sabato 17 novembre 2018

SANTA ELISABETTA REGINA D'UNGHERIA

PROPRIO DELLA S. MESSA
tratto dal Missale Romanum a.D. 1962 promulgatum
e traduzione italiana delle letture secondo
la traduzione proposta dalle CEI



19 NOVEMBRE
SANTA ELISABETTA

REGINA D'UNGHERIA 

A quattro anni di età è già fidanzata. Suo padre, il re Andrea II d’Ungheria, e la regina Gertrude sua madre l’hanno promessa in sposa a Ludovico, figlio ed erede del sovrano di Turingia (all’epoca, questa regione tedesca è una signoria indipendente, il cui sovrano ha il titolo di Landgraf, langravio). E subito viene condotta nel regno del futuro marito, per vivere e crescere lì, tra la città di Marburgo e Wartburg il castello presso Eisenach.
Nel 1217 muore il langravio di Turingia, Ermanno I. Muore scomunicato per i contrasti politici con l’arcivescovo di Magonza, che è anche signore laico, principe dell’Impero. Gli succede il figlio Ludovico, che nel 1221 sposa solennemente la quattordicenne Elisabetta. Ora i sovrani sono loro due. Lei viene chiamata “Elisabetta di Turingia”. Nel 1222 nasce il loro primo figlio, Ermanno. Seguono due bambine: nel 1224 Sofia e nel 1227 Gertrude. Ma quest’ultima viene al mondo già orfana di padre.
Ludovico di Turingia si è adoperato per organizzare la sesta crociata in Terrasanta, perché papa Onorio III gli ha promesso di liberarlo dalle intromissioni dell’arcivescovo di Magonza. Parte al comando dell’imperatore Federico II. Ma non vedrà la Palestina: lo uccide un male contagioso a Otranto.
Vedova a vent’anni con tre figli, Elisabetta riceve indietro la dote, e c’è chi fa progetti per lei: può risposarsi, a quell’età, oppure entrare in un monastero come altre regine, per viverci da regina, o anche da penitente in preghiera, a scelta. Questo le suggerisce il confessore. Ma lei dà retta a voci francescane che si fanno sentire in Turingia, per dire da che parte si può trovare la “perfetta letizia”. E per i poveri offre il denaro della sua dote (si costruirà un ospedale). Ma soprattutto ai poveri offre l’intera sua vita. Questo per lei è realizzarsi: facendosi come loro. Prendendo l’abito del Terz’ordine di san Francesco, visita gli ammalati due volte al giorno, e poi raccoglie aiuti facendosi mendicante. E tutto questo rimanendo nella sua condizione di vedova, di laica.
Dopo la sua morte, il confessore rivelerà che, ancora vivente il marito, lei si dedicava ai malati, anche a quelli ripugnanti: «Nutrì alcuni, ad altri procurò un letto, altri portò sulle proprie spalle, prodigandosi sempre, senza mettersi tuttavia in contrasto con suo marito». Collocava la sua dedizione in una cornice di normalità, che includeva anche piccoli gesti “esteriori”, ispirati non a semplice benevolenza, ma a rispetto vero per gli “inferiori”: come il farsi dare del tu dalle donne di servizio. Ed era poi attenta a non eccedere con le penitenze personali, che potessero indebolirla e renderla meno pronta all’aiuto. Vive da povera e da povera si ammala, rinunciando pure al ritorno in Ungheria, come vorrebbero i suoi genitori, re e regina.
Muore in Marburgo a 24 anni, subito “gridata santa” da molte voci, che inducono papa Gregorio IX a ordinare l’inchiesta sui prodigi che le si attribuiscono. Un lavoro reso difficile da complicazioni anche tragiche: muore assassinato il confessore di lei; l’arcivescovo di Magonza cerca di sabotare le indagini. Ma Roma le fa riprendere. E si arriva alla canonizzazione nel 1235 sempre a opera di papa Gregorio. I suoi resti, trafugati da Marburgo durante i conflitti al tempo della Riforma protestante, sono ora custoditi in parte a Vienna. (Domenico Agasso)



MESSALE

INTRÓITUS              
Ps. 118, 75 et 120. Cognóvi, Dómine, quia ǽquitas judícia tua, et in veritáte tua humiliásti me: confíge timóre tuo carnes meas, a mandátis tuis tímui. Ps. ibid., 1. Beáti immaculáti in via: qui ámbulant in lege Dómini. Glória Patri.  

So bene,  o Signore, che i tuoi giudizi sono giusti, e con ragione mi hai umiliato; rabbrividisce la mia carne per timore di Te: io temo i Tuoi giudizi. Felice gli uomini di condotta integra che vivono la legge del Signore.

ORÁTIO              
Clementíssime Deus, qui beátam Elisabeth regínam, inter céteras egrégias dotes, béllici furóris sedándi prærogatíva decorásti: da nobis, ejus intercessióne; post mortális vitæ, quam supplíciter pétimus, pacem, ad ætérna gáudia perveníre. Per Dóminum nostrum.

Dio clementissimo, che fra le altre mirabili doti hai conferito alla beata regina Elisabetta la prerogativa di placare i furori della guerra, concedici per sua intercessione, dopo la pace di questa vita mortale che da Te imploriamo, di giungere alle gioie eterne. Per il nostro Signore.

EPISTOLA              
Léctio libri Sapiéntiæ. Léctio Epístolæ beáti Pauli Apóstoli ad Timotheum. 1. Tim. 5, 3-10.

Caríssime: Víduas hónora, quæ vere víduæ sunt. Si qua autem vídua fílios aut nepótes habet, discat primum domum suam régere, et mútuam vicem réddere paréntibus: hoc enim accéptum est coram Deo. Quæ autem vere vídua est et desoláta, speret in Deum, et instet obsecratiónibus et oratiónibus nocte ac die. Nam quæ in delíciis est, vivens mórtua est. Et hoc prǽcipe, ut irreprehensíbiles sint. Si quis autem suórum, et máxime domesticórum curam non habet, fidem negávit, et est infidéli detérior. Vídua eligátur non minus sexagínta annórum, quæ fúerit uníus viri uxor, in opéribus bonis testimónium habens, si fílios educávit, si hospítio recépit, si sanctórum pedes lavit, si tribulatiónem patiéntibus subministrávit, si omne opus bonum subsecúta est. M. - Deo grátias.    

Carissimo: Onora le vedove, quelle che sono veramente vedove; ma se una vedova ha figli o nipoti, questi imparino prima a praticare la pietà verso quelli della propria famiglia e a rendere il contraccambio ai loro genitori, poiché è gradito a Dio. Quella poi veramente vedova e che sia rimasta sola, ha riposto la speranza in Dio e si consacra all'orazione e alla preghiera giorno e notte; al contrario quella che si dà ai piaceri, anche se vive, è già morta. Proprio questo raccomanda, perché siano irreprensibili. Se poi qualcuno non si prende cura dei suoi cari, soprattutto di quelli della sua famiglia, costui ha rinnegato la fede ed è peggiore di un infedele. Una vedova sia iscritta nel catalogo delle vedove quando abbia non meno di sessant'anni, sia andata sposa una sola volta, abbia la testimonianza di opere buone: abbia cioè allevato figli, praticato l'ospitalità, lavato i piedi ai santi, sia venuta in soccorso agli afflitti, abbia esercitato ogni opera di bene.  M. - Deo grátias.           

GRADUALE             
Ps. 44, 3 et 5. Diffúsa est grátia in labiis tuis: proptérea benedíxit te Deus in ætérnum. Propter veritátem et mansuetúdinem et justítiam: et de ducet te mirabíliter déxtera tua.  

Ps. 44, 3 et 5. Le tue labbra sono soffuse di grazia, perciò Dio ti ha benedetta in eterno. Per la causa della verità, della clemenza e della giustizia la tua destra ti spingerà ad opere mirabili.

ALLELÚIA           
Allelúja, allelúja. Ibid., 5. Spécie tua et pulchritúdine tua inténde, próspere procéde et regna. Allelúja.        

Allelúja, allelúja. Nello splendore della tua bellezza incedi, avanza trionfante e regna. Allelúja.        

EVANGÉLIUM            
Sequéntia sancti Evangélii secúndum Matthǽum. Matth. 13, 44-52.

In illo témpore: Dixit Jesus discípulis suis parábolam hanc: Símile est regnum coelórum thesáuro abscóndito in agro: quem qui invénit homo, abscóndit, et præ gáudio illíus vadit, et vendit univérsa, quæ habet, et emit agrum illum. Iterum símile est regnum coelórum homini negotiatóri, quærénti bonas margarítas. Invénta autem una pretiósa margaríta, ábiit, et véndidit ómnia, quæ hábuit, et emit eam. Iterum símile est regnum coelórum sagénæ, missæ in mare et ex omni génere píscium cóngreganti. Quam, cum impléta esset educéntes, et secus litus sedéntes, elegérunt bonos in vasa, malos autem foras misérunt. Sic erit in consummatióne sǽculi: exíbunt Angeli, et separábunt malos de médio justórum, et mittent eos in camínum ignis: ibi erit fletus et stridor déntium. Intellexístis hæc ómnia? Dicunt ei: Etiam. Ait illis: Ideo omnis scriba doctus in regno coelórum símilis est hómini patrifamílias, qui profert de thesáuro suo nova et vétera.  M. – Laus tibi Christe.    

In quel tempo Gesù disse una parabola ai suoi discepoli: Il regno dei cieli è simile a un tesoro nascosto in un campo; un uomo lo trova e lo nasconde di nuovo, poi va, pieno di gioia, e vende tutti i suoi averi e compra quel campo. Il regno dei cieli è simile a un mercante che va in cerca di perle preziose; trovata una perla di grande valore, va, vende tutti i suoi averi e la compra. Il regno dei cieli è simile anche a una rete gettata nel mare, che raccoglie ogni genere di pesci. Quando è piena, i pescatori la tirano a riva e poi, sedutisi, raccolgono i pesci buoni nei canestri e buttano via i cattivi. Così sarà alla fine del mondo. Verranno gli angeli e separeranno i cattivi dai buoni e li getteranno nella fornace ardente, dove sarà pianto e stridore di denti. Avete capito tutte queste cose?". Gli risposero: "Sì". Ed egli disse loro: "Per questo ogni scriba divenuto discepolo del regno dei cieli è simile a un padrone di casa che estrae dal suo tesoro cose nuove e cose antiche".  M. – Laus tibi Christe. 

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Elisabetta conobbe ed amò Cristo nei poveri

Dalla «Lettera» scritta da Corrado di Marburgo, direttore spirituale di santa Elisabetta  (Al pontefice, anno 1232; A. Wyss, Hessisches Urkundenbuch I, Lipsia 1879, 31-35) Elisabetta incominciò presto a distinguersi in virtù e santità di vita. Ella aveva sempre consolato i poveri, ma da quando fece costruire un ospedale presso un suo castello, e vi raccolse malati di ogni genere, da allora si dedicò interamente alla cura dei bisognosi.
Distribuiva con larghezza i doni della sua beneficenza non solo a coloro che ne facevano domanda presso il suo ospedale, ma in tutti i territori dipendenti da suo marito. Arrivò al punto da erogare in beneficenza i proventi dei quattro principati di suo marito e da vendere oggetti di valore e vesti preziose per distribuirne il prezzo ai poveri.
Aveva preso l'abitudine di visitare tutti i suoi malati personalmente, due volte al giorno, al mattino e alla sera. Si prese cura diretta dei più ripugnanti. Nutrì alcuni, ad altri procurò un letto, altri portò sulle proprie spalle, prodigandosi sempre in ogni attività di bene, senza mettersi tuttavia per questo in contrasto con suo marito.
Dopo la morte di lui, tendendo alla più alta perfezione, mi domandò con molte lacrime che le permettessi di chiedere l'elemosina di porta in porta. Un Venerdì santo, quando gli altari sono spogli, poste la mani sull'altare in una cappella del suo castello, dove aveva accolto i Frati Minori, alla presenza di alcuni intimi, rinunziò alla propria volontà, a tutte le vanità del mondo e a tutto quello che nel vangelo il Salvatore ha consigliato di lasciare. Fatto questo, temendo di poter essere riassorbita dal rumore del mondo e dalla gloria umana, se rimaneva nei luoghi in cui era vissuta insieme al marito e in cui era tanto ben voluta e stimata, volle seguirmi a Marburgo, sebbene io non volessi. Quivi costruì un ospedale ove raccolse i malati e gli invalidi e servì alla propria mensa i più miserabili ed i più derelitti.
Affermo davanti a Dio che raramente ho visto una donna così contemplativa come Elisabetta, che pure era dedita a molte attività. Alcuni religiosi e religiose constatarono assai spesso che, quando ella usciva dalla sua preghiera privata, emanava dal volto un mirabile splendore e che dai suoi occhi uscivano come dei raggi di sole.
Prima della morte ne ascoltai la confessione e le domandai cosa di dovesse fare dei suoi averi e delle suppellettili. Mi rispose che quanto sembrava sua proprietà era tutto dei poveri e mi pregò di distribuire loro ogni cosa, eccetto una tunica di nessun valore di cui era rivestita, e nella quale volle esser seppellita. Fatto questo, ricevette il Corpo del Signore. Poi, fino a sera, spesso ritornava su tutte le cose belle che aveva sentito nella predicazione. Infine raccomandò a Dio, con grandissima devozione, tutti coloro che le stavano dintorno, e spirò come addormentandosi dolcemente.
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ANTÍPHONA AD OFFERTÓRIUM            
Ps. 44, 3. Diffúsa est grátia in lábiis tuis: proptérea benedíxit te Deus in ætérnum, et in sǽculum sǽculi, allelúja.   

Ps. 44, 3. Le tue labbra sono soffuse di grazia, perciò dio ti ha benedetta in eterno e per tutti i secoli.

SECRÉTA            
Accépta tibi sit, Dómine, sacrátæ plebis oblátio pro tuórum honóre Sanctórum: quorum se méritis de tribulatióne percepísse cognóscit auxílium. Per Dóminum nostrum.  

Ti siano gradite, o Signore, l’offerta del tuo popolo fedele in onore dei tuoi santi, per i meriti dei quali sa di aver ricevuto soccorso nelle prove. Per il nostro Signore.

PREFAZIO DELLA SANTISSIMA TRINITÀ      

COMMÚNIO           
Ps. 44, 8. Dilexísti justítiam, et odísti iniquitátem: proptérea unxit te Deus, Deus tuus, óleo lætítiæ præ consórtibus tuis.  

Ps. 44, 8. Tu ami la giustizia e detesti l’empietà ; perciò Dio, il tuo Dio, ti ha consacrato con olio di letizia a preferenza delle tue compagne.

POSTCOMMÚNIO            
Satiásti, Dómine, famíliam tuam munéribus sacris: ejus, quǽsumus, semper interventióne nos réfove, cujus sollémnia celebrámus. Per Dóminum.

O signore, Tu che hai saziato la tua famiglia con doni sacri, confortaci sempre con l’intercessione della Santa di cui celebriamo la festa. Per il nostro Signore.

https://www.maranatha.it/calendar/cal18Dpage.htm
https://www.maranatha.it/Feriale/santiProprio/1117aPage.htm

AMDG et DVM

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