martedì 12 ottobre 2021

Ricevo e condivido

 




A coloro che chiedono cosa accadrà e quanto durerà; a coloro che hanno paura, per la loro vita e per quella dei loro familiari; 

a coloro che non vogliono assoggettarsi ai diktat di un potere autoreferenziale e dispotico; 

a coloro che rivestono la carica di parlamentari accettando di essere annullati nella loro dignità, nella loro libertà e nell’esercizio del potere legislativo, da un potere esecutivo che detta regole confezionate da soggetti terzi, estranei ad entrambi i poteri; 

a coloro che indossano la toga di magistrato e da quasi due anni a questa parte non sollevano alcuna questione di legittimità davanti alla Corte Costituzionale, contro tutte quelle norme che in nome dell’emergenza ledono in maniera palese decine di articoli della Carta Costituzionale, oggetto di riserva di legge assoluta; 

a coloro che restano increduli rispetto al fatto che uno Stato assolve preventivamente se stesso – come dice il filosofo Giorgio Agamben – con una legge (DL n. 44 dell’1 aprile 2021, art. 3) che lo esenta da ogni responsabilità sulla somministrazione ai suoi cittadini di un farmaco, citando gli artt. 589 e 590, che riguardano l’omicidio colposo e le lesioni personali; 

a coloro che non si rendono conto che il “green pass” è una misura politica di controllo sociale – una mostruosità giuridica – molto più lesiva della libertà personale rispetto alle misure che subivano i cittadini dell’URSS dell’epoca di Stalin;

 a coloro che, per giuramento sacro, dovrebbero curare e si limitano, invece, ad eseguire direttive sanitarie impartite dall’alto; 

a coloro che, per ignoranza o per ignavia, pensano ancora che “tutto tornerà come prima”;  

a coloro che dovrebbero informare correttamente la popolazione sui fatti e che invece fanno da cassa di risonanza a-critica di logiche anti-umane; 

a coloro che ritengono, ingenuamente, che qualche sabato di manifestazione possa alleviare il giogo che è stato confezionato, che diventerà sempre più stringente; 

a coloro che non immaginano neanche di possedere un’anima, il cui alimento  proviene da Dio, non dagli uomini; 

a coloro che vivono la disperazione di essere lasciati soli da una gerarchia ecclesiastica lontana da Cristo, dalla Sua Parola e dalla Sua Vita;

a tutti costoro so rispondere solo con le parole che Robert Hugh Benson fa dire al Papa (cent’anni fa, ne “Il padrone del mondo” immaginava che un Papa esistesse e non sbagliava pensando a Papa Benedetto XVI, mai validamente dimessosi), in conclusione del suo discorso sull’Istituzione del Nuovo Ordine di Cristo Crocifisso:

“La nostra non è più la lotta contro l’ignoranza particolare, quella dei pagani che non hanno ricevuto il Vangelo, o quella di coloro i cui padri lo hanno ripudiato. Non è più la lotta contro le effimere ricchezze di questo mondo, né contro la scienza mendace; né, infine, contro quelle fortezze dell’infedeltà contro cui abbiamo combattuto per il passato. Piuttosto, sembra sia finalmente giunto quel tempo di cui parla l’apostolo: ‘ciò non avverrà, se prima non sarà giunta la manifestazione della ribellione dell’uomo del peccato, il figlio della perdizione, che si oppone e si innalza sopra tutto ciò che è Dio’. Non dobbiamo più, ormai, lottare contro questa o quella forza, ma contro l’immensità ormai manifesta di quel potere, già preannunciato da secoli, la cui sconfitta è stabilita fin dall’eternità. (…) È sembrato opportuno alla nostra umiltà che il Vicario di Cristo dovesse lui stesso chiamare i figli di Dio alla nuova battaglia; è nostra intenzione scrivere nel Nuovo Ordine di Cristo Crocifisso i nomi di tutti coloro che decidono di offrire se stessi per il Suo supremo servizio. (…) La nostra principale intenzione, istituendolo, è stata quella di guardare più a Dio che all’uomo, di ricorrere a Colui che chiede la nostra generosità, più che a quelli che tendono a negarla; e di consacrare ancora una volta anima e corpo, con atto formale e deliberato, al volere di Dio e al servizio di Colui che, unico, può richiedere un’offerta così totale di sé, e che si degna di accettare doni così miseri! (…) Il fondamento della regola sarà espresso dai tre principi evangelici, ai quali aggiungiamo una quarta intenzione: il desiderio del martirio e il proponimento di riceverlo. (…) Non offriamo altra ricompensa se non quella che Cristo stesso promette a coloro che Lo amano e sacrificano a Lui la loro vita: nessun’altra promessa di pace se non quella di essere disprezzati dal mondo; nessun’altra patria fuori di quella dei pellegrini e dei viandanti che tendono a una città che sta per venire; nessun’altra vita se non quella nascosta con Gesù Cristo in Dio”.

Non abbiate paura, amici. “Dio non ci ha dato uno Spirito di timidezza, ma di forza, di amore e di saggezza. Non vergognarti dunque della testimonianza da rendere al Signore nostro, né di me, che sono in carcere per Lui; ma soffri anche tu insieme con me per il vangelo, aiutato dalla forza di Dio. Egli, infatti, ci ha salvati e ci ha chiamati con una vocazione santa, non già in base alle nostre opere, ma secondo il suo proposito e la sua grazia; grazia che ci è stata data in Cristo Gesù fin dall’eternità, ma è stata rivelata solo ora con l’apparizione del salvatore nostro Cristo Gesù, che ha vinto la morte e ha fatto risplendere la vita e l’immortalità per mezzo del vangelo, del quale io sono stato costituito araldo, apostolo e maestro. È questa la causa dei mali che soffro, ma non me ne vergogno: so infatti a chi ho creduto e son convinto che egli è capace di conservare il mio deposito fino a quel giorno. Prendi come modello le sane parole che hai udito da me, con la fede e la carità che sono in Cristo Gesù. Custodisci il buon deposito con l’aiuto dello Spirito Santo che abita in noi” (san Paolo, seconda lettera a Timoteo, 7-14).

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DANILO QUINTO

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