La decapitazione di questo soldato romano avvenne in una regione della Mesia, l’odierna Bulgaria, territorio di confine dov’erano concentrate alcune legioni. È morto verso il 303 sotto l’imperatore Diocleziano.
1. Al tempo della persecuzione, quando i fedeli aspettavano di ricevere le ricompense eterne, promesse ai vincitori dei gloriosi combattimenti per la fede, Giulio fu arrestato da agenti del tribunale e portato davanti al preside Massimo.
Questi chiese: “Chi è costui?”
Gli risposero: “È un cristiano e come tale non vuole ubbidire ai decreti”.
Il giudice chiese: “Come ti chiami?”
“Giulio”.
Il giudice: “Che ne dici, Giulio? È vero quello che si racconta di te?”
Giulio: “È vero. Sono cristiano e non nego di essere quello che sono”.
Massimo: “Forse non conosci i decreti imperiali che ordinano di sacrificare agli dèi?”
Giulio: “Li conosco, ma sono cristiano e non posso ubbidirti. Non debbo infatti venir meno ai doveri verso il mio Dio vivo e vero”.
2. Massimo: “Ma che c’è di male ad offrire un po’ d’incenso e poi ad andarsene?”
Giulio: “Non posso disprezzare i comandamenti divini e comportarmi da infedele verso il mio Dio. Per tutto il tempo che servii nella inutile milizia terrena, per ventisette anni, non fui mai trascinato davanti al giudice per qualche colpa o lite. Partecipai a sette campagne senza mai restare indietro a nessuno, senza mai combattere meno valorosamente degli altri, senza che nessun comandante potesse mai accusarmi di qualche mancanza. Ed ora tu credi che io, fedele come sono stato ai miei doveri precedenti, voglia comportarmi da uomo infedele nelle cose che mi stanno più a cuore?”.
Massimo: “In che corpo hai militato?”.
Giulio: “Nei reparti da combattimento, dai quali a tempo debito uscii perché veterano. Adorai sempre con molta devozione quel Dio che creò il cielo e la terra. Quel Dio che ancor oggi continuo a servire fedelmente”.
Massimo: “Giulio, mi sembra che tu sia un uomo onesto e saggio. Lasciati convincere da me e sacrifica agli dèi: ne riceverai un’ottima ricompensa”.
Giulio: “Non posso accontentarti perché incorrerei nella pena eterna”.
Massimo: “Mi accollo io la tua colpa, se pensi che sia così grave. Sono io che ti faccio violenza perché non sembri che tu acconsenta spontaneamente. Poi te ne puoi andare sicuro a casa tua dove riceverai il premio dei decennali; dopo di che nessuno verrà più a molestarti”.
Giulio: “Né il denaro né i tuoi tentativi di persuasione possono indurmi a rinunciare alla luce eterna. Non posso rinnegare Dio. Pronuncia pure la sentenza di morte contro di me come contro un cristiano”.
3. Massimo: “Se non ti assoggetterai ai decreti imperiali e non sacrificherai agli dèi, ti farò decapitare”.
Giulio: “La tua decisione è giusta. Ti supplico, irreprensibile giudice, per l’onore che devi ai tuoi sovrani, manda ad effetto la tua decisione e pronuncia la sentenza di morte contro di me; in tal modo saranno esauditi i miei desideri”.
Massimo: “Se non ti penti e non sacrificherai agli dèi, sarai ben presto accontentato”.
Giulio: “Se mi sarà concesso di soffrire così, conquisterò la gloria eterna”.
Massimo: “Convinciti che, se soffrirai per le leggi della patria, avrai lode imperitura”.
Giulio: “Certo che voglio soffrire per le leggi, ma per quelle di Dio”.
Massimo: “Quelle leggi che vi trasmise un morto in croce? Ma pensa come sei sciocco a temere di più un morto che i re viventi”.
Giulio: “Ma egli è morto per riscattare i nostri peccati, per donarci la vita eterna. Cristo, che è Dio, vivrà nei secoli: chi crede in lui avrà la vita eterna, chi lo nega, avrà il castigo eterno”.
Massimo: “Mi fai così pena che ancora una volta ti consiglio di sacrificare perché tu possa continuare a vivere insieme a noi”.
Giulio: “Se vivrò insieme a voi, avrò per me la morte eterna; se morirò per il mio Dio, vivrò in eterno”.
Massimo: “Dammi retta, sacrifica, così non dovrò ucciderti come ti ho già detto”.
Giulio: “Ho scelto di morire nel tempo per vivere in eterno con i santi”.
Il preside Massimo allora pronunciò la sentenza di morte con queste parole:
“Non volendo Giulio sottostare ai decreti imperiali, viene condannato alla pena capitale”.
4. Una volta giunto sul luogo dell’esecuzione, tutti si avvicinarono a baciarlo; il beato Giulio disse loro:
“Ognuno di voi pensi al significato di questo bacio”.
Un certo Isichio, un soldato anch’egli cristiano e anch’egli arrestato, diceva al santo martire:
“In nome del cielo, Giulio, completa in letizia la tua offerta e accetta la corona che Dio promise a quelli che avrebbero dato pubblica testimonianza della loro fede. Ricordati di me perché anch’io ti seguirò. Inoltre, ti prego, saluta il nostro fratello Valenzione, servo di Dio, che ci ha preceduti presso il Signore con la sua coraggiosa testimonianza”.
Giulio baciò Isichio e gli disse:
“Vieni presto, fratello; colui che mi mandasti a salutare ascolterà le tue parole”.
Preso poi il fazzoletto, se lo legò davanti agli occhi e tese il collo al carnefice dicendo:
“O Signore Gesù Cristo, nel cui nome sopporto questa pena, ti scongiuro di accogliere il mio spirito fra quelli dei tuoi santi martiri”.
Poi il ministro del diavolo lo colpì con la spada, troncando la vita del beatissimo martire, per Gesù Cristo, Signore nostro, a cui va onore e gloria nei secoli. Amen.
Questi chiese: “Chi è costui?”
Gli risposero: “È un cristiano e come tale non vuole ubbidire ai decreti”.
Il giudice chiese: “Come ti chiami?”
“Giulio”.
Il giudice: “Che ne dici, Giulio? È vero quello che si racconta di te?”
Giulio: “È vero. Sono cristiano e non nego di essere quello che sono”.
Massimo: “Forse non conosci i decreti imperiali che ordinano di sacrificare agli dèi?”
Giulio: “Li conosco, ma sono cristiano e non posso ubbidirti. Non debbo infatti venir meno ai doveri verso il mio Dio vivo e vero”.
2. Massimo: “Ma che c’è di male ad offrire un po’ d’incenso e poi ad andarsene?”
Giulio: “Non posso disprezzare i comandamenti divini e comportarmi da infedele verso il mio Dio. Per tutto il tempo che servii nella inutile milizia terrena, per ventisette anni, non fui mai trascinato davanti al giudice per qualche colpa o lite. Partecipai a sette campagne senza mai restare indietro a nessuno, senza mai combattere meno valorosamente degli altri, senza che nessun comandante potesse mai accusarmi di qualche mancanza. Ed ora tu credi che io, fedele come sono stato ai miei doveri precedenti, voglia comportarmi da uomo infedele nelle cose che mi stanno più a cuore?”.
Massimo: “In che corpo hai militato?”.
Giulio: “Nei reparti da combattimento, dai quali a tempo debito uscii perché veterano. Adorai sempre con molta devozione quel Dio che creò il cielo e la terra. Quel Dio che ancor oggi continuo a servire fedelmente”.
Massimo: “Giulio, mi sembra che tu sia un uomo onesto e saggio. Lasciati convincere da me e sacrifica agli dèi: ne riceverai un’ottima ricompensa”.
Giulio: “Non posso accontentarti perché incorrerei nella pena eterna”.
Massimo: “Mi accollo io la tua colpa, se pensi che sia così grave. Sono io che ti faccio violenza perché non sembri che tu acconsenta spontaneamente. Poi te ne puoi andare sicuro a casa tua dove riceverai il premio dei decennali; dopo di che nessuno verrà più a molestarti”.
Giulio: “Né il denaro né i tuoi tentativi di persuasione possono indurmi a rinunciare alla luce eterna. Non posso rinnegare Dio. Pronuncia pure la sentenza di morte contro di me come contro un cristiano”.
3. Massimo: “Se non ti assoggetterai ai decreti imperiali e non sacrificherai agli dèi, ti farò decapitare”.
Giulio: “La tua decisione è giusta. Ti supplico, irreprensibile giudice, per l’onore che devi ai tuoi sovrani, manda ad effetto la tua decisione e pronuncia la sentenza di morte contro di me; in tal modo saranno esauditi i miei desideri”.
Massimo: “Se non ti penti e non sacrificherai agli dèi, sarai ben presto accontentato”.
Giulio: “Se mi sarà concesso di soffrire così, conquisterò la gloria eterna”.
Massimo: “Convinciti che, se soffrirai per le leggi della patria, avrai lode imperitura”.
Giulio: “Certo che voglio soffrire per le leggi, ma per quelle di Dio”.
Massimo: “Quelle leggi che vi trasmise un morto in croce? Ma pensa come sei sciocco a temere di più un morto che i re viventi”.
Giulio: “Ma egli è morto per riscattare i nostri peccati, per donarci la vita eterna. Cristo, che è Dio, vivrà nei secoli: chi crede in lui avrà la vita eterna, chi lo nega, avrà il castigo eterno”.
Massimo: “Mi fai così pena che ancora una volta ti consiglio di sacrificare perché tu possa continuare a vivere insieme a noi”.
Giulio: “Se vivrò insieme a voi, avrò per me la morte eterna; se morirò per il mio Dio, vivrò in eterno”.
Massimo: “Dammi retta, sacrifica, così non dovrò ucciderti come ti ho già detto”.
Giulio: “Ho scelto di morire nel tempo per vivere in eterno con i santi”.
Il preside Massimo allora pronunciò la sentenza di morte con queste parole:
“Non volendo Giulio sottostare ai decreti imperiali, viene condannato alla pena capitale”.
4. Una volta giunto sul luogo dell’esecuzione, tutti si avvicinarono a baciarlo; il beato Giulio disse loro:
“Ognuno di voi pensi al significato di questo bacio”.
Un certo Isichio, un soldato anch’egli cristiano e anch’egli arrestato, diceva al santo martire:
“In nome del cielo, Giulio, completa in letizia la tua offerta e accetta la corona che Dio promise a quelli che avrebbero dato pubblica testimonianza della loro fede. Ricordati di me perché anch’io ti seguirò. Inoltre, ti prego, saluta il nostro fratello Valenzione, servo di Dio, che ci ha preceduti presso il Signore con la sua coraggiosa testimonianza”.
Giulio baciò Isichio e gli disse:
“Vieni presto, fratello; colui che mi mandasti a salutare ascolterà le tue parole”.
Preso poi il fazzoletto, se lo legò davanti agli occhi e tese il collo al carnefice dicendo:
“O Signore Gesù Cristo, nel cui nome sopporto questa pena, ti scongiuro di accogliere il mio spirito fra quelli dei tuoi santi martiri”.
Poi il ministro del diavolo lo colpì con la spada, troncando la vita del beatissimo martire, per Gesù Cristo, Signore nostro, a cui va onore e gloria nei secoli. Amen.
da: COSTANTE BERSELLI, Violenza di Stato nell’era dei Martiri, Roma 1982.
Ave Maria Purissima!
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