martedì 22 novembre 2016

Cinque savie e cinque stolte


Le parabole di Gesù
(008)
Le vergini savie e stolte e le nozze reali (da 206.2 - 206.3)
Or dunque udite. Da noi è costume che le vergini facciano scorta allo sposo che giunge, per condurlo fra lumi e canti alla casa nuziale insieme alla sua dolce sposa. Quando il corteo lascia la casa della sposa, che velata e commossa si dirige al suo posto di regina, in una casa non sua, ma dal momento in cui ella diviene una carne con lo sposo sua diventa, il corteo delle vergini, amiche per lo più della sposa, corre incontro a questi due felici, per circondarli di un anello di luci.
Ora avvenne che in un paese si fece uno sponsale. Mentre gli sposi coi parenti e amici tripudiavano nella casa della sposa, dieci vergini andarono al loro posto, nel vestibolo della casa dello sposo, pronte ad uscire a lui incontro quando un lontano suono di cembali e di canti avesse ad avvertire che gli sposi avevano lasciata la casa della sposa per venire a quella dello sposo. Ma il convito nella casa degli sponsali si prolungava, e scese così la notte. Le vergini, voi lo sapete, tengono sempre le lampade accese per non perdere tempo al momento buono.
Ora fra queste dieci vergini, dalle lampade accese e ben lucenti, ve ne erano cinque savie e cinque stolte. Le savie, piene di prudenza, si erano provviste di piccoli vasi pieni d'olio, per potere alimentare le lampade se la durata dell'attesa fosse stata più lunga del prevedibile, mentre le stolte si erano limitate ad empire per bene le lampadette.
Un'ora passò dopo l'altra. Gai discorsi, racconti, facezie rallegrarono l'attesa. Ma poi non seppero più che dire, nè che fare. E annoiate o anche semplicemente stanche le dieci fanciulle si sedettero più comodamente, con le lampade accese e ben vicine, e piano piano si addormentarono. Venne la mezzanotte e si udì un grido: "Ecco lo sposo, andategli incontro!" Le dieci fanciulle sorsero al comando, presero i veli e le ghirlande e si acconciarono, e corsero alla mensola dove erano le lampade. Cinque di esse languivano ormai.... Il lucignolo, non più nutrito dall'olio, tutto consumato, fumigava con sprazzi sempre più deboli, pronto a spegnersi al minimo soffio d'aria; mentre le altre cinque lampade, alimentate prima del sonno dalle prudenti, avevano fiamme ancor vive che si fecero ancora più vive per il nuovo olio aggiunto al vasello del lume.
"Oh!" pregarono le stolte, "Dateci un poco del vostro olio, perchè altrimenti le lampade si spegneranno al solo muoverle. Le vostre sono già belle!.... " Ma le prudenti risposero: "Fuori è il vento della notte e cade la guazza a grosse gocce. Mai non basta l'olio per fare una robusta fiamma che possa resistere ai venti e all'umidore. Se ve ne diamo accadrà che a noi pure vacillerà la luce. E ben triste sarebbe il corteo delle vergini senza il palpitare delle fiammelle! Andate, correte dal venditore più vicino, pregate, bussate, fatelo alzare perchè vi dia olio". E quelle, affannate, sgualcendo i veli, macchiandosi le vesti, perdendo le ghirlande nell'urtarsi e nel correre, seguirono il consiglio delle compagne.
Ma mentre andavano a comprare l'olio, ecco spuntare dal fondo della via lo sposo con la sposa. Le cinque vergini, munite di lampade accese, gli corsero incontro, e in mezzo a loro gli sposi entrarono in casa per la fine della cerimonia, quando le vergini avrebbero scortato per ultimo la sposa fino alla camera nuziale.
L'uscio venne chiuso dopo l'entrata degli sposi, e chi fuori era fuori rimase.
E così fu per le cinque stolte, che, giunte infine con l'olio, trovarono la porta serrata e inutilmente vi picchiarono contro, ferendosi le mani e gemendo: "Signore, signore, aprici! Siamo del corteo delle nozze. Siamo le vergini propiziatorie, scelte per portare onore e fortuna al tuo talamo". Ma lo sposo, dall'alto della casa, lasciando per un momento gli invitati più intimi da cui si accomiatava mentre la sposa entrava nella stanza nuziale, disse: "In verità vi dico che non vi conosco. Non so chi siate. I vostri visi non erano festanti intorno alla mia amata. Usurpatrici siete. Siate perciò lasciate fuori dalla casa di nozze". E le cinque stolte, piangendo, se ne andarono per le strade buie, con l'ormai inutile lume, con le vesti sgualcite, i veli strappati, le ghirlande strappate o perdute...
(segue spiegazione)


La parabola delle dieci vergini (206.4)

Ed ora sentite il sermone chiuso nella parabola. Vi ho detto al principio che il Regno dei Cieli è la casa degli sponsali compiuti fra Dio e le anime. Alle nozze celesti sono chiamati tutti i fedeli perché Dio ama tutti i suoi figli. Chi prima, chi poi, si trova al momento degli sponsali e l’esservi arrivati è gran sorte.

Ma  ora udite ancora. Voi sapete come le fanciulle reputino onore e fortuna esser chiamate ad ancelle intorno alla sposa. Applichiamo al nostro caso i personaggi e capirete meglio. Lo sposo è Dio. La sposa l’anima di un giusto che, superato il periodo del fidanzamento nella casa del Padre, ossia nella tutela e ubbidienza della e alla dottrina di Dio, vivendo secondo giustizia, viene portata nella casa dello Sposo per le nozze. Le ancelle-vergini sono le anime dei fedeli che, per l’esempio lasciato dalla sposa – essere stata scelta dallo Sposo per le sue virtù è segno che costei era un esempio vivo di santità – cercano di giungere allo stesso onore, santificandosi. 
Sono in veste bianca, netta e fresca, in bianchi veli, coronate di fiori. 

Hanno lampade accese in mano. Le lampade sono ben pulite, dal lucignolo nutrito di olio del più puro perché non sia maleodorante.

In veste bianca. La giustizia fermamente praticata dà candida veste e presto verrà il giorno che candidissima sarà, senza neppure il più lontano ricordo di macchia, di un candore supernaturale, di un candore angelico.

In veste netta. Occorre con umiltà tenere sempre netta la veste. Tanto facile è offuscare la purezza del cuore e chi non è mondo di cuore non può vedere Dio. L’umiltà è come acqua che lava. L’umile si accorge subito, perché ha occhio non offuscato da fumi d’orgoglio, di essersi offuscata la veste e corre dal suo Signore e dice: “Ho levato la nettezza a questo mio cuore. Io piango per mondarmi, ai tuoi piedi io piango e Tu, mio Sole, imbianca dei tuoi benigni perdoni, dei tuoi paterni amori, la veste mia!” 

In veste fresca. Oh! la freschezza del cuore! I bambini l’hanno per dono di Dio. I giusti l’hanno per dono di Dio e per volontà propria. I santi l’hanno per dono di Dio e per volontà propria portata all’eroismo. Ma i peccatori, dall’anima lacerata, bruciata, avvelenata, insozzata, non potranno allora mai più avere una veste fresca? Oh! si, che la possono avere. Cominciano ad averla dal momento che si guardano con ribrezzo, l’aumentano quando decidono di cambiare vita, la perfezionano quando con la penitenza si lavano, si disintossicano, si medicano, ricompongono la loro povera anima; e con l’aiuto di Dio che non nega soccorso a chi gli chiede santo aiuto e con la volontà propria portata al super eroismo, perché in loro non necessita di tutelare ciò che hanno, ma di ricostruire ciò che hanno abbattuto, perciò doppia, tripla e settupla fatica e infine con una penitenza instancabile, implacabile verso l’io che fu peccatore, riportano la loro anima ad una nuova freschezza d’infanzia, fatta preziosa dall’esperienza che li fa maestri di altri come erano loro un tempo, ossia peccatori.

In bianchi veli. L’umiltà. Io ho detto: “Quando pregate o fate penitenza fate che il mondo non se ne avveda”. Nei libri sapienziali è detto: “Non è bene svelare il segreto del Re”. L’umiltà è il velo candido messo a difesa sul bene che si fa e sul bene che Dio ci concede. Non gloria per l’amore di privilegio che Dio concede, non stolta gloria umana. Il dono verrebbe subito ritolto ma, interno canto del cuore al suo Dio: “l’anima mia ti magnifica, o Signore … perché Tu hai rivolto il tuo sguardo alla bassezza della sua serva”.
Gesù ha una breve sosta e getta uno sguardo verso sua Madre che avvampa sotto il suo velo e si china tutta, come per ravviare i capelli del bambino che è seduto ai suoi piedi, ma in realtà per celare il suo commosso ricordo …

Coronata di fiori. L’anima deve intessersi la sua quotidiana ghirlanda di atti virtuosi, perché al cospetto dell’Altissimo non devono stare cose vizze, né si deve stare in aspetto sciatto. Quotidiana, ho detto, perché l’anima non sa quando Dio-Sposo può apparire per dire: “Vieni”. Perciò non stancarsi mai di rinnovare la corona. Non abbiate paura. I fiori avvizziscono, ma i fiori delle corone virtuose non avvizziscono. L’angelo di Dio che ogni uomo ha al suo fianco,  le raccoglie queste ghirlande quotidiane e le porta in Cielo e là faranno da trono al novello beato quando entrerà come sposa nella casa nuziale.

Hanno le lampade accese. Per onorare lo Sposo e per guidarsi nella vita.  Come è fulgida la fede e che dolce amica ella è! Fa una fiamma raggiante come una stella, una fiamma che ride perché è sicura nella sua certezza, una fiamma che rende luminoso anche lo strumento che la regge. Anche la carne dell’uomo nutrito di fede pare, fin da questa terra, farsi più luminosa e spirituale, immune da precoce appassimento. Perché chi crede, si regge sulle parole e sui comandi di Dio per giungere a possedere Dio, suo fine, e perciò fugge ogni corruzione, non ha turbamenti, paure, rimorsi, non è obbligato ad uno sforzo per ricordarsi le sue menzogne o per nascondere le sue male azioni e si conserva bello e giovane della bella incorruzione del santo. Una carne e un sangue, una mente e un cuore puliti da ogni lussuria, per contenere l’olio della fede, per dare luce senza fumo. Una costante volontà per nutrire sempre questa luce. La vita di ogni giorno, con le sue delusioni, constatazioni, contatti, tentazioni, attriti, tende a sminuire la fede. No! Non deve avvenire. Andate giornalmente alle fonti dell’olio soave, dell’olio sapienziale, dell’olio di Dio.

Lampada poco nutrita può essere spenta dal minimo vento, può essere spenta dalla pesante guazza della notte. La notte … L’ora delle tenebre, del peccato, della tentazione viene a tutti. E’ la notte per l’anima. Ma se questa ha se stessa colma di fede non può la fiamma essere spenta dal vento del mondo, dal caligo delle sensualità.
Infine, vigilanza, vigilanza, vigilanza: Chi imprudente si fida dicendo: “Oh, Dio verrà in tempo, mentre ho ancora luce in me”, chi si induce a dormire in luogo di vigilare e dormire sprovvisto di quanto necessita per sorgere sollecito alla prima chiamata, chi si riduce all’ultimo momento per procurarsi l’olio della fede o il lucignolo robusto della buona volontà, incorre nel pericolo di rimanere fuori quando giunge lo Sposo. Vegliate, dunque, con prudenza, con costanza, con purezza, con fiducia per essere sempre pronti alla chiamata di Dio perché in realtà non sapete quando Esso verrà.

AVE MARIA PURISSIMA!