mercoledì 9 marzo 2022

20 - TUTTO E' COMPIUTO. - AVE MARIA PURISSIMA!

 

20.

 

“Tutto è compiuto”

 

“Hanno trapassato le sue mani e i suoi piedi, e squarciato il petto con la lancia e attraverso queste ferite io posso’succhiare miele dalla rupe e olio dai ciottoli della roccia’(Dt 32, 13); cioè gustare e sperimentare quanto. è buono il Signore (cf Sal 33, 9)”.

S. Bernardo abate, Op. om. 2, 150

 

Fatta la preghiera, Gesù uscì dal cenacolo e se ne andò con i discepoli oltre il torrente Cedron, nell’orto o giardino degli ulivi, detto Getsemani (torchio dell’olio).

Giunto in quel luogo disse: “Sedetevi qui, mentre Io vado là a pregare. Voglio con me Pietro, Giovanni e Giacomo. Pregate per non entrare in tentazione”.

E si inoltrò nel giardino con i tre prediletti (cui aveva mostrato un giorno nella Trasfigurazione sul Tabor quella gloria riservata nel Regno di Dio ai suoi discepoli) e cominciò a spaventarsi e a sentire angoscia. Allora dice loro: “L’anima mia è triste fino alla morte. Restate qui e vegliate con Me” (Sal 42, 6,12).

Poi si allontanò da loro quanto un tiro di sasso e, caduto sulla sua faccia, pregava dicendo: “Padre mio, se è possibile passi da me questo calice. Tuttavia non la mia volontà, ma la tua sia fatta!”.

E viene dai discepoli e li trova addormentati, e dice a Pietro: “Simone, dormi? Non hai potuto vegliare un’ora sola? Vegliate e pregate, per non entrare in tentazione; lo spirito è pronto, ma la carne è debole”.

Di nuovo, per la seconda volta, tornò a pregare dicendo la stessa 

parola. E venuto di nuovo dai tre, li trovò addormentati, perché i loro 

occhi erano aggravati e non sapevano cosa risponderGli.


E, lasciatili, tornò a pregare per la terza volta, dicendo di nuovo la stessa parola. In preda all’angoscia, pregava più intensamente. Il suo sudore divenne come gocce di sangue, che cadevano per terra. Gli apparve allora un angelo dal cielo, che Lo confortò. 
Allora torna dai discepoli che dormono soporosamente; li chiama, li scuote e dice: “Ecco è venuta l’ora. Il Figlio de1l’Uomo è consegnato nelle mani dei peccatori. Alzatevi, andiamo! Ecco, colui che mi tradisce si è avvicinato” (Mt 26, 30ss.; Mc 14, 26ss.; Lc 22, 39ss.). Così gli evangelisti ci descrivono uno dei tre momenti più atroci della vita di Gesù. È conosciuto come il momento del1’Agonia (lotta).



Gesù, l’INNOCENZA, avendo preso su di sé tutto il peccato del mondo, tutte le sozzure dei secoli, ora è schiacciato dal dolore del paterno abbandono. E geme e suda di ribrezzo. L’avvilimento è tale che suda sangue: tangibile prova della sua tortura spirituale e del suo amore pazzo per l’uomo, che vuol redimere e chiamare Fratello, e Figlio.

“Proprio per questo nei giorni della sua vita terrena, Egli offrì preghiere e suppliche con forti grida e lacrime .. e fu esaudito per la sua pietà. Pur essendo Figlio, imparò tuttavia l’obbedienza dalle cose che patì e, reso perfetto, divenne causa di salvezza eterna per tutti coloro che Gli obbediscono, essendo stato proclamato da Dio sommo sacerdote alla maniera di Melchisedek” (Eb 5,7-10).

Gesù ama il Padre infinitamente, e ciascuno di noi nel Padre. Ci ama appunto perché così incapaci di amare e così infelici di non saper amare. Ci ama pensando che ognuno di noi è opera di Dio: e quindi degna di essere salvata con la morte di un Dio.

“Abbà, Padre! Tutto è possibile a Te; allontana questo calice da me! Ma non quello che voglio Io, ma quello che vuoi Tu” (Mc 14, 36).

Sta qui il segreto della fecondità apostolica di Gesù Nazareno: l’intima unione col Padre Celeste. Unione che si attua in modo esplicito nella preghiera totale, che non è borbottio di parole o semplice atto di intelligenza, bensì donazione della volontà al Signore, adesione completa della creatura al Creatore. “Non chi dice: Signore, Signore! entrerà nel Regno dei cieli, ma chi fa la volontà del Padre mio che è nei cieli, questi entrerà nel Regno” (Mt 7,21).

Nel cuore della notte o prima dell’aurora Gesù usava alzarsi e render lode al Padre Celeste. A tutti insegnò la necessità di pregare sempre, senza stancarsi. E ora ce ne l’esempio anche nella sua più grande sofferenza.

<< Signore Gesù, aiutaci a pregare! >>

Il gran pittore domenicano, il Beato Angelico da Fiesole, nella scena dell’Agonia dell’Orto degli Ulivi ha rappresentato di scorcio, tra i secolari ulivi, anche la figura della Madre Santissima che, con altre donne, veglia e prega. Invenzione? No certamente, ma felice intuizione.



Quella notte come fu notte di agonia per il Figlio, lo fu anche per la Madre Divina che, insieme al Padre, “non risparmiava il proprio Figlio, ma Lo dava per tutti noi” (cf Rm 8, 32). È' proprio qui la sorgente della nostra fiducia illimitata nella beatissimaVergine e Madre: se ci ha dato Gesù, come non ci donerà ogni cosa insieme con Lui? (cf Rm 8, 32). 


Ed eccoci giunti - come scrive il Roschini nella Vita di Maria - al giorno più doloroso della vita di Maria Santissima, giorno che è il centro dei secoli, centro della massima gioia e del massimo dolore: gioia per l’umanità che è salvata e dolore per Quelli che dovevano salvarla, per il Redentore e per la Corredentrice.

“Ed ecco, mentre ancora Gesù parlava, arriva Giuda con un drappello della coorte romana e con lui una gran folla con spade e bastoni, mandata dai gran sacerdoti e anziani del popolo. Le armi dei soldati e delle guardie brillano alla luce delle lanterne e delle fiaccole.

Gesù allora si fece innanzi, e Giuda che aveva dato agli sbirri un segnale dicendo: ‘Quello che bacerò, è Lui; prendeteLo’ avvicinatosi a Lui disse: ‘Salve, Rabbì !’ e Lo baciò sulla guancia.

Ma Gesù gli disse: ‘Amico, per questo sei qui! Con un bacio tradisci il Figlio dell’Uomo?’. Tutti allora cercarono di mettere le mani addosso agli apostoli e a Cristo.

‘Chi cercate?’ dice loro. E tutti si fermano. Gli risposero: ‘Gesù, il Nazareno’. Dice loro: ‘Sono Io!’. Come dunque disse loro: ‘Sono Io!’, andarono indietro e caddero a terra. Di nuovo domandò loro: ‘Chi cercate?’ E dissero: ‘Gesti, il Nazareno!’ Rispose Gesù: ‘Ve l’ho detto che sono Io. Se dunque cercate me, lasciate che costoro se ne vadano”’ (cf Mt 26; Mc 14; Lc 22; Gv 18).


Gli Apostoli, vedendo quanto stava per accadere, esclamarono: “Signore, dobbiamo colpire con la spada?”. Ma già l’indomito e impulsivo Pietro, avendo una spada comprata forse dietro interpretazione troppo materiale delle parole del Maestro: “Ora ... venda il suo mantello e si compri una spada chi non ce l’ha” (Lc 22, 36) la sfoderò e percosse il servo del sommo sacerdote, troncandogli l’orecchio destro; quel servo aveva nome Malco.


Gesù però disse a Pietro: “Metti la spada nel fodero! Tutti quelli che prendono la spada, di spada periranno. Oppure credi che non possa pregare il Padre mio, e mi fornirebbe adesso più di dodici legioni di angeli? E il calice che il Padre mi ha dato, forse che non lo berrò?” E, toccato l’orecchio del servo, lo sanò.


E disse alla gente: “Come contro un ladrone, siete usciti con spade e bastoni ad arrestarmi. Ogni giorno ero tra voi nel tempio a insegnare, e non avete steso le mani contro di me! Ma questo è avvenuto perché si adempissero le Scritture. È l’ora vostra e del potere delle tenebre”.


Allora la coorte, il tribuno e le guardie dei Giudei arrestarono Gesù e Lo legarono, mentre gli Apostoli, tutti, non avendo capito nulla per “quelle” tenebre, e pensando Gesù pazzo, lasciandoLo, fuggirono.

Quel bacio insincero dell’Apostolo dette inizio alla Passione del Maestro. Gesù si richiama sempre alla Volontà del Padre. Quella sola vuole fare! 

E nell’abbraccio di questa uniformità divina, accanto a Lui c’è Maria.

Infatti “il Padre voleva che Lei - chiamata alla più totale cooperazione al mistero della redenzione -, fosse integralmente associata al sacrificio e condividesse tutti i dolori del Crocifisso, unendo la propria volontà alla sua, nel desiderio di salvare il mondo”.


Gesù dunque, legato come un delinquente, Egli che è 1’Innocenza per eccellenza, fu condotto - per non dire trascinato - oltre il torrente Cedron, fino in Gerusalemme.


In questo primo tragitto notturno, Gesù, già spossato dall’agonia senza parlare, con eroica pazienza, sopportò i primi sputi, i primi spintoni, le prime pietre, i primi pugni e schiaffi, le prime lordure, le prime cadute; e la sua carne cominciò a coprirsi di lividure.


Le tenebre trionfavano. E Gesù soffriva per amore degli stessi aguzzini, nella speranza di salvarli. Il drappello col divino Prigioniero giunse alla casa di Anna, suocero del sommo sacerdote in carica Caifa che aveva dato quel consiglio ai Giudei: “È meglio che muoia un solo uomo per il popolo”.


Quella, fu notte di demoni, notte crudele di tradimenti e rinnegamenti: prima il tradimento orrendo di Giuda, e poi il triplice rinnegamento di Pietro, che poco prima aveva detto con forza al Maestro: “Darò la mia vita per Te!” ricevendone questa risposta: “Darai la tua vita per Me? In verità, in verità ti dico: non canterà il gallo, prima che tu non Mi abbia rinnegato tre volte” (Gv 13, 37-38). La parola di Gesù si avverò puntualmente. Simon Pietro, che da lontano aveva seguito Gesù, con l’aiuto di Giovanni era entrato anch’egli fin dentro il cortile del sommo sacerdote, e se ne stava a sedere presso il fuoco con le guardie, per vedere la fine delle cose. Alla domanda precisa della serva portinaia e degli altri servi del sommo sacerdote, che gli chiesero per tre volte: “Non sei anche tu dei discepoli di quest’Uomo? Non ti ho visto anch’io nell’orto con Lui? In verità anche tu sei uno di loro; infatti la tua stessa parlata ti fa palese; sei Galileo!”, Pietro ebbe paura e cercò salvezza nella menzogna.


Dinanzi a tutti, negò e cominciò anche a imprecare e a giurare: “Non conosco l’Uomo”. E sull’istante, mentre egli ancora parlava, un gallo cantò. Voltandosi, il suo sguardo si incrociò con quello del Signore che passava e guardava proprio a lui -“guardò fisso Pietro” (Lc 22, 61) - , e Pietro si ricordò della parola di Gesù. Uscito fuori, pianse dirottamente ed amaramente. Non era un vile, Pietro. Egli amava davvero Gesù, e già ne1l’orto rischiò la vita per lui. Se cadde e si smarrì, non fu per malizia, ma per l’estrema debolezza della sua umanità che appesantiva il suo spirito; in fondo fu mancanza di coraggio e“soprattutto mancanza di fede in Gesù, sempre Maestro e Signore, anche se in quell’ora pareva un delinquente comune. Difatti bastò il canto del gallo, bastò uno sguardo di Gesù perché l’Apostolo piangesse d’un pianto sincero, segno d’amore e contrizione: perciò fu perdonato subito da Gesù.

Pietro sperimentò al vivo la verità: “Senza di Me non potete far nulla!” (Gv 15;5), e per tutta la vita, non poté mai dimenticare il dolore arrecato all’amato Maestro. E pianse tanto quel rinnegamento che le lacrime gli scavarono sulle gote profondi solchi, e lo convinsero ad essere umile, diffidente di sé stesso e profondamente comprensivo con i fratelli.


Ma torniamo a Gesù che, nella casa di Anna, è interrogato riguardo ai discepoli e alla dottrina che ha predicato.

“Gesù gli rispose: “Io ho parlato al mondo apertamente. Io ho sempre insegnato in sinagoga e nel tempio . . . , e non ho detto niente di nascosto. Perché interroghi Me? Interroga quelli che hanno ascoltato ciò che ho detto loro. Ecco, essi sanno quello che Io ho detto” (Gv 18, 19-21). È a questo punto e per questa risposta che una delle guardie diede uno schiaffo a Gesù dicendo: “Così rispondi al sommo sacerdote?” Gesù gli rispose: “Se ho parlato male, prova che è male; se bene, perché Mi percuoti?”.


Lo schiaffo è l’oltraggio più grave che si possa fare ad un uomo, essendo il volto la cosa più nobile, il riverbero della ricchezza interiore.

Per la salvezza del suo gregge, il buon Pastore accolse anche quest’umiliazione: “Non ho sottratto la mia faccia agli insulti. . .” (Is 50, 6).

Gli uomini che Lo custodivano Lo schernivano sputandoGli addosso, velandoGli la faccia, percuotendoLo con pugni e prendendoLo a schiaffi e dicendoGli: “Fa il profeta: chi è che ti ha percosso?” E molte altre cose dicevano contro di Lui, bestemmiando.

Questa scena, questo mistero di Gesù con gli occhi bendati, circondato dai Giudei col pugno teso, tra lazzi e beffe, di notte, nell’abbandono dei suoi discepoli, si ripete ancora oggi, in Gesù medesimo, Capo mistico della Chiesa, e nel papa. 

Oggi, più che mai, i colpi dei figli ribelli sono diretti alla testa, e così si colpisce nella parte più nobile colui che è stato creato a immagine e somiglianza di Dio. Dio bendato e ammanettato: vero simbolo dell’ora presente. “Toglietemi questa benda, o figli! Le bende sono gli scismi che impediscono di veder chiaro nella luce della Chiesa, le bende sono le eresie che velano la Verità e la presentano mutilata!”

Onorando Gesù in questo mistero, tanta luce si sprigionerà sulla nostra vita dai suoi occhi bendati ...



Soddisfatta la sua morbosità e curiosità, Anna in piena notte mandò Gesù, legato, al sommo sacerdote Càifa.

Quindi altro tragitto e altra attesa, contornati da tutto quanto la malvagità dell’uomo poteva inventare . . .

Sul far del giorno si riunì il consiglio degli anziani del popolo, i sommi sacerdoti e gli scribi. Allora Gesù fu condotto davanti al Sinedrio. Cercavano una testimonianza contro di Lui per metterLo a morte, ma non la trovavano.

Molti attestavano il falso contro di Lui e così le loro testimonianze non  erano concordi. Se ne presentarono due, che dissero: “Noi l’abbiamo sentito dire: “Io distruggerò questo santuario, fatto da mano d’uomo, e in tre giorni ne edificherò un altro, non fatto da mano d’uomo”. Ma nemmeno su questo punto la loro testimonianza era concorde.

Allora, il sommo sacerdote, levatosi in mezzo all’assemblea, interrogò Gesù dicendo: “Non rispondi nulla? Che cosa testimoniano costoro contro di Te?”.

Ma Egli taceva e non rispose nulla. Di nuovo il sommo sacerdote L’interrogò e Gli dice: “Sei Tu il Cristo, Il Figlio di Dio?”.

Gesù rispose: “IO LO SONO! e vedrete il Figlio de1l’Uomo sedere alla destra della Potenza di Dio e venire sulle nubi del cielo (Sal 110,1; Dn 7, 13)”.

Allora Càifa, stracciandosi le vesti, disse: “Ha bestemmiato! Che bisogno abbiamo ancora di testimoni? Ecco, ora avete udito la bestemmia! Che ve ne pare?”

Tutti sentenziarono: “È reo di morte!”.

L’assemblea si levò; misero in catene Gesù e, dalla casa del sommo sacerdote, di mattina presto, Lo condussero via per consegnarLo al governatore romano, Ponzio Pilato.


Ecco la descrizione dei fatti da parte di Giovanni, Apostolo testimone:

“Era mattina. Gli Ebrei non entrarono nel pretorio per non contaminarsi, e poter mangiare la Pasqua. Pilato uscì verso di loro e avendo già capito chi erano i colpevoli e chi era l’innocente domandò: “Che accuse portate contro questo"?

 

Gli risposero: “Se costui non fosse un malfattore, non te lo avremmo consegnato”.

Pilato disse loro: “PrendeteLo voi e giudicateLo secondo la vostra legge”. Gli risposero i Giudei: “A noi non è consentito mettere a morte nessuno” (Gv 18, 28-31).


Che ipocrisia e astuzia maligna nel loro comportamento! Si guardano dal calpestare il pretorio pagano per non contaminarsi, essi, che sono impuri dalla testa ai piedi, e che in se stessi hanno già giudicato e condannato 1’Innocente, dicendoLo malfattore. ConsegnandoLo a Pilato perché fosse lui a giudicarLo, pensavano di aver risolto il problema legale che impediva loro qualsiasi condanna a morte. Ma agendo così, appariva chiara da una parte —la grettezza o durezza della loro mente, e dall’altra splendeva la verità della divina parola che non c’è più sordo e più cieco di chi non vuole udire e vedere (cf Gv 9,41).

“Ma tutto questo avvenne perché si adempisse la parola che aveva detto Gesù, per indicare di quale morte doveva morire” (Gv 18, 32). Difatti Gesù aveva predetto che sarebbe stato crocifisso, e perciò condannato a morte dai romani, poiché i soli romani avevano il supplizio della croce. I giudei condannavano i bestemmiatori alla lapidazione.

“Pilato rientrò nel pretorio, chiamò Gesù e Gli disse: “Sei tu il re dei Giudei?”. 

E Gesù: “Dici questo da te, oppure altri te l’hanno detto di Me?”.

Pilato rispose: “Sono io forse Giudeo? La tua gente e i gran sacerdoti ti hanno consegnato a me. Che hai fatto?” 

Gesù precisò: “IL MIO REGNO NON È DI QUESTO MONDO! Se il mio regno fosse di questo mondo, le mie guardie avrebbero combattuto per Me, perché non fossi consegnato ai Giudei. Ma il mio regno non è di qui”.

Allora Pilato Gli disse: “Quindi Tu sei Re?”.

Gesù rispose: “Tu lo dici. Io sono Re! Per questo Io sono nato e per questo Io sono venuto al mondo: per rendere testimonianza alla verità. Chiunque è dalla verità, ascolta la mia voce”.

Gli dice Pilato: “Che cosa è la verità?”. E detto questo uscì di nuovo verso i Giudei e disse loro: “Io, non trovo in Lui nessuna colpa”.

Ma essi insistevano: “Costui solleva il popolo, insegnando per tutta la Giudea, dopo aver cominciato dalla Galilea fin qui”


Udito ciò, Pilato domandò se era Galileo, e, saputolo Galileo, Lo mandò da Erode. (Illusoria manovra, nella speranza che si calmassero le acque).


“Vedendo Gesù, Erode si rallegrò molto ..., perché sperava di vedere qualche miracolo fatto da Lui. Lo interrogò con molte domande, ma Gesù non gli rispose nulla. Allora Lo insultò e Lo schernì, poi Lo rivestì di una splendida veste, e Lo rimandò a Pilato. In quel giorno, Erode e Pilato diventarono amici”.


Gesù è di nuovo dinanzi a Pilato, il quale — dinanzi a tutto il popolo — dichiara l’innocenza di Gesù: “Egli non ha fatto nulla che meriti la morte! Ora, c’è tra voi l’usanza che io vi rilasci uno per la Pasqua; volete dunque che io vi liberi il re dei Giudei?”.

Ma quelli, tutti insieme gridarono: “No, non Lui! Vogliamo Barabba!” (questi era un bandito).

Il confronto era oggettivamente sconcertante, e lasciava istintivamente perplessi. Ma la folla, subito sobillata dai principi dei sacerdoti e dagli anziani, ricominciò ad urlare: “No, non Lui, ma Barabba!”

*Mistero dei nomi! Gesù è il vero Figlio del Padre (Abbà). Eppure l’uomo sceglie un altro figlio del padre (Bar-abbà).*


Udendo il grido omicida della folla, Pilato rivelò tutta la sua viltà: pur non trovando nel Nazareno alcuna colpa, rimase ancora indeciso sul da fare e sul come liberare quel1’Agnel1o dai lupi.

Vigliaccamente ripiegò sulla flagellazione.

Pensava di dare così una soddisfazione agli Ebrei e placarli, e altresì una giusta lezione — quanto mai ingiusta — a chi era non un maligno o un sobillatore, ma uno ritenuto imprudente. Il ripiego non servì ad altro che a fargli commettere un’ingiustizia in più, e a rendere più bramosa di sangue quella folla urlante.

“Allora, Pilato fece prendere Gesù e Lo fece flagellare” (Gv 19,1).


La flagellazione! È una “mezza morte”, e a volte una morte completa, tanto è spietata e illimitata.

Era compiuta in pubblico. I soldati facevano denudare il condannato e lo legavano, per i polsi, ad un sostegno elevato, in modo da poggiare al suolo appena con la punta dei piedi, e offrire al boia sia il dorso che il petto.

Così fecero con Gesù.


E cominciò il supplizio tremendo del “flagellum”: ossia una robusta frusta composta di molte funicelle di cuoio, aventi alle estremità piccoli ossi quadrati, e il tutto appesantito da palline di piombo; e giù, colpi sopra colpi, spietatamente, sul pallido corpo di Gesù.

Alle lividure del collo, della schiena, dei fianchi, delle braccia e delle gambe, succedono ben presto le piaghe sanguinolenti. Il flagellato diventava tutta una piaga, ed era irriconoscibile.


Tutti ravvedono nella flagellazione romana - insieme all’agonia nel Getsemani e alla crocifissione - i momenti più terribili della Passione di Gesù.

I flagellatori furono almeno due. Quanti i colpi? [Nelle Rivelazioni 

di santa Brigida si fa il numero 5475, altri dicono 5480 ].


Sulla Sindone se ne contano un centinaio: oltre quaranta sferzate di una frusta che portava due cappi. Perciò il sangue sgorgava sempre più abbondante. Erano solchi di sangue che si intrecciavano e colavano sul lastricato.

Quando Lo slegarono certamente Gesù cadde svenuto. 

I soldati non si fermarono nella loro crudeltà. “Intrecciata una corona di spine, Gliela conficcarono sul capo, e Lo vestirono con un manto purpureo; quindi Gli venivano avanti e Gli dicevano: “Salve, re dei Giudei!”, e Gli davano schiaffi”.

Sappiamo bene quanto sanguini una ferita alla testa. E Gesù ne ebbe decine di ferite dalla fronte alla nuca, da una tempia all’altra. La densità dell’emorragia è testimoniata dalla stessa Sindone di cui dicevamo sopra.



“Dalla pianta dei piedi alla testa, non c’è in esso una parte illesa, ma ferite e lividure e piaghe aperte, che non sono state ripulite, né fasciate, né curate con olio” (Is 1, 6), eppure “è da quei lividi che noi fummo guariti” (1 Pt 2, 24).

Pilato uscì di nuovo e dice: “Ecco, ve Lo conduco fuori, perché sappiate che non trovo in Lui nessun motivo di condanna”. Allora Gesù uscì, portando la corona di spine e il manto di porpora. Pilato dice loro: “Ecce homo! ECCO L’UOMO!”

Voleva commuoverli, Pilato. Ma non avevano più cuore per amare, né mente per ricordare tutti i benefici di quell’Uomo, nelle cui mani è la loro vita (Cf Dn 5, 23).

E Gesù, nel suo silenzio divino, li guarda con dolore e amore sviscerato. Appena Lo videro, i sommi sacerdoti e le guardie gridarono e fecero gridare:

“CrocifiggiLo! CrocifiggiLo!”.

Disse loro Pilato: “PrendeteLo voi e crocifiggeteLo! Io non trovo in Lui

nessuna colpa”.                                                                                                        


Gli risposero i Giudei: “ Noi abbiamo una legge, e secondo questa legge deve morire, poiché si è fatto Figlio di Dio”.

Ponzio Pilato, al sentire queste parole, si impaurì più che mai. In quel mentre ricevé anche un messaggio, da parte della moglie, in cui ella gli intimava: “Non immischiarti negli affari di quel giusto, perché io oggi in sogno sono stata stranamente tormentata a suo riguardo”.

Era un’ispirazione del cielo, si può dire, che voleva concorrere a chiarire le idee di Pilato, ma inutilmente.

Rientrato di nuovo nel pretorio, il governatore chiese a Gesù: “Di dove sei?”. Ma Gesù non gli dette risposta. Gli disse dunque Pilato: “Non mi parli? Non sai che io ho il potere di metterti in libertà e il potere di metterti in croce?”.

Gesù rispose: “Tu non avresti nessun potere su di Me, se non ti fosse stato dato dall’alto. Per questo chi Mi ha consegnato a te ha un peccato più grande”.

Furono queste le ultime parole di Gesù, prima di essere condannato. Sono parole di totale obbedienza all’autorità, anche se palesemente ingiusta nelle sue decisioni. Aveva insegnato: “Fate e osservate tutto quello che vi dicono, ma non fate secondo le loro opere ...” (Mt 23,3).

“Da quel momento Pilato cercava di liberarLo. Ma i giudei gridarono: “Se liberi costui, non sei amico di Cesare. Chiunque infatti si fa re si mette contro Cesare”.

Per le astute e false parole, gridate dagli anziani e capi del popolo d’Israele, Pilato si intimorisce ancor più. Pensa a tutte le complicazioni che possono sorgere da un gesto di vera bontà. La paura, poi, di perdere il posto di governatore della Giudea gioca un ruolo determinante. Pur sapendo che per quelle belve ci voleva il pugno di Roma, egli non l’usò e, nella sua debolezza, soffocò la voce interiore e calpestò ogni giustizia.

Era il venerdì 7 d'aprile che precedeva la solennità di Pasqua, circa mezzogiorno. Pilato, presente Gesù, salì sul trono e si sedette e, presa dell’acqua, si lavò le mani dinanzi alla folla dicendo: “Sono innocente di questo sangue, vedetevela voi!”.

E tutto il popolo disse: “Il suo sangue ricada su di noi e sui nostri 

figli! Via!Via! CrocifiggiLo!”

Pilato dice: “Crocifiggerò il vostro re?”

Risposero: “Non abbiamo re se non Cesare”.

Allora Pilato decretò solennemente che secondo la richiesta della folla l’omicida Barabba fosse loro rilasciato, e Gesù fosse crocifisso.


*


Mentre 1’ingrata folla tumultua per la vittoria ottenuta, Gesù è sotto il sole, guardato a vista dai soldati, ed attende la croce. Era questo lo strumento di supplizio per eseguire le condanne capitali, che da tempo i Romani ufficialmente adottavano. La croce è uno strumento che prolunga 1’agonia e dà alla morte una terribile spettacolarità.

Questa fu la morte che il Padre aveva previsto per il Figlio, e che il Figlio accettò in perfetta coscienza e obbedienza.

Pronunciata che fu la condanna, mentre l’Apostolo prediletto Giovanni corre al Cenacolo a prendere la Madre per condurLa al Figlio, i Giudei - nonostante la vigilanza dei Romani - si accaniscono contro il divino Innocente.

“Gesù, portandosi la croce, uscì verso il luogo detto del Cranio, che in ebraico si dice Golgota, dove Lo crocifissero e con Lui altri due, uno di qua e uno di là, Gesù nel mezzo”.

Ora Pilato scrisse anche un cartello e lo fece porre sulla croce. C’era scritto: “GESU’ IL NAZARENO - IL RE DEI GIUDEI”. [ I.N.R.I. ]

Molti giudei lessero questo cartello scritto in ebraico, latino e greco, e protestarono chiedendo fosse sostituito con un altro su cui fosse scritto: “Sono il re dei giudei”. Ma Pilato rispose: “Quel che ho scritto, ho scritto” (Gv 19, 17ss.)

 

Questo dice, con certa sobrietà di dettagli, la sacra Scrittura sul processo e crocifissione di Gesù Cristo.

Sappiamo che con Gesù ci sono altri due condannati. L’odio però era tutto per Gesù. Il plotone romano faticò non poco per difendere il condannato dal pazzo furore di quanti volevano colmare la misura già colma.

Gesù, già sfinito dalla terribile agonia del Getsemani, doppiamente sfinito dalla flagellazione e dalla coronazione di spine, e ora con sulle spalle piagate il legno della croce di circa quattro metri di lunghezza e oltre mezzo quintale di peso doveva per forza di cose muoversi a stento, inciampare quasi ad ogni passo, e cadere.

Difatti la tradizione parla di Gesù che cade nel doloroso cammino per ben tre volte, una caduta più dolorosa dell’altra.

La stessa tradizione ci dice che Gesù incontra uno sparuto gruppo di pie donne che coraggiosamente vogliono consolarLo come possono. Una di esse, una certa Veronica, Gli porge un lino, perché vi trovi ristoro detergendosi il Santo Volto, e Gesù vi stampa la sua effigie. Oh, beato chi, come Veronica, sa guardare e capire, ed asciugare col suo amore il Volto sanguinante del suo Dio!


Gesù ringrazia sorridendo a tutte, però aggiunge anche di piangere non tanto su di Lui quanto sui loro peccati e quelli della città.

Il cammino, ormai tutto in salita, si fece aspro. Il centurione romano capì che Gesù tutto febbricitante e ridotto a una sola piaga non ce l’avrebbe fatta fino alla vetta del monte, e perciò requisì un uomo di Cirene della Libia Africana, di nome Simone, che tornava dal lavoro dei campi insieme ai figli Alessandro e Rufo, e lo costrinse a caricarsi della croce, perché la portasse dietro a Gesù.

Simone di Cirene, se dapprima la portò per un meschino interesse, ben presto finì per abbracciarla con sentimenti di vera pietà e compassione del Condannato.

Intanto, la Vergine Madre, con l’Apostolo prediletto e altre pie donne, sorretta più dall’amore che dalle forze, andò incontro al divin Figlio sulla via dolorosa.

Ogni luogo di supplizio non è certo un luogo adatto per una madre. Ma Maria Santissima, oltre ad essere la Madre di Dio, è la Madre dell’uomo peccatore, per il quale doveva sacrificare il Figlio, venuto al mondo per offrirsi vittima di soave odore e riscattarci dalla maledizione della legge (cf Gal 3, 13).

L’ora di questo olocausto era suonata.

La presenza della Madre, accanto ad ogni figlio, è sempre di grande conforto. Ella corre, corre e, pur esausta, non vuole mancare. Fu come tuffarsi  in un abisso  di  dolore. Lassistere  allmorte di un figlio sano ucciso con determinazione da un suo simile, per ogni mamma è uno strazio orrendo, assai peggiore di quello che soffre lo stesso condannato. Alla Madre la situazione si presenta come un assurdo mostruoso...

determinazione da un suo, simile, per ogni mamma,, è uno otra roendo, assai peggiore di quellò c@ soffe il co annatostesso. Alla Madre la situazione sj presenta come un assurdo mostruoso„.

Ciò nonostante Maria Santissima non si tira indietro: con coraggio avanza e prende il suo posto là presso l'Altare della Vittima, diventata Altare del  Mondo, Vera Corredentrice accanto al Redentore.

La sua amorosa presenza è conforto per Gesù che “si è caricato delle nostre sofferenze e si è addossato i nostri dolori” (Is 53,4), ed è anche espressione del suo materno assenso al sacrificio redentore dell’Agnello senza difetti e senza macchia.

Una parola di bontà è balsamo nel dolore. Nell’incontro doloroso, la Madre chiamò il Figlio e il Figlio la Madre. Bastò un solo sguardo per unire e fondere pensieri e cuori in un unico Cuore grande più del mondo.

Se 1’amore aggiunse tormento e lacrime, certamente aggiunse anche forza per continuare a soffrire senza un lamento: Gesù nella carne e Maria nel cuore.

Le “due” vittime erano ormai pronte per l’immolazione. La fiumana del1’odio e della bestemmia avvolse il Figlio e la Madre, ma l’amore, che purifica, espia     redime, vinse.


Gesù finalmente giunse in cima al monte dove tutto era pronto, perché cominciasse la parte più orrenda della condanna.

“Gli diedero da bere vino aromatizzato con fiele e mirra; ma Egli, gustatolo, non ne volle bere”.

Il momento è solenne. Gesù, il Figlio di Dio, il solo giusto, più mansueto di un agnello, si lascia inchiodare sulla croce. Allora “si fece buio su tutta la terra”. Con Gesù crocifiggono i due ladroni, uno alla destra e uno alla sinistra.                                                                                                           

Dopo averLo crocifisso, Lo sollevano tra cielo e terra. La croce è issata e fissata nella buca già pronta.

Maria guarda il suo Gesù: guarda quel divin corpo ansante, quella carne - carne della sua carne - contratta da tutti i dolori; guarda quel sangue che cola abbondante dalle piaghe, dalle mani, lungo gli avambracci fin sul corpo, dai piedi direttamente fino a terra o lungo il nero legno della croce. Rimane impietrita, trafitta dai dolori di quell’amabile corpo, “da cui rosso sangue fluisce, torrente che lava la terra, il mare, il cielo e il mondo”.

“O voi tutti che passate per la via, considerate e osservate, se c’è un dolore simile al mio dolore, al dolore che ora mi tormenta .. .” (Lam 1, 12).

“La Vergine Madre vide, con amorosa finezza materna, tutto il raccapricciante e progressivo rigonfiarsi dei vasi sanguigni per il congestionamento della circolazione in seguito all’ipertensione delle membra.

Vide le giunture, i muscoli, le piaghe stirate dalla tremenda tensione. Vide       quelle dita divine spasmodicamente contratte per le lesioni provocate dai chiodi;

vide su quelle ferite, su quella carne viva avventarsi in pieno meriggio, e sul volto e sugli occhi, insomma nelle parti più sensibili, nugoli di insetti come su di un cadavere, senza alcun moto di difesa” (P.C. Landucci).

L’agonia di Gesù si protrasse fino alle tre del pomeriggio. Tre ore di atrocissimo martirio fisico, morale e spirituale.








CONTINUA

seconda parte  del capitolo 20









Nessun commento:

Posta un commento