di Alessandro Gnocchi
nella rubrica del martedì “Fuori moda” - La posta di Alessandro Gnocchi
18 novembre 2014
Titolo, impaginazione e neretti sono nostri
Ogni martedì Alessandro Gnocchi risponde alle lettere degli amici lettori. Tutti potranno partecipare indirizzando le loro lettere a info@riscossacristiana.it, con oggetto: “la posta di Alessandro Gnocchi”. Chiediamo ai nostri amici lettere brevi, su argomenti che naturalmente siano di comune interesse. Ogni martedì sarà scelta una lettera per una risposta per esteso ed eventualmente si daranno ad altre lettere risposte brevi. Si cercherà, nei limiti del possibile, di dare risposte a tutti.
martedì 18 novembre 2014
Gent.mo Dott. Gnocchi,
(…) Quando da ragazzo affrontavo le prime lotte con la “Mentalità di questo mondo” (…) sapevo che “rientrato a casa” (la Chiesa), avrei trovato chi non solo mi appoggiava, ma mi spronava ad andare avanti dandomi lui stesso l’esempio (…)… in quella prospettiva si sarebbe potuto affrontare anche il martirio perché “si era con il Papa” e i miei fratelli erano con me… Ma adesso? (…)
Si, gentile dottor Gnocchi, il martirio di oggi per un cristiano ha un solo nome: “solitudine”, generata da chi per anni ti ha detto: “Coraggio, questa è la strada, non temere, comprométtiti pure con il mondo, perché io ti appoggio”, ma poi ha preferito allearsi con chi ti ha combattuto, rimproverandoti di dare troppa importanza ai valori non negoziabili, lasciandoti intorno un vuoto enorme. Per fortuna esiste ancora un luogo dove sentirsi accolti: la Santa Eucarestia; solo lì il cristiano può trovare quella forza di cui ha bisogno, forse per questo coloro che abbandonano i credenti di fronte al mondo sono gli stessi che attaccano la Santità e la serietà dell’azione liturgica così come ci è stata tramandata dalla Tradizione.
Mi scuso per la lungaggine, ma la sua rubrica è importante perché coloro che hanno un progetto comune di vita cristiana possano ritrovarsi anche solo per sfogarsi e confrontarsi. La saluto e la ringrazio.
Mario Amari
Caro Alessandro Gnocchi,
(…)
Scene di vita quotidiana dalla Chiesa post-sinodale e post-conciliare; città qualunque del Nord d’Italia. Entro alle 17.30 in una chiesa per recitare il mio rosario. Musichetta “chill-out”, stile locale alla moda, come sottofondo, abbastanza udibile da disturbare la meditazione. Faccio uno sforzo per concentrarmi egualmente, ma ecco che un gruppo di signore anziane iniziano a chiacchierare amabilmente ad alta voce, come comari al mercato, immemori di trovarsi davanti al Santissimo Sacramento nel tabernacolo. Cerco di zittirle garbatamente: nulla. Allora, spazientito, inizio a recitare ad alta voce il rosario, in latino, onde far loro capire che un tempo, in quella chiesa, tempio di Dio, si meditavano le sante vite di Gesù e Maria nella lingua sacra. A questo punto, sconsolate (loro!) se ne vanno. Riesco a malapena a ritrovare la pazienza perduta che inizia lo strepito dei pargoletti del catechismo nella sala accanto, con voci di donna intente a rimproverarli, o quanto meno a provarci.
Una sola considerazione finale: che razza di società è quella in cui un quarantenne deve fare i salti mortali per pregare, e per far ciò è costretto a redarguire platealmente degli anziani? Un mondo alla rovescia! E che Chiesa è quella in cui si nega ai fedeli il sacrosanto diritto al silenzio, da sempre luogo di rifugio interiore delle anime oranti? Ma domani è un altro giorno: andrò al lavoro mezz’ora prima, e nella mia stanzetta al primo piano troverò, in profano luogo, quel raccoglimento che nelle nostre parrocchie postmoderne è ormai un ricordo da nostalgici.
Mi scusi per lo sfogo.
Con affetto
Alessandro Zanconato
Caro Amari, caro Zanconato,
mi perdonerete se, per esigenze di spazio, ho sforbiciato con una certa libertà le vostre lettere. Penso comunque di averne trattenuto il senso e le ho messe insieme perché pongono l’accento su una delle condizioni che rendono così dolorosa la vita del cattolico in questi tempi. Mi riferisco al passo in cui il signor Amari dice “il martirio di oggi per un cristiano ha un solo nome: solitudine” e a quello in cui il signor Zanconato si chiede “che razza di società è quella in cui un quarantenne deve fare i salti mortali per pregare, e per far ciò è costretto a redarguire platealmente degli anziani?”.
In queste due constatazioni è racchiusa la perdita del senso della Tradizione. Non vi è nessuno di più solo di colui che non ha più legami con il proprio passato, con le proprie radici, e quindi con il proprio futuro. Questa solitudine è tanto più dolorosa quanto più si capisce che i primi a fuggire sono gli anziani, quelli che una volta venivano chiamati con realistico amore i vecchi.
L’errore di troppi cultori della Tradizione consiste nell’additare al pubblico ludibrio le nefandezze dei giovani, come se questi poveretti fossero gli artefici del proprio disastro. Ma la vera cifra del dramma in cui siamo immersi non è la condizione delle nuove generazioni. La vera causa e, nello stesso tempo, la vera misura della decadenza di questi tempi debosciati è il disastro spirituale ed esistenziale in cui versano i vecchi.
Quelle anziane signore che tanto giustamente inquietano il quarantenne Alessandro Zanconato per le loro fatue chiacchiere davanti al Tabernacolo sono le stesse che non hanno nessuna remora nel giustificare il figlio che divorzia e si risposa, la nipote che abortisce, la cugina che partorisce con la procreazione assistita, il pronipote che gli porta in casa il compagno che sarà pure un po’ effeminato ma è tanto gentile, il prete che dice Messa come fosse uno show ed è tanto divertente, la suora che non prega ma fa tanto del bene. E sono pure le stesse che, quaranta o cinquant’anni fa, per se stesse, non avrebbero consentito neanche una carezza di nascosto dal fidanzato, e per il consacrato non avrebbero concepito una vita meno che angelica.
Il principe di questo mondo conosce molto bene i segreti delle menti e delle anime, e sa che, anche quando venga negato, è il passato a condizionare il presente e il futuro. Per cui, chi voglia avere il dominio del mondo, non deve inventare sogni nuovi, ma pervertire i ricordi vecchi. E, per traviare i custodi dei ricordi vecchi, non c’è strumento migliore che quello di instillare nei custodi l’idea di essere fuori moda, di perdere il contatto con i giovani.
Nasce così una tenerezza malata nei confronti delle nuove generazioni che si traduce nel concedere tutto per timore di perderle. Proprio come fa la Chiesa di oggi nei confronti del mondo. Il risultato è rappresentato da intere generazioni che si allontanano da Cristo invece che farsi più vicine. E, se non bastasse questo, il fenomeno avviene nella derisione e nel disprezzo per i vecchi che si mostrano oggettivamente patetici nell’imitazione dei loro nipoti.
Caro Amari, caro Zanconato, tutto questo ai nostri giorni lo riferiamo alle tristi vicende della Chiesa gerarchica e alle pessime prove del pontificato in corso. Ma è doloroso constatare quanto tocchi intimamente la vita dei cattolici ordinari.
Io vivo in un piccolo paese della profonda bergamasca, terra (ex)cattolica fino nelle zolle più nascoste. Da queste parti usa ancora portare a domicilio la cosiddetta “buona stampa” da parte di volontarie in via di esaurimento col passare degli anni. Ebbene, la signora, che forse non a caso distribuiva “Famiglia (cosiddetta) Cristiana”, è passata in un decennio dalla difesa ad oltranza di dottrina e morale intransigenti alla giustificazione di figli e nipoti che così intransigenti non sono.
È l’immagine di una disfatta a cui nulla di umano può essere opposto: non un passato a cui attingere, non un futuro in cui sperare. È l’immagine della solitudine.
Per questo bisogna che i cattolici imparino a stare insieme e si attivino per riparare questi muri crollati. Molto è perduto, ma non tutto.
Alessandro Gnocchi
Sia lodato Gesù Cristo
e la Beatissima Vergine Maria
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