benedizione. Sia lodato Gesù Cristo!

Saluto in lingua slovacca:

Srdečne pozdravujem slovenských pútnikov. Drahí priatelia, nech príklad svätého Augustína, ktorého spomienku oslávime o pár dní, vzbudí v každom z vás obnovené predsavzatia ušľachtilého kresťanského svedectva. Pochválený buď Ježiš Kristus!

Traduzione italiana:

Rivolgo un cordiale saluto ai pellegrini slovacchi. Cari amici l’esempio di sant’Agostino, la cui memoria celebreremo tra qualche giorno, susciti in ciascuno di voi rinnovati propositi di generosa testimonianza cristiana. Sia lodato Gesù Cristo!

Saluto in lingua croata:

Srdačno pozdravljam hrvatske hodočasnike. Dragi prijatelji, neka vam svjedočanstvo svetoga Augustina, čiji ćemo liturgijski spomen slaviti za nekoliko dana, pomogne širiti svjetlo vjere u vašoj sredini. Hvaljen Isus i Marija!

Traduzione italiana:

Saluto con affetto i pellegrini croati. Cari amici, la testimonianza di sant’Agostino, ci cui celebreremo tra pochi giorni la memoria, vi aiuti a diffondere nei vostri ambienti la luce della fede. Siano lodati Gesù e Maria!

* * *

Rivolgo ora un cordiale benvenuto ai pellegrini di lingua italiana. In particolare, saluto i Seminaristi Maggiori provenienti da diverse Regioni e i fedeli delle varie Parrocchie, accompagnati dai propri parroci ed auguro che questo incontro rinsaldi ciascuno nella fedeltà a Cristo e nella generosa testimonianza cristiana.

Il mio pensiero si rivolge infine ai giovani, ai malati e agli sposi novelli: tutti invito a trovare in Cristo la ragione della propria speranza.

* * *

Al termine dei saluti ai fedeli riuniti nel cortile, il Papa si è affacciato sulla piazza di Castel Gandolfo e ha rivolto le seguenti parole a quanti non avevano trovato posto all'interno del Palazzo Apostolico.

Cari amici,
grazie per la vostra presenza e il vostro entusiasmo. Vi auguro una buona giornata, buone vacanze e molta gioia in questi giorni caldi. Il Signore vi aiuti e vi accompagni sempre. Vi do la mia benedizione.


APPELLO

Il mio pensiero va a Mogadiscio, da dove continuano a giungere notizie di efferate violenze e che ieri è stata teatro di una nuova strage. Sono vicino alle famiglie delle vittime e a tutti coloro che, in Somalia, soffrono a causa dell'odio e dell'instabilità. Auspico che, con l'aiuto della comunità internazionale, non si risparmino sforzi per ristabilire il rispetto della vita e dei diritti umani.

 

© Copyright 2010 - Libreria Editrice Vaticana




DEO GRATIAS et MARIAE    

domenica 6 ottobre 2019

O speranza mia fin dalla mia giovinezza...

Le Confessioni - Libro sesto
A TRENT'ANNI


Primi passi verso la fede

Monica a Milano
1. 1. O speranza mia fin dalla mia giovinezza 1, dov'eri per me, dove ti eri ritratto 2? Non eri stato tu a crearmi, a farmi diverso dai quadrupedi e più sapiente dei volatili del cielo? Ma io camminavo fra le tenebre e su terreno sdrucciolevole 3; ti cercavo fuori di me e non ti trovavo, perché tu sei il Dio del mio cuore 4. Ormai avevo raggiunto il fondo del mare 5: come non perdere fiducia, non disperare di scoprire più il vero? Già mi aveva raggiunto mia madre, che, forte della sua pietà, m'inseguì per terra e per mare, traendo sicurezza da te in ogni pericolo. Così anche nei fortunali marini confortava gli stessi marinai, da cui abitualmente chi attraversa per la prima volta gli abissi riceve conforto nella sua paura, promettendo loro un arrivo sicuro alla meta, poiché tu glielo avevi promesso in una visione 6. Mi trovò in grave pericolo. Non speravo più di scoprire la verità. Tuttavia, quando la informai che, pur senza essere cattolico cristiano, non ero più manicheo, non sobbalzò di gioia come alla notizia di un avvenimento imprevisto: da tempo era tranquilla per questa parte della mia sventura, ove mi considerava come un morto, ma un morto da risuscitare con le sue lacrime versate innanzi a te e che ti presentava sopra il feretro del suo pensiero affinché tu dicessi a questo figlio della vedova: "Giovane, dico a te, alzati", ed egli tornasse a vivere e cominciasse a parlare, e tu lo restituissi a sua madre 7. Nessuna esultanza scomposta commosse dunque il suo cuore alla notizia che quanto ti chiedeva ogni giorno, fra le lacrime, di compiere, si era compiuto: se non avevo ancora colto la verità, ero però stato ormai tolto dalla menzogna. Fermamente sicura, anzi, che avresti concesso anche il resto, poiché tutto le avevi promesso, mi rispose con assoluta pacatezza e il cuore pieno di fiducia: "Credo in Cristo che prima di migrare da questo mondo ti avrò veduto cattolico convinto". Questa la risposta che diede a me; ma a te, fonte di misericordie, diede più intense preghiere e lacrime, affinché affrettassi il tuo aiuto 8 e illuminassi le mie tenebre 9. Con maggior fervore correva anche in chiesa, ove pendeva dalle labbra di Ambrogio, fonte di acqua zampillante per la vita eterna 10. Amava quell'uomo come un angelo di Dio 11 da quando aveva saputo che per suo merito ero arrivato frattanto a ondeggiare almeno nel dubbio, a questo varco obbligato e più pericoloso, come sono gli attacchi che i medici chiamano critici, del mio transito, per lei sicuro, dalla malattia alla salute.

Ubbidienza e devozione di Monica verso Ambrogio
2. 2. Un giorno mia madre, secondo un'abitudine che aveva in Africa, si recò a portare sulle tombe dei santi una farinata, del pane e del vino. Respinta dal custode, appena seppe che c'era un divieto del vescovo, lo accettò con tale devozione e ubbidienza, da stupire me stesso al vedere la facilità con cui condannava la propria consuetudine anziché discutere la proibizione del vescovo. Il suo spirito non era soffocato dall'ebrietà né spinto dall'amore del vino a odiare il vero, mentre i più fra i maschi e le femmine all'udire il ritornello della sobrietà vengono assaliti dalla nausea che prende gli ubriachi davanti a un bicchiere d'acqua. Quando portava lei il canestro con le vivande rituali da distribuire agli intervenuti dopo averle assaggiate, poneva davanti solo un calicetto di vino diluito secondo le esigenze del suo palato piuttosto sobrio e per riguardo verso gli altri; e se erano molte le sepolture dei defunti che così si volevano onorare, portava intorno quell'unico, piccolo calice da deporre su ogni tomba, e in quello condivideva a piccoli sorsi con i fedeli presenti un vino non solo molto annacquato, ma anche molto tiepido. Alle tombe infatti si recava per devozione, non per diletto. Perciò, una volta informata che il predicatore illustre, l'antesignano della devozione aveva proibito di eseguire quelle cerimonie anche sobriamente, per non dare ai beoni alcuna occasione d'ingurgitare vino e per la grande somiglianza di quella sorta di parentali con le pratiche superstiziose dei pagani, se ne astenne ben volentieri. In luogo di un canestro pieno di frutti terreni imparò a portare alle tombe dei martiri un cuore pieno di affetti più puri. Così dava ai poveri quanto poteva, anche se a celebrarsi era la comunione del corpo del Signore: perché i martiri s'immolarono e furono coronati a imitazione della passione di lui. Eppure credo, Signore Dio mio, ed è in proposito la mia intima convinzione davanti ai tuoi occhi 12, che probabilmente mia madre non si sarebbe arresa con tanta facilità a troncare le sue usanze, se la proibizione fosse venuta da una persona che non avesse amato come Ambrogio; e Ambrogio lo amava soprattutto a cagione della mia salvezza. Lui poi amava mia madre a cagione della sua vita religiosissima, per cui fra le opere buone 13 con tanto fervore spirituale 14 frequentava la chiesa. Spesso, incontrandomi, non si tratteneva dal tesserne l'elogio e dal felicitarsi con me, che avevo una tal madre. Ignorava quale figlio aveva lei, dubbioso di tutto ciò e convinto dell'impossibilità di trovare la via della vita 15.

L'ammirevole figura di Ambrogio
3. 3. Non t'invocavo ancora con gemiti affinché venissi in mio aiuto. Il mio spirito era piuttosto attratto dalla ricerca e mai sazio di discussioni. Lo stesso Ambrogio era per me un uomo qualsiasi, fortunato secondo il giudizio mondano perché riverito dalle massime autorità; l'unica sua pena mi sembrava fosse il celibato che praticava. Delle speranze invece che coltivava, delle lotte che sosteneva contro le tentazioni della sua stessa grandezza, delle consolazioni che trovava nell'avversità, delle gioie che assaporava nel ruminare il tuo pane entro la bocca nascosta del suo cuore, di tutto ciò non potevo avere né idea né esperienza. Dal canto suo ignorava anch'egli le mie tempeste e la fossa ove rischiavo di cadere. Non mi era infatti possibile interrogarlo su ciò che volevo e come volevo. Caterve di gente indaffarata, che soccorreva nell'angustia, si frapponevano tra me e le sue orecchie, tra me e la sua bocca. I pochi istanti in cui non era occupato con costoro, li impiegava a ristorare il corpo con l'alimento indispensabile, o l'anima con la lettura. Nel leggere, i suoi occhi correvano sulle pagine e la mente ne penetrava il concetto, mentre la voce e la lingua riposavano. Sovente, entrando, poiché a nessuno era vietato l'ingresso e non si usava preannunziargli l'arrivo di chicchessia, lo vedemmo leggere tacito, e mai diversamente. Ci sedevamo in un lungo silenzio: e chi avrebbe osato turbare una concentrazione così intensa? Poi ci allontanavamo, supponendo che aveva piacere di non essere distratto durante il poco tempo che trovava per ricreare il proprio spirito libero dagli affari tumultuosi degli altri. Può darsi che evitasse di leggere ad alta voce per non essere costretto da un uditore curioso e attento a spiegare qualche passaggio eventualmente oscuro dell'autore che leggeva, o a discutere qualche questione troppo complessa: impiegando il tempo a quel modo avrebbe potuto scorrere un numero di volumi inferiore ai suoi desideri. Ma anche la preoccupazione di risparmiare la voce, che gli cadeva con estrema facilità, poteva costituire un motivo più che legittimo per eseguire una lettura mentale. Ad ogni modo, qualunque fosse la sua intenzione nel comportarsi così, non poteva non essere buona in un uomo come quello.

L'uomo immagine di Dio secondo la fede cattolica
3. 4. Certo è che non mi era assolutamente possibile interrogare quel tuo santo oracolo, ossia il suo cuore, su quanto mi premeva, bensì soltanto su cose presto ascoltate. Invece le tempeste della mia anima esigevano di trovarlo disponibile a lungo, per riversarsi su di lui; ma invano. Ogni domenica lo ascoltavo mentre spiegava rettamente la parola della verità 16 in mezzo al popolo, confermandomi sempre più nell'idea che tutti i nodi stretti dalle astute calunnie dei miei seduttori a danno dei libri divini potevano sciogliersi. La scoperta poi da me fatta, che i tuoi figli spirituali, rigenerati per tua grazia dalla maternità della Chiesa cattolica, non intendevano le parole ov'è detto che l'uomo fu da te fatto a tua immagine 17 nel senso di crederti e pensarti rinchiuso nella forma di un corpo umano, per quanto non riuscissi a scorgere neppure debolmente e in un enigma 18 come fosse una sostanza spirituale, mi fece arrossire gioiosamente di aver latrato per tanti anni non già contro la fede cattolica, bensì contro fantasmi creati da immaginazioni carnali. Temerario ed empio ero stato, perché avevo asserito, accusando, cose che avrei dovuto asserire indagando. Tu, altissimo 19 e vicinissimo, remotissimo e presentissimo, non fornito di membra più grandi e più piccole, ma esistente per intero in ogni luogo e in nessuno, facesti però l'uomo a tua immagine senza possedere affatto questa nostra forma corporale; ed ecco l'uomo esistere in un dato luogo dalla testa ai piedi.

Scoperta dell'unica Chiesa

4. 5. Ignorando in quale modo l'uomo fosse tua immagine, avrei dovuto, bussando 20, controllare in quale modo bisognava credervi, non, burlando, contrastare, quasi che vi si credesse come io mi immaginavo. Tanto più acuto era dunque nel mio intimo l'assillo di conoscere cosa dovevo ritenere per certo, quanto più mi vergognavo di essermi lasciato illudere e ingannare così a lungo da una promessa di certezza, e di aver proclamato per certo un grande numero di dottrine incerte, come un fanciullo impetuoso nei suoi errori. La fallacia di quelle dottrine mi apparve più tardi; fin d'allora però ebbi la certezza della loro incertezza, benché un tempo le avessi tenute per certe, quando sferravo alla cieca attacchi e accuse contro la tua Chiesa cattolica, ignaro che insegna la verità, ma non insegna le dottrine di cui l'accusavo gravemente. Di qui la mia confusione, la mia conversione e la mia gioia, Dio mio, perché la tua unica Chiesa, corpo del tuo unico Figlio 21, nel cui grembo mi fu inoculato, infante, il nome di Cristo, non si compiaceva di futilità infantili, e il suo insegnamento sicuro non ti confinava, creatore di tutte le cose, in uno spazio fisico, sia pure altissimo ed ampio, ma tuttavia limitato in ogni direzione dal profilo delle membra umane.

giovedì 5 settembre 2019

CONTINENZA

LA CONTINENZA

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Introduzione.
1. 1. È difficile trattare in modo adeguato ed esauriente della virtù dell'anima che chiamiamo continenza, virtù che è un insigne dono del Signore. Speriamo che colui che ce la elargisce aiuti la nostra pochezza perché non venga meno sotto il peso d'un compito così grave. Difatti chi dona la continenza ai fedeli che ne fanno pratica è lo stesso che dona la parola adatta a quanti, fra i suoi ministri, osano tentarne una esposizione. Volendo, dunque, trattare un argomento così elevato per dirne quello che Dio ci concederà, prima di tutto affermeremo e dimostreremo che la continenza è un dono di Dio. Lo troviamo scritto nel libro della Sapienza: Nessuno può essere continente se Dio non gliene fa dono 1E anche il Signore, a proposito di quella continenza più rigorosa per cui ci si astiene dal matrimonio, diceva: Non tutti capiscono questa parola, ma soltanto coloro cui è stato donato 2Né solo questa, ma anche la castità coniugale non la si può osservare senza la continenza da ogni forma illecita di rapporto carnale. E di tutt'e due le forme di vita, tanto degli sposati come dei non sposati, affermava l'Apostolo che sono doni di Dio. Io vorrei - diceva - che tutti fossero come me stesso; tuttavia ciascuno ha da Dio il suo dono: uno così, e un altro differentemente 3.
La bocca interiore del cuore.
1. 2. La continenza che ci attendiamo dal Signore non è necessaria soltanto per frenare le passioni carnali propriamente dette. Lo dimostra il salmo, là dove cantiamo: Poni, o Signore, una custodia alla mia bocca, una porta - quella della continenza - sulle mie labbra 4Da questa testimonianza del libro divino, se prendiamo la parola bocca nel senso esatto in cui occorre intenderla, ci convinceremo qual grande dono di Dio sia la continenza della bocca. Tuttavia sarebbe cosa da poco tenere a freno la bocca, in senso materiale, perché non ne escano parole sconvenienti. C'è nel nostro interno un'altra bocca, quella del cuore; ed è qui che desiderava fosse posta dal Signore una guardia e un uscio, quello della continenza, colui che pronunziò le parole del salmo e le scrisse perché le ripetessimo. Ci sono infatti molte parole che non pronunziamo con la bocca ma gridiamo con il cuore. E viceversa non ci sono parole che noi pronunziamo con la voce attraverso la bocca, se il cuore non ce le detta. Se dal cuore non esce nulla, al di fuori non si pronunciano parole. Se dal cuore escono cose cattive, anche se la lingua non vibra, l'anima rimane macchiata. È al cuore, dunque, che bisogna imporre la continenza: là dove parla la coscienza anche di coloro che stanno zitti con la bocca. E questa continenza, a guisa di porta, farà sì che dal cuore non esca niente di ciò che, anche a labbra chiuse, contaminerebbe la vita dell'uomo mediante il pensiero.
Continenza interiore.
2. 3. Con le parole: Poni, Signore, una custodia sulla mia bocca e una porta, la continenza, sulle mie labbra voleva intendere la bocca interiore del cuore. Lo indica assai chiaramente quel che soggiunge subito appresso: Non permettere che il mio cuore pieghi verso parole maligne 5Cos'è la piega del cuore, se non il consenso? Non pronuncia alcuna parola colui che, sebbene attraverso i sensi gli si presentino gli stimoli delle cose più disparate, tuttavia non vi consente né volge il cuore ad esse. Se invece vi consente, già dice la sua parola nel cuore, anche se con la voce non proferisce alcun suono. Anche se con la mano o con le altre membra del corpo non compie alcun atto, egli l'ha già eseguito se col pensiero ha deciso di farlo. È già colpevole di fronte alle leggi divine, anche se occulto ad ogni occhio umano: colpevole per la parola detta nel cuore, non per il gesto compiuto col corpo. Non potrebbe infatti mettere in azione un membro del corpo per l'esecuzione dell'opera, se questa non fosse stata preceduta da una parola interiore che costituisce il principio. Come sta scritto con verità: Principio di ogni azione è la parola 6Sono infatti numerose le opere che gli uomini compiono senza aprire la bocca, né muovere la lingua o levare la voce; tuttavia nulla eseguono col corpo, nel campo dell'azione, se prima non si siano pronunciati col cuore. Ci sono pertanto molti peccati nelle scelte interiori dello spirito che non sono seguiti da opere esterne; mentre non ci sono peccati esterni, di opere, che non siano preceduti da decisioni interne del cuore. Si sarà esenti dall'una e dall'altra specie di colpa se sulle labbra interiori dello spirito si saprà porre la porta della continenza.
La continenza interiore nell'insegnamento evangelico.
2. 4. Per questo motivo il Signore di sua propria bocca ebbe a dire: Ripulite ciò che sta dentro; così sarà puro anche ciò che sta fuori 7. E in altra circostanza, quando si mise a confutare la scempiaggine dei giudei che rimproveravano ai discepoli d'andare a mensa senza lavarsi le mani: Non sono le cose che entrano nella bocca a sporcare l'uomo; sono piuttosto quelle che escono dalla bocca che lo rendono impuro 8. La quale asserzione, se dovesse riferirsi esclusivamente alla bocca in senso proprio, finirebbe col diventare un assurdo: difatti come non ci si sporca per il cibo così non ci si sporca per il vomito, il cibo che entra per la bocca, il vomito che ne esce. Ma, evidentemente, le parole iniziali della frase, cioè: Ciò che entra nella bocca non sporca l'uomo, si riferiscono alla bocca in senso proprio; mentre il seguito, e cioè: Quanto esce dalla bocca sporca l'uomo, si riferisce alla bocca del cuore. Lo precisò il Signore quando, alla richiesta dell'apostolo Pietro che gli venisse spiegata la parabola, rispose: Siete anche voi ancora senza cervello? Non capite come tutto ciò che entra nella bocca va nell'intestino e lo si scarica nel gabinetto? 9. Riconosciamo da qui senza esitazione che la bocca in cui entra il cibo è la bocca, organo del nostro corpo. Quanto alle parole successive, dobbiamo invece intenderle della bocca del cuore: interpretazione alla quale non sarebbe giunta l'ottusità del nostro cuore se la Verità non si fosse degnata di camminare al fianco di noi ottusi. Diceva infatti: Le cose che escono dalla bocca procedono dal cuore 10Come se volesse dire: Quando senti dalla bocca, intendi dal cuore. Dico tutt'e due le cose, ma con la seconda spiego la prima. L'uomo interiore ha una bocca interiore, e delle sue parole ha percezione l'orecchio interiore. Le cose che escono da questa bocca provengono dal cuore e rendono impuro l'uomo. In ultimo, lasciando da parte la parola "bocca", che si sarebbe potuta intendere anche della bocca che sta nel corpo, il Signore mostrò con ogni chiarezza ciò che voleva dire. Dal cuore - diceva - escono i pensieri cattivi, gli omicidi, gli adultèri, le disonestà, i furti, le false testimonianze, le bestemmie; e queste sono le cose che macchiano l'uomo 11Di questi mali, che si possono compiere anche con le membra del corpo, nessuno ce n'è che non sia preceduto dal pensiero cattivo; ed è questo pensiero che macchia l'uomo, anche se sopravvengono ostacoli ad impedire che si eseguano con le membra le opere esterne, delittuose o criminali. Ecco uno che non è riuscito ad uccidere una persona perché la cosa gli si è resa impossibile. La sua mano non ha commesso il delitto, ma può forse dirsi che ne sia immune il suo cuore? Ancora: uno non ce la fa ad appropriarsi, come avrebbe voluto, della roba altrui. Può forse dirsi che egli nella sua volontà non sia un ladro? Ancora: un libertino si mette in testa un adulterio, però si imbatte in una donna casta che lo respinge. Forse che non è già adultero nel suo cuore? O un altro che cerchi d'incontrare una prostituta: se non riesce a trovarne alcuna per la strada, forse che non si è reso già colpevole nella mente? Come quando uno si sia deciso a rovinare il prossimo con la menzogna. Anche se poi non lo fa per mancanza di tempo o di occasione, forse che non ha detto già con la bocca del cuore una falsa testimonianza? Un altro per un certo senso di riguardo verso la gente si trattiene dal proferire bestemmie. Se costui in cuor suo negasse l'esistenza di Dio 12, lo si potrebbe forse scusare da colpa? E così di tante altre malefatte. Esse non si compiono con gesti del corpo, anzi, vengono ignorate dai sensi esterni; eppure rendono colpevole l'uomo nell'intimo [della coscienza]. Egli viene reso impuro mediante il consenso a peccati di pensiero, quel consenso che noi chiamiamo parola colpevole della bocca interiore. Verso questa parola temeva il salmista che il suo cuore deviasse, e pertanto chiedeva al Signore che gli ponesse un uscio, quello della continenza, attorno alle labbra perché il suo cuore fosse tenuto a bada e non deviasse verso parole maligne. Voleva cioè quella continenza che impedisse al suo pensiero di consentire al male. In tal modo il peccato, secondo il precetto dell'Apostolo, non regna nel nostro corpo mortale, e le nostre membra non vengono offerte al peccato come armi per perpetrare azioni inique 13Ma una tale prescrizione non l'adempiono certo coloro che, sebbene non si lascino andare a colpe esterne per il fatto che non ne hanno la possibilità, tuttavia quando l'occasione si presenta, attraverso l'uso che fanno delle membra, come di armi, mettono bene in mostra chi sia il padrone del loro cuore. Pertanto questi tali, per quanto è in loro, tengono le membra a servizio del peccato, come armi per gesta inique. Essi infatti vogliono il peccato, e, se non lo commettono all'esterno, è solo perché non lo possono.
Continenza interiore e condotta esterna.
2. 5. Non sarà mai possibile che si violi od offenda la continenza in senso stretto, cioè il dominio che per la castità si esercita sugli organi della generazione, finché si conserva nel cuore quella superiore continenza di cui stiamo trattando. Per questo motivo il Signore, detto che dal cuore escono i cattivi pensieri, per mostrare cosa rientri nel concetto di cattivo pensiero, soggiunse: Gli omicidi, gli adultèri ecc. 14Non elencò tutte le colpe, ma, nominatene alcune a mo' d'esempio, lasciò intendere anche le altre. Orbene, fra tutte queste colpe, non ce n'è alcuna che possa eseguirsi con atti [esterni] se prima non sia stata preceduta dal pensiero cattivo, col quale si architetta dentro ciò che poi viene effettuato al di fuori. E questo pensiero, uscendo dalla bocca del cuore, rende impuro l'uomo, anche se nessuna azione cattiva viene compiuta all'esterno, con le membra del corpo, per mancanza di occasione. Si ha dunque da porre l'uscio della continenza sulla bocca del cuore, da cui promanano tutte le cose che macchiano l'uomo: così, nulla di sconveniente potrà uscirne, ché anzi ne seguirà uno stato di purezza di cui la coscienza non potrà non rallegrarsi, per quanto non si sia ancora raggiunta quella perfezione dove la continenza non ha da lottare col vizio. Attualmente però, finché la carne avanza pretese contrarie a quelle dello spirito - così come lo spirito è contro la carne 15 -, è per noi sufficiente non consentire al male che avvertiamo in noi. Che se invece si presta questo consenso, allora esce dalla bocca del cuore ciò che macula l'uomo. Viceversa, se in virtù della continenza questo consenso non viene prestato, in nessun modo potrà nuocere quel male che è la concupiscenza della carne, contro la quale lotta lo spirito con le sue aspirazioni.
La lotta interiore.
3. 6. Condurre una buona battaglia - come si fa adesso, mentre si resiste alla invadenza della morte - è tutt'altra cosa dall'essere senza avversari: cosa che attendiamo per quando sarà stato annientato l'ultimo nemico che è la morte 16. Peraltro la continenza, mentre tiene a freno e modera gli appetiti sregolati, aspira anche al bene immortale a cui tendiamo, e respinge il male col quale lottiamo nella nostra condizione di esseri mortali. Del bene futuro è amante e ad esso è orientata; del male presente è avversaria e [solo] testimone. Ambisce ciò che nobilita, fugge ciò che degrada. Non si affaticherebbe, la continenza, a frenare le voglie della passione, se in noi non vi fossero tendenze per ciò che non conviene né moti della concupiscenza disordinata contrastanti con la nostra buona volontà. Lo grida l'Apostolo: So che in me, cioè nella mia carne, non risiede il bene; difatti, se mi riesce a volere il bene, quanto al praticarlo non ci riesco 17. Attualmente quindi può praticarsi il bene, nel senso di non consentire alle passioni disordinate; la perfezione del bene però si conseguirà soltanto quando la stessa cattiva concupiscenza verrà eliminata. Per cui lo stesso Dottore delle genti grida: Secondo l'uomo interiore mi compiaccio della legge di Dio; ma scorgo nelle mie membra un'altra legge, che lotta contro la legge della mia mente 18.
Legge e grazia.
3. 7. Questa lotta interiore l'avverte soltanto chi combatte per l'acquisto della virtù e la repressione dei vizi. Non c'è infatti mezzo per abbattere il male della concupiscenza all'infuori del bene della continenza. Quanto poi agli altri che non avvertono affatto le esigenze della legge di Dio e non collocano fra i nemici le brame della concupiscenza ma con lagrimevole cecità si pongono al loro servizio, costoro si stimano beati quando possono, non dico domarle, ma piuttosto soddisfarle. Altri, invece, ce ne sono che ad opera della legge hanno conosciuto le voglie della carnalità: è infatti dalla legge che viene la conoscenza del peccato; come è detto ancora: Io non avrei conosciuto la concupiscenza se nella legge non ci fosse la proibizione di desiderare [l'illecito] 19. Costoro le hanno conosciute, ma vengono superati dal loro prolungato assedio, perché vivono sotto la legge, che prescrive di fare il bene senza fornire i mezzi per attuarlo, e non sotto la grazia che mediante l'azione dello Spirito Santo dà facoltà di attuare ciò che la legge prescrive. La legge, quando sopraggiunse, fece sì che in loro traboccasse il numero delle trasgressioni 20La proibizione accrebbe la forza delle passioni e le rese insuperabili; e si giunse così alla prevaricazione, che, se non ci fosse stata la legge, non sarebbe esistita, nonostante l'esistenza del peccato. Difatti, dove non c'è legge, non c'è nemmeno prevaricazione 21In tal modo, la legge, senza l'aiuto della grazia, col suo proibire il peccato divenne una potenza del peccato; per cui l'Apostolo poté dire: La forza del peccato è la legge 22Né ci deve sorprendere che l'infermità umana, mentre presume di adempiere la legge confidando nelle sue sole forze, proprio mediante la legge, che di per sé è buona, abbia accresciuto la forza al male. Misconoscendo infatti la giustizia che Dio accorda al debole e pretendendo di istaurare una sua giustizia personale - di cui egli, infermo, è sprovvisto -, viene a sottrarsi alla giustizia di Dio 23, e, nella sua superbia, rimane riprovato. Se però la legge rende l'uomo prevaricatore, lo fa perché, ferito più gravemente, egli desideri il medico, e in tal modo, come un pedagogo, conduce l'uomo alla grazia 24. In contrasto con quell'attrattiva perniciosa per la quale riportava le sue vittorie la concupiscenza, il Signore accorda allora una dolcezza salutare che fa prevalere le attrattive della continenza. In tal modo la nostra terra produce i suoi frutti 25: quei frutti di cui si ciba il soldato di Cristo che, con l'aiuto di Dio, debella il peccato.
Reagire alla concupiscenza.
3. 8. Per tali soldati squillò la tromba apostolica, ed essi, al suono di queste parole, furono infervorati a battaglia. Che il peccato - diceva - non abbia a regnare nel vostro corpo mortale in modo che obbediate ai suoi desideri. Non offrite le vostre membra, come armi d'ingiustizia, al peccato; ma offrite voi stessi a Dio, come viventi, da morti che eravate. E le vostre membra offritele a Dio come armi di giustizia. Il peccato allora non vi dominerà; poiché voi non siete più sotto la legge ma sotto la grazia 26. E altrove: Fratelli, noi siamo debitori, ma non verso la carne, sì da dover vivere secondo la carne. Difatti, se vivrete secondo la carne, morrete; mentre se, in forza dello Spirito, farete morire le opere della carne, vivrete. Tutti coloro infatti che sono guidati dallo Spirito di Dio sono figli di Dio 27. Attualmente dunque, cioè mentre rinati alla grazia abbiamo a durare nella nostra vita mortale, il nostro compito consiste nell'impedire che il peccato, cioè la concupiscenza peccaminosa (qui appunto chiamata peccato), domini da tiranno nel nostro corpo mortale. La quale tirannia è in noi manifesta quando ci si assoggetta alle sue voglie disordinate. Concludendo: esiste in noi una concupiscenza peccaminosa, a cui non si deve dar modo di regnare; ci sono delle voglie, nate da lei, a cui non si deve dar retta, perché non succeda che, assecondandole, la concupiscenza diventi nostra padrona. Che delle nostre membra non abbia, quindi, a servirsi la concupiscenza, ma le diriga la continenza; e così siano armi di giustizia in mano a Dio e non armi di iniquità al servizio del peccato. In questa maniera il peccato non spadroneggerà in noi. Noi infatti non siamo sotto la legge, che prescrive il bene ma non lo dona, ma siamo in regime di grazia: la quale, facendoci amare ciò che la legge prescrive, può comandarcelo come a dei figli.
Le opere della carne e i frutti dello Spirito.
3. 9. Nelle altre parole ci esorta a vivere non secondo la carne, per non morire, ma piuttosto a mortificare le opere della carne, in modo da ottenere la vita. È una tromba che squilla. Essa addita la guerra che infuria attorno a noi e ci infervora a combattere da forti e a debellare i nostri nemici, perché non succeda che veniamo messi a morte da loro. Quali poi siano questi nemici, lo indica assai chiaramente, ordinandoci ancora di ucciderli. Essi sono le opere della carne. Dice infatti: Mediante lo Spirito uccidete le opere della carne, e conseguirete la vita 28. E se vogliamo sapere quali siano queste opere, ascoltiamo lo stesso Apostolo nella lettera ai Galati: È chiaro quali siano le opere della carne. Sono: la fornicazione, l'impurità, la dissolutezza, l'idolatria, la magia, le inimicizie, le contese, le gelosie, le ire, le discordie, le eresie, le invidie, le ubriachezze, le gozzoviglie, ed altre cose simili. Riguardo a tali cose vi avverto, come già vi ho avvertiti, che chi si dedica a tali opere non possederà il regno di Dio 29Ciò dicendo, mostra ancora come lì sia la guerra, e con tromba celeste e spirituale incita i soldati di Cristo a dare la morte a questi nemici. Poco prima aveva detto: Io però vi dico così: Vivete secondo lo Spirito e non vogliate soddisfare i desideri della carne. La carne infatti ha desideri opposti a quelli dello Spirito, come anche lo Spirito ha desideri contrari a quelli della carne. Essi sono in contrasto tra loro; sicché voi non potete fare ciò che vorreste. Se però siete guidati dallo Spirito, non siete sotto la legge 30Vuole pertanto che quanti sono rinati alla grazia sostengano questo conflitto contro le opere della carne; e per indicare quali siano queste opere della carne, aggiunge la serie sopra riferita: Le opere della carne - è facile scoprirle - sono la fornicazione 31 e tutto il resto, tanto le altre che elenca subito appresso quanto quelle che lascia sottintendere, specialmente nelle parole: e altre cose simili. Volendo poi presentare in detta battaglia un'altra armata, di ordine, per così dire, spirituale, in lotta contro quella specie di esercito carnale, soggiungeva: Frutto dello Spirito sono la carità, la gioia, la pace, la pazienza, la benignità, la bontà, la fedeltà, la dolcezza, la continenza. Contro virtù di questo genere non c'è legge [che tenga] 32. Non dice "contro queste", perché non si pensasse che siano esse sole (per quanto anche se avesse detto così, avremmo potuto intendere tutti i valori che rientrano in tali categorie); ma dice: Contro virtù di questo genere, cioè contro queste e contro tutte le altre simili a queste. Nella serie dei beni che ha ricordato, la continenza - di cui ci occupiamo nel presente trattato e di cui già abbiamo detto parecchie cose - viene posta per ultima. È perché vuole che essa resti, fra tutte, la più impressa nella nostra mente. Difatti, nella guerra che lo spirito combatte contro la carne, essa è d'importanza capitale, poiché è essa che, in certo qual modo, affigge alla croce le concupiscenze carnali. Soggiungeva infatti l'Apostolo, dopo le precedenti affermazioni: Quelli che appartengono a Gesù Cristo crocifiggono la loro carne con le sue passioni e concupiscenze 33Ecco l'azione della continenza: mortificare le opere della carne. Le quali opere carnali, viceversa, sono esse a infliggere la morte a quanti, credendosi dispensati dalla continenza, si lasciano indurre dalla concupiscenza a consentire e a tradurre in atto le opere del male.

https://www.augustinus.it/italiano/continenza/index2.htm

AMDG et DVM