giovedì 15 novembre 2018

Sant'ALBERTO MAGNO, vescovo e dottore della Chiesa


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Alberto nacque a Lauingen, nella Svevia sulle rive del Danubio. 
Fu soprannominato «grande» per la sua vasta cultura. 
Fin da piccolo ebbe una istruzione assai curata. Per seguire gli studi andò ad abitare a Padova; incoraggiato dal beato Giordano, allora maestro generale dei Predicatori, ostacolato inutilmente da uno zio materno chiese di entrare nell'ordine dei Domenicani. 
Entrato in comunità, fu molto osservante delle regole e dedito alla preghiera. 
Amò molto la vergine Maria e nutrì molto zelo per la salvezza del prossimo. 
Per completare gli studi, fu inviato a Colonia. Poi insegnò a Hidelsheim, a Friburgo, a Regensburg e a Strasburgo. 
Fu rinomatissimo professore di Parigi. Suo scolaro carissimo fu san Tommaso d'Aquino, del quale lui stesso misurò e scoprì la grandezza dell'ingegno. 
Ad Anagni, alla presenza di Alessandro IV, vinse la polemica contro Guglielmo, che aveva attaccato gli ordini Mendicanti. Fu consacrato vescovo di Regensburg. 
Fu un ottimo consigliere, e un grande riappacificatore: addirittura venne soprannominato il «conciliatore della pace». 

Pubblicò molte opere in ogni settore dello scibile, soprattutto nel campo religioso, e scrisse cose magnifiche sull'Eucaristia. 

Già noto per le virtù e per i miracoli morì nel 1280. Pio XI favorì il culto che già molte città e l'ordine dei Domenicani, con permessi pontifici, gli tributavano, e, accogliendo una proposta della Congregazione dei Riti, ampliò il culto a tutta la Chiesa, dopo aver concesso a sant'Alberto il titolo di dottore della Chiesa. 
Pio XII lo dichiarò patrono degli scienziati.

V. E tu, o Signore, abbi pietà di noi.
R. Rendiamo Grazie a Dio.
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BENEDETTO XVI
UDIENZA GENERALE
Piazza San Pietro
Mercoledì, 24 marzo 2010  
 [Video]
 
Sant'Alberto Magno
Cari fratelli e sorelle,

uno dei più grandi maestri della teologia medioevale è sant’Alberto Magno. Il titolo di “grande”
(magnus), con il quale egli è passato alla storia, indica la vastità e la profondità della sua dottrina,
che egli associò alla santità della vita. Ma già i suoi contemporanei non esitavano ad attribuirgli
titoli eccellenti; un suo discepolo, Ulrico di Strasburgo, lo definì “stupore e miracolo della nostra
epoca”.

Nacque in Germania all’inizio del XIII secolo, e ancora molto giovane si recò in Italia, a Padova,
sede di una delle più famose università del Medioevo. Si dedicò allo studio delle cosiddette “arti
liberali”: grammatica, retorica, dialettica, aritmetica, geometria, astronomia e musica, cioè della
cultura generale, manifestando quel tipico interesse per le scienze naturali, che sarebbe diventato
ben presto il campo prediletto della sua specializzazione. 

Durante il soggiorno a Padova, frequentò la chiesa dei Domenicani, ai quali poi si unì con la professione dei voti religiosi. 
Le fonti agiografiche lasciano capire che Alberto maturò gradualmente questa decisione. Il rapporto
intenso con Dio, l’esempio di santità dei Frati domenicani, l’ascolto dei sermoni del Beato
Giordano di Sassonia, successore di san Domenico nella guida dell’Ordine dei Predicatori, furono
i fattori decisivi che lo aiutarono a superare ogni dubbio, vincendo anche resistenze familiari.
Spesso, negli anni della giovinezza, Dio ci parla e ci indica il progetto della nostra vita. Come per
Alberto, anche per tutti noi la preghiera personale nutrita dalla Parola del Signore, la frequenza ai
Sacramenti e la guida spirituale di uomini illuminati sono i mezzi per scoprire e seguire la voce di
Dio. Ricevette l’abito religioso dal beato Giordano di Sassonia.

Dopo l’ordinazione sacerdotale, i Superiori lo destinarono all’insegnamento in vari centri di studi
teologici annessi ai conventi dei Padri domenicani. Le brillanti qualità intellettuali gli permisero di
perfezionare lo studio della teologia nell’università più celebre dell’epoca, quella di Parigi. Fin da
allora sant’Alberto intraprese quella straordinaria attività di scrittore, che avrebbe poi proseguito
per tutta la vita.

Gli furono assegnati compiti prestigiosi. Nel 1248 fu incaricato di aprire uno studio teologico a
Colonia, uno dei capoluoghi più importanti della Germania, dove egli visse a più riprese, e che
divenne la sua città di adozione. Da Parigi portò con sé a Colonia un allievo eccezionale,
Tommaso d’Aquino. Basterebbe solo il merito di essere stato maestro di san Tommaso, per
nutrire profonda ammirazione verso sant’Alberto. Tra questi due grandi teologi si instaurò un
rapporto di reciproca stima e amicizia, attitudini umane che aiutano molto lo sviluppo della
scienza. Nel 1254 Alberto fu eletto Provinciale della “Provincia Teutoniae” – teutonica - dei Padri
domenicani, che comprendeva comunità diffuse in un vasto territorio del Centro e del NordEuropa.
Egli si distinse per lo zelo con cui esercitò tale ministero, visitando le comunità e
richiamando costantemente i confratelli alla fedeltà, agli insegnamenti e agli esempi di san
Domenico.

Le sue doti non sfuggirono al Papa di quell’epoca, Alessandro IV, che volle Alberto per un certo
tempo accanto a sé ad Anagni - dove i Papi si recavano di frequente - a Roma stessa e a Viterbo,
per avvalersi della sua consulenza teologica. Lo stesso Sommo Pontefice lo nominò Vescovo di
Ratisbona, una grande e famosa diocesi, che si trovava, però, in un momento difficile. Dal 1260 al
1262 Alberto svolse questo ministero con infaticabile dedizione, riuscendo a portare pace e
concordia nella città, a riorganizzare parrocchie e conventi, e a dare nuovo impulso alle attività
caritative.

Negli anni 1263-1264 Alberto predicava in Germania ed in Boemia, incaricato dal Papa Urbano IV,
per ritornare poi a Colonia e riprendere la sua missione di docente, di studioso e di scrittore.
Essendo un uomo di preghiera, di scienza e di carità, godeva di grande autorevolezza nei suoi
interventi, in varie vicende della Chiesa e della società del tempo: fu soprattutto uomo di
riconciliazione e di pace a Colonia, dove l’Arcivescovo era entrato in duro contrasto con le
istituzioni cittadine; si prodigò durante lo svolgimento del II Concilio di Lione, nel 1274, convocato
dal Papa Gregorio X per favorire l’unione con i Greci, dopo la separazione del grande scisma
d’Oriente del 1054; egli chiarì il pensiero di Tommaso d’Aquino, che era stato oggetto di obiezioni
e persino di condanne del tutto ingiustificate.

Morì nella cella del suo convento della Santa Croce a Colonia nel 1280, e ben presto fu venerato
dai confratelli. La Chiesa lo propose al culto dei fedeli con la beatificazione, nel 1622, e con la
canonizzazione, nel 1931, quando il Papa Pio XI lo proclamò Dottore della Chiesa. Si trattava di
un riconoscimento indubbiamente appropriato a questo grande uomo di Dio e insigne studioso
non solo delle verità della fede, ma di moltissimi altri settori del sapere; infatti, dando uno sguardo
ai titoli delle numerosissime opere, ci si rende conto che la sua cultura ha qualcosa di prodigioso,
e che i suoi interessi enciclopedici lo portarono a occuparsi non solamente di filosofia e di teologia,
come altri contemporanei, ma anche di ogni altra disciplina allora conosciuta, dalla fisica alla
chimica, dall’astronomia alla mineralogia, dalla botanica alla zoologia. Per questo motivo il Papa
Pio XII lo nominò patrono dei cultori delle scienze naturali ed è chiamato anche “Doctor
universalis” proprio per la vastità dei suoi interessi e del suo sapere.

Certamente, i metodi scientifici adoperati da sant’Alberto Magno non sono quelli che si sarebbero
affermati nei secoli successivi. Il suo metodo consisteva semplicemente nell’osservazione, nella
descrizione e nella classificazione dei fenomeni studiati, ma così ha aperto la porta per i lavori
futuri.

Egli ha ancora molto da insegnare a noi. Soprattutto, sant’Alberto mostra che tra fede e scienza
non vi è opposizione, nonostante alcuni episodi di incomprensione che si sono registrati nella
storia. Un uomo di fede e di preghiera, quale fu sant’Alberto Magno, può coltivare serenamente lo
studio delle scienze naturali e progredire nella conoscenza del micro e del macrocosmo,
scoprendo le leggi proprie della materia, poiché tutto questo concorre ad alimentare la sete e
l’amore di Dio. La Bibbia ci parla della creazione come del primo linguaggio attraverso il quale Dio
– che è somma intelligenza – ci rivela qualcosa di sé. Il libro della Sapienza, per esempio, afferma
che i fenomeni della natura, dotati di grandezza e bellezza, sono come le opere di un artista,
attraverso le quali, per analogia, noi possiamo conoscere l’Autore del creato (cfr Sap. 13,5). 

Con una similitudine classica nel Medioevo e nel Rinascimento si può paragonare il mondo naturale a  un libro scritto da Dio, che noi leggiamo in base ai diversi approcci delle scienze (cfr Discorso ai
partecipanti alla Plenaria della Pontificia Accademia delle Scienze, 31 Ottobre 2008). Quanti
scienziati, infatti, sulla scia di sant’Alberto Magno, hanno portato avanti le loro ricerche ispirati da
stupore e gratitudine di fronte al mondo che, ai loro occhi di studiosi e di credenti, appariva e
appare come l’opera buona di un Creatore sapiente e amorevole! Lo studio scientifico si trasforma
allora in un inno di lode. Lo aveva ben compreso un grande astrofisico dei nostri tempi, di cui è
stata introdotta la causa di beatificazione, Enrico Medi, il quale scrisse: “Oh, voi misteriose
galassie ..., io vi vedo, vi calcolo, vi intendo, vi studio e vi scopro, vi penetro e vi raccolgo. Da voi
io prendo la luce e ne faccio scienza, prendo il moto e ne fo sapienza, prendo lo sfavillio dei colori
e ne fo poesia; io prendo voi stelle nelle mie mani, e tremando nell’unità dell’essere mio vi alzo al
di sopra di voi stesse, e in preghiera vi porgo al Creatore, che solo per mezzo mio voi stelle potete
adorare” (Le opere. Inno alla creazione).

Sant’Alberto Magno ci ricorda che tra scienza e fede c’è amicizia, e che gli uomini di scienza
possono percorrere, attraverso la loro vocazione allo studio della natura, un autentico e
affascinante percorso di santità.

La sua straordinaria apertura di mente si rivela anche in un’operazione culturale che egli
intraprese con successo, cioè nell’accoglienza e nella valorizzazione del pensiero di Aristotele. Ai
tempi di sant’Alberto, infatti, si stava diffondendo la conoscenza di numerose opere di questo
grande filosofo greco vissuto nel quarto secolo prima di Cristo, soprattutto nell’ambito dell’etica e
della metafisica. Esse dimostravano la forza della ragione, spiegavano con lucidità e chiarezza il
senso e la struttura della realtà, la sua intelligibilità, il valore e il fine delle azioni umane.

Sant’Alberto Magno ha aperto la porta per la recezione completa della filosofia di Aristotele nella
filosofia e teologia medioevale, una recezione elaborata poi in modo definitivo da S. Tommaso.
Questa recezione di una filosofia, diciamo, pagana pre-cristiana fu un’autentica rivoluzione
culturale per quel tempo. Eppure, molti pensatori cristiani temevano la filosofia di Aristotele, la
filosofia non cristiana, soprattutto perché essa, presentata dai suoi commentatori arabi, era stata
interpretata in modo da apparire, almeno in alcuni punti, come del tutto inconciliabile con la fede
cristiana. Si poneva cioè un dilemma: fede e ragione sono in contrasto tra loro o no?

Sta qui uno dei grandi meriti di sant’Alberto: con rigore scientifico studiò le opere di Aristotele,
convinto che tutto ciò che è realmente razionale è compatibile con la fede rivelata nelle Sacre
Scritture. 
In altre parole, sant’Alberto Magno, ha così contribuito alla formazione di una filosofia
autonoma, distinta dalla teologia e unita con essa solo dall’unità della verità. Così è nata nel XIII
secolo una chiara distinzione tra questi due saperi, filosofia e teologia, che, in dialogo tra di loro,
cooperano armoniosamente alla scoperta dell’autentica vocazione dell’uomo, assetato di verità e
di beatitudine: ed è soprattutto la teologia, definita da sant’Alberto “scienza affettiva”, quella che
indica all’uomo la sua chiamata alla gioia eterna, una gioia che sgorga dalla piena adesione alla
verità.

Sant’Alberto Magno fu capace di comunicare questi concetti in modo semplice e comprensibile.
Autentico figlio di san Domenico, predicava volentieri al popolo di Dio, che rimaneva conquistato
dalla sua parola e dall’esempio della sua vita.

Cari fratelli e sorelle, preghiamo il Signore perché non vengano mai a mancare nella santa Chiesa
teologi dotti, pii e sapienti come sant’Alberto Magno e aiuti ciascuno di noi a fare propria la
“formula della santità” che egli seguì nella sua vita: “Volere tutto ciò che io voglio per la gloria di
Dio, come Dio vuole per la sua gloria tutto ciò che Egli vuole”, conformarsi cioè sempre alla
volontà di Dio per volere e fare tutto solo e sempre per la Sua gloria.
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AMDG et DVM

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