181. La parabola del grano e del loglio. San Matteo 13, 24-30
((Forse meglio leggerla a questo link: http://www.scrittivaltorta.altervista.org/03/03181.pdf ))
***
Un'alba chiara imperla il lago e fascia i colli di una nebbia leggera come velo di mussola da cui appaiono,
ingentiliti, ulivi e noci, e case e dossi dei paesi del lago. Le barche scivolano quiete e silenziose, dirette verso
Cafarnao. Ma ad un certo punto Pietro piega la barra del timone così rudemente che la barca si inchina da un
lato. Che fai? » chiede Andrea.
«C'è la barca di un gufo. Esce ora da Cafarnao. Ho buoni occhi e, da ieri sera, fiuto di segugio. Non voglio
che ci vedano. Torno al fiume. Andremo a piedi ». Anche l'altra barca ha seguito la manovra, ma Giacomo,
che regge il timone, chiede a Pietro: « Perché fai questo? ».
«Te lo dirò. Vienimi dietro ».
Gesù, che è seduto a poppa, si riscuote quando è quasi all'altezza del Giordano. « Ma che fai, Simone? »
chiede.
«Si scende qui. C'è uno sciacallo in giro. Non si può andare a Cafarnao oggi. Prima vado io a sentire un
poco. Io con Simone e Natanaele. Tre degne persone contro tre indegne persone… se pure le indegne non
saranno di più».
«Non vedere insidie da tutte le parti, ora! Quella non è la barca di Simone il fariseo? ».
«E’ proprio quella ».
«Non c'era alla cattura di Giovanni».
«Non so niente io ».
«E’ sempre rispettoso verso di Me ».
«Non so niente io ».
«Mi fai parere vile ».
«Non so niente io ».
Per quanto Gesù non abbia voglia di ridere, deve sorridere per la santa cocciutaggine di Pietro.
«Ma a Cafarnao dovremo pure andare. Sè non oggi, più tardi. »
«Ti ho detto che vado prima io e sento e… - all'occorrenza... - farò anche questa… sarà una grossa spina da
inghiottire… ma lo farò per amore di Te. - Andrò... - andrò dal centurione a chiedere protezione…»
«Ma no! Non occorre!». La barca si arresta sulla spiaggetta deserta, opposta a Betsaida. Scendono tutti.
«Venite voi due. Vieni anche te, Filippo. Voi giovani state qui. Faremo presto ». Il neo discepolo Elia prega:
«Vieni in casa mia, Maestro. Ne sarei tanto felice di ospitarti…»
«Vengo. Simone, mi raggiungerai alla casa di Elia. Addio, Simone. Va'. Ma sii buono, prudente e
misericordioso. Vieni, che ti baci e benedica».
Pietro non assicura di essere né buono, né paziente, né misericordioso. Tace e scambia il bacio col suo
Maestro. Anche lo Zelote, Bartolomeo e Filippo scambiano il bacio di addio e le d
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fiorente. Lasciala andare. Non barcollerà più e non sentirà stanchezza ». La madre posa al suolo la fanciulla,
che sta ben ritta e sorride sempre più giuliva. Infine trilla con la sua voce argentina:
«Benedici il Signore, mamma! Sono ben guarita! Lo sento » e, nella sua semplicità di pastorella e di
fanciulla, si lancia al collo di Gesù e lo bacia. La madre, riservata come l'età insegna, si prostra e bacia la
veste benedicendo il Signore.
«Andate. Ricordatevi del beneficio avuto da Dio e siate buone. La pace sia con voi».
Ma la gente si affolla già nell'orticello della casa di Elia e reclama la parola del Maestro. E per quanto Gesù
non abbia molta voglia di farlo, addolorato come è per la cattura, e per il modo come è avvenuta, del Battista,
pure si arrende e all'ombra degli alberi inizia a parlare.
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«Ancora in questo bel tempo di granai che spigano, Io vi voglio proporre una parabola presa dai grani. Udite.
Il Regno dei Cieli è simile ad un uomo che seminò buon seme nel suo campo. Ma, mentre l'uomo e i suoi
servi dormivano, venne un suo nemico e sparse seme di loglio sui solchi e poi se ne andò. Nessuno sul
principio si accorse di nulla. Venne l'inverno con le piogge e le brine, venne la fine di tebet e germogliò il
grano. Un verde tenero di foglioline appena spuntate. Parevano tutte uguali nella loro infanzia innocente.
Venne scebat e poi adar e si formarono le piante e poi granirono le spighe. Si vide allora che il verde non era
tutto grano ma anche loglio, ben avviticchiato coi suoi vilucchi sottili e tenaci agli steli del grano. I servi del
padrone andarono alla sua casa e dissero: "Signore, che seme hai seminato? Non era seme eletto, mondo da
ogni altro seme che grano non fosse? ". "Certo che lo era. Io ne ho scelto i chicchi tutti uguali di formazione.
E avrei visto se vi fossero stati altri semi - E come allora è nato tanto loglio fra il tuo grano? ". Il padrone
pensò, poi disse: "Qualche nemico mio mi ha fatto questo per farmi danno. I servi chiesero allora: "Vuoi che
andiamo fra i solchi e con pazienza liberiamo le spighe dal loglio, trappando quest'ultimo? Ordina e lo
faremo". Ma il padrone rispose: "No. Potreste nel farlo estirpare anche il grano e quasi sicuramente offendere
le spighe ancora tenerelle. Lasciate che l'uno e l'altro stiano insieme fino alla mietitura. Allora io dirò ai
mietitori: 'Falciate tutto insieme; poi, avanti di legare i covoni, ora che il seccume ha fatto friabili i vilucchi
del loglio mentre più robuste e dure sono le serrate spighe, scegliete il loglio dal grano e fatene fasci a parte.
Li brucerete poi e faranno concime al suolo. Mentre il buon grano lo porterete nei granai e servirà ad ottimo
pane con scorno del nemico, che avrà guadagnato solo di esser abbietto a Dio col suo livore. Ora riflettete fra voi quanto sovente avvenga e numerosa sia la semina del Nemico nei vostri cuori. E comprendete come
occorra vigilare con pazienza e costanza per fare si che poco loglio si mescoli al grano eletto. La sorte del
loglio è di ardere. Volete voi ardere o divenire cittadini del Regno? Voi dite che volete essere cittadini del
Regno. Ebbene, sappiatelo essere. Il buon Dio vi dà la Parola. Il Nemico vigila per renderla nociva, poiché
farina di grano mescolata a farina di loglio dà pane amaro e nocivo al ventre. Sappiate col buon volere, se
loglio è nell'anima vostra, sceglierlo per gettarlo onde non essere indegni di Dio. Andate, figli. La pace sia con voi. »
La gente sfolla lentamente. Nell'orto restano gli otto apostoli più Elia, suo fratello, la madre e il vecchio
Isacco, che si pasce l'anima nel guardarsi il suo Salvatore.
«Venitemi intorno e udite. Vi spiego il senso completo della parabola, che ha due aspetti ancora, oltre quello
detto alla folla. Nel senso universale la parabola ha questa applicazione: il campo è il mondo. Il buon seme
sono i figli del Regno di Dio, seminati da Dio sul mondo in attesa di giungere al loro limite ed essere recisi
dalla Falciatrice e portati al Padrone del mondo, perché li riponga nei suoi granai. Il loglio sono i figli del
Maligno, sparsi a loro volta sul campo di Dio nell'intento di dare pena al Padrone del mondo e di nuocere
anche alle spighe di Dio. Il Nemico di Dio li ha, per un sortilegio, seminati apposta, perché veramente il
Diavolo snatura l'uomo fino a farne una sua creatura, e, questa semina, per traviare altri che non ha potuto
asservire altrimenti. La mietitura, anzi la formazione dei covoni e il trasporto degli stessi ai granai, è la fine
del mondo, e coloro che la compiono sono gli angeli. A loro è ordinato di radunare le falciate creature e
separare il grano dal loglio e, come nella parabola questo si brucia, così verranno bruciati nel fuoco eterno i
dannati, all'Ultimo Giudizio. Il Figlio dell'uomo manderà a togliere dal suo Regno tutti gli operatori di
scandali e di iniquità. Perché allora il Regno sarà e in terra e in Cielo, e fra i cittadini del Regno sulla terra
saranno mescolati molti figli del Nemico. Questi raggiungeranno, come è detto anche dai Profeti, la
perfezione dello scandalo e dell'abominio in ogni ministero della terra, e daranno fiera noia ai figli dello
spirito. Nel Regno di Dio, nei Cieli, già saranno stati espulsi i corrotti, perché corruzione non entra in Cielo.
Ora dunque gli angeli del Signore, menando la falce fra le schiere dell'ultimo raccolto, falceranno e
separeranno il grano dal loglio e getteranno questo nella fornace ardente dove è pianto e stridor di denti,
portando invece i giusti, l'eletto grano, nella Gerusalemme eterna dove essi splenderanno come soli nel
Regno del Padre mio e vostro. Questo nel senso universale. ///Ma per voi ve ne è un altro ancora, che risponde
alle domande che più volte, e specie da ieri sera, vi fate. Voi vi chiedete: "Ma dunque fra la massa dei
discepoli possono essere dei traditori? " e fremete in cuor vostro di orrore e di paura. Ve ne possono essere.
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Ve ne sono certo. Il seminatore sparge il buon seme. In questo caso, più che spargere, si potrebbe dire: "
coglie ". Perché il maestro, sia che sia Io o sia che fosse il Battista, aveva scelto i suoi discepoli. Come allora
si sono traviati? No, anzi. Male ho detto dicendo "seme" i discepoli. Voi potreste capire male. Dirò allora
"campo". Tanti discepoli tanti campi, scelti dal maestro per costituire l'area del Regno di Dio, i beni di Dio.
Su essi il maestro si affatica per coltivarli, acciò diano il cento per cento. Tutte le cure. Tutte. Con pazienza.
Con amore. Con sapienza. Con fatica. Con costanza. Vede anche le loro tendenze malvagie. Le loro aridità e
le loro avidità. Vede le loro testardaggini e le loro debolezze. Ma spera, spera sempre, e corrobora la sua
speranza con la preghiera e la penitenza, perché li vuole portare alla perfezione. Ma i campi sono aperti. Non
sono un chiuso giardino cinto da mura di fortezza, di cui sia padrone solo il maestro e in cui solo lui possa
penetrare. Sono aperti. Messi al centro del mondo, fra il mondo, tutti li possono avvicinare, tutti vi possono
penetrare. Tutti e tutto. Oh! non è il loglio solo il mal seme seminato! Il loglio potrebbe essere simbolo della
leggerezza amara dello spirito del mondo. Ma vi nascono, gettati dal Nemico, tutti gli altri semi. Ecco le
ortiche. Ecco le gramigne. Ecco le cuscute. Ecco i vilucchi. Ecco infine le cicute e i tossici. Perché? Perché?
Che sono? Le ortiche: gli spiriti pungenti, indomabili, che feriscono per sovrabbondanza di veleni e danno
tanto disagio. Le gramigne: i parassiti che sfiniscono il maestro senza saper fare altro che strisciare e
succhiare, godendo del lavoro di lui e nuocendo ai volonterosi, che veramente trarrebbero maggior frutto se
il maestro fosse non turbato e distratto dalle cure che esigono le gramigne. I vilucchi inerti che non si alzano
da terra che fruendo degli altri. Le cuscute: tormento sulla via già penosa del maestro e tormento ai discepoli
fedeli che lo seguono. Si uncinano, si conficcano, lacerano, graffiano, mettono diffidenza e sofferenza. I
tossici: i delinquenti fra i discepoli, coloro che giungono a tradire e a spegnere la vita come le cicute e le altre
piante tossiche. Avete mai visto come sono belle coi loro fiorellini che poi divengono palline bianche, rosse,
celesteviola? Chi direbbe che quella corolla stellare, candida o appena rosata, col suo cuoricino d'oro, chi che
quei coralli multicori, tanto simili ad altri frutticini che sono la delizia degli uccelli e dei pargoli, possano,
giunti a maturazione, dare morte? Nessuno. E gli innocenti ci cascano. Credono tutti buoni come loro… e ne
colgono e muoiono. Credono tutti buoni come loro! Oh! che verità che sublima il maestro e che condanna il
suo traditore! Come? La bontà non disarma? Non rende il malvolere innocuo? No. Non lo rende tale, perché
l'uomo caduto preda del Nemico è insensibile a tutto ciò che è superiore. E ogni superiore cosa cambia per
lui aspetto. La bontà diviene debolezza che è lecito calpestare e acuisce il suo malvolere come acuisce la
voglia di sgozzare, in una fiera, il sentire l'odore del sangue. Anche il maestro è sempre un innocente… e
lascia che il suo traditore lo avveleni, perché non vuole e non può lasciar pensare agli altri che un uomo
giunga ad essere micidiale a chi è innocente. Nei discepoli, i campi del maestro, vengono i nemici. Sono
tanti. Il primo è Satana. Gli altri i suoi servi, ossia gli uomini, le passioni, il mondo e la carne. Ecco, ecco il
discepolo più facile ad essere percosso da essi perché non sta tutto presso al maestro, ma sta a cavaliere fra il
maestro e il mondo. Non sa, non vuole separarsi tutto da ciò che è mondo, carne, passioni e demonio, per
essere tutto di chi lo porta a Dio. Su questo spargono i loro semi e mondo e carne, e passioni e demonio.
L'oro, il potere, la donna, l'orgoglio, la paura di un mal giudizio del mondo e lo spirito di utilitarismo. "I
grandi sono i più forti. Ecco che io li servo per averli amici - E si diventa delinquenti e dannati per queste
misere cose!… Perché il maestro, che vede l'imperfezione del discepolo, anche se non vuole arrendersi al
pensiero: " Costui sarà il mio uccisore ", non lo estirpa subito dalle sue file? Questo voi vi chiedete. Perché è
inutile farlo. Se lo facesse non impedirebbe di averlo nemico, doppiamente e più sveltamente nemico per la
rabbia o il dolore di essere scoperto o di essere cacciato. Dolore. Sì. Perché delle volte il cattivo discepolo
non si avvede di essere tale. E tanto sottile l'opera demoniaca che egli non l'avverte. Si indemonia senza
sospettare di essere soggetto a questa operazione. Rabbia. Sì. Rabbia per essere conosciuto per quello che è,
quando egli non è incosciente del lavoro di Satana e dei suoi adepti: gli uomini che tentano il debole nelle
sue debolezze per levare dal mondo il santo che li offende, nelle loro malvagità, con il paragone della sua
bontà. E allora il santo prega e si abbandona a Dio. "Ciò che Tu permetti si faccia, sia fatto" dice. Solo
aggiunge questa clausola: "purché serva al tuo fine". Il santo sa che verrà l'ora in cui verranno espulsi dalle
sue messi i logli malvagi. Da chi? Da Dio stesso, che non permette oltre di quanto è utile al trionfo della sua
volontà d'amore ».
«Ma se Tu ammetti che sempre è Satana, e gli adepti di lui… mi sembra che la responsabilità del discepolo
scemi » dice Matteo.
«Non te lo pensare. Se il Male esiste, esiste anche il Bene, ed esiste nell'uomo il discernimento e con esso la
libertà».
«Tu dici che Dio non permette oltre di quanto è utile al trionfo della sua volontà d'amore. Dunque anche
questo errore è utile, se Egli lo permette, e serve ad un trionfo di volontà divina » dice l'Iscariota.
«E tu arguisci, come Matteo, che ciò giustifica il delitto del discepolo. Dio aveva creato il leone senza ferocia
e il serpente senza veleno. Ora l'uno è feroce e l'altro è velenoso. Ma Dio li ha separati dall'uomo per ciò.
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Medita su questo e applica. Andiamo nella casa. Il sole è già forte, troppo. Come per inizio di temporale. E
voi siete stanchi della notte insonne ».
«La casa ha la stanza alta, ampia e fresca. Potrete riposare » dice Elia. Salgono per la scala esterna. Ma solo
gli apostoli si stendono sulle stuoie per riposare. Gesù esce sulla terrazza, ombreggiata in un angolo da un
altissimo rovere, e si assorbe nei suoi pensieri.
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181. La parabola del grano e del loglio. Un'alba chiara imperla il lago e fascia i colli di una nebbia leggera come velo di mussola da cui appaiono, ingentiliti, ulivi e noci, e case e dossi dei paesi del lago. Le barche scivolano quiete e silenziose, dirette verso Cafarnao. Ma ad un certo punto Pietro piega la barra del timone così rudemente che la barca si inchina da un lato. Che fai? » chiede Andrea. «C'è la barca di un gufo. Esce ora da Cafarnao. Ho buoni occhi e, da ieri sera, fiuto di segugio. Non voglio che ci vedano. Torno al fiume. Andremo a piedi ». Anche l'altra barca ha seguito la manovra, ma Giacomo, che regge il timone, chiede a Pietro: « Perché fai questo? ». «Te lo dirò. Vienimi dietro ». Gesù, che è seduto a poppa, si riscuote quando è quasi all'altezza del Giordano. « Ma che fai, Simone? » chiede. «Si scende qui. C'è uno sciacallo in giro. Non si può andare a Cafarnao oggi. Prima vado io a sentire un poco. Io con Simone e Natanaele. Tre degne persone contro tre indegne persone… se pure le indegne non saranno di più». «Non vedere insidie da tutte le parti, ora! Quella non è la barca di Simone il fariseo? ». «E’ proprio quella ». «Non c'era alla cattura di Giovanni». «Non so niente io ». «E’ sempre rispettoso verso di Me ». «Non so niente io ». «Mi fai parere vile ». «Non so niente io ». Per quanto Gesù non abbia voglia di ridere, deve sorridere per la santa cocciutaggine di Pietro. «Ma a Cafarnao dovremo pure andare. Sè non oggi, più tardi. » «Ti ho detto che vado prima io e sento e… - all'occorrenza... - farò anche questa… sarà una grossa spina da inghiottire… ma lo farò per amore di Te. - Andrò... - andrò dal centurione a chiedere protezione…» «Ma no! Non occorre!». La barca si arresta sulla spiaggetta deserta, opposta a Betsaida. Scendono tutti. «Venite voi due. Vieni anche te, Filippo. Voi giovani state qui. Faremo presto ». Il neo discepolo Elia prega: «Vieni in casa mia, Maestro. Ne sarei tanto felice di ospitarti…» «Vengo. Simone, mi raggiungerai alla casa di Elia. Addio, Simone. Va'. Ma sii buono, prudente e misericordioso. Vieni, che ti baci e benedica». Pietro non assicura di essere né buono, né paziente, né misericordioso. Tace e scambia il bacio col suo Maestro. Anche lo Zelote, Bartolomeo e Filippo scambiano il bacio di addio e le d 100 fiorente. Lasciala andare. Non barcollerà più e non sentirà stanchezza ». La madre posa al suolo la fanciulla, che sta ben ritta e sorride sempre più giuliva. Infine trilla con la sua voce argentina: «Benedici il Signore, mamma! Sono ben guarita! Lo sento » e, nella sua semplicità di pastorella e di fanciulla, si lancia al collo di Gesù e lo bacia. La madre, riservata come l'età insegna, si prostra e bacia la veste benedicendo il Signore. «Andate. Ricordatevi del beneficio avuto da Dio e siate buone. La pace sia con voi». Ma la gente si affolla già nell'orticello della casa di Elia e reclama la parola del Maestro. E per quanto Gesù non abbia molta voglia di farlo, addolorato come è per la cattura, e per il modo come è avvenuta, del Battista, pure si arrende e all'ombra degli alberi inizia a parlare.
«Ancora in questo bel tempo di granai che spigano, Io vi voglio proporre una parabola presa dai grani. Udite. Il Regno dei Cieli è simile ad un uomo che seminò buon seme nel suo campo. Ma, mentre l'uomo e i suoi servi dormivano, venne un suo nemico e sparse seme di loglio sui solchi e poi se ne andò. Nessuno sul principio si accorse di nulla. Venne l'inverno con le piogge e le brine, venne la fine di tebet e germogliò il grano. Un verde tenero di foglioline appena spuntate. Parevano tutte uguali nella loro infanzia innocente. Venne scebat e poi adar e si formarono le piante e poi granirono le spighe. Si vide allora che il verde non era tutto grano ma anche loglio, ben avviticchiato coi suoi vilucchi sottili e tenaci agli steli del grano. I servi del padrone andarono alla sua casa e dissero: "Signore, che seme hai seminato? Non era seme eletto, mondo da ogni altro seme che grano non fosse? ". "Certo che lo era. Io ne ho scelto i chicchi tutti uguali di formazione. E avrei visto se vi fossero stati altri semi - E come allora è nato tanto loglio fra il tuo grano? ". Il padrone pensò, poi disse: "Qualche nemico mio mi ha fatto questo per farmi danno. I servi chiesero allora: "Vuoi che andiamo fra i solchi e con pazienza liberiamo le spighe dal loglio, trappando quest'ultimo? Ordina e lo faremo". Ma il padrone rispose: "No. Potreste nel farlo estirpare anche il grano e quasi sicuramente offendere le spighe ancora tenerelle. Lasciate che l'uno e l'altro stiano insieme fino alla mietitura. Allora io dirò ai mietitori: 'Falciate tutto insieme; poi, avanti di legare i covoni, ora che il seccume ha fatto friabili i vilucchi del loglio mentre più robuste e dure sono le serrate spighe, scegliete il loglio dal grano e fatene fasci a parte. Li brucerete poi e faranno concime al suolo. Mentre il buon grano lo porterete nei granai e servirà ad ottimo pane con scorno del nemico, che avrà guadagnato solo di esser abbietto a Dio col suo livore. Ora riflettete fra voi quanto sovente avvenga e numerosa sia la semina del Nemico nei vostri cuori. E comprendete come occorra vigilare con pazienza e costanza per fare si che poco loglio si mescoli al grano eletto. La sorte del loglio è di ardere. Volete voi ardere o divenire cittadini del Regno? Voi dite che volete essere cittadini del Regno. Ebbene, sappiatelo essere. Il buon Dio vi dà la Parola. Il Nemico vigila per renderla nociva, poiché farina di grano mescolata a farina di loglio dà pane amaro e nocivo al ventre. Sappiate col buon volere, se loglio è nell'anima vostra, sceglierlo per gettarlo onde non essere indegni di Dio. Andate, figli. La pace sia con voi. »
La gente sfolla lentamente. Nell'orto restano gli otto apostoli più Elia, suo fratello, la madre e il vecchio Isacco, che si pasce l'anima nel guardarsi il suo Salvatore. «Venitemi intorno e udite. Vi spiego il senso completo della parabola, che ha due aspetti ancora, oltre quello detto alla folla. Nel senso universale la parabola ha questa applicazione: il campo è il mondo. Il buon seme sono i figli del Regno di Dio, seminati da Dio sul mondo in attesa di giungere al loro limite ed essere recisi dalla Falciatrice e portati al Padrone del mondo, perché li riponga nei suoi granai. Il loglio sono i figli del Maligno, sparsi a loro volta sul campo di Dio nell'intento di dare pena al Padrone del mondo e di nuocere anche alle spighe di Dio. Il Nemico di Dio li ha, per un sortilegio, seminati apposta, perché veramente il Diavolo snatura l'uomo fino a farne una sua creatura, e, questa semina, per traviare altri che non ha potuto asservire altrimenti. La mietitura, anzi la formazione dei covoni e il trasporto degli stessi ai granai, è la fine del mondo, e coloro che la compiono sono gli angeli. A loro è ordinato di radunare le falciate creature e separare il grano dal loglio e, come nella parabola questo si brucia, così verranno bruciati nel fuoco eterno i dannati, all'Ultimo Giudizio. Il Figlio dell'uomo manderà a togliere dal suo Regno tutti gli operatori di scandali e di iniquità. Perché allora il Regno sarà e in terra e in Cielo, e fra i cittadini del Regno sulla terra saranno mescolati molti figli del Nemico. Questi raggiungeranno, come è detto anche dai Profeti, la perfezione dello scandalo e dell'abominio in ogni ministero della terra, e daranno fiera noia ai figli dello spirito. Nel Regno di Dio, nei Cieli, già saranno stati espulsi i corrotti, perché corruzione non entra in Cielo. Ora dunque gli angeli del Signore, menando la falce fra le schiere dell'ultimo raccolto, falceranno e separeranno il grano dal loglio e getteranno questo nella fornace ardente dove è pianto e stridor di denti, portando invece i giusti, l'eletto grano, nella Gerusalemme eterna dove essi splenderanno come soli nel Regno del Padre mio e vostro. Questo nel senso universale. Ma per voi ve ne è un altro ancora, che risponde alle domande che più volte, e specie da ieri sera, vi fate. Voi vi chiedete: "Ma dunque fra la massa dei discepoli possono essere dei traditori? " e fremete in cuor vostro di orrore e di paura. Ve ne possono essere. 101 Ve ne sono certo. Il seminatore sparge il buon seme. In questo caso, più che spargere, si potrebbe dire: " coglie ". Perché il maestro, sia che sia Io o sia che fosse il Battista, aveva scelto i suoi discepoli. Come allora si sono traviati? No, anzi. Male ho detto dicendo "seme" i discepoli. Voi potreste capire male. Dirò allora "campo". Tanti discepoli tanti campi, scelti dal maestro per costituire l'area del Regno di Dio, i beni di Dio. Su essi il maestro si affatica per coltivarli, acciò diano il cento per cento. Tutte le cure. Tutte. Con pazienza. Con amore. Con sapienza. Con fatica. Con costanza. Vede anche le loro tendenze malvagie. Le loro aridità e le loro avidità. Vede le loro testardaggini e le loro debolezze. Ma spera, spera sempre, e corrobora la sua speranza con la preghiera e la penitenza, perché li vuole portare alla perfezione. Ma i campi sono aperti. Non sono un chiuso giardino cinto da mura di fortezza, di cui sia padrone solo il maestro e in cui solo lui possa penetrare. Sono aperti. Messi al centro del mondo, fra il mondo, tutti li possono avvicinare, tutti vi possono penetrare. Tutti e tutto. Oh! non è il loglio solo il mal seme seminato! Il loglio potrebbe essere simbolo della leggerezza amara dello spirito del mondo. Ma vi nascono, gettati dal Nemico, tutti gli altri semi. Ecco le ortiche. Ecco le gramigne. Ecco le cuscute. Ecco i vilucchi. Ecco infine le cicute e i tossici. Perché? Perché? Che sono? Le ortiche: gli spiriti pungenti, indomabili, che feriscono per sovrabbondanza di veleni e danno tanto disagio. Le gramigne: i parassiti che sfiniscono il maestro senza saper fare altro che strisciare e succhiare, godendo del lavoro di lui e nuocendo ai volonterosi, che veramente trarrebbero maggior frutto se il maestro fosse non turbato e distratto dalle cure che esigono le gramigne. I vilucchi inerti che non si alzano da terra che fruendo degli altri. Le cuscute: tormento sulla via già penosa del maestro e tormento ai discepoli fedeli che lo seguono. Si uncinano, si conficcano, lacerano, graffiano, mettono diffidenza e sofferenza. I tossici: i delinquenti fra i discepoli, coloro che giungono a tradire e a spegnere la vita come le cicute e le altre piante tossiche. Avete mai visto come sono belle coi loro fiorellini che poi divengono palline bianche, rosse, celesteviola? Chi direbbe che quella corolla stellare, candida o appena rosata, col suo cuoricino d'oro, chi che quei coralli multicori, tanto simili ad altri frutticini che sono la delizia degli uccelli e dei pargoli, possano, giunti a maturazione, dare morte? Nessuno. E gli innocenti ci cascano. Credono tutti buoni come loro… e ne colgono e muoiono. Credono tutti buoni come loro! Oh! che verità che sublima il maestro e che condanna il suo traditore! Come? La bontà non disarma? Non rende il malvolere innocuo? No. Non lo rende tale, perché l'uomo caduto preda del Nemico è insensibile a tutto ciò che è superiore. E ogni superiore cosa cambia per lui aspetto. La bontà diviene debolezza che è lecito calpestare e acuisce il suo malvolere come acuisce la voglia di sgozzare, in una fiera, il sentire l'odore del sangue. Anche il maestro è sempre un innocente… e lascia che il suo traditore lo avveleni, perché non vuole e non può lasciar pensare agli altri che un uomo giunga ad essere micidiale a chi è innocente. Nei discepoli, i campi del maestro, vengono i nemici. Sono tanti. Il primo è Satana. Gli altri i suoi servi, ossia gli uomini, le passioni, il mondo e la carne. Ecco, ecco il discepolo più facile ad essere percosso da essi perché non sta tutto presso al maestro, ma sta a cavaliere fra il maestro e il mondo. Non sa, non vuole separarsi tutto da ciò che è mondo, carne, passioni e demonio, per essere tutto di chi lo porta a Dio. Su questo spargono i loro semi e mondo e carne, e passioni e demonio. L'oro, il potere, la donna, l'orgoglio, la paura di un mal giudizio del mondo e lo spirito di utilitarismo. "I grandi sono i più forti. Ecco che io li servo per averli amici - E si diventa delinquenti e dannati per queste misere cose!… Perché il maestro, che vede l'imperfezione del discepolo, anche se non vuole arrendersi al pensiero: " Costui sarà il mio uccisore ", non lo estirpa subito dalle sue file? Questo voi vi chiedete. Perché è inutile farlo. Se lo facesse non impedirebbe di averlo nemico, doppiamente e più sveltamente nemico per la rabbia o il dolore di essere scoperto o di essere cacciato. Dolore. Sì. Perché delle volte il cattivo discepolo non si avvede di essere tale. E tanto sottile l'opera demoniaca che egli non l'avverte. Si indemonia senza sospettare di essere soggetto a questa operazione. Rabbia. Sì. Rabbia per essere conosciuto per quello che è, quando egli non è incosciente del lavoro di Satana e dei suoi adepti: gli uomini che tentano il debole nelle sue debolezze per levare dal mondo il santo che li offende, nelle loro malvagità, con il paragone della sua bontà. E allora il santo prega e si abbandona a Dio. "Ciò che Tu permetti si faccia, sia fatto" dice. Solo aggiunge questa clausola: "purché serva al tuo fine". Il santo sa che verrà l'ora in cui verranno espulsi dalle sue messi i logli malvagi. Da chi? Da Dio stesso, che non permette oltre di quanto è utile al trionfo della sua volontà d'amore ». «Ma se Tu ammetti che sempre è Satana, e gli adepti di lui… mi sembra che la responsabilità del discepolo scemi » dice Matteo. «Non te lo pensare. Se il Male esiste, esiste anche il Bene, ed esiste nell'uomo il discernimento e con esso la libertà». «Tu dici che Dio non permette oltre di quanto è utile al trionfo della sua volontà d'amore. Dunque anche questo errore è utile, se Egli lo permette, e serve ad un trionfo di volontà divina » dice l'Iscariota. «E tu arguisci, come Matteo, che ciò giustifica il delitto del discepolo. Dio aveva creato il leone senza ferocia e il serpente senza veleno. Ora l'uno è feroce e l'altro è velenoso. Ma Dio li ha separati dall'uomo per ciò. 102 Medita su questo e applica. Andiamo nella casa. Il sole è già forte, troppo. Come per inizio di temporale. E voi siete stanchi della notte insonne ». «La casa ha la stanza alta, ampia e fresca. Potrete riposare » dice Elia. Salgono per la scala esterna. Ma solo gli apostoli si stendono sulle stuoie per riposare. Gesù esce sulla terrazza, ombreggiata in un angolo da un altissimo rovere, e si assorbe nei suoi pensieri.
http://www.potenzadellacroce.it/contenuti/materiali/Maria_Valtorta_-_LEvangelo_come_mi_e_stato_rivelato.pdf -pag 99, paragrafo 181-
AMDG et DVM
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