- Faciamus quod ait propheta: Dixi: Custodiam vias meas, ut non delinquam in lingua mea. Posui ori meo custodiam. Obmutui et humiliatus sum et silui a bonis.
- Hic ostendit propheta, si a bonis eloquiis interdum propter taciturnitatem debet taceri, quanto magis a malis verbis propter poenam peccati debet cessari.
- Ergo, quamvis de bonis et sanctis et aedificationum eloquiis, perfectis discipulis propter taciturnitatis gravitatem rara loquendi concedatur licentia,
- quia scriptum est: In multiloquio non effugies peccatum,
- et alibi: Mors et vita in manibus linguae.
- Nam loqui et docere magistrum condecet, tacere et audire discipulum convenit.
- Et ideo, si qua requirenda sunt a priore, cum omni humilitate et subiectione reverentiae requirantur.
- Scurrilitates vero vel verba otiosa et risum moventia aeterna clausura in omnibus locis damnamus et ad talia eloquia discipulum aperire os non permittimus.
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VI - L'amore del silenzio
- Facciamo come dice il profeta: "Ho detto: Custodirò le mie vie per non peccare con la lingua; ho posto un freno sulla mia bocca, non ho parlato, mi sono umiliato e ho taciuto anche su cose buone".
- Se con queste parole egli dimostra che per amore del silenzio bisogna rinunciare anche ai discorsi buoni, quanto più è necessario troncare quelli sconvenienti in vista della pena riserbata al peccato!
- Dunque l'importanza del silenzio è tale che persino ai discepoli perfetti bisogna concedere raramente il permesso di parlare, sia pure di argomenti buoni, santi ed edificanti, perché sta scritto:
- "Nelle molte parole non eviterai il peccato"
- e altrove: "Morte e vita sono in potere della lingua".
- Se infatti parlare e insegnare é compito del maestro, il dovere del discepolo è di tacere e ascoltare.
- Quindi, se bisogna chiedere qualcosa al superiore, lo si faccia con grande umiltà e rispettosa sottomissione.
- Escludiamo poi sempre e dovunque la trivialità, le frivolezze e le buffonerie e non permettiamo assolutamente che il monaco apra la bocca per discorsi di questo genere.
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