Lasciate che questa donna parli in pace ».
cap 365Tutti si affollano ad ascoltare.
«Tu non ti ricordi di me, o Maria di Betlemme. Ma io da trentuno anni ricordo il tuo nome e il tuo viso come
quello della pietà. Ero venuta anche io da lontano, da Perge, per l’Editto. Ed ero gravida. Ma speravo tornare
in tempo. Il marito si ammalò per via, e a Betlemme languì fino a morire. Io avevo partorito da venti giorni
quando egli morì. E le mie grida forarono il cielo e mi seccarono il latte o lo fecero veleno. Io mi coprii di
pustole e di pustole si coprì il figlio mio… E fummo gettati in una spelonca a morire… Ebbene… Tu, tu sola
venisti, guardinga, ogni poco per tutta una luna, portandomi cibo e medicando le mie piaghe, piangendo con
me, dando latte alla mia creatura che è viva per te, per te sola… Hai rischiato di essere uccisa a colpi di
pietra, perché mi chiamavano “la lebbrosa”… Oh! mia stella soave! Non ho dimenticato questo. Sono partita
dopo la guarigione. E ho saputo della strage a Efeso. Ti ho cercata tanto! Tanto! Tanto! Non potevo crederti
uccisa col figlio nella notte tremenda. Ma non ti ho mai trovata. Nella scorsa estate uno di Efeso udì tuo
Figlio, seppe chi era, lo seguì alcun tempo, fu con altri al suo seguito ai Tabernacoli… E tornando ha detto.
Io sono venuta per vederti, o Santa, prima di morire. Per benedirti tante volte quante sono le stille del latte
che hai dato al mio Giovanni, levandolo al Figlio tuo benedetto… ». La donna piange, stando in posa
riverente, un poco curva, con le mani strette alle braccia di Maria…
«Il latte non si nega mai, sorella. E… ».
«Oh! no. Io non sorella tua! Tu, Madre del Salvatore; io, povera donna sperduta, lontana dalla casa, vedova
con figlio al seno, al seno arido come torrente in estate… Senza te sarei morta. Tu tutto mi hai dato, ed ho
potuto tornare dai fratelli miei, mercanti ad Efeso, per te ».
«Eravamo due madri, due povere madri, con due bambini, per il mondo. E tu avevi il tuo dolore di vedova, io
quello di dover essere trafitta nel mio Figlio, come diceva nel Tempio il vecchio Simeone. Non ho fatto che
il mio dovere di sorella dandoti ciò che tu non avevi più. E il figlio tuo vive? ».
«Egli è là. E il tuo Figlio santo me lo ha guarito questa mattina. Che ne sia benedetto! ». E la donna si prostra
al Salvatore gridando: «Vieni, Giovanni, a ringraziare il Signore ».
Viene avanti, lasciando i compagni, un uomo dell’età di Gesù, robusto, dal volto leale se non bello. Di bello
ha l’espressione degli occhi profondi.
«La pace a te, fratello di Betlem. Di che ti ho guarito? ».
«Dalla cecità, Signore. Un occhio perduto, l’altro prossimo a perdersi. Ero sinagogo, ma non potevo più
leggere i sacri rotoli ».
«Ora li leggerai con maggior fede ».
«No, Signore. Ora leggerò Te. Voglio rimanere come discepolo. E senza vantare diritti per le gocce del latte
succhiate al seno dove Tu ti nutrivi. Non sono niente i giorni di una luna per creare un legame. Ma tutto è la
pietà di tua Madre, allora, e la tua di questa mattina ».
Gesù si volge alla donna: «E tu che ne pensi? ».
«Che mio figlio ti appartiene per due volte. Accettalo, Signore. E il sogno della povera Noemi sarà
compiuto».
«Sta bene. Sarai del Cristo. A voi: ricevete il compagno in nome del Signore », dice volgendosi agli apostoli.
I proseliti sono esaltati di emozione. Gli uomini vorrebbero subito rimanere. Tutti. Ma Gesù fermamente
dice: «No. Voi restate ciò che siete. Tornate alle vostre case conservando la fede e attendendo l’ora della
chiamata. E il Signore sia sempre con voi. Andate ».
«Potremo trovarti ancora qui? », chiedono.
«No. Come uccello che vola di ramo in ramo, Io andrò senza sosta. Non mi troverete qui. Non ho itinerario e
dimora. Ma, se giusto sarà, ci vedremo e mi udrete. Andate. Resti la donna col nuovo discepolo ».
Ed entra in casa seguito dalle donne e dagli apostoli, che commentano commossi l’episodio, ignorato fino ad
allora, e la carità profonda di Maria.