Vita della Beata Maria di Gesù Crocifisso
(1846-1878)
PATRIARCHATUS LATINUS - JERUSALEM
È per Noi una vera gioia presentare al pubblico la traduzione
in italiano, curata dalla Dott. Tina Rizzone, della "vita di Suor Maria di Gesù
Crocifisso", composta da P. Estrate, s.c.j.: la biografia più completa che
possediamo della nostra beata.
L'attualità del messaggio di Suor Maria è sempre più grande.
Questa piccola galilea, morta giovanissima nel Carmelo di Bethlemme, è venerata
non soltanto in Terra Santa e nel Medio Oriente, ma in tutta la Chiesa.
Quale è il segreto della sua santità? Suor Maria ha vissuto
profondamente il Vangelo e specialmente le Beatitudini del Cristo. È stata come
un fiore evangelico che è germogliato in questa terra del Vangelo. Il Papa
Giovanni Paolo II ha così riassunto il messaggio di Suor Maria: "Le Beatitudini
trovano in lei il loro compimento. Nel vederla sembra che Gesù ci dica: beati i
poveri, beati gli umili, beati coloro che cercano di servire, beati i miti,
beati quelli che costruiscono la pace. Tutta la sua vita esprime una
familiarità inaudita con Dio, l'amore fraterno degli altri e la gioia, che sono
i segni evangelici per eccellenza" (Discorso ai pellegrini di Terra Santa, 14
novembre 1989).
Questo messaggio è sempre attuale. La nostra società ha bisogno
di ascoltare le Beatitudini del Signore. "Lei, dice ancora Giovanni Paolo II,
che è stata spesso malmenata dagli avvenimenti e dalla gente, non ha smesso di
seminare la pace, di riavvicinare i cuori. Voleva essere la piccola sorella di
tutti".
Il suo esempio è prezioso nella nostra società dilaniata e
divisa che cade facilmente nell'ingiustizia e nell'odio.
Lo Spirito delle Beatitudini ha dilatato il cuore della nostra
piccola Suor Mariani e l'ha riempito di fiducia e di amore. Potessimo anche noi
seguire le sue tracce!
+ Michel Sabbah, Patriarca
Gerusalemme, 25.12.1999
CASA GENERALIZIA CARMELITANI SCALZI CORSO D'ITALIA, 38 - 00198
ROMA
PRESENTAZIONE
Nel presentare questa biografia della beata Maria di Gesù
Crocifisso (Miriam Baouardy) mi torna spontaneo alla memoria un aneddoto letto
tempo fa, che ci permette di avvicinarci ai santi e di comprendere la loro
missione nella Chiesa e nel mondo.
Si racconta che una volta una mamma, portando suo figlio
piccolo a visitare diverse chiese della città, gli disse che tutte le persone
raffigurate nelle vetrate erano santi. Questo impressionò il bambino. In
seguito, quando un amico di famiglia gli chiese che cosa era un santo, il
bambino rispose con semplicità: «Un santo è una cosa che trasmette luce».
Esaminando la vita dei santi ci rendiamo conto della verità di
questa immagine infantile: i santi brillano e abbelliscono, come la luce, il
panorama del mondo. La beata Maria di Gesù Crocifisso adempie da un angolo della
Terra Santa, Betlemme, luogo della nascita di Gesù, la missione di far
risplendere, nella trasparenza della sua vita, come una vetrata multicolore, la
luce di Dio. In effetti, una delle caratteristiche del suo cammino di santità fu
sperimentare e testimoniare che Dio si dà gratuitamente, come la luce del sole;
lo si deve solamente lasciar penetrare nel cristallo della nostra vita affinché
lo attraversi e lo illumini anche per gli altri. Ella giunse alla santità non
per mezzo di una vita lunga e densa di meriti. Seppe unicamente aprirsi alla
luce di Dio nella sua vita e accettare la sua volontà in un'esperienza profonda
di fede, speranza e amore.
Gli insegnamenti della beata Maria di Gesù Crocifisso diventano
più vivi quando ci avviciniamo alla sua vita concreta. Scopriamo che lei, come
noi, nella sua esistenza terrena, assieme agli aspetti positivi sperimentò
limitazioni e dovette districarsi, guidata dalla fede e dall'amore di Dio, in
tutto ciò che costituisce la trama di ogni giorno.
È caratteristica nella sua vita l'esperienza della gratuità di
Dio che si comunica ai poveri e ai semplici e rivela loro i segreti del Regno
(cfr Mt 11, 25). Molte cose straordinarie appaiono nella vita della "piccola
Araba", ma tutte si orientano allo stesso fine: a un'esperienza di Dio che si
comunica ai piccoli e agli umili e manifesta loro i suoi segreti, dà loro la
sapienza del Vangelo e li aiuta a crescere nell'amore e nel servizio del
prossimo.
Ornata di grazie mistiche fin dall'infanzia, la beata Maria di
Gesù Crocifisso visse come suora conversa in continua intimità con Gesù Cristo
in mezzo alle umili occupazioni della vita quotidiana. Sperimentò, anche nelle
prove più difficili, la bontà e la fedeltà di Dio che le comunicava pace e gioia
in mezzo alla sofferenza. In tal modo poté testimoniare nella sua vita ciò che
aveva detto Gesù: «Prendete il mio giogo su di voi e imparate da me che sono
mite e umile di cuore e troverete riposo per le vostre anime. Infatti il mio
giogo è soave e il mio carico leggero» (Mt 11, 29-30).
All'inizio del terzo millennio la vita della "piccola Araba"
può aiutarci a tornare all'essenza del Vangelo: amare il Signore con tutto il
cuore, con tutta l'anima e con tutte le forze e il prossimo come noi stessi (cfr
Mt 22, 36-40). Il suo messaggio è un messaggio di pace e di fraternità in un
mondo di divisione e di odio; un messaggio di fiducia nel Signore in mezzo alle
angustie e alle insicurezze dell'esistenza umana.
Questa nuova edizione della biografia della beata Maria di Gesù
Crocifisso, scritta dal suo confessore padre Pierre Estrate, è arricchita da una
documentazione finora inedita e da una serie di fotografie che ci situano
nell'ambiente in cui ella visse. Ci aiutano inoltre a rivivere le reazioni dei
cristiani di oggi in Terra Santa al momento della beatificazione della piccola
Miriam, figlia di una regione che cerca vie di libertà e di pace.
Mi congratulo con i promotori e con i responsabili del
Messaggero di Gesù Bambino di Praga di Arenzano per questa magnifica iniziativa
che si aggiunge ad altre edizioni relative ai santi del Carmelo ottimamente
preparate e illustrate.
La "piccola Araba" benedica questo lavoro, la cui lettura aiuti
quanti si avvicinano a lei attraverso il libro a vivere lo spirito delle
beatitudini, l'unico che può aiutare a trovare vie di giustizia, di pace e di
riconciliazione nel mondo di oggi.
P Camilo Maccise o.c.d. Preposito Generale Roma, 1 ottobre
2000
CRONOLOGIA
Beata Maria di Gesù Crocifisso (Maria Baouardy, 1846-1878)
1846 5 gennaio. Nascita ad Ibillin, nell'alta Galilea. 15
gennaio. Battesimo e Cresima.
1849 Rimane orfana di entrambi i genitori.
1854 Si trasferisce ad Alessandria d'Egitto con lo zio paterno.
Confessione e Prima Comunione.
1959 Rifiuta decisamente convenienti nozze.
È colpita gravemente al collo da un turco, perché si professa
cattolica.
1859-62 Peripezie varie: a servizio presso diverse famiglie ad
Alessandria, a Gerusalemme, a Beirut.
1863 A Marsiglia come serva presso la famiglia Nadjar.
1865 Entra fra le Suore di S. Giuseppe dell'Apparizione, a
Marsiglia.
1867 giugno. Entra nel carmelo di Pau (diocesi di Bayonne).
27 luglio. Vestizione come corista, ma poi come conversa.
1868 24 maggio. Episodio della trasverberazione del cuore.
26 luglio - 4 settembre. Possessione diabolica.
5-8 settembre. Presenza di uno «Spirito celeste».
1870 21 agosto. Partenza per l'India.
Fine novembre. Arrivo a Mangalore (nel Malabar).
1871 giugno. Possessione diabolica.
21 novembre. Professione religiosa (la prima di una carmelitana
in India!).
1872 3 agosto. Violazione (materiale) della clausura.
settembre. Rinviata a Pau.
1875 20 agosto. Partenza per la Palestina.
24 settembre. In clausura provvisoria a Betlemme.
1876 24 marzo. Posa della prima pietra del nuovo carmelo di
Betlemme. Matrimonio spirituale.
21 novembre. Inaugurazione del nuovo carmelo sulla collina di
David.
1878 aprile. Viaggio a Emmaus, monte Carmelo, Ibillin,
Nazareth, Tabor, Betlemme.
21 agosto. Caduta nell'orto del monastero di Betlemme, con
frattura del braccio e successiva, inarrestabile, cancrena.
26 agosto. Muore all'alba. Estrazione del cuore. 27 agosto.
Sepoltura.
novembre. Trasporto del cuore a Pau. 1983 19 luglio.
Esumazione.
13 novembre. Beatificazione.
CAPITOLO I
Nascita e primi anni di suor Maria di Gesù Crocifisso
(1846-1858)
La bambina meravigliosa di cui noi incominciamo a raccontare la
storia nacque il 5 gennaio 1846, ad Ibillin, piccolo villaggio situato ad una
ventina di chilometri a nord-ovest di Nazareth. La sua famiglia, originaria di
Damasco e del monte Libano, professava un attaccamento inviolabile alla fede
cattolica. Molte volte i genitori di questa bambina furono spogliati dei loro
beni da parte dei persecutori della loro religione, gettati in prigione ed
esiliati. E Dio li provava ancora ma per un altro verso. Giorgio Baouardy e
Maria Chahyn (sono i nomi di questi due giusti) avevano visto morire in tenera
età dodici figli, frutto del loro santo matrimonio, e il loro cuore per dodici
volte era stato spezzato. Durante uno dei loro esili ad Ibillin, la madre ebbe
l'ispirazione di chiedere a Dio una figlia, e suo marito, approvando questo
pensiero, disse: Andiamo a piedi a Betlemme, per sollecitare questa grazia alla
santissima Vergine; promettiamole, se ci esaudirà, che la chiameremo Maria e
che offriremo a Dio una quantità di cera uguale al peso che avrà all'età di tre
anni. I due sposi intrapresero insieme questo pellegrinaggio, arrivarono a
Betlemme e scesero nella grotta per pregare. La santa Vergine udì la loro
supplica e diede loro una figlia, la quale fu battezzata nella chiesa di
Ibillin, secondo il rito greco-cattolico. Ricevette il nome di Maria. Questa
bambina, ottenuta grazie all'intercessione della Madre di Dio, la vedremo,
chiamata da Gesù, venire a Betlemme per morirvi in qualità di figlia di santa
Teresa. Alcuni anni dopo la sua nascita, Dio accordava ancora ai suoi genitori
la grazia di un figlio che fu chiamato Paolo.
La piccola Maria non aveva compiuto tre anni, che già il
Signore la colmava di grazie singolari. Tutta presa dal pensiero di Dio, la si
vedeva allontanarsi dalle distrazioni delle creature e cercare la solitudine;
sospirava come un'anima presa dalla nostalgia del Cielo. Il Signore non tardò a
sottomettere questa bambina così piccola a prove molto dolorose delle quali non
perse mai il ricordo. Suo padre cadde gravemente ammalato. Per ricompensarlo,
Dio volle chiamare a sé questo fedele servitore che chiese e ricevette con la
più viva fede gli ultimi sacramenti. Pienamente rassegnato alla volontà divina,
consacrò a Gesù la propria vita, quella della sua donna e dei suoi due figli.
Quando comprese che l'ultimo momento era prossimo, chiamò Maria, la prese per
il braccio, e, morente girò il suo sguardo verso un'immagine di san Giuseppe
dicendo: Grande Santo, eccoti la mia bambina, la santa Vergine è sua Madre,
degnati di vegliare su di lei anche tu; sii suo Padre. «Queste parole, ci
raccontava con gli occhi pieni di lacrime Maria, divenuta religiosa, le sento
ancora, e sebbene fossi molto giovane, si sono impresse nel mio cuore». Dopo
averle pronunciate, il padre spirò: era un sabato, giorno consacrato alla santa
Vergine. La sua sposa non sopravvisse a lungo a questa perdita dolorosa: morì
anche lei, un sabato. Maria poteva dire oramai con il Salmista: «Mio padre e mia
madre mi hanno abbandonato, ma il Signore mi ha preso sotto la sua protezione».
Uno zio paterno l'accolse a casa sua, ad Ibillin e suo fratello fu affidato ad
una zia materna la quale abitava nei pressi di quello stesso villaggio.
In questa nuova famiglia, dove non le mancava niente, Maria
soffriva tuttavia di sapersi orfana e invidiava la sorte dei suoi cugini che
potevano, in tutta verità, chiamare i loro genitori con i dolci nomi di papà e
mamma. Per consolarla, le si ricordava frequentemente che la santa Vergine era
la madre per eccellenza degli orfani. Così, la pregava sovente, dicendole con
incantevole semplicità che ella era due volte sua Madre, poiché non ne aveva
più una in terra. Ogni sabato, dall'età di cinque anni digiunava in suo onore
non prendendo alcun nutrimento fino al pasto della sera; e ancora rifiutava
tutti i piatti raffinati che le venivano presentati, dicendo che le facevano
male (male all'anima, pensava), e i suoi parenti non la forzavano, perché la
credevano malata.
La Madre di Dio provò con un prodigio quanto apprezzasse
quest'atto di mortificazione. Maria amava deporre davanti alla Sua immagine i
fiori più belli e più profumati; aveva cura di rinnovarli spesso, in modo che
fossero sempre freschi. Un giorno, si accorse che quei fiori avevano messo
radici, che erano persino cresciuti e che espandevano un profumo molto soave.
Presa dalla gioia e dalla riconoscenza, non immaginando per niente che il
prodigio era dovuto alla sua mortificazione e alla sua innocenza, corse verso
suo zio per dirglielo. Profondamente commosso da questo segno di predilezione
della Vergine per sua nipote, questi si premurò di riunire le persone della sua
casa, e anche alcuni vicini: tutti insieme, con una candela in mano,
ringraziarono Gesù e la sua divina Madre. Il parroco della parrocchia era stato
convocato prima di tutti. Temendo che il demone della vanità venisse ad
impossessarsi dell'anima della piccola Maria, quest'uomo di Dio le rivolse
rimproveri severissimi dichiarandole che solo i suoi peccati avevano potuto far
accadere un avvenimento così singolare. Si vide subito quest'angelo, più
notevole per la sua umiltà che per la sua innocenza, cadere in ginocchio
incrociando le mani e chiedere perdono, con la grande ammirazione di tutti i
presenti.
Le creature, che sono spesso per tanti altri un diaframma, che
nasconde loro Dio, quando non divengono una pietra d'inciampo, non erano, per
Maria, che un chiaro specchio che le mostrava il suo Creatore, e una scala i cui
gradini la avvicinavano al Cielo. Si sarebbe detto che non fosse stata toccata
dal peccato originale.
Essendosi accorta, nel suo amore per la pulizia, che degli
uccelli, che le erano stati regalati per distrarla, non si lavavano mai, volle
render loro questo servizio.
Essi morirono tutti. Desolata, andò a seppellirli in fondo al
giardino. Mentre stava facendo questo lavoro, sentì una voce dirle: È così che
tutto passa! se vuoi darmi il tuo cuore, io vi resterò sempre. Queste parole si
impressero nella sua anima e furono in seguito quelle che amava ripetere di
più.
Non ci si stupisce se da quel giorno Maria non provò che
disgusto per tutte le vanità del mondo. Occuparsi della sua toeletta per lei era
come un supplizio. Diceva fra sé con tristezza, considerando i suoi ricchi
vestiti: «Perché coprire così un corpo che deve diventare il cibo dei vermi?» Il
pensiero della morte non la lasciava mai. Il suo gioco preferito consisteva
nello scavare con le mani una fossa, dove poi si stendeva, col rischio di
sporcare il suo vestito bianco, ciò che le attirava i rimproveri della sua
governante negra.
Il desiderio di sofferenza si svegliò in lei all'età di sei
anni. Nuova Teresa, avrebbe voluto morire martire per andare più presto in
Cielo. Obbligata più tardi, per obbedienza, a dire tutto quello che la
riguardasse, confessava ingenuamente che aveva pensato di gettarsi dalla
finestra, allo scopo di arrivare più velocemente nell'eternità: «Non sapevo,
aggiunse, che il buon Dio lo proibisce».
Aveva creduto di comprendere che Nostro Signore esaudisce, la
notte di Natale, tutto ciò che gli si chiede. Pertanto, in quella notte si
nascose nel giardino, chiedendo incessantemente molte grazie: in special modo
quella di morire per la fede.
Una virtù così rara doveva necessariamente distinguerla dai
bambini della sua età, come l'episodio seguente sembra provare. Un eremita,
sconosciuto e che non si rivide mai dopo, aveva ricevuto ospitalità presso la
sua famiglia. Prima che partisse, gli furono presentati i bambini perché li
benedicesse; alla vista della piccola Maria fu colto da una emozione
indefinibile, le prese le mani, le strinse fra le sue, e dopo un momento di
silenzio, disse a suo zio: Vi scongiuro, prendetevi una cura tutta particolare
di questa bambina, e senza altre spiegazioni, uscì.
Dio stesso mostrava con prodigi quanto quella creatura fosse
gradita al suo cuore. Rimasta, un giorno, sola nella sua camera, dove la
cameriera negra le aveva appena servito un piatto di crema, Maria, come al
solito, mentre consumava il suo pasto aveva il pensiero rivolto a Dio. Diceva
tra se e se piangendo: «Ah! se fossi morta come i miei piccoli fratelli, sarei
in Cielo, invece andrò forse all'inferno». Mentre era immersa in questi
pensieri, un enorme serpente, attirato dall'odore del latte, salì sul tavolo:
«Ero molto piccola, raccontava, ma nello stesso tempo così assorta nelle mie
riflessioni, che non provai il minimo spavento. Considerando quella bestia una
creatura del buon Dio, presi la sua testa con le mani e l'affondai nel mio
piatto di crema senza che la bestia mi facesse alcun male». La vista del
serpente fece emettere un grido di spavento alla cameriera, ritornata nel
frattempo. Tutti accorsero, mentre il serpente fuggì. Solo la bambina,
tranquilla, non poté spiegarsi lo sgomento dei suoi. Dio permise così che il
serpente, simbolo della nostra rovina, diventasse innocuo davanti alla sua
innocenza.
Un altro fatto ci proverà come il Signore, grazie a questa
bambina, salvò la vita a tutta la sua famiglia. Lasciamo che parli lei stessa.
«Durante il sonno, raccontava, mi sembrò di vedere entrare in casa di mio zio un
uomo che gli aveva venduto un pesce; mi fu detto che quel pesce era avvelenato e
che tutti quelli che ne avessero mangiato, sarebbero morti avvelenati.
Immaginate il mio stupore, quando, 1' indomani mattina, scorgo quello stesso
uomo che portava un pesce assolutamente somigliante a quello del sogno.
Raccontai tutto a mio zio, che non tenne alcun conto di questa fantasia di
bambina, e comprò il pesce dando ordine di prepararlo. Raddoppiai le suppliche,
chiedendo con le lacrime agli occhi di essere la prima ad assaggiarlo e sperando
così di salvare i miei parenti. Mio zio finì per cedere. Fece esaminare il pesce
con cura, e ne fu chiaramente constatato l'avvelenamento. In fondo al mio cuore,
benedico Dio per avere rivelato ad un piccolo nulla come me, il modo di
preservare la mia famiglia da morte sicura».
Maria aveva otto anni. Da più di un anno, si confessava tutte
le settimane ma la sua felicità non era completa: Desiderava l'Eucarestia e non
cessava di attendere l'ora benedetta in cui avrebbe ricevuto il suo Gesù.
Provando una santa invidia per le anime che andavano a ricevere il buon Dio, le
seguiva con gli occhi e con il cuore e diceva con tristezza: «Quando ti
incontrerò, o mio Gesù? Quando potrò introdurti nel mio cuore? Ah! non ho che
otto anni e non ci si comunica per la prima volta che a dodici anni. Quattro
anni di attesa! sono troppi! Affretta, affretta quest'ora, Gesù! Scendi presto
nella mia anima».
Ogni sabato, dopo la confessione, domandava al sacerdote la
grazia della comunione, e ogni volta questi le rispondeva invariabilmente: Lo
permetto, mia piccola bambina, ma un po' più tardi. Questa risposta non la
soddisfaceva molto, ma le lasciava una speranza. Egli ha detto che sarà un po'
più tardi, si ripeteva, forse sarà sabato prossimo. Durante una settimana in cui
aveva più speranza di essere esaudita, si preparò a questo grande atto con
doppio fervore. Separata il più possibile dai suoi cugini, si dedicò alla
preghiera e al digiuno; tutta la notte del venerdì la consacrò all'orazione.
Meglio vestita del solito, si recò in chiesa, l'indomani mattina, per
confessarsi; come sempre, rifece la sua richiesta per la comunione, mentre il
cuore le batteva molto forte, il sacerdote le disse: Lo permetto e dimenticò di
aggiungere: ma un po' più tardi. Venuto il momento dalla gioia corse alla sacra
Mensa, e, senza essere vista dalla sua domestica negra, prostrata, ricevette il
suo Gesù sotto forma di un bambino. Solo gli angeli potrebbero spiegarci il
primo abbraccio del Salvatore e di quest'anima. Maria era molto felice, ma
occorreva che quella felicità potesse continuare. Il sabato seguente, domandò al
suo confessore di potersi ancora comunicare. Il sacerdote, stupito, le disse in
tono severo: L'hai già fatto? «Sì, Padre mio», rispose la candida bambina. E chi
te lo ha permesso? «Lo ha fatto lei stesso, Padre mio, sabato scorso. Le ho
chiesto questa grazia, come al solito, e lei mi ha risposto: Lo permetto, mia
bambina, senza aggiungere come le altre volte: Ma un po' più tardi. Io, dunque,
ho creduto che me lo permettesse. Per favore, Padre mio, ora che ho ricevuto e
gustato Gesù, non me ne privi più, mi lasci comunicare». Commosso da un simile
linguaggio da parte di una bambina così favorita da Dio, il sacerdote le
concesse la comunione ogni sabato, raccomandandole tuttavia di non rivelarlo a
nessuno, neanche ai suoi parenti, che avrebbero potuto scandalizzarsi. Lei
custodi fedelmente il suo segreto. Quando il tempo ordinario della prima
comunione arrivò, Maria si lasciò festeggiare come gli altri bambini della sua
età.
Suo zio, a quell'epoca, stava per stabilirsi definitivamente ad
Alessandria con tutta la sua famiglia.
CAPITOLO II
Maria rifiuta di sposarsi - Persecuzioni - Martirio
Guarigione miracolosa - Visita ai Luoghi Santi - Lavoro come
domestica
Quando Maria compì tredici anni, suo zio la fidanzò a un suo
parente, ma la fanciulla aveva già da tempo promesso a Dio la sua verginità, e
quando le si disse che il matrimonio stava per rapire quel suo fiore angelico,
dichiarò con tutte le sue forze che voleva rimanere vergine. Prostrata a terra
per tutta la notte, versando un torrente di lacrime, scongiurava la sua Mamma
del Cielo di soccorrerla. Tutto ad un tratto, udì una voce che le disse: Maria,
io sono sempre con te: segui l'ispirazione che ti dò, io ti aiuterò. Allora
Maria si alzò piena di coraggio e tagliò i suoi lunghi capelli. Il velo, che
soleva portare, nascose questo gesto ai suoi parenti. Una grande cena fu
organizzata in occasione delle nozze che dovevano celebrarsi prossimamente; era
d'uso in questa circostanza che la fidanzata, ornata dei suoi gioielli,
offrisse il caffè agli invitati. Al posto del caffè Maria offrì allo zio, in un
grande vassoio, i suoi capelli ornati di gioielli. Lo zio furioso la
schiaffeggiò; tutti gli invitati non vedendo in questo gesto che un fervore
passeggero, l'esortarono a mostrarsi docile alla volontà dei suoi parenti: ella
rimase inflessibile.
Invano lo zio la confinò fra gli ultimi domestici della casa, e
ordinò di maltrattarla; invano la tenne lontana dalla chiesa e dai sacramenti:
l'eroica fanciulla resisté a tutto, e soffrì con gioia per il suo Gesù.
«Trattata, ci raccontava, come l'ultima delle domestiche, sia nel vestire, che
nel nutrimento; totalmente separata dai miei, occupata in lavori ai quali non
ero mai stata abituata, privata della Messa e dei sacramenti, biasimata perfino
dal mio confessore, che considerava la mia decisione solo testardaggine;
abbandonata da tutti, condannata da tutti, la mia anima sovrabbondava di gioia;
il mio coraggio cresceva in misura delle dure prove, perché mi dicevo che le mie
sofferenze non erano minimamente paragonabili a quelle di Gesù. Mi sembrava che
un uccellino cantasse sempre nel mio cuore».
Dopo tre mesi di questa umiliante vita, il desiderio di
rivedere suo fratello la spinse a scrivergli, affinché venisse a trovarla. Fece
scrivere la lettera e la portò ad un Turco, antico domestico dello zio, il quale
abitava poco lontano dalla casa e doveva recarsi nel paese di Paolo. Conoscendo
bene la madre e la moglie di quest'uomo, Maria non temette di andare a trovarlo
da sola. Dopo avere consegnato la sua lettera, la fanciulla avrebbe voluto
andarsene; ma quelle persone la invitarono subito a condividere la loro cena, ed
ella accettò solo per fare loro piacere. Era quasi notte. Naturalmente, si
parlò della situazione ingiusta e crudele che Maria subiva a causa dello zio.
Il Turco biasimò questa condotta con forza e con un fervore indomabile passò
presto a biasimare anche la religione cristiana. Maria, le disse con calore,
perché restare fedele ad una religione che ispira simili sentimenti? Abbraccia
la nostra. «Mai, gridò Maria con un'energia sovrumana; io sono figlia della
Chiesa cattolica, apostolica e romana, e spero, con la grazia di Dio, di
perseverare fino alla morte nella mia religione che è la sola vera». Il Turco
ferito nel suo fanatismo e divorato dalla rabbia, con un calcio rovesciò Maria a
terra, e impugnando la sua scimitarra, le tagliò la gola. Aiutato dalla madre e
dalla moglie, il barbaro avvolse la ragazza nel suo grande velo, e portatala
fuori, la gettò, favorito dalle tenebre, in un luogo abbandonato. Era il 7
settembre 1858.
Mentre questo crimine si consumava sul corpo di Maria, la sua
anima fu rapita: «Mi sembrava, raccontava, di essere in Cielo: vedevo la santa
Vergine, gli angeli e i santi che mi accoglievano con una grande bontà; vedevo
anche i miei genitori in mezzo a loro. Contemplavo il trono fulgido della Santa
Trinità, e Gesù Cristo nostro Signore nella sua umanità. Non vi erano né sole,
né lampade, eppure tutto brillava di un chiarore indescrivibile. Gioivo di
tutto quello che vedevo, quando, ad un tratto, qualcuno venne da me per dirmi:
Tu sei vergine, è vero, ma il tuo libro non è ancora finito. Aveva appena finito
di parlare, che la visione scomparve, e io rinvenni. Mi trovai, trasportata
senza sapere né come né grazie a chi, in una piccola grotta solitaria. Coricata
su un povero letto, vidi accanto a me una religiosa, che aveva avuto la carità
di cucirmi la ferita del collo. Non l'ho mai vista né mangiare né dormire.
Sempre accanto al mio capezzale, in silenzio mi curava con il più grande
affetto. Era vestita di un bell'abito ceruleo, trasparente e come cangiante; il
velo era dello stesso colore. Ho visto da allora molti vestiti religiosi
diversi, ma nessuno che assomigliasse al suo. Quanto tempo trascorsi in quel
luogo? non saprei dirlo con precisione; credo di esservi rimasta circa un mese.
Non mangiai nulla durante quel periodo, a rari intervalli, la religiosa si
limitava a inumidirmi le labbra con una spugna candida come la neve. Mi faceva
dormire quasi continuamente.
L'ultimo giorno, questa religiosa mi servì una zuppa così
buona, come non ne ho mai più mangiato. Terminata la porzione, gliene chiesi una
seconda. Allora la religiosa, rompendo il silenzio, mi disse: Maria, è
abbastanza per il momento; più tardi te la darò di nuovo. Ricordati di non
essere come quelle persone che credono ' Maria non poteva rifiutare l'invito,
essendo un rifiuto di tal genere contrario alle usanze della civiltà
orientale.
Facciamo osservare a questo punto che Maria ha sempre chiamato
l'estasi un sonno.
di non avere mai abbastanza. Dici sempre: è abbastanza, e il
buon Dio, che vede tutto, veglierà su tutti i tuoi bisogni. Sii sempre contenta,
malgrado tutto ciò che dovrai soffrire, e Dio, che è così buono, ti farà avere
il necessario. Non ascoltare mai il demonio, diffida sempre di lui, poiché è
troppo furbo. Quando chiederai qualche cosa a Dio, non te la darà sempre subito,
allo scopo di metterti alla prova e di vedere se lo ami ugualmente; e poi, un
po' più tardi, te l'accorderà, basta che tu sia sempre contenta e che lo ami.
Maria, Maria, non dimenticare mai le grazie che il Signore ti ha fatto.
Allorquando ti capiterà qualcosa di spiacevole, pensa che è Dio che lo vuole.
Sii sempre piena di carità verso il prossimo; dovrai amarlo più di te
stessa.
Non rivedrai mai più la tua famiglia; andrai in Francia, dove
ti farai religiosa; sarai figlia di san Giuseppe prima di diventare figlia di
santa Teresa. Prenderai l'abito del Carmelo in una casa, farai la professione
in una seconda, e morirai in urta terza, a Betlemme.
1 tuoi parenti ti cercheranno; tu stessa sarai tentata di farti
riconoscere. Guardatene bene, perché altrimenti non avrai più la tua zuppa.
Soffrirai molto durante la tua vita, sarai un segno di
contraddizione.
Sì, ci diceva Maria sul battello che la trasportava a Betlemme
con le sue compagne, la religiosa che mi aveva curato dopo il mio martirio e
che, adesso so essere la santissima Vergine, mi aveva predetto tutto quello che
mi è accaduto fino ad oggi. Un solo punto non si è realizzato; mi aveva
assicurato che sarei morta tre anni dopo la mia professione. I tre anni sono
trascorsi, ed eccomi ancora, ahimè! in questo esilio».
Il lettore immagina senza dubbio che la vita di questa suora è
stata misericordiosamente prolungata, come vedremo in seguito.
Maria era guarita, ma la traccia della profonda ferita rimase
sempre visibile sul collo, così come testimoni degni di fede poterono osservare
alla sua morte, sopraggiunta venti anni dopo. La cicatrice misurava circa dieci
centimetri di lunghezza e un centimetro di larghezza. La pelle era completamente
bianca e più delicata che nelle parti circostanti.
La religiosa condusse allora Maria in una chiesa di Alessandria
per farla confessare: «Attendimi, le disse la bambina; per carità, non mi
abbandonare». Ella sorrise senza rispondere. «La mia confessione durò poco, ci
raccontava Maria. Non avevo niente che mi pesasse sulla coscienza. Come avrei
mai potuto commettere peccati in compagnia di una religiosa così santa? Dopo la
confessione, corsi nel posto dove l'avevo lasciata, ma non la trovai. Uscì per
cercarla, tuttavia i miei occhi non la videro da nessuna parte; ma il suo viso e
le sue parole sono sempre rimaste impresse nella mia anima. Ero sola sulla
terra, sola, come una goccia d'acqua. Il mio cuore non resisté più e scoppiai in
singhiozzi. Il confessore venne per chiedermi la causa delle mie lacrime. Presa
dal mio grande dolore, non potei che rispondergli: Se n'è andata, e mi ha
lasciata. Chi ti ha lasciata? La religiosa che mi ha accompagnato qui. Ma da
dove vieni? Chi sei? Mi ha proibito di dirlo. Ahimè, bambina mia, mi disse il
sacerdote sospirando, non sei la sola infelice. Conosco in questa città una
famiglia immersa nella più grande desolazione. Questa famiglia aveva accolto una
nipote, chiamata Maria, e l'aveva trattata come una figlia. Era stata offerta a
questa fanciulla una proposta di matrimonio onorevole; il giorno delle nozze era
fissato, fra la grande gioia di tutti, quando la fidanzata scomparve. Era uscita
sul far della notte e non è più tornata. Tutte le ricerche per rintracciarla si
sono rivelate infruttuose. Si teme una seduzione d'amore. La famiglia ha appena
lasciato Alessandria, per nascondere tale vergogna».
Più il sacerdote parlava, più mi rendevo conto che la fanciulla
di cui parlava, ero io. Mi accontentai di rispondere, dopo avere implorato
l'aiuto della santa Vergine per non tradire il mio segreto: «La persona di cui
parla non mi è del tutto sconosciuta; ma ho promesso di non rivelare mai il
luogo dove si rifugia. Debbo ciò nonostante dirle che Maria non è stata
sedotta: è consacrata a Dio». Bambina mia, gridò il sacerdote, dimmi dov'è
Maria. Ti dico che non sei per niente tenuta a custodire questo segreto. Tu mi
sembri molto povera, sii sicura che, se acconsentirai a parlare, sarai
largamente ricompensata. «Sono povera, è vero, e per di più, orfana, ma il buon
Dio non mi ha lasciato mai mancare il necessario. Non desidero le ricchezze
terrene; i beni del Cielo mi bastano. Quanto a rivelare il segreto, non lo farò
mai; Dio e la santa Vergine mi punirebbero». Il sacerdote parlò di Maria a un
vescovo arabo di passaggio ad Alessandria. Maria raccontò a questo vescovo tutta
la storia sotto il sigillo del segreto confessionale. Questi l'ascoltò con il
più vivo interesse, la vesti in maniera conveniente, fece fare il suo ritratto
e la portò in pellegrinaggio a Gerusalemme. Terminato il pellegrinaggio, il
vescovo propose a Maria di condurla a Roma, promettendole di farla entrare in
qualche casa religiosa. Il desiderio di rivedere suo fratello fu la causa per
la quale rifiutò una proposta che tanto le sorrideva, e s'imbarcò per San
Giovanni d'Acri. Ma avendo una tempesta furiosa impedito al battello d'arrivare
a destinazione, la giovane fu costretta a ritornare ad Alessandria.
Per non essere riconosciuta, Maria prese allora un altro
vestito e si fece domestica. Cambiava spesso casa, appena i suoi padroni le
mostravano più stima. Le case dove aveva sofferto di più erano quelle in cui
rimaneva più a lungo. Le accadde di entrare al servizio di un parente che non la
conosceva. Ella se ne accorse dai primi giorni; i suoi padroni non ebbero mai
il minimo sospetto a riguardo. Come avrebbero potuto riconoscere la loro cugina
in quella povera ragazza vestita alla maniera turca? La si incaricò della cucina
e della cura dei bambini. Questi le si affezionarono ben presto, in maniera
tale che l'impegno della cucina le fu tolto perché potesse dedicare loro tutto
il suo tempo. Il cuore di Maria ne era a volte consolato a volte addolorato;
consolato dal fatto di poter curare i suoi cuginetti, addolorato per il fatto
che non poteva rivelare loro il suo vero nome. Ogni giorno, udiva raccontare la
storia della sua scomparsa. 1 suoi parenti, che si credevano disonorati a causa
sua, non cessavano di lanciare su di lei ogni specie di maledizione. «Mai, ci
diceva Maria, ho tanto sofferto. Provavo il più vivo affetto per quella
famiglia, e non potevo rivelare il mio nome. I discorsi che udivo ferivano il
mio animo ma dovevo tacere, per paura di dare l'allarme. Quanto mi è costato
quel silenzio! Lo confesso per mia confusione, ero spinta alla confessione,
mille volte fui tentata di farmi riconoscere. Pregavo la santa Vergine di
sostenermi. Un giorno, durante il pasto, vedendo che la desolazione dei miei
parenti era diventata più grande, scoppiai in lacrime. Stupiti di vedermi
piangere (era la prima volta che mi capitava davanti a loro), mi chiesero la
causa del mio dispiacere, poiché mi volevano molto bene. Ero sul punto di
soccombere e di gridare, gettandomi nelle loro braccia: Sono Maria. La santa
Vergine m'assistette in maniera visibile. Mi accontentai di rispondere: Piango
al vedervi piangere. E siccome era stata letta a tavola una lettera che
annunziava il prossimo arrivo di una mia zia che di certo mi avrebbe
riconosciuto, li avvertii che dovevo lasciarli il giorno stesso. Malgrado le
loro suppliche e le loro lacrime, raccolsi in fretta ciò che mi apparteneva, ed
uscii coperta dal mio grande velo. Incrociai davanti alla porta questa zia, e
la sentii che diceva a mio cugino: Chi è questa ragazza? Una spada ha trapassato
la mia anima passando vicino a lei. Avrei voluto parlarle. Affrettai il passo e
corsi a nascondermi da una mendicante. Dio permise che non sapessero trovarmi.
Questo martirio durò tre mesi».
Maria fece per la seconda volta il pellegrinaggio in Terra
Santa. Il Signore le inviò, durante questo viaggio, un essere soprannaturale
sotto sembianza umana per accompagnarla e proteggerla. Questi, che ella non vide
mai mangiare, le predisse come la religiosa tutto quello che le sarebbe successo
fino alla morte, e le assicurò che sarebbe ritornata per morire a Betlemme. Un
sacerdote che la conosceva, la sistemò in una eccellente famiglia di
Gerusalemme. Durante il tempo che vi era a servizio, un bambino di diciotto
mesi cadde dall'alto di una terrazza, sotto gli occhi della madre e di Maria. Lo
si credette morto. Maria corse a rialzarlo, implorando su di lui la potente
protezione della Vergine. Quando lo rimise nelle braccia della madre, questa si
accorse che aveva solo una leggera contusione, e attribuì questa preservazione
miracolosa alla santità della domestica. Ce n'era abbastanza per fare fuggire
l'umile Maria. Riprese dunque il cammino per Giaffa, senza ascoltare le
suppliche della sua padrona.
Appena uscita da Gerusalemme, vide due uomini che la seguivano.
La fermarono: era accusata d'aver rubato alla sua padrona un diamante di grande
valore. Trascinata con ignominia attraverso le vie della città santa, gettata
in una prigione infetta in mezzo a molte donne di malaffare, ringraziò Gesù di
umiliarla così come lui era stato umiliato nella sua Passione. Ma il Signore non
tardò a prendere le sue difese. Due giorni dopo, la cameriera negra autrice del
furto, che aveva accusato Maria, divenne folle, e nel suo delirio, confessò la
sua colpa. Fu così che Maria venne provvidenzialmente riconosciuta innocente e
rimessa in libertà.
Si imbarcò di nuovo per San Giovanni d'Acri, allo scopo di
rivedere il fratello. Ancora una volta, una spaventosa tempesta costrinse il
battello a spingersi a Beirut. Maria sembrava avere dimenticato le parole della
religiosa che le aveva predetto che non avrebbe mai più rivisto il fratello; ma
Dio si serviva di questi tentativi per compiere i suoi progetti. A Beirut,
Maria entrò al servizio della famiglia Attala. Dopo sei mesi, divenne
completamente cieca. La cecità durava da quaranta giorni, quando fece ricorso
alla santa Vergine: «Vedi, Madre mia, disse Maria, quanta pena si prendono per
me. Mi si cura come se fossi una figlia di casa, ma in conclusione, sono solo un
carico per questa famiglia. Ah! se piacesse a te e al tuo divin Figlio di
restituirmi la vista!». Quando concluse la preghiera, sentì qualcosa caderle
dagli occhi e recuperò subito la vista, con grande stupore dei medici, i quali,
tutti, avevano dichiarato il suo male incurabile. Cadendo, poco tempo dopo,
dall'alto di una terrazza, tutto il suo corpo fu orribilmente martoriato. La
signora Attala, la quale aveva constatato con ammirazione che un profumo
delizioso emanava da tutta la sua persona, la curava da un mese come se fosse
stata sua figlia, ma senza constatare miglioramenti del suo stato. La
santissima Vergine apparve a Maria durante la notte: «Madre mia, gridò subito la
fanciulla, per carità, prendimi con te». Maria, rispose la Vergine, non posso
prenderti con me, perché il tuo libro non è ancora finito. Ti raccomando nel
frattempo tre cose: un'ubbidienza cieca, una carità perfetta e un'immensa
fiducia in Dio, senza alcuna preoccupazione per il domani o per tutto quello che
può capitarti. La presenza della Madre di Dio aveva riempito la casa di una
luce così abbagliante e di un profumo così soave che tutti accorsero al
capezzale della malata e la trovarono guarita. Chiese di mangiare, lei che non
aveva assunto alcuna sostanza dopo l'incidente. Tuttavia rimase ancora molto
debole, ma questa debolezza, che la santissima Vergine le aveva lasciato come
ricordo del suo stato disperato, scomparve presto. La notizia di questo
miracolo si diffuse in tutto il paese, e se ne parlò a lungo con
ammirazione.
Prima di proseguire il nostro racconto e di narrare come Maria
arrivò in Francia, raccogliamo ancora alcuni fatti meravigliosi che riguardano
quel periodo della sua vita.
Un giorno, nostro Signore la inviò da una signora per dirle di
disfarsi di un vestito da ballo che le costava mille franchi. Avendo la signora
messo in ridicolo questa comunicazione, Maria, spinta da una forte ispirazione,
le disse: «Eh! sì, Signora, vi annuncio che la prossima volta che indosserete
quest'abito morirete voi e il vostro bambino, bruciati».
Accadde proprio come Maria aveva predetto: il fuoco si attaccò
al vestito della donna, poi all'appartamento dove abitava, infine fu bruciata
lei ed anche il suo bambino che dormiva nella culla.
Un'altra volta, ad Alessandria, mentre Maria era sistemata
presso una ricca signora, sentì raccontare della squallida, estrema miseria di
una famiglia i cui membri erano malati e che nessuno aiutava. Subito, la
generosa fanciulla chiese di potersi congedare. La donna, molto urtata, la
seguì fino alle scale e la colpì di bastonate con una tale violenza, che Maria
ne soffrì a lungo. Senza provare risentimento per questa violenza, Maria corse
a stabilirsi nella sudicia camera occupata dalla povera famiglia. Il padre, la
madre e i bambini giacevano nei letti infetti, che dovette rinnovare. Notte e
giorno, curò quegli infermi sfortunati con grande carità. Arrivò persino a
mendicare per nutrirli e per vestirli. Infine, dopo quaranta giorni di questa
eroica dedizione, ebbe la consolazione di vedere tutti i membri della famiglia
completamente ristabiliti.
Durante uno dei suoi viaggi, Maria incontrò una fanciulla,
chiamata Rosalia, che aveva furtivamente lasciato la sua ricca famiglia per
rimanere vergine e vivere povera per Gesù Cristo. Benché non si fossero mai
viste prima d'allora, Maria e Rosalia si chiamarono per nome, e trascorsero una
notte deliziosa a parlare di Gesù, il loro unico amore. Si raccontarono tutta
la loro vita, promettendosi mutuamente di custodire il segreto, per non essere
scoperte e poter conservare il tesoro della verginità.
Fu nello stesso periodo che nostro Signore chiese a Maria di
digiunare per un anno intero a pane ed acqua. La giovane non poteva decidersi a
ciò finché non avesse ottenuto il permesso del suo confessore, perché molto
debole e obbligata a lavorare per guadagnarsi da vivere. Alcuni giorni
passarono in queste esitazioni. Allo scopo di vincere la sua resistenza, Dio
permise che il suo stomaco non ritenesse alcun nutrimento; fece allora un
tentativo di digiuno forzato, e siccome non trovò alcun ostacolo nel farlo, si
decise a sottomettere il caso a un venerabile sacerdote, che l'autorizzò a
proseguire la sua penitenza. Così fece, durante tutto il corso dell'anno, e la
sua salute si mantenne florida.
Ascoltiamo ancora la serva di Dio riferire ciò che segue:
«Per mostrarvi la mia ignoranza vi racconto di orribili
pensieri che mi assalirono, durante uno dei miei viaggi per mare. Mi credevo
colpevole di tutti questi pensieri, considerandoli veri crimini. Così quando
sbarcai, il mio primo pensiero fu di correre presso un confessore. Mi accusai,
come se davvero avessi commesso tutti i peccati il cui pensiero si era
presentato mio malgrado nel mio spirito. Il sacerdote mi fece una lunga e
pressante esortazione per incitarmi al pentimento. Prima di assolvermi, mi
chiese di promettere a Dio di correggermi. Gli risposi: Padre mio, mi è
impossibile prometterglielo; volevo dire che non dipendeva da me il non avere
più di questi pensieri. Convinto a causa della mia risposta, non solo dei miei
crimini, ma anche della mia ostinazione, il ministro di Dio mi rimandò senza
assolvermi, dopo avermi fatto le più terribili minacce. Io non sapevo più cosa
fare; ero quasi disperata. Come sempre, implorai allora la mia buona Madre del
Cielo. Sentii una voce dirmi: Va in tale via, entra in tale casa, sarai
illuminata e consolata. Mi alzai, e arrivai nel luogo indicatomi. Bussai, e una
voce dolce come se venisse dal Cielo, mi rispose: Entra. lo entrai, e mi trovai
davanti una donna che mi disse: avvicinati, Maria. Sei inconsolabile, ma ti
sbagli, poiché tu non sei colpevole. Maria, avere i più orribili pensieri non è
peccato; il peccato non esiste fino a quando l'anima non vi acconsente. Tu ti
sei dunque espressa male. Và di nuovo da quel confessore, e digli le cose nel
modo che ti dirò adesso. Passai la notte con quella persona che mi conosceva
molto bene e parlammo tutto il tempo di Gesù e del Cielo. L'indomani, di buon
mattino, ero già ai piedi dello stesso sacerdote. Gli spiegai le cose così come
la persona sconosciuta mi aveva insegnato a fare, e il confessore, invece di
rimproverarmi, mi incoraggiò. Ascoltate ancora cosa mi è successo quand'ero in
mare e ammirate la potenza della fede, persino in una peccatrice. Una tempesta
furiosa si era levata; dopo inutili sforzi per resistere ai venti e ai flutti,
il capitano aveva dichiarato che tutte le speranze erano perdute. I passeggeri
si gettarono nelle barche di salvataggio, in mezzo ad una confusione
indescrivibile. Il capitano li contò, mancava all'appello una persona. Scese
subito nelle cabine, e arrivò alla mia. Ero coricata e dormivo profondamente. Mi
svegliò gridando: Alzati, vestiti, e sali su di una barca, siamo perduti. Mi
vestii alla meglio e salii sul ponte. Mi sentii ispirata a pregare, dopo avere
rimproverato a tutti la loro mancanza di fede. In ginocchio con gli occhi
rivolti al cielo, dissi, stendendo le braccia: Signore Gesù, tu che sei potente,
calma il mare. O potenza della fede! Lo credereste? La tempesta cessò, le onde
si calmarono, e noi fummo salvi. Ecco ciò che Dio ha fatto attraverso una
peccatrice come me, con un solo grido di fede. Ah! se noi avessimo la fede, una
grande fede, otterremmo tutto da Dio».
Chissà quanti altri simili episodi la sua umiltà ha dovuto
farle tacere. Quelli che noi abbiamo citato basteranno a convincere il lettore
dell'ammirevole virtù di Maria.
CAPITOLO III
Maria arriva in Francia. Entra nell'Istituto delle Suore di San
Giuseppe dell'Apparizione. È rimandata al momento della vestizione religiosa
(1863-1867)
Nel periodo in cui Maria si trovava a Beirut, fece scrivere al
fratello di venire a cercarla. Questa lettera riempì di gioia i suoi parenti.
Suo zio partì con il primo battello per andare a prenderla. Ma il Signore, il
quale voleva che la profezia di sua Madre si avverasse, aveva fatto in modo che
una famiglia di Beirut proponesse a Maria, nell'intervallo, di entrare al
servizio di una delle sue figlie, sposata a Marsiglia. Maria aveva accettato,
ripensando alle parole della religiosa che l'aveva curata dopo il suo martirio,
la quale le aveva predetto l'andata in Francia. Si era appena imbarcata con il
padre della futura padrona, la Signora Naggiar, quando suo zio arrivò a Beirut.
Non trovandola più, credette, malgrado tutte le spiegazioni contrarie, che lo
avesse preso in giro, e rientrò nel suo paese maledicendola.
Arrivata a Marsiglia nel mese di maggio del 1863, la sua nuova
padrona la incaricò di occuparsi della cucina. La signora Naggiar si ritenne
obbligata, a causa della sua giovinezza, di sorvegliarla molto da vicino. Maria
non poteva assistere più alla messa tutti i giorni, e non le era neanche
possibile confessarsi e comunicarsi spesso come in passato. Questa privazione la
gettò in una profonda tristezza. Riuscì a trovare un altro posto dove il suo
desiderio per la vita di pietà avrebbe sofferto meno ostacoli. Ma i suoi
padroni, che avevano avuto già modo di apprezzare le sue rare qualità, la
scongiurarono di rimanere, promettendole che avrebbe potuto soddisfare la sua
devozione. Maria acconsentì.
Libera ormai di seguire la sua attrattiva; quante volte,
alzandosi a mezzanotte, attese in ginocchio, alla porta della chiesa che la casa
di Dio fosse aperta! Pregava, e le ore scorrevano senza che se ne accorgesse.
Spesso saliva sulla montagna che dominava Marsiglia, per venerare Nostra Signora
della Guardia e ne scendeva prima che fosse giorno, dopo avere ascoltato la
messa e fatto la santa Comunione. Recandosi in chiesa prima dell'alba ogni
mattina, aveva notato di essere seguita da un personaggio misterioso, il quale
teneva un bambino per mano. Sorpresa da tale assiduità a quell'ora insolita,
Maria finì per chiedergli, con la franchezza che la caratterizzava: «Signore,
se, seguendomi in questo modo, ha l'intenzione di farmi qualche proposta di
matrimonio, perde il suo tempo e la sua fatica: sono consacrata a Dio». Maria,
le rispose lo sconosciuto, che non le rivelò mai il suo nome, so che sei
consacrata a Dio, io ti seguirò sempre, fino a quando non diventerai religiosa.
Ci allontaneremmo molto dalla verità, se affermassimo che quel personaggio
misterioso doveva essere un messaggero celeste, incaricato di vegliare in
maniera speciale su quell'anima? Comunque sia, Maria continuò le sue devozioni.
II suo lavoro tuttavia non ne soffriva più; poiché non solo assolveva il suo
compito, ma qualche volta faceva anche il lavoro degli altri servi.
Qui si colloca un episodio toccante che ella stessa ci ha
raccontato: «I miei padroni, ci diceva, erano molto buoni con me e mi
dimostravano completa fiducia. In una circostanza, mi avevano incaricato di
pagare i fornitori della casa. Ecco ciò che mi capitò. Avevo appena saldato
tutti i conti e quando scesi in cucina mi accorsi che vicino a me c'era una
donna il cui aspetto denotava la più profonda miseria: vederla mi sorprese,
poiché avevo chiuso la porta e non avevo sentito nessuno aprirla di nuovo. Il
mio stupore non fece che aumentare, quando la sconosciuta mi chiamò per nome:
Maria, mi disse, con una voce molto dolce, fammi la carità, te ne scongiuro, ho
molti bambini che muoiono di fame. Signora, le risposi con viva emozione, non
posso darle niente di ciò che appartiene ai miei padroni. Ho cinquanta franchi,
sono i miei guadagni; li prenda, per vestire e per nutrire i suoi bambini. E tu,
Maria, che avrai dopo? non ti resterà nulla! Non si preoccupi, signora, non ho
mai conservato del denaro, e Dio non mi ha mai lasciato mancare niente: accetti
tutto dunque. Ella prese l'intera somma, ringraziandomi con slancio. Un istante
dopo, mi girai e la donna era scomparsa, senza che la porta fosse stata aperta,
e ritrovai sul tavolo i cinquanta franchi. Temendo d'avere trattenuto questo
denaro sul conto di qualche fornitore, corsi per accertarmene: tutti i conti
erano stati pagati. Certa allora che quella somma era la mia, la donai al primo
povero che incontrai. Seppi più tardi che la sconosciuta era la santissima
Vergine, che si era degnata di provare così la generosità della sua piccola
serva».
Le grazie straordinarie si moltiplicavano e crescevano a misura
della sua fedeltà. Ebbe una prima estasi, che durò due ore; non vi si attribuì
una grande importanza. Quattro mesi dopo, ne ebbe una seconda, nella chiesa dei
Greci-Melchiti, che fece più clamore. Essendosi presentata in estasi alla sacra
Mensa, esclamò, al momento della comunione: «Padre mio, tu mi doni un bambino»,
e cadde come morta. Fu impossibile farla rinvenire da quello stato; la si
trasportò a casa dei suoi padroni. Furono chiamati molti medici che le
praticarono inutilmente i più forti rimedi per farla svegliare da quel sonno,
sul quale dichiararono di non comprendere niente. Restò così per quattro giorni;
il suo viso, pieno di vita, mostrava che non era morta. Cosa avvenne durante
tutto quel tempo? Maria, obbligata, a confessarlo per obbedienza, più tardi, ce
lo racconterà lei stessa.
«Fui trasportata in cielo; vidi la santissima Vergine
circondata da angeli; al suo fianco, c'erano anche innumerevoli vergini. Io mi
vedevo piccolissima, ridotta ad un niente; e tuttavia, sentivo che tutte quelle
anime mi accoglievano con grande gioia nelle loro braccia.
Mi gettai ai piedi della santa Vergine, dicendole: Madre buona,
mi tratterrai qui per sempre? Ancora ti mancano, mi rispose, molte cose. Non
saprei esprimere la gloria che la circondava. Una vergine le disse: Madre buona,
non sono le grandi cose che si compiono sulla terra che fanno guadagnare il
cielo, ma la fèdeltà più totale. Io vi scenderei ancora, per compiere ogni atto
con più perfezione.
Questa vergine mi fece sapere che Dio l'aveva incaricata di
mostrarmi la gloria del Cielo, come pure quello che avveniva sulla terra, nel
Purgatorio e nell'Inferno. Mi fece vedere Gesù Cristo, il nostro divin
Salvatore, ardente d'amore, e molto vicino a lui, il collegio degli Apostoli.
Mi mostrò l'esercito dei martiri, e le anime che hanno sofferto, sulla terra, le
più grandi tribolazioni. Queste non hanno versato il loro sangue come i martiri,
ciò nonostante sono collocate nel loro stesso rango, perché anch'esse hanno
portato la croce. Ognuno ha la propria croce, mi disse la vergine, e
allorquando Dio vede un'anima accettare generosamente quella che lui le invia,
lui stesso aiuta quest'anima a portare la croce.
Mi mostrò i buoni, i santi sacerdoti, splendenti come le
vergini, e posti vicinissimi a Nostro Signore e agli Apostoli. Diceva: Oh!
quanto Dio ama i sacerdoti buoni! Quando li vede zelanti per la sua gloria, per
la salvezza delle anime, come è contento! quanto li ama! Un piccolissimo numero
sale qui direttamente senza passare per le fiamme del purgatorio.
Vidi gli uomini che avevano vissuto cristianamente: usciva
dalla loro bocca e dalle loro mani una luce, ricompensa delle loro elemosine e
del loro attento lavoro. Le donne fedeli ai doveri della vita cristiana erano
inferiori alle vergini; portavano sul petto come dei vasi di fori magnifici, e
la luce usciva da quei vasi.
La Vergine mi disse, mostrandomi la Vergine Maria: Tu ami molto
questa buona e tenera Madre, non è vero? Sei testimone della gloria che la
circonda, per quanto non la vedi come la vedresti se tu fossi qui sempre. Dimmi,
vale la pena che si facciano degli sforzi per meritarle la gloria del cielo? E,
te lo ripeto, non sono le grandi cose che fanno meritare il cielo. L'anima non
deve dire: vorrei soffrire; desidererei tale croce, tale privazione, tale
umiliazione, perché la propria volontà rovina tutto. È meglio avere meno
privazioni, meno sofferenze, meno umiliazioni per la volontà di Dio, che un
grandissimo numero per la propria volontà. L'essenziale è accettare, con amore
e con un'intera conformità alla sua volontà, tutto ciò che piacerà al Signore di
inviarci. Vi sono, nell'inferno, anime che avevano chiesto a Dio croci e
umiliazioni. Dio le ha esaudite, ma non hanno saputo approfittare di tali
grazie: l'orgoglio le ha perdute. Senza domandare nulla, accetta con
riconoscenza tutto ciò che il buon Dio ti invierà.
Quante illusioni vi sono ancora, quando Dio invia la malattia!
Invece di approfittarne, si dice: Ah! se fossi in salute, farei tale cosa, tali
opere per Dio, per la mia anima! Se si domanda la guarigione, lo si faccia
sempre ponendo questa condizione: Mio Dio, se è la Tua volontà; se l'interesse
della Tua gloria lo esige; se il bene della mia anima lo richiede!
Desidererei, aggiunse la vergine, scendere con te sulla terra
per soffrire, per essere più conforme in tutto alla volontà di Dio, per
procurarGli una gloria più grande, per rendermi degna di avvicinarmi più da
vicino a questa sovrana bellezza. Che l'anima ami molto Dio, questo Padre
celeste, tenero e compassionevole; che ami il prossimo più di se stessa; che ami
i poveri. Se possiede solo un pezzo di pane, lo divida con essi, e la
misericordiosa bontà di Dio provvederà per l'indomani, e non le lascerà mai
mancare il necessario. Che Dio solo sia tutto in ogni cosa; che quest'anima non
abbia altra ambizione che di piacergli e di compiere la Sua santa volontà. Oh!
quanto una simile anima sarebbe gradita alla sua divina Maestà! Quest'anima
potrebbe da sola convertire milioni di altre anime. Che l'anima ami così Dio e
il suo prossimo, abbia in ogni circostanza, una grande e incrollabile fiducia.
Siccome tutti gli uomini che vivono sulla terra sono deboli, Dio permetterà che
quest'anima commetta degli errori per mantenerla nella sua umiltà: non si
scoraggi, si penta, confessi le sue colpe al sacerdote, e Dio gliele perdonerà.
Oh sì! Che abbia fiducia, qualunque siano i suoi peccati: li confessi tutti, e
tutti le saranno rimessi.
Ci sono santi sulla terra che, a causa della fragilità umana,
cadono in qualche errore, a volte anche grave. Il demonio allora opera per
intimidire l'anima colpevole, alfine di impedirle di confessare il suo peccato.
Le dice: Il sacerdote ti crede buona, santa, come oseresti confessargli questa
colpa? confesserai questo peccato ad un uomo? No, tu non lo farai. L'anima,
ingannata, nasconde il suo peccato; continua a ricevere i sacramenti; un
peccato ne attira un altro; il demonio finisce per accecarla ed essa cade
nell'inferno. La vergine ha molto insistito su questa verità che, nella
confessione, non ci si rivolge ad un uomo, ma a Dio stesso.
Ricordati bene queste parole che Nostro Signore dice, e che i
suoi discepoli non dimenticano mai: Venite a me, venite a me, voi tutti che
siete dimenticati sulla terra a causa del vostro Dio: io non vi ho dimenticati;
venite, entrate per sempre nella gioia del vostro Maestro.
lo vidi in seguito come una processione formata da sacerdoti,
da vergini, da buone religiose. Tutti insieme, camminavano brillando di gloria
a fianco del divino Salvatore; da ogni lato, stava una moltitudine di angeli.
Una folla di bambini innocenti, simili agli angeli, di giovani vergini, tutte
le anime pure seguivano la processione cantando. Nello stesso istante, vidi gli
altri eletti immersi nel rapimento, nell'adorazione. A questo punto, le parole
mi mancano per potere esprimere ciò che ho visto. Su un trono elevato, che la
mia debolezza non ha potuto che intravedere a causa dello splendore della luce
che m'abbagliava, ho visto molte altre cose che non posso né comprendere né
esprimere.
Maria, mi disse la vergine che mi accompagnava, questa festa è
sempre nuova, e durerà in eterno. Tu vi parteciperai un giorno, ma non ancora:
il tuo libro non è finito. Approfitta bene della vita, essa non è che un
istante, invece questa durerà in eterno. Soprattutto, nelle prove e nelle
sofferenze, non perdere mai la fiducia; gettati ciecamente nelle braccia di
Dio, per essere più vicina a Lui in cielo.
La vergine mi mostrò in seguito la terra come in un
sotterraneo; mi appariva....
direi, come una moneta di cinque franchi o come una mela? Non
so esprimerlo. Ciò che so, è che l'universo tutto intero era chiuso in questo
piccolo cerchio. Oh! come gli uomini si perdono! Se pensassero che non sono che
viaggiatori su questa terra, e che, in qualsiasi istante, potrebbero essere
citati al tribunale di Dio!
Occorre, mi disse la vergine, che adesso tu veda il Purgatorio.
Noi vi entriamo. È un luogo tutto coperto di verde, molto spazioso, più lungo
che largo. Le anime che vi si trovano sono accostate le une alle altre. Le loro
pene differiscono molto. Alcune soffrono più che se sopportassero i più crudeli
supplizi; le sofferenze di altre anime rassomigliano a quelle di una malattia
terrena. Non si vede fuoco all'esterno; ogni anima porta il suo fuoco in se
stessa. Non ci sono demoni, né alcunché all'esterno che metta in allarme.
La vergine mi disse che la Madre di Dio scendeva tutti i sabati
nel Purgatorio, con una scorta di angeli, per far liberare molte anime tra
questi spiriti beati, e che queste anime liberate seguivano gioiosamente la
dolce Regina, come agnellini.
Ho visto nel Purgatorio un gran numero di sacerdoti, di
vescovi, di religiose. Questa, mi diceva la vergine, è in Purgatorio, e vi
rimarrà per lungo tempo, perché prendeva senza permesso frutta in giardino, e
accettava sempre senza permesso piccoli doni dai suoi allievi. Ve n'erano altre
che erano trattenute per non avere abbastanza approfittato delle immense grazie
che offre lo stato religioso; e altre, per difetto di fiducia in Dio.
Vieni a vedere adesso l'Inferno, senza entrarvi, mi disse la
vergine. Vedendolo, il Purgatorio mi parve essere un paradiso. Le anime del
Purgatorio sono sottomesse alla volontà divina; sono felici di purificarsi con
il fuoco, per essere degne della visione beatifica. Nell'Inferno, al contrario,
non si odono che grida spaventose, imprecazioni, bestemmie. I demòni sembravano
costernati alla vista della vergine che mi guidava, poiché Satana è costretto a
tenersi immobile come un vile schiavo, in presenza di un'anima tutta di Dio. Ed
è lo stesso quando vede un'anima salire in Cielo; egli scoppia dalla rabbia: E
che? dice a se stesso, tu eri un angelo e una creatura umana s'eleva al di
sopra di te!
Compresi che il demonio è simile al vento. Quando il vento
soffia, tutto si chiude; si tappano i buchi, le fessure, per difendersi.
L'anima dovrebbe prendere le stesse precauzioni contro Satana; dovrebbe
chiudere tutto in lei, per non lasciare alcun accesso a questo spirito
maligno.
Ciò che mi colpì subito nell'Inferno, fu la vista delle anime
che si erano perdute a causa dei vizi impuri. Erano avviluppate di fiamme che
prendevano la forma dell'idolo che avevano amato con sregolatezza sulla terra.
Gli avari erano anche avvolti dalle fiamme che assumevano la forma dell'oro e
dell'argento. In ogni dannato la fiamma che lo circondava si mostrava sotto la
figura dell'oggetto, causa della sua dannazione. Ho visto nell'Inferno anime
appartenenti a tutte le classi, a tutti i ranghi. Non ho fatto che balbettare,
lo sento, dicendo quel che ho detto».
Maria aveva ragione; per parlare di realtà sovrannaturali,
occorrerebbe la lingua del Cielo.
Nostro Signore, durante questa lunga estasi durata quattro
giorni, chiese a Maria di digiunare, con pane e acqua, per un anno intero, al
fine d'espiare, per altri, i peccati di gola, e di vestirsi il più poveramente
possibile, al fine di riparare i peccati di vanità.
Il suo confessore, che serviva la chiesa dei Greci-Melchiti, le
propose di abbracciare la vita religiosa: temeva di lasciare per molto tempo
esposta al soffio appestato del mondo un fiore così raro. La giovane serva, la
quale non seppe fare altro che ubbidire al rappresentante di Dio, vi acconsenti
malgrado le sue ripugnanze naturali. Questo sacerdote la presentò senza successo
a molte comunità; solo le Suore di San Giuseppe dell'Apparizione acconsentirono
ad accoglierla, come le aveva predetto la religiosa che le aveva ricucito il
collo, annunziandole che sarebbe diventata figlia di san Giuseppe prima di
diventare figlia di santa Teresa.
Entrata in postulantato nel 1865, fu assegnata alla cucina come
aiutante. Non comprendendo ancora molto bene la lingua, faceva spesso il
contrario di ciò che le si diceva; Dio lo permetteva per provare così la sua
pazienza. Conservò un silenzio di tomba su tutti i rimproveri e i cattivi
trattamenti che subì da parte della sua compagna. Ma Dio la vendicò permettendo
l'espulsione dalla comunità della disgraziata che era arrivata al punto di
picchiarla.
Le grazie straordinarie qui si manifestarono in maniera più
completa. E, in aggiunta a questi doni sovrannaturali, mostrava un'umiltà a
tutta prova, un amore per gli incarichi più umili, una carità, una devozione e
un'amabilità che incantavano. Ricordiamo alcuni fatti meravigliosi, che ci
vengono proprio dalle religiose di San Giuseppe.
Un giorno avverti un fortissimo dolore al fianco sinistro, che
la faceva respirare con molta difficoltà. Questa sofferenza durò tre giorni,
senza il minimo sollievo. Il terzo giorno, disse alla maestra delle novizie:
«Questa sera sarò guarita, alle tre: venga e lo vedrà. E chi ti guarirà? le
domandò la maestra. Il buon Dio, rispose. La suora non mancò di ritornare
all'ora indicata, e la trovò perfettamente guarita. Il Signore, le disse Maria,
è passato un momento fa nella mia camera come una grande luce, e mi ha
guarita».
Un'altra volta, era ancora molto sofferente in seguito ad una
caduta. La madre sua maestra andò a visitarla: «Oggi, le disse Maria, guarirò a
mezzogiorno, anche se sembrerò mortalmente ammalata». Alcuni istanti prima di
mezzogiorno, la sorella si recò nell'infermeria. Maria stava prostrata e
immobile sul letto. La chiamò a più riprese: non ebbe risposta. Si sedette
allora accanto al letto, dopo aver chiuso la porta, perché nessuno vedesse
l'estasi. Fu dopo molto tempo, che la postulante rinvenne: Ebbene! le chiese la
maestra, sei guarita? «Sì, le rispose subito con gioia, la mia Mamma del Cielo è
venuta, e mi ha guarita». E nel dire queste parole, si alzò, si vestì, rifece il
letto e scese per riprendere il suo lavoro.
Un altro giorno, si trovò Maria in estasi, in ginocchio, alla
porta della cappella. La sua maestra la interrogò qualche tempo dopo
sull'accaduto, Maria le confessò ingenuamente che era molto afflitta per il
fatto che non avesse più tempo da dedicare alla preghiera e di non poter
digiunare come in passato: «La santa Vergine è venuta a consolarmi, aggiunse; e
mi ha raccomandato d'obbedire, di amare gli altri più di me stessa e di non
affliggermi di nulla; da allora sto in pace».
Ecco un fatto più stupefacente ancora. Nel mese di gennaio
1866, chiese alla maestra, durante la lettura del noviziato,' il permesso
d'entrare nel dormitorio per prendere il fazzoletto che aveva dimenticato. Prima
di uscire, si mise in ginocchio per recitare un Pater, e cadde in estasi. Non
vedendola ritornare, la maestra entrò per vedere che cosa era successo. La trovò
rapita, la mano destra appoggiata sul petto, e la sinistra, nella quale teneva
il rosario, rivolta verso terra: la mano sinistra e il rosario erano macchiati
di sangue. Cercò invano di farla rinvenire da quel sonno misterioso; l'estasi
durò due ore e mezza. Alla fine del rapimento, la postulante tracciò su di sé un
grande segno di croce. Scorgendo vicino a sé la sua maestra, le chiese se la
lettura del noviziato fosse terminata. Cosa dici? le rispose quest'ultima; è
più di due ore che sei qua, la Comunità ha anche cenato. «Che fortuna che è
stata lei l'unica testimone del mio sonno!» riprese l'umile Maria. Eh! cosa hai
visto durante questo sonno? La postulante, la quale non aveva mai parlato di
questi favori divini, rispose con la massima ripugnanza solo per obbedienza,
dopo un momento di silenzio: «Parecchie volte avevo già visto un'anima del
Purgatorio che mi pregava di chiedere a uno dei suoi nipoti, sacerdote, tre
messe e tre ore d'orazione assicurandomi che così sarebbe entrata in Cielo. Ho
chiesto un segno visibile, che fosse constatato nello stesso tempo da un'altra
persona; questo segno, eccolo», e le mostrò la sua mano e il suo rosario
macchiati di sangue.
Maria vide soprannaturalmente la morte di una religiosa di San
Giuseppe che si trovava in Palestina, e una lettera, arrivata parecchi giorni
dopo, confermò la veridicità di questa rivelazione. Predisse anche altri
avvenimenti, che si compirono nel modo che aveva indicato.
I superiori tennero segreti, finché poterono, queste grazie
speciali; ma Dio permise che la Comunità ne fosse molte volte testimone e, da
allora, tutti ne parlarono. Come succede sempre in simili circostanze, si
formarono due gruppi: il gruppo degli entusiasti e quello degli increduli. Le
cose arrivarono a tal punto che bisogno proibire ogni conversazione su questo
argomento. Si fece di più: si proibì alla postulante di avere delle estasi in
presenza delle suore; e Dio, che è sempre a favore dell'obbedienza, non accordò
più questi favori a Maria che durante la notte.
Qualche tempo dopo, la sua maestra le donò un'immagine di
nostro Signore e la mandò a pregare nella cappella. Gesù le apparve nel
tabernacolo con le sue cinque piaghe e la corona di spine, da dove
fuoriuscivano dei flussi di sangue. D'un tratto, vide come dei carboni ardenti
che dalle mani di Gesù cadevano sulla testa dei peccatori. La santissima
Vergine, in ginocchio davanti al suo divino Figlio, lo scongiurava di
risparmiare i colpevoli. Gesù, pieno di tristezza, diceva a sua Madre: Oh.!
Quanto il Padre mio è offeso! quanto il Padre mio è offeso! La postulante si
slanciò verso Gesù, mise la mano sulla piaga del suo Sacro Cuore gridandogli:
«Mio Dio, dammi, se vuoi, tutte queste sofferenze, ma usa misericordia ai
peccatori». Dopo l'estasi, si trovò la mano coperta di sangue. La sua maestra,
testimone del prodigio, lavò quella mano, che non mostrava la minima ferita. Da
quel giorno, Maria soffri al fianco sinistro: tutti i venerdi, il fianco le
sanguinava. Non disse niente a nessuno, ed ebbe cura di fare scomparire ogni
traccia di sangue.
Il divino Maestro volle completare le sue grazie accordandole
per intero le stimmate. Il mercoledi sera della terza settimana di Quaresima
del 1867, Maria ebbe una nuova estasi. «Mi sembrava, diceva, nel renderne conto
per obbedienza, di cogliere rose per ornare l'altare della Madonna: quelle rose
sembravano avere delle spine dai due lati, e le spine s'affondavano nelle mie
mani e nei miei piedi. Quando rinvenni, la mia bocca era molto amara, i miei
piedi e le mie mani erano gonfi; al centro delle mie mani e dei miei piedi,
c'erano delle pustole nere». Il giovedì, le sue sofferenze aumentarono fino
all'indomani, venerdì, festa delle Cinque Piaghe. Quel giorno, verso le dieci
del mattino, le pustole nere si aprirono da sole e la corona di spine si
disegnò perfettamente intorno alla sua testa; il sangue colava dalla testa,
dalle mani e dai piedi. Questo prodigio si rinnovò parecchie volte, durante la
santa Quaresima, sotto gli occhi della sua maestra e d'un certo numero di
suore.
Malgrado tutta la cura che si metteva nel nasconderli, questi
prodigi trapelarono nella comunità, i contrasti ricominciarono con un nuovo
ardore. Per tagliare corto a tutto, la maestra delle novizie ordinò a Maria di
chiedere a Dio che nulla apparisse all'esterno. Obbedi, e disse alla maestra,
da parte della santissima Vergine, che tutto sarebbe rimasto celato fino alla
prossima Quaresima. Le piaghe dei piedi e delle mani si chiusero in effetti
cicatrizzandosi, con grande gioia di Maria, che ha sempre considerato questi
favori come una delle più dure prove della sua vita, convinta che il Signore le
lasciasse questa malattia (è il nome che le dava) per espiare i suoi peccati, in
ragione della confusione che ne provava.
Il postulantato di Maria stava quasi per finire. Il consiglio
si riuni in assenza della Superiora Generale, per esaminare se dovesse essere
ammessa ad indossare l'abito. La maggioranza decise di non ammettere la
postulante a causa dei suoi doni straordinari, giudicando che questo soggetto
non era adatto per un Istituto di vita attiva come quello di San Giuseppe. Ma,
pur rimandandola, si rese alla sua virtù la più splendida testimonianza: Voi
potete ringraziare Dio, ci diceva otto anni più tardi la reverenda Madre
Generale, d'avere permesso che io fossi assente in quel momento. Mai, se fossi
stata presente, avrei acconsentito che fosse mandata via. Il Signore ha voluto
realizzare così i suoi disegni su questa creatura meravigliosa: e se non fosse
questo io sarei tentata di lamentarmi per questo furto fatto a san Giuseppe da
parte di santa Teresa.
CAPITOLO IV
Maria entra al Carmelo di Pau. Le si dà il nome di suor Maria di
Gesù Crocifisso. Il postulantato - La vestizione - Avvenimenti prodigiosi Le
prove (1867-1868)
L'ultima maestra di noviziato di Maria, a San Giuseppe,
aspirando ad una vita più perfetta, aveva ottenuto di poter entrare al Carmelo e
il monastero di Pau aveva già acconsentito a riceverla. Durante le ultime
settimane trascorse sotto la sua direzione, Maria aveva conquistato la stima di
questa suora. Questa la presentò dunque alla reverenda Madre Elia, Priora del
Carmelo di Pau, ma senza parlare dei suoi stati straordinari. Avendo la Madre
Elia acconsentito a ricevere anche questa povera orfana, Maria lasciò Marsiglia
con la sua antica maestra e arrivò al Carmelo di Pau la vigilia della SS.
Trinità nel 1867. Dobbiamo menzionare qui una visione che ella ebbe, ancora
molto giovane, e che lei stessa ci ha raccontato: «Mi sembrava di vedere, ci
disse, Gesù e la sua santa Madre e, ai loro piedi, san Giuseppe e una donna che
non conoscevo. Andai a nascondermi sotto il mantello di san Giuseppe, come se
avessi avuto paura di quella sconosciuta, che tuttavia sembrava molto buona.
Gesù e Maria guardavano e sorridevano. Ma ecco che la sconosciuta prese la
parola: Gran Santo, disse rivolgendosi a san Giuseppe, tu non mi hai mai
rifiutato niente sulla terra, potresti rifiutarmi qualche cosa in Cielo? Dammi
questa figlia. San Giuseppe alzò gli occhi verso Gesù e Maria e mi condusse poi
da questa sconosciuta, che capii essere santa Teresa. Tutto il mio timore
scomparve, e amai Teresa come mia Madre». La visione adesso si era realizzata:
Maria, dopo essere stata figlia di san Giuseppe, adesso diventava figlia di
santa Teresa, sotto il nome di suor Maria di Gesù Crocifisso. La profezia della
religiosa, riferita prima, si era ugualmente compiuta.
Maria aveva ventuno anni, non gliene si sarebbero dati più di
dodici, tanto il suo fisico rifletteva la semplicità, il candore e l'innocenza:
tutti i suoi modi erano infantili. La sua gioia, entrando al Carmelo, fu
indicibile. Comprese che ella era infine dove Dio la chiamava. Non potendo
ancora esprimersi bene in francese, mostrava la sua riconoscenza con lo sguardo,
con il sorriso, con le lacrime e con i baci che deponeva sulle mani delle suore,
secondo il costume orientale.
«Oh! quanto sono felice, esclamava, ho trovato una famiglia. Le
superiore sono
le mie mamme, e le religiose sono le mie sorelle». Tutto le
piaceva del Carmelo: la clausura, il silenzio, la mortificazione, la povertà, le
pratiche di umiltà in uso in quel santo Ordine, e al di sopra di tutto,
l'obbedienza. La Madre Priora per lei era il buon Dio, e le apriva la sua anima.
Anche il confessore riceveva tutti i suoi segreti, poiché per il ministro di
Dio, quest'anima era veramente trasparente. Una saggezza celeste traspariva da
ogni sua parola. La sua felicità consisteva nel soffrire, nel nascondersi,
nell'obbedire; in una parola, era impossibile trovare un'anima
contemporaneamente così semplice e prudente, così seria e così candida, così
straordinaria e così amica delle vie ordinarie, direi, cosi umana e così
divina.
La Priora comprese molto presto il valore del tesoro che Dio le
affidava. Solo per un momento esitò a custodirlo, dato l'accumularsi di tutti i
doni soprannaturali che sembravano non attendere che il chiostro per
manifestarsi in tutta libertà; ma l'umiltà, l'obbedienza, la carità, l'amore per
il nascondimento, il timore di essere vista durante le sue estasi, tutti segni
della mano di Dio, erano così evidenti in quell'anima, che dissiparono i dubbi,
e una riconoscenza, mista a venerazione, prese il posto del timore.
Il giorno stesso della sua entrata, suor Maria vedendo una
postulante, dichiarò che non era per il Carmelo, e l'uscita di questa suora non
tardò a confermare la verità di questa profezia.
La Comunità fu profondamente edificata, durante l'ottava del
Corpus Domini, che seguì subito il suo arrivo, di vederla ai piedi di Gesù.
Talvolta ella giungeva le mani, talvolta inclinava la testa, ora portava la mano
destra sul suo cuore come per prenderlo e donarlo al suo Dio. L'Eucarestia era
sempre stata per Maria l'amore più forte. Quante volte chiese di lasciare il
coro, per non cadere in estasi in presenza delle suore!
Sebbene la santissima Vergine le avesse promesso, a Marsiglia,
che le sue stimmate non avrebbero più sanguinato fino alla Quaresima, tuttavia
il suo fianco sinistro continuò, ogni venerdi, a mandare sangue e acqua, dalle
dieci del mattino fino alle ore tre della sera. I panni che vi si applicavano
erano impregnati di sangue a forma di croce. Durante queste lunghe ore, la
postulante sopportava intollerabili e indicibili sofferenze: la sua sete era
bruciante; l'acqua che le si presentava per spegnerla le sembrava fiele. Isuoi
piedi e le sue mani si gonfiavano, il posto dove c'erano le stimmate diventava
rosso; la sua guancia portava il segno dello schiaffo impresso sulla faccia di
Gesù. Se si tentava qualcosa per sollevarla, diceva subito: «Niente
addolcimenti». Ella si sentiva come colpita da tutti, come abbandonata da tutti,
e diceva: «Grazie, mio Dio, sono pronta a soffrire ancora di più per i
peccatori, per il santo Padre, per la Chiesa». Quando, sotto la morsa del
dolore, temeva di cedere, la si sentiva esclamare: «Mio Dio, abbi pietà di me,
sono debole. Non sono altro che peccato e mi lamenterei di soffrire? No, no,
mio Dio. O Gesù, quanto hai sofferto! Sono contenta di soffrire per Te».
Nostro Signore le appariva spesso, tenendo nelle mani o sul
petto corone di rose; il sangue colava da queste rose. In una circostanza, ella
vide una croce con cinque di questi fiori, il più bello dei quali sormontava la
croce. Avendole Gesù dato la croce e le rose, ella corse gioiosa verso Maria,
dicendole con affascinante ingenuità: «Mia cara Madre, ho cinque rose: tre per
Gesù e due per Te. Non essere gelosa, te ne prego, di possedere meno rose di
Gesù. Se avessi sei rose al posto di cinque, te ne darei certamente tre, buona
Madre». La santissima Vergine le rispose che gradiva quella divisione. «Poiché
le cose stanno così, disse l'ingenua fanciulla, offro la più bella rosa per la
Chiesa; è di un rosso sgargiante e profuma il mondo. Offro la seconda per il
nostro Ordine, la terza per i peccatori, la quarta per la Comunità, la quinta
per quelle che mi cureranno durante la mia malattia». Intendeva parlare delle
sue stimmate, che dovevano riapparire durante la prossima Quaresima, secondo la
profezia della santa Vergine.
Questa divina Madre le annunziò anche che, dopo il mese di
agosto, il suo fianco non avrebbe più sanguinato, e che i suoi piedi e le sue
mani avrebbero ripreso il loro primitivo stato, il che accadde.
Ciò nonostante, lungi dal toglierle il calice della sofferenza,
il Salvatore si compiaceva di crocifiggerla in un altro modo. Maria aveva una
predilezione particolare per la Via Crucis; quando la faceva, Gesù le appariva
spesso come era quando saliva sul Calvario, allo scopo di immolarsi per gli
uomini. Questa visione trapassava il cuore della generosa innamorata; piangeva,
singhiozzava davanti ad ogni stazione; le accadde persino, a più riprese, di
versare lacrime di sangue. A volte, le era impossibile terminare questo pio
esercizio: bisognava riportarla nella sua cella, immersa in un'estasi d'amore e
di sofferenza.
Il 20 luglio, festa di sant'Elia nell'Ordine Carmelitano, si
mise nel refettorio la statua del Profeta su un tavolo ornato di fiori, in onore
della Priora che portava il suo nome. Suor Maria di Gesù Crocifisso, alla vista
della statua, battendo le mani esclamò: «Padre Elia, Padre Elia!». Testimone del
suo trasporto, una sorella suggerì alla Madre Priora di fare servire la cena al
Profeta dalla postulante. La disposizione in questo senso fu immediatamente
data. Durante tutto il tempo che suor Maria adempì con tanto rispetto e amore
questo dolce compito, sant'Elia le apparve: portava l'abito del Carmelo, il suo
viso era maestoso, la carnagione scura, i suoi capelli bianchi; una calotta
bruna gli copriva la testa e egli teneva in mano un lungo bastone la cui parte
superiore aveva la forma di una spada. Questa visione la fece cadere in estasi.
La Madre Priora la fece uscire dal refettorio, solo la parola ubbidienza bastò
a farla ritornare in sé. Ma l'estasi subito la riprese: «L'ho visto, il mio
Padre Elia! Oh! quanto è bello! Ha benedetto il refettorio; ha benedetto la
comunità, ha steso il suo bastone su ogni suora per benedirla. Mi ha dato la
speranza che presto mi si darà il santo Abito!...».
Sant'Elia non l'aveva ingannata. Sebbene il suo postulantato
fosse iniziato solo da poco più di un mese, il Capitolo decise all'unanimità che
si potesse passare sopra le regole ordinarie a favore di una tale anima. Avendo
approvato l'autorità ecclesiastica questa decisione, suor Maria cominciò il suo
ritiro spirituale di preparazione sotto la guida della stessa santissima
Vergine, che le dava gli spunti di meditazione, controllati dalla Madre Priora.
Il tema fornito dalla Vergine era unico: s'imperniava interamente sulla felicità
dell'anima religiosa fedele ai suoi voti. Il mio divin Figlio, diceva la Madre
di Dio alla postulante, presenterà quest'anima al Padre suo dicendo: ecco una
sposa che ha camminato fedelmente sulle mie orme, che ha lasciato tutto per
seguirmi, che ha rinunciato a tutti i piaceri dei sensi e perfino alla sua
volontà. È stata pura, povera, obbediente. Chi può dire con quale amore il Padre
celeste riceve e corona quest'anima? Il 27 luglio, ottava della festa di
sant'Elia, il Rev. Saint-Guily, arciprete della chiesa di San Martino di Pau e
Superiore del convento, le diede l'abito religioso a porte chiuse, poiché si era
giudicato prudente di non fare una cerimonia pubblica a causa delle sue estasi
frequenti. La postulante chiese come padrino e come madrina sant'Elia e santa
Teresa, e fu tra le statue dei due santi, portate nel coro, che ricevette
l'abito del Carmelo. Fu messa tra le suore del coro. Tutta la comunità era lieta
nel saperla destinata a cantare le lodi di Dio. La novizia aveva cominciato già
ad imparare a leggere e aveva scongiurato Sant'Elia di ottenerle la grazia di
potere dire il santo ufficio ma i disegni del Signore su quest'anima erano più
mirabili. Egli voleva che Lo glorificasse nello svolgimento dei lavori più
umili. Così non permise che facesse dei progressi nella lettura e nella
conoscenza del breviario; più tardi, le ispirerà perfino di fare professione
come suora conversa.
Dopo avere indossato l'abito, le sue estasi diventarono ancora
più frequenti. Era presa dallo Spirito di Dio, persino in mezzo al coro, in
presenza di tutte le suore. Niente la crocifiggeva maggiormente: questo sonno
misterioso la rendeva inconsolabile. Si rivolgeva alle anime che considerava
più perfette per fare una santa violenza al cielo, perché le ottenessero la
cessazione di quel sonno che tanto la umiliava.
Ciò che Maria chiamava la sua impotenza nel pregare aumentava
la sua pena: «Senza dubbio, non ho distrazioni, diceva, ma non posso terminare
la mia breve preghiera. Comincio il Padre Nostro e mi arresto a queste due
parole senza potere continuare. Penso, o mio Dio, tu così grande, così potente,
sei nostro Padre. Tu, in cielo! e noi, piccoli vermi, cenere, polvere sulla
terra! Oggi in questo mondo, e domani forse morti! E durante questo rapido
momento della nostra esistenza, noi osiamo offenderti, o mio Dio! abbi pietà di
noi! e mi perdo, e mi addormento».
Anche se voglio recitare l'Ave Maria, mi fermo alle prime
parole: Vi saluto, Maria, e dico alla santa Vergine: «Tu così buona, così
buona, o Madre mia! Tu, Madre di Dio, Madre degli uomini! e noi poveri
peccatori! e mi perdo, e mi addormento, impossibile continuare. Come bisogna che
mi confessi di non poter pregare».
Aggiungeva: «Ero molto addolorata da qualche tempo riguardo
alla contrizione: temevo di non avere un dolore sufficiente per le mie colpe. La
mia buona Madre Maria mi ha insegnato a fare tre stazioni prima di confessarmi:
la prima, alla porta del Cielo, la seconda, a quella dell'Inferno, la terza nel
giardino degli Ulivi. Faccio come mi ha insegnato, e da allora, sono
tranquilla».
La novizia amava stare sola con Dio nella sua cella, bastava
tuttavia un segno da parte dei superiori perché desistesse. Considerava
l'obbedienza in tutte le cose come la prima delle virtù religiose. Fu privata
un giorno della santa Comunione dalla Priora, che voleva provarla: Tu hai
dovuto fare oggi, le disse la sua maestra a questo proposito, un grande
sacrificio? «Non parli di sacrificio, le rispose suor Maria; l'obbedienza vale
molto di più della comunione; vale più di tutto». E se nostra Madre ti dicesse:
dammi il tuo braccio, voglio tagliarlo, che faresti? «Glielo presenterei
dicendole: ecco il mio braccio, lo tagli». E se ella ti dicesse: taglialo tu
stessa? «Lo taglierei immediatamente con gioia».
L'8 agosto, non avendo potuto suor Maria assistere alla Messa a
causa del suo stato di sofferenza, la sua maestra andò a visitarla. Voleva
chiederle notizie della sua salute, quando la novizia la pregò di non parlarle.
Era profondamente raccolta in preghiera. La sua maestra la guardava con
religiosa curiosità; tutto ad un tratto, vide che ella si comunicava: «Oh!
quanta grazia la Santa Vergine mi ha ottenuto, le disse suor Maria, mi sono
comunicata». Ella ripetè la stessa cosa alla Priora: «Sant'Elia, aggiunse, mi ha
fatto un sermone: mi permetta, Madre mia, di farmelo scrivere, per non
dimenticarlo. Anche santa Teresa è venuta: portava l'abito della Riforma, il suo
mantello bianco era luminoso. Mi ha detto: Figlia mia, bisogna amare molto la
Madonna, è vostra Madre, e la vostra Regina. Tutto ci viene da Maria, e noi
riceviamo tutto tramite Lei».
La santa Vergine la visitava anche per incoraggiarla a
soffrire. Sola nella sua cella con la sua maestra, recitava un giorno l'Ave
Maria. D'un tratto, s'interruppe e si coprì il viso con le mani, abbagliata da
una grande luce soprannaturale. «Ascolta,` disse alla sua maestra, Maria parla»,
e prestò l'orecchio. Un istante dopo riprese, sempre rivolgendosi alla sua
maestra: «Ha capito ciò che Ella ha detto?». Non ricevendo risposta, aggiunse:
«Esce dalla cella». E colpendosi il petto, esclamò con aria commossa: «Ella è
mia Madre!». U indomani, la sua maestra le chiese ciò che le aveva detto la
santa Vergine. Convinta nella sua incantevole ignoranza che la maestra avesse
visto e udito tutto come lei, suor Maria le rispose con sorpresa: «Non lo sa? Ha
detto: Benedetta, tre volte benedetta l'anima che soffre. Il tempo è breve,
molto breve. Dopo avere sofferto un istante sulla terra, quest'anima sarà sempre
con il mio divin Figlio presso il Padre celeste». Ma non ha detto niente di
particolare per te? le disse la Maestra. «Oh! sì, ella mi ripete sempre: umiltà,
umiltà. Quale è dunque quest'umiltà?».
Ai dolori delle stimmate erano succeduti, il venerdì,
sofferenze più vive che durante il suo postulantato. Qualche giorno prima della
festa dell'Assunzione, ella sospirava la morte. E tu vorresti morire prima
della professione? le dicevano le suore. «Oh! sì». Ma la santa Vergine ha
promesso di non venire a cercarti che fra tre anni. «Ella può cambiare questo»,
si accontentò di rispondere.
Cominciò la recita del rosario nella sua cella; la Madre di Dio
le apparve: «Mia Madre è là, esclamò; oh! quanto è bella con la sua corona di
angeli! Madre amata, prendimi». E quando la visione scomparve, aggiunse: «Maria
vi ha benedette tutte; mi ha detto che sarei guarita e che sarei andata a
Mattutino». Tutte le sue sofferenze, in effetti, erano scomparse come per
incanto e poté assistere all'ufficio divino.
La santa Vergine le aveva chiesto di recitare cinque corone del
rosario ogni giorno, e siccome aveva trascurato questa preghiera, la Madre di
Dio glielo rimproverò. Per riparare al suo errore, cominciò, con l'aiuto della
sua maestra, il primo rosario. Ma fu impossibile andare avanti; si fermò ad ogni
parola: «Cara Madre, esclamò con aria rapita, se vuoi le cinque corone del
rosario, occorre che mi aiuti. In caso contrario, offro a Dio e a Te, al posto
di questa recita, tutte le sofferenze che vorrai inviarmi». Nel concludere
queste parole, entrò in una vera agonia: «Soffoco, disse, presto il Padre mio
per confessarmi. Non ho niente che mi rattristi, ma desidero una assoluzione
prima di morire». 1 dolori si erano calmati: «Questa settimana ancora, io devo
soffrire molto, disse; solamente sabato prossimo, sarò guarita e potrò recitare
le cinque corone del rosario». Tutto accadde come aveva annunciato.
Fino a quel momento, il demonio non aveva potuto provarla che
per la malattia; ottenne adesso di poterla attaccare di persona. Cominciò dalla
lettura. Tutte le volte che la novizia voleva prendere la sua lezione, il
demonio le impediva di vedere le lettere. Ella ricorreva all'acqua benedetta per
cacciare il demonio. Rinnovandosi
spesso la tentazione, la Priora volle che ella chiedesse a Dio
se doveva continuare a prendere lezioni o doveva interromperle. Nostro Signore,
per tutta risposta, le apparve coperto di sangue, durante il sonno, e le disse:
Figlia mia, diventeresti troppo orgogliosa, se apprendessi subito a leggere,
questa scienza non ti è necessaria. Tre cose ti bastano: guardami e pensa a me,
sii in tutto l'ultima di tutte, obbedisci ciecamente.
Satana cercò di gettarla nello scoraggiamento. Ascoltiamo
questo dialogo tra la novizia e il demonio, il giorno dell'anniversario del suo
martirio. Il demonio le disse: Tutte le suore pregano. Tu, non lo fai « È vero,
rispose, ma amo il mio Dio». Ti si metterà fuori prima della professione, perché
sei sempre malata; non si avrà sempre per te la stessa carità. «Tanto meglio,
amerò sempre Gesù, e Gesù avrà cura di me». Ma se la Priora, la Sottopriora, se
le altre suore ti accuseranno, ti maltratteranno, tu che farai? «Amerò sempre
Gesù». E se Dio ti gettasse nell'inferno? «Ebbene! anche nell'inferno, ancora e
sempre amerò il mio Dio». Il Maestro e sua Madre non ti amano, altrimenti non ti
avrebbero fatto scendere dal cielo, dopo che ti fu tagliato il collo.
«Quand'anche, per assurdo non mi amassero, io li amerei sempre, sì, sempre di
più». Tu non sei degna di comunicarti sacramentalmente, accontentati della
comunione spirituale; dovrai rendere conto di tutte queste grazie. «È vero che
non sono degna della comunione; ma credo, spero, amo: andrò a comunicarmi».
Il demonio, vinto, ritornò alla carica. Suor Maria aveva
ottenuto di fare, per quaranta giorni, un digiuno a pane ed acqua, secondo
l'intenzione del Sommo Pontefice. Satana si adoperò per farglielo abbandonare.
La sbatté, un giorno, con violenza, contro una porta, il cui lucchetto di ferro
le procurò alla testa una ferita profonda ma ella chiese di continuare il suo
digiuno malgrado la viva sofferenza che provava. Un altro giorno, la gettò
dall'alto della scala. Nessuno si trovava lì al momento della caduta, e Maria
non disse niente tutto il giorno. Si accorsero soltanto che camminava con molta
fatica. Ben presto la sua gamba si gonfiò. Il medico che era stato chiamato,
constatò una frattura del piede, e ordinò un riposo assoluto di venti giorni. La
beata Maria degli Angeli, di cui si celebrava la festa il giorno dopo, la guarì
subito, e fino alla fine dei quaranta giorni, la novizia poté restare fedele al
suo digiuno.
Quante volte al refettorio scoprì nel suo piatto un formicaio
di vermi! Spesso sentiva, in quello che le servivano, un odore di cadavere.
Tuttavia mangiava tutto, felice che Satana le fornisse queste occasioni per
mortificarsi. Talvolta questo spirito infernale le toglieva il suo pezzo di
pane, di cui non aveva preso che due bocconi; tal' altra lanciava la sua
scodella in mezzo al refettorio: la novizia, senza sconcertarsi, chiedeva il
permesso di raccogliere con la lingua la zuppa rovesciata a terra per mano del
demonio, e quest'atto d'umiltà non faceva che aumentare la rabbia del
tentatore.
A suor Maria piaceva molto la frutta, in particolare le mele.
Il diavolo riuscì un giorno, grazie alla sua suggestione, a fargliene prendere
una senza permesso. Appena l'ebbe in mano, capì la tentazione; gettandola subito
a terra, la schiacciò con il piede, promettendo a Gesù di non mangiarne più, se
non quando i superiori lo avessero consentito. Satana cercò di turbarla durante
il sonno: per due volte, gettò le sue coperte a terra. La novizia lo scacciò con
l'acqua benedetta ed esso si ritirò sibilando. Ancora una volta, egli escogitò
un altro stratagemma. Un giorno che Maria era trattenuta in infermeria, lo
spirito maligno prese la forma di una suora dispensiera e le portò una
magnifica mela, dicendole che era da parte della Priora. La piccola novizia si
permise di fare qualche obiezione; il suo imbarazzo era estremo, non sapendo
come fare ad obbedire e nello stesso tempo a rimanere fedele al suo digiuno di
quaranta giorni. Invocò la santissima Vergine: non le occorse molto per
smascherare l'illusione del maligno. La pretesa suora dispensiera si incollerì e
uscì sbattendo la porta con grande rumore. Ci si volle assicurare dell'accaduto
e si interrogò la suora che la novizia aveva nominato, ma questa fu molto
sorpresa e dichiarò che non si era mai avvicinata all'infermeria. Si accertò
effettivamente che, mentre il fatto accadeva, questa suora era occupata a
sorvegliare degli operai che lavoravano nella casa.
Un giorno che Maria era nella sua cella, vide entrare la Madre
Priora, la quale con collera le proibì di fare la santa Comunione quel giorno.
La novizia non replicò e si recò alla Messa durante la quale non si comunicò.
Alcune suore, essendosene accorte, avvertirono la Priora, che ne domandò la
causa alla giovane sorella. Questa rispose ingenuamente: «Ma, Madre mia, era
per obbedirle, me lo aveva proibito questa mattina», e le raccontò ciò che le
era successo. La Madre Priora fu molto stupita in quanto non si era mai
avvicinata alla cella della novizia e non le aveva fatto alcuna proibizione di
questo genere in quel giorno.
Per fare in modo che fosse cacciata dal convento, il demonio
fece ricorso ad un altro artificio: prese le sembianze di suor Maria e andò,
così travestito, a trovare le sorelle; parlò contro la carità, e soprattutto
contro l'umiltà. Le religiose, credendo di avere a che fare con la novizia, non
sapevano più cosa pensare; nella loro grande carità, mettevano tutto sul conto
delle prove eccezionali di quest'anima, ma casi simili si moltiplicavano. Esse
ne parlarono tra di loro per illuminarsi scambievolmente sulla condotta da
tenere, constatarono con molta gioia l'artificio di Satana, e invece di
rimandare suor Maria, l'apprezzarono maggiormente e la circondarono di una
venerazione più grande.
Non restava al demonio che un'ultima risorsa, quella che
utilizza quando tutti gli altri mezzi falliscono: trasformarsi in angelo di luce
per farsi l'apostolo di una santità illusoria. Lo fece. Hai ricevuto, le disse,
delle grazie straordinarie; il tuo sonno non è che un'estasi; tutte le tue
compagne ne sono rapite testimoni, ti considerano a ragione come una santa. Ma
non temi i fumi dell'orgoglio? Perché restare così esposta a una tentazione
perpetua di vanagloria? Non finirai per soccombere e per perderti? I doni che
Dio ti ha fatti sono talmente particolari, che bisogna andare a nasconderli in
un deserto. Se tu non hai abbastanza coraggio per vivere sola sotto lo sguardo
solo di Dio, fatti mendicante: va per il mondo a chiedere l'elemosina di porta
in porta; raccoglierai disprezzo, e questo disprezzo sarà il felice contrappeso
per tutti i favori celesti di cui Dio ti ha colmata. La novizia era così incline
a nascondersi, a vivere in solitudine e a cercare il disprezzo, che sarebbe
stata esposta ad esser presa in queste reti, se non avesse avuto per regola di
sottomettere tutto ai superiori. Grazie alla sua perfetta apertura e alla sua
cieca obbedienza, trionfò di nuovo su questo assalto del demonio.
Più la Quaresima del 1868, che avrebbe visto la riapparizione
delle stimmate, si avvicinava, e più il demonio raddoppiava i suoi attacchi
contro la suora. Assumeva le sembianze più orribili per spaventarla; le
suggeriva pensieri orribili, persino il pensiero del suicidio. Ma il Cielo non
abbandonava mai quest'anima. Gli angeli e i santi la incoraggiavano, Maria la
visitava, l'istruiva e la consolava; il Salvatore stesso si degnava di
manifestarsi a lei, con le sue apparizioni e la preparava a nuovi
combattimenti, seguiti sempre da nuove vittorie.
Nel momento di queste visite soprannaturali, la novizia diceva
cose sublimi: «la santa Vergine, esclamava un giorno, mi ha insegnato che
l'obbedienza ci preserva sempre da ogni male e da ogni trappola di Satana. Per
guadagnarsi il regno dei cieli, in religione sono necessarie tre cose: la
prima, è l'obbedienza, attraverso essa, noi rimaniamo sempre nella retta via. La
seconda, è l'umiltà. Con un atto di obbedienza, noi acquistiamo l'umiltà per un
mese; attraverso un atto di disobbedienza, noi perdiamo l'umiltà per un anno.
Senza l'umiltà, noi siamo ciechi, nelle tenebre; invece, con l'umiltà, l'anima
marcia nella notte come di giorno: l'umiltà è la nostra luce. La terza, è la
carità». Una sorella le domandò: E la penitenza? Rispose: «È il demonio che
talvolta la ispira, allo scopo di fare in seguito mancare alla Regola. Quando
chiediamo un permesso, la prima parola della Priora è da Dio. Se noi facciamo
un'osservazione, la seconda parola è del nostro io, e se noi insistiamo, la
terza parola, è del demonio».
Il Signore le mostrò, un giorno, come la sua collera stava per
scoppiare. La giovane suora gridò: «Signore, risparmia gli uomini. Mettimi nel
fuoco, ma lascia cadere il fulmine dalle tue mani. Gli uomini non comprendono
il male che fanno, sono ciechi». E aggiungeva: «La parola di Dio fa tremare il
cielo e la terra. Gesù diceva: non sono io che scelgo l'inferno per voi; voi
stessi fate questa scelta. Non un'anima si perde senza che io le abbia parlato
mille volte nel cuore. Io sono venuto sulla terra, mi sono rivestito della
vostra natura, mi sono fatto fanciullo, obbediente, povero, umiliato. Ho tutto
sofferto per voi. Non sono io che vi ho perduti, siete voi stessi che vi siete
perduti». Ed ella ripeteva: «Signore, salva il mondo, non amare me sola,
gettami nel fuoco per salvare gli uomini», e piangeva e singhiozzava.
La beata Margherita Maria le apparve qualche ora dopo:
«Margherita, le disse la novizia in estasi, sulla terra io non sono che una
povera cieca; qui vedo, sì, io vedo il serpente. Egli non può colpirmi e io
rido di lui. Margherita, dì alla Madre nostra di farmi una piccola visita».
Ella fu esaudita. Santa Teresa le apparve. Suor Maria la salutò con trasporto;
e si inchinò dicendole: «Madre mia, benedicimi», e riprendendosi subito: «Madre
mia, non benedire solo me, benedici tutte; benedici le altre prima di me; amale
tutte come ami me». Prima che santa Teresa scomparisse, la suora le domandò:
«Madre mia, sai se la santa Vergine verrà a visitarmi? Di grazia, Madre mia,
dille di venire, dille di venire».
Maria venne. Era con nostro Signore e con san Giuseppe. La
novizia si volse prima a questi: «Padre Giuseppe! e tu non mi dici nulla?
Parla, parla, ti ascolto». San Giuseppe le parlò della Chiesa, del Santo Padre,
dei peccatori. Dopo un istante di attenzione, ella emise delle esclamazioni
dolorose. E volgendosi a Maria: «Madre mia, le disse con aria supplichevole,
prega. Il mondo è cieco, non capisce il male che fa. Madre mia, trattieni le
mani del Tuo divin Figlio; impediscigli di lanciare il fulmine». Gesù non si
lasciava intenerire; enumerava i crimini che provocavano il suo giusto sdegno:
«tutto ciò è vero, diceva la novizia, con il viso inondato di lacrime; ma
perdona, Signore, perdona».
L' indomani il sabato, scongiurò la beata Margherita Maria di
concederle di accompagnare la santissima Vergine in Purgatorio.
Il permesso fu accordato; solamente, prima di unirsi alla
processione che seguiva la Madre di Dio, disse alla Priora: «La santa Vergine
le chiede per me il permesso di accompagnarla in Purgatorio». La Priora, si
capisce, si guardò bene dal rifiutarlo. La novizia entrò subito in un profondo
silenzio; lo interruppe ogni cinque minuti per dire: «Gloria a Maria! Gloria a
Gesù! Gloria al Padre celeste!». Altre volte, esclamava: «Signore, benedicici;
benedici la Chiesa della terra e la Chiesa del cielo!». E alla fine: «Ecco la
mia Mamma del cielo che viene ad incoronarmi». Nel dire queste parole, si piegò
e sgorgò del sangue intorno alla testa a forma di corona.
«Margherita, disse in seguito alla beata, ti racconto la mia
visita in Purgatorio. Ero l'ultima della processione, ma tutti coloro che la
componevano mi amavano molto. Allorquando Maria è entrata in Purgatorio, tutte
le anime erano gioiose, tutte parevano sperare la loro liberazione. L'una
diceva alla santa Vergine: Madre, non Ti ho conosciuta abbastanza. Un'altra:
Madre, io non Ti ho pregato abbastanza. Tutte le anime parlavano a Maria, e
Maria rispondeva a tutte le anime. Impossibile ripetere le parole di Maria.
Quanto è buona mia Madre!».
La novizia aveva annunciato che una processione celeste avrebbe
sfilato davanti a lei quel giorno. Verso le due del pomeriggio, la processione
apparve. La suora salutò ciascuna delle anime beate che la componevano. La sua
gioia era traboccante. Quando scoprì san Francesco d'Assisi, gridò: «Anche tu,
Francesco, hai cinque rose», indicando le sue stimmate. Molti consigli le
furono dati; ella li ripeteva alla beata Margherita, con la quale durante le
sue estasi ininterrotte ella si credeva sempre sola.
I
«Margherita, le diceva, san Tommaso mi ha dato tre pratiche
sulla fede:
1. Guardate Gesù che scende sull'altare durante la messa,
discende tramite la parola del sacerdote. Credete che viene per nutrirvi e che,
con lui, niente può mancarvi. Egli è là come un bambinello; ed è tutto per voi:
andate a lui.
2. La fede, quanto è bella, potente! Un'anima che possiede la
fede può fare tutto, Dio le accorda tutto. Guardate le bestie: quando nascondono
le loro provviste, hanno cura di non essere viste, ammucchiano d'estate in vista
dell'inverno. Come la bestia attende la sua soppravvivenza da ciò che ha
nascosto sotto terra, credete che Gesù vi nutrirà, se andrete al santo
Tabernacolo dove è nascosto per voi e dove vi attende.
3. Considerate l'agnello: vedete la fede che egli ha nel suo
pastore; cammina vicino a lui con fiducia; si abbandona alle sue cure, va dove
lo conduce; si ferma quando il pastore si ferma; conserva la sua lana o la dà
come il pastore vuole; lo segue di giorno, lo segue di notte. È così che dovete
lasciarvi condurre dal vostro Pastore Gesù; è così che dovete seguirlo sempre
con fede, di notte come di giorno; è così che dovete essere veri agnelli.
Se dicessimo con fede: Montagna, cambia di posto, la montagna
ci ubbidirebbe; terra, trema, la terra tremerebbe».
II
«Margherita, santa Veronica mi ha dato sette pratiche
sull'umiltà:
1. L'orgoglioso è come il grano di frumento gettato nell'acqua:
gonfia, ingrossa. Esponete questo grano al sole, al fuoco: secca, è bruciato.
L'umile è come il grano di frumento gettato sulla terra: scende, si nasconde,
scompare; muore, ma per rifiorire in cielo.
2. Quando si raccolgono le olive, lo si fa con la più grande
cura, si raccolgono tutte quelle che cadono a terra allo scopo di estrarne
l'olio. Cercate dappertutto con eguale cura occasioni per praticare l'umiltà.
L'olio dà la luce; l'umiltà ha la luce di Dio; fa vedere Dio.
3. Considerate le api; volteggiano di fiore in fiore ed entrano
in seguito nell'alveare per fare il miele. Imitatele, cogliete dappertutto il
succo dell'umiltà. Il miele è dolce; l'umiltà ha il gusto di Dio; fa gustare
Dio.
4. Lavorate ogni giorno per acquistare l'umiltà. Quando si
dimentica di innaffiare gli alberi appena piantati, questi muoiono; se
dimenticate di praticare ogni giorno l'umiltà, l'albero della vostra anima si
seccherà.
5. Vedete come un piccolo uovo nel mare diventa in poco tempo
un grosso pesce. Abbiate cura di essere sempre piccoli con l'umiltà; diventerete
grandi davanti a Dio. 6. Considerate la bestia: non cerca che il suo bene e
quello dei suoi piccoli. Siamo i figli di Dio il quale non cerca che il nostro
bene. Ecco perché ci fornisce le occasioni per praticare l'umiltà: sappiamo
approfittarne.
7. L'umiltà ci conserva; una bella e buona cosa, abbandonata,
si perde: anche l'anima, senza gli atti di umiltà, si perde».
III
«Margherita, santa Teresa mi ha dato quattro pratiche sulla
pazienza:
l. Quando soffrite, pensate alla vostra debolezza, alle vostre
miserie, pensate che un piccolo nulla come voi non merita che di soffrire.
Guardate Gesù nella sua Passione: soffrirete tutto con amore, voi lo
ringrazierete.
2. Al fine di conservare la pazienza nella prova, considerate
Gesù sulla Croce. Tutti lo ingiuriavano, tutti si burlavano di lui e dei suoi
dolori; egli sopportava tutto in silenzio. Una figlia di Teresa deve soffrire
con pazienza, in silenzio. Tutto pasa.
3. Nelle vostre sofferenze, pensate che glorificate Dio. Sulla
terra, il Signore fa tutto per voi: voi soffrite tutto per Lui. Pensate alla sua
gloria; pensate anche che la santa Vergine sarà vostra Madre.
4. Pensate che dopo le sofferenze, le umiliazioni, sarete in
cielo. Oh! allora, quale non sarà la vostra gloria, la vostra gioia!».
IV
«Margherita, san Luca mi ha dato due pratiche sulla
verginità:
1. Conservate con cura il profumo della verginità. Quando un
liquore profumato è messo in un vaso, si chiude il vaso al fine di non fare
evaporare il profumo. Fate così per la verginità; custoditela ben chiusa, e
riprenderà il suo profumo in cielo.
2. Custodite la verginità come gli alberi conservano la loro
linfa. Occorre molto tempo agli alberi prima che portino frutto. Dio sarà il
frutto della verginità in cielo e sulla terra.
La verginità è come una luce vicino a Dio nel cielo».
V
«Margherita, san Giuseppe mi ha dato cinque pratiche sulla
carità fraterna:
1. Pensate alla colomba: ella si toglie il cibo dalla bocca per
darlo ai suoi piccoli. È così che dovete essere caritatevoli per tutte le
vostre sorelle: dimenticatevi, privatevi per gli altri.
Se agirete in questa maniera, Dio lo considererà come fatto a
se stesso.
2. Guardate i pesci nel mare: vanno insieme in gruppi
numerosissimi; marciate così insieme con la carità.
3. Considerate le bestie prive di ragione. Quando una tra loro
corre un pericolo, le altre l'avvertono. Soccorretevi così le une con le
altre.
4. Guardate le stelle: considerate come brillano e come fondono
la loro luce, al fine di produrre tutte insieme una grande luce; producete così
insieme, perfettamente unite, una grande luce di edificazione.
5. Guardate i bambini appena nati: li si nutre con il latte;
crescono a poco a poco grazie alla carità che si esercita nei loro riguardi; in
seguito, mangiano per crescere maggiormente, per potere camminare. Per mezzo
della carità, dovete nutrirvi le une con le altre, confortarvi e fortificarvi a
vicenda».
VI
«Margherita, Gesù mi ha dato cinque pratiche sul silenzio:
l. Il giorno passa, la notte trascorre senza rumore,
trascorrono in silenzio. Conservate, anche voi, il silenzio; passate sulla
terra in silenzio per trovare la gioia in cielo.
2. Quando l'acqua sgorga dalla sua sorgente, sgorga senza
rumore, senza intorbidirsi; scorre poi in silenzio: praticate così il
silenzio.
3. Quando si piantano le erbe, le piante, i roseti, si lasciano
radicare in silenzio, crescono in silenzio; spandono il loro profumo in
silenzio; cadono, muoiono in silenzio; fanno tutto in silenzio: fate lo
stesso.
4. L'uva si lascia cogliere in silenzio; si lascia gettare nel
torchio e pigiare in silenzio; è allora che il vino è dolce. Il buon frutto
diventa dolce grazie al silenzio: praticate il silenzio.
5. Imitate il legno; si lascia tagliare in silenzio; si lascia
dipingere del colore che si vuole in silenzio; si lascia bruciare in silenzio.
Lasciatevi umiliare in silenzio; lavorate, soffrite, fate tutto in silenzio. Il
silenzio preserva per il cielo».
Questi insegnamenti della novizia estatica facevano infuriare
Satana. Egli ottenne il permesso di tentarla anche durante l'estasi. La suora
lo raccontò alla Beata: «Margherita, il demonio mi ha detto: Hai parlato troppo,
non sei sola. Io ho risposto: ma sì, qui sono sola insieme a Margherita; non ho
parlato troppo, parlerei ancora; Gesù lo vuole, è Lui che mi ha detto di
continuare. Lascia l'abito; da religiosa sarai sempre malata; ti si dovrà
sempre curare. Ebbene, se mi si cura, lo si farà per l'amore di Gesù e Lui sarà
glorificato. Vattene nel mondo, e avrai un portamento da gran signora. Per
tutta risposta mi sono burlata di lui. Va nel mondo, farai del bene ai poveri,
invece qui, ti si fa l'elemosina: restare religiosa è umiliante. Vattene,
Satana, non otterrai niente. Come l'uva dà il vino quando è rinchiusa nel
torchio dove la si pressa, io voglio rimanere rinchiusa per dare a Dio il vino
della purezza. Spogliati; nel mondo, potrai fare molte penitenze, potrai
seguire la tua volontà. Vattene, Satana, io obbedirò; Gesù è stato obbediente
fino alla morte».
«Margherita, voglio raccontarti ciò che Satana mi ha detto
ancora: il mio martirio all'età di tredici anni, è stato il più grande colpo
che io gli abbia inferto. Satana, non ama il martirio. Mi ha dunque detto: Se
avessi potuto sapere ciò che tu saresti diventata, avrei strangolato te, tua
madre e tutti i tuoi familiari. Egli mi ha parlato così, Margherita, ma io, io
sono niente; sono solo miseria, debolezza, nulla, è Gesù che ha operato in me.
Satana mi ha anche rimproverata di essere fuggita e di essere, con ciò, la
causa della desolazione dei miei parenti. Avrebbe voluto farmi credere che avevo
commesso una grande colpa, gli ho risposto di aver agito sotto ispirazione
divina e che Gesù e Maria avevano fatto tutto. È vero, Margherita, che io,
senza Gesù, mi sarei persa da molto tempo. È Gesù che mi ha chiamata, ritirata
dal mondo. È Maria che ha vegliato su di me. Mi ama tanto, Maria! Mi lamentavo
un giorno con questa Madre di non essere morta all'epoca del mio martirio. Mi
consolò dicendomi che sarei diventata martire d'amore». «Margherita, voglio
recitarti la mia preghiera a Maria: Tu eri vergine nel mondo, oh! Maria. Chi
avrebbe mai pensato che saresti diventata Madre di Dio? Sei la Madre di Dio, per
la Tua umiltà. L'angelo del Signore è apparso a Maria per annunciarle la sua
maternità divina. La Vergine, illuminata dalla luce potente di Dio, si umiliò
pensando che Colui il quale ha creato il cielo e la terra stava per diventare
suo Figlio. L'angelo parlava spesso alla Vergine Maria, e ogni volta che
l'angelo parlava, Ella si umiliava. Oh Maria! quanto sei umile e amabile nella
Tua umiltà!
Maria era anche un modello di fede. Oh! quanto la fede di Maria
era gradita al Padre celeste! Grazie alla sua fede faceva crescere Gesù in Lei
tutti i giorni. Se noi avessimo questa stessa fede, Gesù crescerebbe anche nel
nostro cuore. A motivo della sua fede e della sua umiltà, Maria non si sentiva
degna di diventare la Madre di Dio.
Sulla terra, i bambini non possono nascere senza una madre: e
vengono alla luce per mezzo di una donna. È anche per mezzo di una donna che
noi entriamo in cielo, e questa donna, è Maria. Dio apre il cielo grazie al
Frutto di Maria. Dopo il peccato, gli uomini aspettavano il Frutto di Maria, di
questa Vergine dolce, umile e santa. Sii benedetta, Maria, sii benedetta!».
Passando in seguito a consigli di altro ordine, ma tutti
nutriti della linfa evangelica, suor Maria di Gesù Crocifisso, sempre in
estasi, aggiunse: «Un'anima, chiamata da Dio alla vita religiosa, dice: Voglio
farmi religiosa per seguire Gesù, per praticare l'umiltà, per morire a tutte le
cose e a me stessa. Il demonio viene; spinge quest'anima a curarsi per potere
osservare la Regola. Se l'anima ascolta questa prima tentazione, Satana continua
i suoi attacchi nello stesso senso. I desideri terreni penetrano
impercettibilmente nello spirito di questa religiosa: trova che non è abbastanza
vestita, abbastanza nutrita; crede che le altre sono curate meglio di lei.
Cacciate questi pensieri, non pensate a voi, lasciate che i superiori pensino
per voi. Sì, io dirò tutto. Vai via, Satana, non c'è nessuno qui, non c'è che
Margherita. Vai via, non voglio niente da te, non ti conosco. Per essere una
buona religiosa, bisogna annientarsi; bisogna assolutamente assomigliare a un
essere senza vita, a un bastone. La buona religiosa si accontenta di poco; non
si lamenta mai; crede sempre che si faccia troppo per lei.
Il demonio cerca, dopo la professione, di ispirare idee
ambiziose. Si desidera essere consigliera, poi sottopriora, poi priora. Una
volta ottenuto il primo posto, si vuole essere amata; non si è soddisfatta fino
a quando non ci si sente dire: Mai abbiamo avuto una simile madre! Quante
vittime di questa vana gloria vi sono all'inferno! Non credetevi capaci di
occupare un posto qualunque, ancora meno il primo. Se Gesù permette che tu
venga elevata, non ti rattristare, resta in pace. È sufficiente avere una grande
fede, perché tutto vada bene nella comunità. Gesù fa tutto per una superiora che
vive di fede, senza preoccuparsi di cose inutili. Annientati, sparisci
interiormente; sii dolce, buona per le figlie che Dio ti ha dato. Imita in tutto
Gesù, per fare imitare Gesù. Non desiderare i complimenti; le lodi passano.
Tutto passa. Fin quando sei superiora, credi sempre di essere nulla. Sii buona,
con semplicità e fiducia in Dio. Accostati a Dio sempre con umiltà. Un'anima che
vive di fede e di semplicità, si conserva come la luce nella notte. Man mano che
lascerete tutto sulla terra, troverete tutto nel cielo».
Tali sono gli insegnamenti semplici, graziosi, sublimi e
pratici che la novizia dettò, senza alcun dubbio, durante la sua estasi
ininterrotta di un giorno e mezzo. Ritornata in sé, non ricordava nulla di ciò
che era successo. Il suo primo grido fu: «Madre mia, da dove vengo? Dove sono?
Mi dica ciò che ho fatto».
A questa raggiante estasi seguì una tristezza mortale;
l'espressione del suo viso cambiava in ogni istante, a volte diventava tutta
nera. In preda a una vera ossessione, si dibatteva tra le mani delle
consorelle. La reliquia della santa Croce e la sola parola obbedienza bastarono
a calmarla in quel momento. Ma gli attacchi si moltiplicavano e diventavano
sempre più forti, bisognò ricorrere alla potenza del sacerdote. Il Superiore
della comunità fu chiamato e la sua presenza trionfò su Satana ma un'ora dopo la
sua partenza, mentre si cercò di far prendere un po' di cibo a questa vittima,
il demonio tornò alla carica gettando degli spilli nella porzione servitale,
allo scopo di soffocarla. L'infermiera, che li vide, li tolse: essi erano neri e
ricurvi come uncini. Il demonio ne gettò altri e la novizia ne ingoiò uno che
restò infilzato nella gola: impossibile strapparlo. La suora soffriva un vero
martirio. La Madre Priora allora le disse: per i meriti della santa Croce, getta
lo spillo, e lo spillo cadde subito a terra. Alle tre, le condizioni della
novizia migliorarono immediatamente, così come lei aveva predetto, e il suo
viso divenne raggiante; tutta la comunità ringraziò Dio per la sua liberazione.
Quanto all'umile fanciulla, ringraziava
. soprattutto Gesù per essere stata vista così da tutta la
comunità: «Dio mio, grazie, diceva, d'aver fatto conoscere la mia miseria; se
non mi avessi custodita, avrei ceduto a tutte le tentazioni che i miei peccati
hanno attirato su di me»; poiché, nella sua profonda umiltà, attribuiva tutto
ciò che le andava accadendo alle sue colpe, alla sua natura corrotta, e si
stupiva della carità delle suore nei suoi confronti.
La Chiesa celebrava le Quarant'Ore; entravamo in Quaresima,
durante la quale il prodigio delle stimmate doveva rinnovarsi, secondo la
promessa della santissima Vergine.
CAPITOLO V
Suor Maria di Gesù Crocifisso dalla Quaresima del 1868 fino
all'epoca della possessione
Riportiamo a questo punto l'apprezzamento di Madre Elia sulla
sua novizia, espresso nelle note prese su questo argomento per ordine del
vescovo di Bayonne e del superiore del Carmelo, dal momento del suo ingresso al
Carmelo di Pau. Ed è proprio da questi appunti che abbiamo preso i fatti
relativi a questo periodo della vita di suor Maria di Gesù Crocifisso.
«Per quanto mi è possibile, assumo il linguaggio della nostra
suorina, per rendere con più esattezza lo stato di quest'anima. Confesso
tuttavia che il mio compito è difficile e che questa relazione è spoglia del
fascino legato alle parole e alle azioni della novizia e che dà tanto interesse
ed espressione a tutto ciò che lei dice.
Sento di non fare il suo ritratto che a metà. Occorrerebbe
un'altra penna più esercitata per fare conoscere questa bella anima: la sua
ingenuità, la sua semplicità, la sua umiltà, la sua generosità, la sua carità,
il suo amore per Dio e per il prossimo, la sua costanza nel lottare contro il
suo avversario che la perseguita senza posa, il suo amore per la vita nascosta,
comune, ordinaria. Bisogna vederla e seguirla per farsi un'idea giusta di
questa figlia. Tutto ciò che accade in lei di straordinario, sia nel passato che
nel presente, viene da Dio? Non tocca a noi giudicarne; ma tutto ciò che
possiamo dire è che, se lo spirito di Dio non ne fosse l'autore, la nostra
novizia ci sembrerebbe più degna di ammirazione nel potere, sotto l'azione del
demonio, restare fedele al suo Dio, piena di speranza in Lui, umile e piccola
con se stessa, non cercando mai la stima delle creature, non volendo, in ogni
cosa altro che la volontà di Dio e la sua più grande gloria. Ho ben sondato i
suoi sentimenti e mai lei ha deviato dal suo cammino, il quale è quello di
un'anima piena di rettitudine che cerca solo Dio». Ma continuiamo il nostro
racconto.
Il Mercoledì delle Ceneri, suor Maria di Gesù Crocifisso chiese
ed ottenne di poter praticare la Regola, sapendo che non avrebbe più potuto
durante la Quaresima. Infatti, l'indomani, soffriva talmente ai piedi e alle
mani, che le era impossibile muoversi.
Ecco la sua preghiera del mattino: «La mia preghiera, diceva,
era con Gesù nel deserto. Entrandovi, ho visto la terra spoglia, gli alberi
secchi. Nel momento in cui Gesù è apparso, la terra si è rivestita di verde; gli
alberi si sono coperti di foglie, di fiori e di frutti. Gli animali hanno
riconosciuto il loro Dio, gli uccelli hanno cantato perché percepivano la
tristezza di Gesù. Tutta la creazione cercava di rallegrarlo e desiderava
custodire Gesù. Ogni creatura studiava il modo per fargli piacere, solo le
pietre erano insensibili. Né la luce, né il calore, né la rugiada, né la pioggia
potevano fare loro del bene. Gesù diceva guardando le pietre. Peccatori, ecco la
vostra immagine. Io vi mando l'acqua della mia grazia, e voi non ne
approfittate più delle pietre. . Le anime fedeli dicevano a Gesù: Signore,
donaci lo spirito di preghiera, alfine di potere guadagnare anime che ti
serviranno come la terra ti serve nel deserto. Signore, siamo nude, rivestici
del tuo amore; conservaci sempre nella tua presenza, alfine di potere sempre
cantare le tue lodi per far gioire il tuo cuore: facci produrre fiori e frutti
per la Chiesa.
Gesù stette quaranta giorni nel deserto senza bere ne mangiare:
digiunava per noi. Gesù aveva fame e sete di anime; piangeva, e mentre le
lacrime scorrevano sul suo viso, diceva: Poveri peccatori, non entrerete in
cielo, se non vi convertirete. Gesù mi ha mostrato nel deserto alberelli
carichi di frutti e mi ha detto: Guarda questi piccoli alberi e osserva come
l'odore dei loro frutti profuma questo deserto: sono l'immagine dell'anima
umile e piccola ai suoi occhi. Guarda, invece, quegli alberi alti, non hanno che
frutti cattivi e anche l'odore dei loro frutti è cattivo: raffigurano l'anima
orgogliosa.
Gesù mi ha detto ancora: Guarda queste due persone: una è
stimata da tutti; possiede tutti i doni della natura; è bella, ricca. Si
compiace di se stessa; ricerca i piaceri terreni, ma agli occhi di Dio la sua
anima è brutta. L'altra è povera, malata, disprezzata; ma il suo cuore è sempre
con me, cerca solo di compiacermi, di fare la mia volontà. Oh! quanto è bella e
ricca quest'anima ai miei occhi! quale gloria l'attende in cielo!
Sentivo Gesù dire ancora: Peccatori, non vi chiedo perché avete
peccato, ma perché non vi convertite affatto. Non guardo più il vostro passato,
solo che veniate a me. Mio Padre ha creato per voi il cielo e la terra; venite,
vi salverò.
Gesù nel deserto pregava, pensava a noi, alle nostre debolezze.
Vedendo Gesù piangere, tutti gli animali si fermavano vicino a Lui per piangere
con Lui. Questa compassione degli animali aumentava la tristezza di Gesù, perché
vedeva le bestie più sensibili degli uomini».
Le sofferenze della novizia crescevano continuamente. La
trasportarono in infermeria. Nel passare là vicino, le suore respiravano un
profumo soavissimo che il suo corpo emanava; il suo velo e il suo mantello
spandevano lo stesso profumo. Durante la notte i dolori furono atroci.
L'indomani, primo venerdi di Quaresima, verso le sei del mattino, il sangue
cominciò a stillare dalle mani e dai piedi; la corona di spine perfettamente
disegnata attorno alla testa, stillò anch'essa sangue in abbondanza in due
riprese, così come la piaga del costato. A mezzogiorno, il sangue si fermò ma le
piaghe rimasero aperte. Diventavano più profonde ogni settimana fino a
Pasqua.
Indichiamo qui una volta per tutte il modo in cui si formavano
le stimmate. Il mercoledì sera o il giovedì mattina di ogni settimana di
Quaresima, le sofferenze
della suora raddoppiavano di intensità; si vedeva in seguito
una vescica grossa quanto la testa di un chiodo, apparire sulle mani e sui
piedi; la vescica scompariva all'apertura delle stimmate per riformarsi otto
giorni dopo. Dal sabato fino al mercoledì seguente, le piaghe non facevano che
stillare sangue.
li sabato della prima settimana di Quaresima, malgrado le sue
vive sofferenze, suor Maria chiese ed ottenne di essere trasportata nel coro, al
fine di potersi comunicare. Vide due angeli che assistevano il sacerdote
sull'altare. Nostro Signore le apparve sopra il calice, sotto le sembianze di
un incantevole bambino. Con le sue piccole mani, benediceva le suore. Tutto ad
un tratto, lo vide crescere fino a prendere la statura di un uomo: si offriva al
Padre per le anime. Questa visione la rese felice; avrebbe voluto tuttavia
capire come Gesù fosse allo stesso tempo in cielo e dovunque vi fossero ostie
consacrate: Che questo mistero non ti stupisca, le disse il Signore, la luce
naturale non è dappertutto contemporaneamente? E perché l'Autore della luce non
potrebbe essere, con il suo Sacramento, contemporaneamente in diversi
luoghi?
Le estasi, durante tutta la Quaresima, furono quotidiane. Santa
Teresa, san Giovanni della Croce e molti altri santi, la santa Vergine e nostro
Signore stesso la visitarono. Allorquando la Madre di Dio le appariva, la sua
gioia era più grande: «O Madre mia, diceva, quanto sei bella, quanto sei bella!
Non sono degna di essere tua figlia, sono la tua serva, la tua umile serva».
Santa Teresa le fece capire che, se in ogni monastero ci
fossero tre religiose ricolme del vero spirito della vocazione, Dio, grazie ai
loro meriti, avrebbe usato misericordia alle consorelle e risparmiato persino
le città in cui si fossero trovati simili tesori.
Le stimmate aperte riempivano suor Maria di confusione. Un
giorno che supplicava Nostro Signore di farle scomparire, Gesù le rispose:
Guarda i frutti che si producono sotto terra: crescono e nessuno gioisce alla
loro vista. Guarda, invece, un roseto esposto agli occhi di tutti: produce
boccioli che diventeranno belle rose il cui profumo investe tutti coloro i quali
vi si avvicinano; questo profumo non è per il roseto, bensì per gli altri, il
roseto non ha per sé che sterpi e spine. Allo stesso modo, scelgo certe anime
per essere glorificato in loro; i doni esteriori che accordo loro non sono per
se stesse, ma per gli altri; queste anime non conservano che la sofferenza, la
quale è come la spina della rosa, ma dopo che avranno molto sofferto, faranno
come la rosa che si schiude, spanderanno il mio soave profumo e andranno a
fiorire nel cielo.
Guarda, le disse ancora Gesù, il frumento: si semina il grano
nella terra, marcisce, muore e poi spunta, la spiga si forma all'estremità del
gambo grazie alla mia potenza e coloro i quali la vedono ammirano la provvidenza
di Dio e la sua bontà. Né la spiga né la rosa crescono grazie a loro stesse,
hanno bisogno della terra per nutrirsi, del calore del sole e della rugiada per
crescere; allo stesso modo un'anima non può, per sé stessa, fare niente per
Dio. È Dio che lavora in lei, che si glorifica in lei, che cresce in lei nella
misura in cui l'anima si eclissa, scompare e si annienta.
Questo linguaggio le fece comprendere che il Salvatore non
voleva esaudirla. Senza scoraggiarsi, si rivolse allora alla santissima Vergine
ma anche Maria, sempre conforme alla volontà del suo Gesù, rifiutò. La novizia
ricorse a santa Teresa: «Madre mia, le disse, perché introdurmi nel tuo Ordine,
se non mi ottieni di praticare la Regola? Da quando ho preso l'abito, sono
sempre malata; se non mi guarisci, mi si dovrà mandare via e tu sarai la causa
del mio rientro nel mondo». Dicendo queste parole, sembrava facesse il broncio
alla Santa. La lotta tra la madre e la figlia fu lunga e santa Teresa finì per
cedere. «Sarò guarita a Pasqua, sarò guarita a Pasqua, esclamò la suora tutta
gioiosa: la mia madre Teresa me lo promette da parte di Dio. Dopo una breve
convalescenza, spero di poter fare seriamente il mio noviziato».
I due primi venerdi di Quaresima, suor Maria era nel suo stato
solito, quando le stimmate si aprirono: impossibile esprimere la sua pena e la
sua confusione nell'essere vista dall'infermiera. Scongiurò la Priora di
lasciarla sola durante gli altri venerdì. Quella, che non voleva che la novizia
supponesse l'aspetto soprannaturale del suo stato, le rispose: Sei
un'orgogliosa! Desideri essere sola il venerdì, perché costa al tuo amor proprio
di essere vista così. Ebbene! voglio, per tua umiliazione, che tutte le suore
siano presenti quando questa malattia si mostrerà di nuovo. II terzo venerdì
della Quaresima, la sua maestra la sorvegliava durante la Messa. Al momento
della Elevazione, la novizia ebbe un rapimento. Subito il sangue colò in
abbondanza dalla sua testa, dalle sue mani e dai suoi piedi. Dopo il
ringraziamento, la comunità si recò in infermeria per essere testimone del
prodigio. Era la prima volta che tutte le suore riunite contemplavano le sue
stimmate. Si credettero trasportate su un nuovo Calvario: guardavano in
silenzio, con il cuore pieno di una emozione indefinibile, con gli occhi pieni
di lacrime. Si fece entrare il Superiore della comunità per constatare il
prodigio. Egli posò un dito su una delle sue piaghe: a questo semplice contatto,
tutto il corpo della novizia tremò. La benedisse e subito la suora esclamò
sempre rapita: «La parola di Dio è scesa su di me». Durante questa lunga
estasi, ella parlava del nulla della vita, dell'accecamento dei peccatori,
della perdita delle anime, dei malanni della Chiesa: «Signore, diceva
singhiozzando, abbi pietà di noi! Santa Vergine, allontana le disgrazie che ci
minacciano. Prega per la Chiesa. Verrà ben presto la guerra; come pregherò per
la Chiesa!».
Il 16 marzo, così raccontava la sua estasi, che era durata
tutta la giornata: «Vedevo, diceva, Gesù su una strada; egli lasciava, dietro
di sé, camminando, una grande luce che illuminava le anime fedeli. Seguendo
Gesù e la sua luce, si evitavano le spine, l'acqua, il fuoco e i serpenti. II
Salvatore camminava sempre e svelto. Molte persone si erano messe al suo
seguito ma ben presto la maggior parte si fermò. Ce n'era tuttavia un numero
abbastanza grande che continuava a camminare dietro di Lui: esse godevano della
luce, mentre quelle che si erano fermate non vedevano più che tenebre. Vedendomi
a metà cammino, mi fermai un istante per riprendere fiato; Gesù sembrava
aspettarmi vedevo la sua luce. Ma, quale non fu la mia confusione, quando
scorsi un gran numero di anime che venivano a raccomandarsi alle mie preghiere!
Non sapendo che fare, entrai in una chiesa, aprii il tabernacolo con un'ardire
che mi fece meraviglia; depositai nel ciborio tutte le preghiere che mi erano
state richieste e aspettai. Gesù comparve, prese il ciborio pieno di queste
preghiere e lo vuotò nelle sue mani; gli Angeli attinsero dalle sue mani
adorabili le grazie ottenute con queste preghiere e andarono a portarle a tutte
quelle anime».
In un'altra estasi, santa Teresa le disse che non era contenta,
perché si era troppo occupata di sé; aggiunse che le sue figlie devono
dimenticare se stesse per pensare ai peccatori; rassomigliare ai bambini che
lasciano ai loro genitori la cura di tutto ciò che li riguarda. Se un'anima,
disse, pratica il disprezzo di se stessa e se cammina dietro alle altre, sarà
grande ed innalzata nel cielo.
Un altro giorno, ella disse, sempre in estasi: «Ho preso il
santo abito qui, ma non vi farò la professione: pronuncerò i miei voti nelle
Indie. Resterò a lungo novizia. Padre Elia, tu lo sai, che andrò a piantare
laggiù la rosa di Teresa».
Passando in seguito a consigli più pratici, aggiunse, sempre
nel rapimento: «La mia Madre Teresa era fedele nelle piccole cose. Le anime
sbagliano spesso cercando di fare delle grandi penitenze. Tutto ciò non è
niente se non si è fedeli alla Regola. La Regola di Madre Teresa è così saggia!
è tutta contro natura. La Regola è la nostra madre. Ci sembra qualche volta che
se non facciamo più della Regola, aggiungendovi qualche cosa di straordinario,
non ci salveremo: è un errore. Ecco ciò che mi ha detto la santissima Vergine:
Se una suora assolve tutti i punti della Regola senza aggiungervi niente, va
diritta in cielo. Se un'altra suora, facendo più della Regola, non ha il vero
spirito della Regola, non andrà diritta in cielo. Pratichiamo la Regola, tutta
la Regola, con il vero spirito della Regola e otterremo tutto da Dio. Lo
Spirito della Regola è tutto lo spirito della Croce.
È bene essere disprezzata, non essere che niente; è bene stare
nella tristezza sulla terra per essere glorificata nel cielo. Ogni anima che
cerca il disprezzo sulla terra, avrà la gioia nel cielo. Tu, o anima, non sarai
sempre disprezzata, non sarai sempre sofferente, sempre povera; la prova non è
fatta per durare sempre. Cerca dunque le occasioni di umiliarti. Se ti si
rimprovera di fare ogni sorta di male, ringrazia. Tutto passa sulla terra, non
vi resterai sempre. Raccogli meriti ogni giorno. Ogni volta che sarai
disprezzata, che ti si mortificherà, che si frantumerà la tua volontà,
rallegrati: tutto ciò vale per il cielo.
Quando nostro Signore è venuto sulla terra, ha posto san
Giuseppe sopra di sé, per poter obbedire; voleva così farci capire il merito
dell'ubbidienza. Padre Giuseppe! Madre Teresa, scoprirete che non avete
sofferto abbastanza. Mille anni di sofferenze non sono niente, poiché noi saremo
in seguito per sempre in cielo. Felice l'anima che soffre!».
La vigilia delle Palme, ella diceva in estasi: «Tutto passa.
Mio Dio, copri con la tua misericordia i poveri peccatori. Se comprendessero la
tua parola, se conoscessero la tua presenza nel tabernacolo, se si ricordassero
che tutto passa, si convertirebbero. Poveri peccatori! Chi fa tutto per voi? È
Dio; sì, è Dio che vi fa crescere, che vi dà la salute, le ricchezze. Perché
offendere colui che vi dà tutto? Peccatori, andate a Dio, ascoltate la sua
parola».
Alcuni istanti dopo, aggiungeva, rivolgendosi alla Chiesa:
«Chiesa Madre mia, rosa mistica, io ti amo. Spirito Santo, scendi sulla Chiesa,
sui sacerdoti, illumina i figli della Chiesa».
Scorgendo Gesù esclamava: «Ti saluto, ti saluto, o mio Gesù, ti
adoro, ti amo, ti do tutto ciò che ho, mi dono a te per il tempo e per
l'eternità».
Entriamo nella grande settimana giustamente chiamata dalla
Chiesa la Settimana Santa. La domenica delle Palme, il divin Maestro non le
fece più sentire la sua presenza; ella fu in preda all'angoscia, circondata da
tenebre e come abbattuta sotto il peso dell'iniquità del mondo. Si comprendeva,
guardandola, che condivideva i tormenti interiori dell'agonia di Gesù. Il suo
sbigottimento era estremo, le sue parole smorzate. Diceva: «La mia anima dorme;
i serpenti sono pronti per divorarmi. Tutte le bestie, tutti i nemici mi
attendono per farmi del male, per uccidermi. Signore, risvegliati col tuo
amore. Sono in un sentiero stretto e pieno di buchi: Signore, tienimi, sto per
cadere nel fuoco, nell'acqua. Ho paura di cadere: Signore, sostienimi. Tutti i
mali mi circondano: Signore tienimi; traimi dalla neve; soffro, sono ghiacciata:
riscaldami col tuo amore. Sono nella notte; rischiarami con la tua luce.
Signore, tu sei la mia speranza, la mia gioia, la mia felicità. Spero in te,
spero in te».
Le apparve santa Marta. Suor Maria le disse: «Marta, guarda il
tuo Maestro pregare, offrire tutto a suo Padre, fare con gioia il sacrificio
della sua vita per salvare le anime. Marta, Gesù cammina; vede le anime dormire,
vede i peccatori perdersi. Marta, sto per dirti ciò che Gesù mi ha mostrato: mi
ha mostrato cinque sentieri. Nel primo, vedo le anime che dormono di un sonno
profondo e pesante. I serpenti circondano queste anime. Gesù grida loro:
Svegliatevi, altrimenti le bestie vi divoreranno. Nel secondo sentiero, vedo le
anime come sprofondate in un abisso; per uscire da questo abisso, Gesù presenta
loro un'unica scala: la scala della sofferenza, ma queste anime non hanno il
coraggio di salire per questa scala. Nel terzo sentiero, vedo le anime cadere
nelle fosse; un po' di vento e perfino un po' di fumo basta per gettarvele: è
il vento, è il fumo della vanagloria. Nel quarto sentiero, vedo una montagna di
neve e delle anime tuffate in questa neve; esse hanno perduto la carità. Nel
quinto sentiero, vedo le anime tutte occupate di fiori, di piaceri, e dietro ad
esse, vedo il fuoco che le segue, che sta per raggiungerle».
Il Giovedì Santo, alle due del pomeriggio, sudò sangue. Un
profumo delicato, emanava da questo sangue e i lini di cui ci si serviva per
asciugarlo, conservavano questo stesso profumo. Un po' più tardi, pati il
supplizio della flagellazione. La Priora e due suore, che erano presenti,
sentivano in maniera distinta i colpi di frusta che si abbattevano su questa
vittima. Tutte le circostanze della Passione passarono sotto il suo sguardo
durante la notte: il suo corpo e la sua anima parteciparono a tutti i dolori, a
tutte le angosce del suo adorabile Maestro. L' indomani, anniversario della
morte di Gesù, le suore ebbero nella sua persona una rappresentazione al vivo
del sacrificio della croce: il sangue scorreva da tutte le sue stimmate. Una
volta lavate, si constatò che la carne era talmente trasparente nel posto dei
piedi e delle mani, che da esse si scorgeva la luce.
Il Sabato Santo, ella si rallegrò e pregò a lungo con santa
Maria Maddalena; cantò l'Alleluia con questa santa e con una folla di altri
santi che vennero a visitarla. Tanto amabile con le sue sorelle quanto lo era
con gli abitanti del cielo, ella ricevette, con la più viva allegrezza
l'Alleluia che le suore le portarono, alla fine della sua estasi. Le era
impossibile stare in piedi. Ma non appena la Priora le ebbe ordinato di alzarsi
e di recarsi nel coro, si alzò subito e andò a cantare l'ufficio.
Le sue forze ritornavano lentamente; ella poté tuttavia
lasciare abbastanza presto l'infermeria. Il suo desiderio sarebbe stato di
poter praticare la Regola ma Nostro Signore le fece ancora capire che ella non
lo avrebbe potuto realizzare a lungo, per essere mantenuta nell'umiltà. Non
essendo esaudita su questo punto, scongiurò Gesù di toglierle almeno quel sonno
che la tormentava tanto. Il divin Maestro non l'ascoltò nemmeno in questo: i
suoi rapimenti continuavano ad essere frequenti, soprattutto nel coro. Quasi
tutte le sue notti trascorrevano nell'estasi. Ella non teneva in alcun conto
questi favori, considerandoli come una infermità che il Signore le dava in
espiazione dei suoi errori. Giammai ne avrebbe parlato se non gliene fosse
stato fatto un ordine.
Le sue colpe, ecco ciò che lei amava confessare: quelle le
avrebbe urlate dai tetti. Nel mese di maggio, il Carmelo ricevette la visita di
Mons. Lacroix, vescovo di Bayonne, il quale fece una esortazione alle suore
nella sala del capitolo. Poi il pio Prelato parlò della sublimità del santo
sacrificio della messa. Le suore che erano accanto alla novizia si accorsero,
dopo alcuni istanti, che ella lottava per non andare in estasi, ma fu invano: fu
rapita e restò in questo stato fino a quando sua Eccellenza ebbe finito di
parlare; una sola parola della Priora la fece ritornare in sé. La sua confusione
fu estrema: «Avrei preferito morire, disse alla Priora, piuttosto che essere
vista durante il mio sonno». Le confessò che, mentre Monsignore parlava, Nostro
Signore si era presentato a lei tutto straziato e coperto di piaghe e che era
stata questa vista che l'aveva fatta uscire di sé.
Suor Maria era stata incaricata dalla Priora di adornare
l'eremitaggio dedicato a Nostra Signora del Monte Carmelo. Niente poteva esserle
più gradito. Tutto ciò che c'era di più bello e di più fresco nella natura era
per la sua Madre del cielo. Ogni giorno approfittava del primo momento libero
per passarlo ai piedi della santissima Vergine. Il 24 maggio di quell'anno 1868,
molte suore si erano recate in questo eremitaggio per recitare il rosario,
trovandovi la piccola novizia che pregava col suo solito fervore. Il suo cuore
si infiammava e sembrava traboccare d'amore; era rapita e prorompeva in
trasporti: «O amore, o amore», esclamava. Si intrattenne prima con san Paolo, in
seguito con una religiosa: «Di quale ordine sei?» le disse la novizia con un
fare del tutto disinvolto. Sono dell'Ordine di Santa Maria, rispose questa.
Dimmi il tuo nome, riprese suor Maria. La sconosciuta rifiutò. La novizia
insistette e, per farla decidere a dirlo: «lo ti dirò, per prima, il mio nome,
affinché tu mi dica il tuo: sulla terra, io mi chiamo la peccatrice, in cielo
sono la figlia di Maria dell'Amato Bene». Il loro colloquio durò alcuni istanti
senza che la sconosciuta desse risposta su questo punto, poi vennero altri
santi e sante, ma colui che la novizia cercava non era là ed era Gesù che le
occorreva, era lui che ella chiamava: «Mio Amato Bene, dove sei? Chi ha visto il
mio Amato Bene? Io l'ho cercato e non l'ho trovato. Mio Amato Bene, io cammino,
io corro, io piango, non ho trovato il mio Amato Bene. O Gesù, mio Amore, non
posso vivere senza di te! Dove sei, Amato Bene? Chi ha visto il mio Gesù? Chi ha
trovato il mio Amatissimo? Tu lo sai, Amore mio, tutta la terra è niente senza
di te, tutta l'acqua del mare non basterebbe a ristorare il mio cuore».
Attirato da simili accenti, Gesù si mostrò, trafisse il suo cuore e lo inebriò
di gioia e di sofferenza. In ginocchio, gli occhi fissi sull'unico oggetto
della sua tenerezza, ella sollevò il santo abito nel posto del cuore, gridando:
«Basta, basta, o Gesù, non ne posso più; morirò di dolore e di rapimento». Un
istante dopo, aggiunse con un sorriso celestiale: «Chi ha consolato il mio
cuore? Tu, Amato mio Bene. Chi l'ha ristorato? Tu, Amor mio». Pregò in seguito
per il Santo Padre, per i cardinali, per i vescovi, per tutto il clero, per i
re, per i magistrati, per il popolo, per gli Ordini religiosi, in particolare
per la comunità. Scorgendo santa Teresa, le gridò: «Madre Teresa, Gesù ha
trapassato il mio cuore!». Mai, nel suo stato ordinario, parlò di questa grazia;
per lungo tempo lavò in segreto la biancheria che le serviva per asciugare la
piaga sanguinante del suo costato. Sorpresa un giorno durante questa
operazione, dovette confessare tutto alla Priora. Sembrando le sue sofferenze
più vive che nel passato, vi si applicarono delle bende e ci si accorse che il
sangue vi aveva impresso una croce molto chiara leggermente inclinata sulla
sinistra, ai piedi della quale si vedevano due segni, nei quali sembrava
abbastanza chiaro di leggere una O e una J, forse: O Jesus!
Satana domandò a Dio il permesso di provare la novizia come un
altro Giobbe e ottenne di possedere il suo corpo per quaranta giorni. Questa
possessione fu annunciata a suor Maria non molto tempo prima. Durante l'ottava
di Nostra Signora del Monte Carmelo, le sembrò che Nostro Signore la mettesse in
una prigione molto oscura: Io ti vedo, ciò basta, le diceva il Salvatore, resta
là senza dire niente. La santa Vergine, a sua volta, venne a immergerla come in
un lago circondato da serpenti e le disse: Io sono tua madre, sono io che ti
metto in quest'acqua; non ti muovere. Tu non mi vedrai, ma io veglierò su di
te.
La novizia parlò a santa Teresa della sua futura prova,
annunciata da Gesù e da Maria: «La mia buona Madre mi ha detto che non la vedrò
affatto per quaranta giorni. Mi ha detto ancora che devo entrare in un sentiero
tenebroso, pieno di fosse e di serpenti e che, entrandovi, sarei tutta
insanguinata. Ha aggiunto che un piccolissimo numero di anime passa per questo
sentiero. Gesù mi ha assicurato che tu stessa, o Madre mia, non vi sei mai
passata. In mezzo alle tue tentazioni, a tutte le tue aridità, a tutte le tue
prove, tu hai potuto sempre pronunciare il nome di Gesù nel profondo del cuore
ed esprimerlo con le labbra, mentre io, una volta che sarò in questo sentiero,
non potrò dire e fare niente di simile. Gesù sta per dare a Satana il potere di
tormentare il mio corpo per quaranta giorni: soffrirò molto. Il demonio non avrà
potere che sul mio corpo; la mia anima sarà nascosta. Gesù mi ha promesso di
chiuderla in uno scrigno, dove Satana non saprebbe raggiungerla. Il demonio mi
farà commettere molti errori all'esterno, senza che io pecchi; la mia volontà
non sarà per niente consenziente. Somiglierò ai bambini nei quali la ragione
dorme e che sono perciò incapaci di qualsiasi peccato».
«Satana vorrebbe essere il mio padrone; ha chiesto il permesso
di provarmi. Gesù e Maria mi custodiranno, e così, cercando di farmi cadere, il
demonio mi farà crescere davanti a Dio. Sì, sì, Satana, io diventerò più grande
agli occhi di Dio, grazie alla tua malizia. La Madre mia ti ha schiacciato la
testa, anche io ti vincerò, con Maria e con Gesù. Santa Vergine, accordami di
poter pronunciare il nome di Gesù, come la mia madre Teresa, durante questi
quaranta giorni». Maria rifiutò: «Ebbene, riprese la novizia, la volontà di
Dio!». Un istante dopo riprendeva: «Che possa almeno dire: Signore, abbi pietà
di me!». Maria rifiutò ancora: «Accetto dunque tutto, esclamò questa mirabile
vittima; mi offro a tutto ciò che il buon Dio vorrà. Comprendo che se potessi
dire queste parole, non soffrirei abbastanza. Gesù vuole che io soffra senza
consolazione. Berrò il calice come Gesù, e ancora non ne berrò che una goccia,
mentre Gesù l'ha bevuto tutto intero!». L'orazione si svolse così, poi ella
ritornò in se stessa. L'indomani, rivide la sua buona Madre in una nuova estasi,
ed anche santa Teresa. Suor Maria parlò ancora con la santa Vergine del
sentiero nero, della piccola porta che vi dava accesso e dove si leggevano solo
parole che esprimevano l'intensità delle pene che doveva sopportarvi. Poi la
Regina delle Vergini le disse: Quella che ti tiene la mano avrà l'autorità per
farti obbedire. Madre Elia` la teneva effettivamente, ma la suora non
vedendola, rispose alla Santa Vergine: «Mia buona Madre, io sono sola con te,
nessuno mi tiene la mano...».
Si avvicinava mezzogiorno; la novizia sembrava comprendere che
il momento della separazione arrivava. Le sue espressioni erano brucianti
d'amore verso Maria ma la sua pena di non vederla più durante i quaranta giorni
era molto viva... «Domenica, diceva (era l'indomani), sarò nel mare della
prova. O mio Dio, offro tutto per la Chiesa, per il Santo Padre, per la
comunità, per tutto l'Ordine, per i sacerdoti, per i parenti delle suore, per
le anime del Purgatorio. Quando sarò nell'acqua, non potrò né dire, né fare
alcunché. O mio Dio, io offro oggi con amore tutto per te, in unione con
Gesù».
A mezzogiorno, ritornò in sé ed impiegò la fine della giornata
ad assolvere i suoi piccoli doveri di novizia. La sera, durante l'orazione,
nostro Signore le si presentò, le mise sulla spalla una enorme croce e si
ritirò. Il peso di questa croce le fece provare vivi dolori. Il collo e la
spalla gonfiarono; non poteva più fare alcun movimento. Lo disse alla sua
maestra, così come la promessa che Nostro Signore le aveva fatto di chiamarla a
sé prima della fine della prova, se non avesse potuto sopportarla fino alla
fine: «lo credo, Madre mia, aggiunse, che non potrò arrivare al quarantesimo
giorno, perché non sono che debolezza. In questo caso, mi farà fare la
professione, prima di morire?» Madre Elia le rispose: Spero che la Madre
Priora, e le suore del capitolo ti accordino questa grazia, perché tu muoia
sposa di Gesù.
Suor Maria vedeva avanzare verso di lei come un involucro nero
nel quale doveva entrare. La domenica mattina rivide la grande croce che Nostro
Signore le aveva dato la vigilia avanzare verso di lei e posarsi sulla sua
spalla. Alle dieci, vide come uno scrigno nel quale doveva essere rinchiusa.
Ancora due ore e questa possessione straordinaria comincerà: «lo devo
combattere, aveva detto in estasi, nove re e nove nazioni, prima di arrivare
alla cima della montagna dove si trova Gesù», indicando, con queste parole, la
sua possessione da parte di nove successive legioni di demoni.
CAPITOLO VI
La possessione 26 luglio - 3 settembre 18684
L'ora era arrivata: la lancetta segnava mezzogiorno sul
quadrante. Il viso di suor Maria di Gesù Crocifisso si fece scuro, un leggero
tremito agitò le sue membra: il demonio era già entrato. Che cosa balbetta?
esclamò attraverso la bocca della posseduta, sentendo recitare l'Angelus. Oh!
come siete nere! Getta per terra la corona del rosario dicendo: Che cosa sono
tutte queste sciocchezze? Imbecille, aggiunse rivolgendosi a una suora che
baciava il suo crocifisso, tu baci un pezzo di legno. È Gesù, rispose la suora,
è il buon Dio. Non c'è Dio, urlò Satana. Dove è la piccola Araba? Andate a
cercarla.
La posseduta battè con forza sul suo corpo: domandò un coltello
per tagliare i brutti segni (le stimmate). A un certo momento, si girò verso una
religiosa che aveva assecondato la sua natura in una cosa di minima importanza:
«Tu, le disse, tu non sei nera come le altre, perché hai mancato ad un atto di
comunità. Ciò è bene per me. Non seguite la comunità; domandate sempre delle
cose particolari». Si alzò un istante dopo e si diresse verso la porta del
chiostro: «Andiamo, andiamo, esclamò, seguitemi tutte, andate nel mondo, uscite
da questa brutta casa, venite a godere dei piaceri della terra». Alla vista
della Priora esclamò: «Chi è questa vecchia donna? Io non la conosco». Il gran
silenzio suonò; ella parlò più che mai, e spinse le altre ad imitarla. Tentò di
allontanare le suore incaricate di assisterla, mentre si sforzò di trattenere
quelle che il dovere chiamava altrove. E raccomandò soprattutto di non fare
niente di ciò che diceva la vecchia donna (la Priora).
Questa prima legione di demoni diceva: Noi non siamo cattivi,
noi; non siamo che dei piccoli sudicioni; quelli che verranno dopo di noi lo
saranno molto di più. Per otto giorni, il Maestro (Dio) ci ha obbligato ad
obbedire alle due vecchie (la Priora e la Maestra delle novizie). La settimana
prossima, occorrerà un sacerdote per fare obbedire quelli che verranno, e la
terza settimana, solo le maniche violette (il vescovo) potranno
sottometterci.
Non si lasciò la novizia un solo istante, perché i demoni non
cercavano che di ucciderla. La si trascinava, malgrado resistesse, alle
istruzioni del rito, predicato dal Rev. abate Manaudas, Superiore del Gran
Seminario di Bayonne. La parola di Dio irritava il demonio al di là di ogni
espressione; spesso, egli interrompeva il predicatore, soprattutto quando
costui l'interpellava. No, no, esclamava, tutto ciò non è vero; questo vecchio
mente; io lo schiaccerò; ed accompagnava queste minacce con i gesti più
espressivi. Il sacerdote non era affatto spaventato da queste grida. Alla fine
dell'istruzione, egli faceva avvicinare, in nome dell'obbedienza, la posseduta
alla grata; comandava al demonio di uscire da quel corpo e il demonio era
obbligato ad obbedire dopo molte resistenze. La suora, liberata un istante,
diceva tutta in lacrime: «Padre mio, dove sono? Padre mio, il buon Dio mi ha
abbandonato. Io non amo più né Dio né la santa Vergine. Tutti mi hanno
abbandonata, perfino le suore». L'abate Manaudas le rivolgeva parole consolanti
e l'incoraggiava: «Padre mio, lei riprendeva, io voglio sempre soffrire, io non
voglio offendere Dio. Se io potessi un poco amarlo, sarei contenta». Tu l'ami,
sorella mia, le diceva il sacerdote; fa' un atto d'amore con me; ed ella
ripeteva, come un bambino, ogni parola pronunciata dall'abate Manaudas. Ma
aggiungeva subito: "Io mento, Padre mio, io mento", e il demonio entrava di
nuovo nel suo corpo. Ella si alzava allora con fierezza, teneva testa al
sacerdote, batteva col piede la terra, e quando costui chiamava suor Maria di
Gesù Crocifisso, il demonio gridava: Non c'è; non verrà. Se il demonio era
forzato ad uscire ancora nel nome di Gesù, era per rientrare quasi
immediatamente.
Durante questa prima settimana, la legione dei demoni annunciò
anzitutto ciò che doveva accadere fino alla fine della lotta. Essi confessarono
che non potevano pronunciare la parola giovedì, a causa dell'istituzione
dell'Eucarestia, e che era loro proibito di riunirsi dal giovedì al venerdì sera
a causa del mistero della Redenzione: Ogni sera, dicevano, noi rendiamo conto al
nostro capo delle vittorie: colui che ne ha riportate un più grande numero
comanda su tutti l'indomani. Satana avrebbe voluto turbare il sonno della
comunità. Una notte esso mandò grida spaventose; la sua intenzione era di fare
mancare al silenzio ma non poté riuscirvi, e il sacerdote gli ordinò di tacere
da allora in poi durante la notte.
Questo sentimento di odio investiva soprattutto la vita della
posseduta. Ella sfuggì, un giorno, alla sorveglianza delle suore e si gettò, da
molti metri di altezza, in una riserva piena d'acqua. La caduta avrebbe dovuto,
se non ucciderla, almeno provocarle gravi ferite. E non si fece tuttavia alcun
male, per una protezione speciale della santa Vergine, cosa che Satana stesso
fu forzato a confessare.
Durante la ricreazione, si conduceva questa povera vittima in
giardino. Il demonio temeva, al di sopra di tutto, il romitaggio del Monte
Carmelo, ove Gesù le aveva accordato tante grazie. La posseduta non voleva
avvicinarvisi, e ancor meno entravi: occorreva l'ordine intimato dai superiori
per trionfare delle sue resistenze. Non appena toccava la soglia di questo
romitaggio, il demonio la lasciava. La si vedeva, inondata di lacrime,
lamentarsi con Maria di averla abbandonata. Ma Satana ritornava presto, e
subito esclamava: Usciamo di qui, usciamo di qui!
La lotta durava da otto giorni. Secondo la sua predizione, la
suora fu liberata la domenica e poté confessarsi e comunicarsi: «Ero in un mare
nero, diceva; ora posso un po' sollevare la testa; vedo tuttavia sempre lo
stesso mare davanti a me, e avanza, e avanza. E non ho alcun buon sentimento,
sebbene mi sia comunicata». L'abate Manaudas domandò di parlarle; ella discese
nel parlatorio per ricevere i suoi incoraggiamenti e i suoi consigli ma la
parola di Dio non penetrava nella sua anima; la stessa tristezza continuava a
regnarvi. Si recò nel coro per recitare le Ore minori. Alle otto, mentre finiva
l'antifona della santissima Vergine, mandò un forte grido: la legione era appena
rientrata nel suo corpo. L'attacco fu terribile e soltanto alle undici e tre
quarti questa prima legione la lasciò.
Questa vittima di Gesù non ebbe che un quarto d'ora di respiro:
a mezzogiorno entrò la seconda legione. Ci si accorse subito che questi nuovi
venuti erano più potenti e più cattivi dei primi. L'abate Manaudas poté tuttavia
liberarla per alcuni istanti, nel nome di Gesù, e farle fare numerosi atti di
rassegnazione e d'amore. La giornata fu cattiva; solo lo scapolare di Madre
Elia aveva il potere di calmarla. Dopo tre ore, ritornò tranquilla e ne
approfittò per fare degli atti d'amore verso Dio e di carità verso le
consorelle: «Mio Dio, diceva, io voglio sempre soffrire, visto che Tu sei
contento», e con una amabilità incantevole, aggiungeva, rivolgendosi alle sue
compagne: «Sono tanto miserabile, non merito che si faccia qualche cosa per me!
Siete troppo buone! Sento che pregate, che tutti pregano per me».
Se Gesù aveva abbandonato il corpo di suor Maria a Satana, gli
aveva nello stesso tempo proibito di dire o fare qualcosa contro la purezza.
Durante l'attacco più forte, le sue gambe si scoprirono un poco e il demonio
gridò subito: Coprite la piccola Araba; il Maestro ci ha proibito di fare
alcunché contro la modestia, perché lei non ha mai peccato su questo punto. Noi
non abbiamo che il potere di cercare di ucciderla. Questa cattiva Araba, io la
annienterei, diceva Satana; avrei voluto soffocarla nel seno di sua madre. Più
avanza in età, più la mia rabbia aumenta, soprattutto a causa dei suoi segni
(le stimmate). Datemi uno dei suoi occhi, uno delle sue dita, ed io riempirò
d'oro una delle vostre celle.
Satana avrebbe voluto impedirle di mangiare, per farla morire,
ma Madre Elia trionfava su questo punto sullo spirito infernale. Esso usava
tuttavia largamente del permesso di tormentare il suo corpo: si sarebbe detto
che delle unghie di ferro fossero passate sulle membra della vittima. Il suo
corpo era agitato come un'acqua che il vento solleva. Le sue grida erano
spaventose, le sue sofferenze orribili. Le sue forze si decuplicavano,
impossibile tenerla. La parola del sacerdote aveva in quel momento una grande
potenza sulla posseduta. Ella baciò con amore una stola che era stata posata su
di lei a diverse riprese durante la crisi: «Questo, ella disse, è un indumento
della mia santa madre Chiesa». Per ordine del sacerdote, come abbiamo
precedentemente detto, il demonio conservava il silenzio durante la notte; però
si ripromise di vendicarsi della violenza che gli era imposta. Si rallegrava
della prossima partenza dell'abate Manaudas. Avendolo le suore avvertito,
costui proibì al demonio, in nome di Gesù, di fare alcunché durante la sua
assenza. Esso fu costretto ad obbedire.
Satana rendeva suor Maria ora sorda, ora muta; i superiori non
avevano che da dirle: Per obbedienza, parla; per obbedienza, senti e la novizia
parlava e sentiva. Dov'è l'Araba? diceva di tanto in tanto il demonio furioso.
Se potessi raggiungerla, che gioia! lascerei in pace tutta la comunità.
Si voleva costringere il demonio a parlare in latino: No, no,
disse, io non vi acconsentirò mai; questa maledetta lingua mi fa molto
soffrire, è contro di me. Insultava le suore, insultava la Priora, insultava
soprattutto Madre Elia, a causa della potenza che ella aveva ricevuto dall'alto
per combatterlo. Cercava di soffocare la sua vittima, facendole inghiottire
spilli e frammenti di vetro. La vigilanza delle suore preveniva tali incidenti;
e se non si poteva impedirli, la sola parola obbedienza bastava per farle
rigettare questi oggetti diabolici.
Nei rari e brevi istanti di respiro che Satana le lasciava per
ordine di Dio, la novizia emetteva delle grida sublimi: «Soffrire, diceva, fino
alla fine del mondo, o mio Dio, se è la tua volontà! Soffrire sempre ciò che tu
vorrai! Io non desidero che piacerti! Gesù, fammi compiere la tua Volontà!». Un
coraggio cosi eroico aumentava la rabbia del diavolo. Gridava, urlava, si
torceva, malediva; la vista del sacerdote lo metteva fuori di sé: Datemi un
capello della piccola Araba, diceva all'abate Manaudas, e me ne vado. Io non
sono che niente, rispondeva costui, il Salvatore è il suo unico maestro; non un
capello cadrà dalla sua testa senza il permesso di Dio. Quest'atto di umiltà
fece tacere il demonio.
Il venerdì della seconda settimana della possessione, Satana
rifiutava di obbedire: Io non mi sottometterò, gridava, né in nome
dell'obbedienza, né in nome di Gesù Cristo. Nessuno ha il diritto di comandarmi.
Io sono il padrone; io annienterò la piccola Araba. È vero, disse l'abate
Manaudas, noi non siamo che niente, che peccato; ma io sono sacerdote di Gesù
Cristo: in nome di Gesù Cristo, ti ordino di obbedire; e si prostrò insieme a
tutte le suore. Satana fu vinto; egli confessò la sua disfatta: Mille come voi
non mi avrebbero sottomesso; quest'atto di umiltà abbatte tutta la mia
potenza.
Il Signore obbligò il demonio a scoprire, attraverso la bocca
della posseduta, le astuzie che esso impiega per perdere le anime religiose: Io
ho fatto cadere, disse, una religiosa in Inghilterra; e appartiene a noi
dall'altro ieri. Secondo la nostra tattica abituale, quando noi facciamo
l'assedio di un'anima consacrata a Dio, cominciamo a tentarla su piccole cose.
Siamo riusciti a farle credere che non era amata dalla sua superiora allo stesso
grado delle altre. La gelosia che essa provava l'ha spinta a scrivere di
nascosto delle lettere nel mondo. Ha finito per desiderare di uscire alfine di
potersi sposare. Quante anime, in religione, noi prendiamo nelle nostre reti,
suggerendo loro il pensiero che le si giudica buone a niente, che non le si ama!
Ne conquistiamo altre con la curiosità, col desiderio di tutto vedere, tutto
conoscere. Se quelle che hanno pronunciato le tre cattive parole (i tre voti),
andassero a trovare la vecchia donna (la Priora), e facessero ciò che ella dice,
noi perderemmo tutto. Allorquando non si guarda in lei che la creatura, e le si
obbedisce solo perché la si ama, noi non perdiamo niente. Trionfare di un'anima
che ha pronunciato le tre cattive parole, per noi, è più che essere padroni di
una città intera.
Fin qui Satana aveva tentato inutilmente con la violenza di
spaventare l'abate Manaudas e le suore; egli ricorse allora alla lusinga: Quanto
siete gentili! disse alle suore, quanto siete sante! Quale moltitudine di anime
salvate con le vostre penitenze! Tutta la comunità si prostrò, e il demonio
dichiarò che perdeva tutto con quest'atto di umiltà.
La domenica, 2 agosto, a mezzogiorno, la posseduta aprì diverse
volte la bocca, come per far passare qualche cosa; ritornò in sé per alcuni
minuti: «Dove sono, disse, mi sembra di aver fatto un sogno. Ero immersa
nell'acqua: tutti i pesci, tutte le bestie mi divoravano; i miei peccati ne sono
la causa. O Gesù, sempre soffrire per te! Io non sono degna di soffrire! Vedo
l'acqua nera che ritorna. Madre mia, esclamò rivolgendosi a Maria, aiutami,
l'acqua è là». Una nuova legione stava per prendere possesso del suo corpo.
1 demoni tormentavano con tutti i mezzi il corpo di questa
vittima. Il Salvatore aveva promesso a Satana di consegnargliela, se egli
riusciva a farle dire una sola volta nel suo stato ordinario: «Signore, basta
con le sofferenze!». Quello spirito infernale si riteneva sicuro della
vittoria. Quaranta volte tentò di farle pronunciare queste parole, spiegando
contro di lei tutta la sua rabbia; quaranta volte l'eroica vittima esclamò,
tornata in sé: «Sempre più soffrire per te, o Gesù!» Satana domandò al Maestro
di tentare, ancora a tre riprese, di farle dire almeno queste parole: «Io
soffro». Il Maestro gli promise di rinnovare la prova sette volte. Satana fu
vinto di nuovo. Malgrado tutto ciò che sopportava, la suora esclamò a sette
riprese: «Io piango, o Gesù, di non soffrire abbastanza per te». Questo seguito
ininterrotto di vittorie, riportate dalla novizia, indeboliva sempre più le
forze di Satana e lo copriva anche di confusione. Le anime del Purgatorio,
liberate per i meriti di suor Maria, durante questo lungo e spaventoso martirio,
divenivano sempre più numerose. Il demonio scongiurò il Maestro di lasciarlo
partire, confessando a sua vergogna, di non avere più il coraggio di prolungare
la lotta. Tu mi hai domandato, gli rispose il Salvatore, di possedere il suo
corpo per quaranta giorni e non uscirai che dopo quaranta giorni. Davanti a
questo rifiuto, Satana domandò di provare, quattordici volte ancora, di farle
dire queste parole: Gesù, liberami da Satana. Il Signore glielo accordò, ma il
demonio fu vinto come sempre. Alla fine di ciascuno dei quattordici assalti la
suora esclamava invariabilmente: «Nient'altro che soffrire per Gesù». Il curato
di San Martino di Pau, accorso per soccorrerla in questo combattimento, fu
insultato dal demonio, che non riuscì a fargli lasciare il convento prima della
fine della lotta.
Il 17 agosto, l'abate Manaudas che era stato a Bayonne per
riferire tutto al vescovo della diocesi, Mons. Lacroix, ritornò al Carmelo di
Pau, latore di una lettera di Sua Eccellenza e munito di tutti i suoi
poteri.
Ecco come Mons. Lacroix parlava a questa vittima di Gesù.
16 agosto 1868
Figlia mia, ti chiami Maria di Gesù Crocifisso, e questo nome è
una grandissima grazia e un favore enorme: è la santissima Vergine che ha voluto
che porti il suo nome, ed è Gesù crocifisso che si è degnato di darvi il suo e
associarvi alle sue sofferenze. Quale attenzione, quale amore a vostro
riguardo! Ma Maria, la madre di Gesù, è stata la madre dei dolori. Ha condiviso
tutti quelli della sua vita, tutti quelli della sua Passione e della sua morte.
Ha assistito a tutto, tutto ha provato, tutto ha subito, tutto sofferto per
Gesù, perché gli era intimamente e perfettamente unita, volendo essere come lui
e identificandosi completamente con lui.
Maria vuole anche averti con lei, vicino al suo divin Figlio e
farti parte del suo calice, rendervi conforme a lui, perché questa conformità è
il segno degli eletti e della predestinazione. Gesù, che vi ha fatto per lui
solo, vuole anche farvi vivere della sua vita di pene, di tentazioni, di lotte e
di combattimenti contro il demonio e il peccato; ma egli vuole anche farvi
vincere con la sua forza divina, come lui stesso ha vinto.
Dopo aver permesso le tentazioni del demonio contro di lui,
egli le ha permesse lo stesso contro di te, ma egli le vincerà in voi, come le
ha vinte in lui. Egli li scaccerà, questi demoni, come li scacciava nel corso
dei suoi viaggi evangelici, ovunque essi si manifestavano. Egli li atterrerà, li
ridurrà all'impotenza dopo averli umiliati e confusi. Gesù ha vinto l'inferno
con la Croce; e i chiodi, che lo hanno attaccato a questa croce, hanno
incatenato i demoni, e la sua corona di spine è diventata una corona di
gloria.
Oh, figlia mia, sii dunque sempre Maria di Gesù Crocifisso, io
non voglio darvi altro nome e non voglio che ve ne si dia altro. Che tutti vi
chiamino col solo nome di Maria di Gesù Crocifisso.
Trovandomi occupato con doveri di obbedienza verso Gesù, non
posso venire subito da voi e presso le vostre care suore di Pau, così come avrei
vivamente desiderato; ma vi mando un altro me stesso, il venerabile Superiore
del mio Seminario, al quale io delego tutti i miei poteri, cioè tutti quelli che
il divin Salvatore ha dato ai suoi Apostoli e ai loro successori, quando ha
detto loro: "Cacciate il demonio". Ed essi saranno molto obbligati ad obbedire
al Maestro supremo. Fiducia dunque, figlia mia, intera fiducia. La vittoria è
assicurata.
lo continuerò a pregare sulla montagna e con tutte le mie
forze. Ogni giorno, tu sarai accanto a Gesù sull'altare, ogni giorno, io farò
sprizzare su di voi il sangue di Gesù crocifisso, e questo sangue adorabile
vivificherà la vostra anima e la riempirà di grazie celesti.
+ Francesco, peccatore indegno, ma servitore di Gesù e tutto
per lui.
Suor Maria di Gesù Crocifisso, liberata un istante, interruppe
la lettura di questa stupenda lettera; e, con una emozione piena di umiltà: «Io
non sono degna, disse, di ricevere una simile lettera; io non sono che peccato;
c'è troppa carità per me». Ma il demonio la riprese, mentre l'abate Manaudas
continuava questa lettura e si mostrò molto irritato di ciò che il vescovo
diceva contro di lui.
Di tanto in tanto, Satana annunciava, come nei giorni
precedenti, che usciva dal
corpo della novizia per andare a tentare le anime. Quando era
di ritorno, raccontava le sue prodezze: Questa mattina, diceva, ho spinto un
Turco ad annegarsi; ho tentato di spingere allo stesso delitto una signora che
suo marito rendeva infelice: dopo alcune ore, vi sono riuscito.
Un religioso ci faceva molto male. Noi gli abbiamo insinuato di
imporsi, al di fuori dell'obbedienza, delle penitenze corporali; egli ha
ascoltato le nostre suggestioni, credendo di sentire la voce di Dio: ancora
alcuni giorni ed egli è nostro.
Ho tentato la portinaia di un convento. Alfine di insinuarle
disgusto per il suo lavoro, le ho detto: E che? tu sei venuta qui per pregare,
per custodire il silenzio, per godere della solitudine, ed eccoti obbligata a
parlare sempre! Domanda alla Superiora di toglierti da quest'ufficio. Ha
prestato orecchio alla tentazione e ha pianto, ed io ho raccolto le sue
lacrime.
Malgrado tutte le sue disfatte precedenti, Satana domandò a
Gesù di poter tentare, cinque volte, di far dire a suor Maria: «Io non posso
più parlare». Il Signore gli accordò questo permesso. All'ora indicata, iniziò
la lotta. Si posò sulla vittima un pezzo della tunica di Pio IX. Togliete questa
cosa, esclamò il demonio; è del cattivo bianco, e non riuscì a farle emettere il
più piccolo lamento. Dopo ogni attacco del nemico, le parole della novizia
erano sempre più belle: «Soffriamo, diceva, per la Rosa, la santa Chiesa,
rompiamo questo corpo per Gesù. Fino alla fine del mondo, soffrire ed essere
disprezzata! Io desidero solo Gesù e la sua santa volontà. Non potrò dire di
fare questa volontà che quando il mio corpo sarà spezzato, cambiato, per così
dire, in farina sotto la mola della sofferenza. Gesù ci ha dato questo corpo:
frantumiamolo per lui».
Il demonio, vinto, fu obbligato ad umiliarsi davanti a tutta la
comunità. La posseduta si mise in ginocchio, sul suo letto; il suo corpo era
come piegato in tre parti; la sua testa sprofondava nelle sue spalle; i suoi
denti battevano, le sue smorfie erano spaventose; i suoi pugni si alzavano fino
al mento; le dita dei piedi erano strette e ricurve come delle grinfie. L'abate
Manaudas subissò Satana con parole crudeli: Eccoti dunque, disse, spirito
superbo! tu sei vinto da una bambina! Tu, il primo e il più bello degli angeli,
come sei caduto in basso! umiliati, miserabile! A questa intimazione, Satana si
curvò di più per nascondere la sua vergogna: Trema, disgraziato, aggiunse il
sacerdote, Gesù è il tuo vincitore; e tutto il corpo della posseduta tremava
come la foglia agitata dal vento: ella si prostrò completamente sul letto come
per scomparire.
Tuttavia lo spirito maligno non si scoraggiava. Sollecitò dal
Maestro la facoltà di provare, a venti riprese, di far dire alla suora: «Io
soffro, io soffoco!» Ti permetto, gli rispose Gesù, di aumentare fino a trenta.
Cento demoni la tormentavano insieme in modo veramente spaventoso: tutto il suo
corpo era dilaniato. Coraggio, dicevano fra loro i demoni, noi l'avrem;
riusciremo a farle dire: Io soffro. Battiamo su questo corpo; laceriamolo. Dopo
l'assalto, la suora disse: «Io do il mio corpo a Colui che me lo ha dato»; e,
alzando la voce, aggiunse: «Mio Dio, sii benedetto!». L'infermiera le portò da
bere: «Nessun sollievo», ella disse. Cominciò il secondo attacco: le ferite
furono più profonde; la vittima gettò fiotti di sangue dalla bocca; la legione
infernale strappò urla e bestemmie. Dopo l'attacco, suor Maria disse: «Ora
benedirò Dio»; e, con una voce più alta: «Sii benedetto, mio Dio!».
Il terzo assalto fu più forte del primo, il demonio ruggì più
che mai e tormentò la vittima sempre di più. Fino alla fine del trentesimo
attacco, i dolori e le bestemmie andarono sempre aumentando. Ma, nello stesso
tempo, niente di più toccante, di più pio, di più bello delle parole
pronunciate, dopo ogni nuova lotta, dalla novizia, che si univa a nostro
Signore nelle circostanze della sua Passione. Citiamone alcune:
«Io unisco la mia voce a quella di Gesù nel giardino degli
Ulivi. Sii benedetto, mio Dio!».
«Mi unisco a Gesù quando portava la sua croce nelle strade di
Gerusalemme. Sii benedetto, mio Dio!».
«Unisco le mie sofferenze a quelle di Gesù tradito da Giuda.
Sii benedetto, mio Dio!».
«Mi unisco a Gesù che cadde sotto il peso della sua croce. Sii
benedetto, mio Dio!». Trenta assalti furono così successivamente consentiti, ma
sempre la vittoria restava dalla parte di suor Maria, e Dio ricompensava questa
vittoria trenta volte ripetuta: trenta anime di peccatori, morti in quel giorno
dopo essersi riconciliati con Dio, grazie alle torture di questa eroica vittima,
vennero a salutarla ed a ringraziarla.
I santi, la santa Vergine e Gesù stesso la incoraggiavano e la
dilettavano con la loro dolce presenza.
Ritornata in sé, la novizia non sapeva che umiliarsi,
annientarsi: «Io non sono niente, nient'altro che peccato... Tutto serve a
qualche cosa sulla terra; le pietre stesse hanno la loro utilità; io, non sono
buona a niente. Ma la vista del mio niente mi distacca da tutto, principalmente
dal mio corpo; io vorrei che questo corpo fosse spezzato per Gesù. Non desidero
che amare Gesù in silen o, osservare la Regola in silenzio. Mi sembra di uscire
da un mare. Mio Dio, se tutto il mondo vedesse i miei peccati come li vedo io!
Io non posso comprendere come mi si custodisca qui. Quale carità!».
Solo lo spirito di Dio può dettare un tale linguaggio.
Diceva a Madre Elia «...Desidererei soffrire fino al giudizio
universale, tutta l'eternità, se fosse possibile. lo non potrò dire: Gesù, io ti
amo, che quando il mio corpo sarà ridotto in putredine, in polvere, perché
allora io non potrò più peccare... O Gesù, taglia, stronca, brucia tutto ciò
che vorrai. Mio Dio, chi mi separerà da me stessa? Quando sarò tua, Gesù, per
sempre? Oh! Madre mia, tutto è tristezza sulla terra, tutto è tristezza!».
Scorgendo la Priora che venne a visitarla dopo il combattimento
descritto prima, le testimoniò la sua riconoscenza, e sorrise alle suore che
non aveva viste, disse, da molto tempo. La sua gioia di ritrovarle fu grande;
non poté tuttavia dissipare interamente il fondo di tristezza che restava nella
sua anima. La novizia sentiva che la lotta non era terminata, vedeva l'acqua
nera avvicinarsi di nuovo: «Guarda, Madre mia, guarda, l'acqua nera arriva»,
esclamò. La possessione ricominciava.
Le stesse scene si rinnovarono con raddoppiate sofferenze.
Satana, attraverso la bocca della posseduta, raccontava le sue vittorie e le sue
sconfitte:
Abbiamo appena trionfato, disse, di una religiosa, tramite la
disubbidienza e la pigrizia.
Noi non amiamo l'unione nelle comunità; tutti i nostri sforzi
tendono ad introdurvi la discordia.
Le tre cose più potenti contro di noi sono: la carità, l'umiltà
e l'obbedienza. C'è una religiosa, da qualche parte, che ci irrita molto; noi
non possiamo vincerla su alcun punto. La battiamo, le facciamo avere la febbre,
nevralgie atroci, è spesso nella impossibilità di camminare, e resta sempre
fedele. È impossibile avere un minimo sopravvento su di lei. Ascolta la sua
superiora, obbedisce al suo confessore. Siamo riusciti a mettere contro di lei
tutta la sua comunità: invece di irritarsi e di scoraggiarsi, si è umiliata. La
sua superiora stessa è stata contro di lei; ha ringraziato Dio, ed è stata
ancora più felice.
Il demonio parlò in seguito di molte persone, sia nel mondo,
sia nella vita religiosa, alcune delle quali lo ascoltavano, altre, invece,
respingevano i suoi attacchi e sfuggivano alla sua rabbia.
Egli domandò al divin Maestro: Chi combatterà contro di noi?
Non saranno, gli rispose il Signore, né i re, né i potenti; io vi batterò
tramite un piccolo nulla. Ma chi è questo piccolo nulla? diceva Satana, sarebbe
la piccola Araba questo piccolo nulla?
Nel giardino, il diavolo scuoteva, con forza, un albero carico
di frutti. Glielo si volle impedire: Lasciatemi fare, disse Satana, non faccio
alcun male. Il frutto cattivo, quello che comincia a guastarsi, cadrà, ma il
buon frutto resterà sull'albero! Così noi scuotiamo il mondo: i cattivi cadono;
i buoni restano.
Dopo aver tentato senza successo di farle pronunziare una
parola di scoraggiamento o di stanchezza, tentò di farla cedere a un sentimento
di soddisfazione naturale mettendole nella bocca, durante l'attacco, due
pastiglie. Ritornata in sé, suor Maria le gettò dicendo: «Io non cerco le
dolcezze, non voglio che il fiele con Gesù. È bene prendere il calice col
Salvatore. Io amo Gesù con tutto il cuore e il prossimo più di me stessa per
Gesù».
Fra le confessioni di Satana, questa merita di essere
menzionata: Da sei anni, diceva il demonio, noi tentiamo una carmelitana in
Spagna. I due primi anni, abbiamo fatto tutto per ispirarle antipatia per una
delle sue compagne; l'abbiamo spinta a non parlarle, e nemmeno a guardarla, ma
ha fatto il contrario. Il Signore ci ha permesso che fossero tutt'e due messe
dai superiori nello stesso ufficio; proprio allora abbiamo soprattutto provato a
farla spazientire: lei non ha mostrato che la più grande sopportazione, la
carità più perfetta. L'abbiamo tentato contro la purezza, contro la
mortificazione, contro l'umiltà, e sempre senza successo. Le abbiamo insinuato
di vedere più spesso la superiora, soprattutto il confessore e vi è andata più
raramente. Abbiamo esaltato la sua virtù solida, che poteva fare a meno di
direzione frequente, ha fatto ricorso più spesso alla priora e al sacerdote.
Quando noi le ispiriamo di domandare delle penitenze straordinarie, si contenta
di quelle della Regola. Tentiamo di convincerla della sua santità? Confessa il
suo orgoglio in presenza di tutte le suore. Questa miserabile ci schiaccia
sempre.
Si avvicinava la fine della prova. Da parte sua, il vescovo di
Bayonne non dimenticava questa vittima di Gesù. Tenuto al corrente delle
diverse fasi di questa possessione eccezionale, scrisse una seconda lettera a
suor Maria di Gesù Crocifisso.
Il Vescovo di Bayonne alla serva di Gesù Crocifisso: Figlia
mia, quando il Figlio unico di Dio è venuto, nella sua estrema carità, a salvare
gli uomini e a distruggere l'impero del demonio che li aveva vinti e soggiogati,
Egli si è presentato a questo terribile nemico, non nello splendore e
nell'apparenza della sua potenza e della sua maestà infinita, ma nello stato più
umile e più abietto, come l'ultimo degli uomini, l'uomo dei dolori e delle
infermità, con un corpo straziato dalle frustate e solcato di sangue, con una
corona di spine sulla testa, sospeso a una croce reputata infame, con i piedi e
le mani inchiodati alla croce; ed è in questo stato che egli ha voluto misurarsi
con il forte, armato di tutta la sua rabbia e sostenuto da tutte le potenze del
mondo e dell'inferno; e ciò, dice san Paolo, e dopo di lui, san Leone, al fine
di mostrare che ciò che vi è di più debole in lui in apparenza, è più forte di
tutto, anche al fine di confondere per sempre il principe delle tenebre
atterrandolo e spogliandolo, strappandogli tutte le sue conquiste e riducendolo
all'impotenza con i mezzi più semplici: con l'umiltà, con la sofferenza e lo
spogliamento più completo.
Così l'Uomo-Dio ha voluto combattere e vincere il grande nemico
del genere umano; allo stesso modo egli ha voluto combattere e vincere il
paganesimo e tutti i persecutori della sua Chiesa; i tormenti e il sangue dei
martiri sono stati lo strumento della sua vittoria; sì, l'umiltà, la pazienza,
la conformità a Gesù crocifisso hanno salvato e fatto trionfare la Chiesa: sarà
lo stesso sempre e sino alla fine. Le armi di Gesù devono essere le nostre; ed
è con queste stesse armi che noi vinceremo e che la Chiesa trionferà.
Dio sceglie dunque ciò che c'è di più debole nel mondo, ciò che
vi è di più disprezzato, per confondere ciò che c'è in questo mondo di più
forte in apparenza, di più grande e di più elevato. È per la stessa ragione,
figlia mia, che il divin Salvatore ha scelto proprio te, creatura ignorata,
abietta, povera e abbandonata, per opporti al demonio e alle sue legioni
infernali armate di rabbia contro la Chiesa: tu non sei che un nulla, e questo
nulla basta per vincere tutti i demoni e renderli impotenti.
Tu vincerai di nuovo, fragile creatura, povero nulla, vincerai
con la forza potentissima della croce di Nostro Signore Gesù Cristo, poggiata
sul tuo petto; vincerai per Gesù crocifisso, tu, serva della sua croce; e
questo Dio di gloria sarà di nuovo glorificato per mezzo della tua debolezza e
della tua ignoranza, divenute strumento del suo trionfo.
Coraggio dunque, o figlia mia, coraggio, o serva fedele di Gesù
crocifisso, resta ferma e piena di fiducia fino alla fine. Gesù crocifisso è
tutto potenza, tutto protezione e tutto gloria; occorre che tutto cada ai suoi
piedi, che ogni ginocchio si pieghi davanti a lui in cielo, sulla terra e negli
inferi.
O Gesù, mio Salvatore, combatti con la tua serva e per lei! O
Gesù, salva la tua Chiesa, proteggi il suo augusto Capo e tutto il gregge
riscattato dal tuo sangue adorabile! Preserva la tua serva da ogni oltraggio e
da tutto ciò che non sarebbe conforme alla tua volontà e al tuo amore. Che esca
dal combattimento con tutte le gioie e tutte le consolazioni della tua
vittoria; che Maria sia con lei nella lotta; che tutto il Paradiso partecipi con
lei; perché è per te e per te solo che combatte.
Trionfa, o Gesù, nella tua povera serva; noi ti benediremo per
sempre.
Il tuo indegno ministro, ma, o Gesù, tuo servitore teneramente
amato, tuo figlio, il figlio della tua misericordia.
+ Francesco, Vescovo di Bayonne.
Serva di Gesù Crocifisso, io ti benedico con tutte le
benedizioni di Gesù crocifisso. Man mano che l'abate Manaudas avanzava nella
lettura di questa lettera mirabile, il demonio manifestava una rabbia più
grande. Che dice, questo miserabile? esclamava; dice che la piccola Araba è il
piccolo nulla? Ah! se io lo sapessi, la distruggerei. Era il 2 settembre
1868.
CAPITOLO VII
Ultimi giorni della possessione 3 e 4 settembre 1868
L' indomani, s'ingaggiò l'ultimo combattimento. Prima di
lasciare il corpo della suora, Satana aveva ottenuto dal divin Maestro di farle
subire cento nuovi attacchi, perché mandasse almeno un lamento. La prima lotta
cominciò, e fu terribile. La vittima versò del sangue dalla bocca. Dopo
l'assalto, disse: «Offro le mie sofferenze a Gesù e sono pronta a tutto ciò che
lui vorrà, con piacere, con amore. Mio Dio, sii benedetto!».
Seguì immediatamente il secondo attacco. L'abate Manaudas
accostò la croce alle labbra della suora, perché la baciasse. Il demonio vi
sputò sopra bestemmiando. Ritornata in sé, la suora disse: «Offro le mie
sofferenze in unione con Gesù e con i martiri per il trionfo della Chiesa. Mio
Dio, sii benedetto!».
Satana ricominciò: Preparate la bara, esclamò, preparate la
bara; e sputò sulla croce facendo delle contorsioni orribili. Noi siamo cento,
siamo cento, urlava e abbaiava, e i suoi movimenti facevano tremare il letto.
Dopo questo terzo assalto, suor Maria di Gesù Crocifisso disse: «Desidero
soffrire, essere immolata, annientata, bruciata, fino alla fine del mondo, per
il trionfo della Chiesa. Mio Dio, sii benedetto!».
Il demonio continuava a sputare sulla croce che il sacerdote
gli presentava; la vittima sopportò un martirio indicibile, poi disse: «Mi
unisco a Gesù sul Calvario, immolandomi con lui per la conversione dei
peccatori. Mio Dio, sii benedetto! ».
Il diavolo faceva i versacci all'abate Manaudas: Signor curato,
gli disse sogghignando, il tuo viaggio da Bayonne a Pau non sarà perso: domani,
seppellirai l'Araba. Io farò il mio dovere, rispose il sacerdote, se muore, la
seppellirò. Ma no, non morrà, sei tu che sarai confuso da lei. Le grida della
vittima erano spaventose, ma ben presto disse: «Offro le mie sofferenze con
quelle di Gesù nella sua vita nascosta; le offro per i ciechi che non conoscono
la Chiesa, perché essi giungano a questa conoscenza. Mio Dio, sii
benedetto!».
Il demonio irrideva l'abate Manaudas e l'ufficio divino che
egli recitava; tormentò in modo incredibile il corpo della vittima: Prima,
disse, desideravo solo un capello dell'Araba, ora, mi occorre tutto il suo
corpo. Sapete perché faccio tanto soffrire questa miserabile? Ah! perché, più
tardi, sarà conosciuta da tutti, ed io non lo vorrei. Suor Maria continuò i suoi
atti ammirabili: «Mi unisco a Gesù e Maria, offro le mie sofferenze per tutti
quelli che sono contro la Chiesa, affinché siano per Gesù. Mio Dio, sii
benedetto!».
Vedi, diceva Satana al ministro di Dio, lei non ne può più; non
può parlare, e noi stiamo appena per cominciare la lotta; morirà prima della
fine dei cento attacchi. «Io mi unisco a Gesù, diceva la suora, quando andò a
svegliare gli Apostoli addormentati; offro le mie sofferenze per i peccatori
perché ritornino alla loro madre Chiesa. Mio Dio, sii benedetto!».
Aspetta, aspetta, esclamò il demonio, bisogna che io la
soffochi, e simulando la voce della novizia: Madre mia, ho male alle viscere;
Madre mia, non ne posso più; sono sfinita, Satana mi ha crivellato, e
sghignazzava. Mi dia da bere, aggiungeva, e rigettava sulle suore l'acqua che
gli si dava. Voglio, proseguì, strappare un occhio all'Araba. «Mio Dio, diceva
suor Maria, unisco le mie sofferenze a quelle di Gesù nel giardino degli Ulivi,
quando sudava sangue e diceva: Mio Dio, se è possibile, allontana da me questo
calice! Tuttavia, sia fatta la Tua volontà e non la mia! Offro le mie sofferenze
con quelle di Gesù per i peccatori e per la Chiesa. Mio Dio, sii
benedetto!».
Ho fatto di tutto, esclamò Satana, per impedirle di parlare, ed
ha parlato più forte. Si mise una croce sulla vittima; il demonio urlò a questo
contatto, minacciò di mordere, di dilaniare; aggiunse beffardo: Signor curato,
le religiose mancano alla Regola restando qui, fatele uscire perché vadano ai
loro compiti; anche tu, vattene. Bestemmiava contro le reliquie dei santi. «Mi
unisco a Gesù, diceva la suora, quando Giuda venne a baciarlo per consegnarlo ai
malvagi; mi unisco a Gesù per la Chiesa. Mio Dio, sii benedetto!».
Il demonio tormentava la sua vittima, soprattutto al petto;
domandò di nuovo da bere, gettò sulle suore l'acqua che gli era stata
presentata, e si mise a ridere ed a soffiare. In seguito, spinse la posseduta a
mordersi. E siccome la Madre Elia glielo impedì, il demonio disse ridendo:
Vedete, vedete, questa vecchia ha un affetto particolare per la piccola Araba;
e non ama voi altre, che avete fatto la professione tra le sue mani.
Satana tentò di colpire Madre Elia alla testa; urlava come le
bestie e fischiava come una locomotiva. Bisogna, disse, che io rompa il corpo
dell'Araba. Le sofferenze della suora strappavano lagrime a tutti gli astanti.
Dopo questa lotta la quale non è ancora che la dodicesima, la novizia disse: «Mi
unisco a Gesù, quando i persecutori lo beffeggiavano, l'insultavano, gli
sputavano sul viso. Offro le mie sofferenze per il trionfo della Chiesa e per
tutti quelli che le vogliono del male. Mio Dio, sii benedetto!».
Sono il tentatore, esclamava il demonio, sono il tentatore.
Poi, quando il Superiore della comunità, il Rev. P Saint-Guily, arrivò:
Vattene, gli gridò Satana, con - questo vecchio (indicava l'abate Manaudas) e
con il suo breviario. Io sono il tentatore, ripeté, semino dappertutto la
divisione, faccio ciò che voglio.
Alla sedicesima lotta, il corpo della vittima tremava come una
foglia; bastò un segno di croce del Rev. P Saint-Guily per fare cessare questo
tremito: Noi trionferemo, esclamò Satana, e del vecchio (l'abate Manaudas), e
del cattivo nascosto (l'abate Saint-Guily), e della manica violetta (Mons.
Vescovo), e del cattivo bianco (il Papa). Danzeremo su di loro. Tolse il velo a
una suora, dicendo: Strappo questo velo, perché non amo la modestia, mi irrita.
«Mi unisco a Gesù, diceva la suora, quando cadde la prima volta sotto il peso
della sua croce; offro le mie sofferenze per i peccatori che cadono, affinché si
rialzino con Gesù. Mio Dio, sii benedetto!».
Sono il padrone; andatevene tutti e due, esclama Satana rivolto
ai due preti; e, con una ironia diabolica: Signor curato, informate di tutto la
veste bianca (il Santo Padre), affinché la piccola Araba sia un, giorno
canonizzata, e faceva le smorfie. Voltandosi dalla parte di M. Manaudas: Parti,
aggiunse, ti si attende per cominciare un ritiro; parti almeno domani mattina.
Io non partirò, rispose costui Oh! il miserabile, esclamò Satana furioso, egli
sarà presente domani, quando il Capo verrà! Dopo l'assalto, la suora disse:
«Padre mio, mi unisco a Gesù che cade la seconda volta e a Maria che cera Gesù
quando le sue ginocchia vengono straziate dalla caduta; offro le mie sofferenze
per i sacerdoti, per i missionari che cercano le anime, io le offro, anche per i
peccatori. Mio Dio, sii benedetto!».
Rispose in seguito al demonio, che le rimproverava le sue
colpe: «Sì, non sono che peccato, ma spero nella misericordia di Dio; vattene,
Satana!».
Un piccolo nulla, diceva il diavolo furioso, trionferà su noi
tutti! È impossibile. Noi faremo tanto, che lei finirà per mandare un lamento; e
tormentarono il corpo della vittima in maniera spaventosa. Dopo questa lotta, la
diciottesima, la suora diceva: «Mi unisco a Gesù che cade per la terza volta;
offro le mie sofferenze per i sacerdoti che combattono gli increduli, e per la
Chiesa. Mio Dio, sii benedetto!».
Sempre vinto, il demonio domandò al Maestro di non continuare
più la lotta. Gesù lo obbligò a continuare. Emise allora delle grida di
disperazione.
Dopo l'attacco, la suora disse: «Hai un bel da fare, Satana; mi
torturi, mi annienti, ma non fai che ciò che il Signore permette». Ben presto,
esclamò il demonio, verrà Lucifero; brucerà il corpo dell'Araba. «Offro le mie
sofferenze, disse la suora, per i nemici di Gesù, affinché essi lo amino come
san Giovanni. Mio Dio, sii benedetto!».
E rivolgendosi al demonio: «Parla, Satana, io appartengo a
Colui che mi ha creato. Non ti temo. Amo Gesù al di sopra di tutte le cose.
Quand'anche tu mi schiacciassi la testa, che cosa importa questo? Altri la
schiacceranno a te. È Gesù che ti permette di farmi soffrire; io sono contenta.
Tu vorresti che io mi rivoltassi contro Dio? Il mio Maestro è il mio Signore,
gli renderò gloria. Mi dici che egli mi ha abbandonato. Accetto tutto ciò che
egli vorrà; voglio solo soffrire ed essere disprezzata».
Satana interpellò l'abate Manaudas: Hai sentito, gli disse, la
piccola Araba? Sì, ho sentito, rispose costui, suor Maria di Gesù Crocifisso.
No, no, riprese il diavolo, non la chiamare con questo nome: chiamala la piccola
Araba. Se solo fosse come voi! Ma non sa né leggere, né scrivere. Io tento
inutilmente di farle emettere un lamento. La novizia, ritornata in sé, disse:
«Mi unisco a Gesù quando gli si asciugò il viso adorabile; offro le mie
sofferenze per i peccati del mondo. Mio Dio, sii benedetto!
Satana, tu mi chiami miserabile; sì, io sono miserabile a causa
dei miei peccati, e non perché Gesù ti ha consegnato il mio corpo. Gesù è il
Bene stesso, fa il bene; tu sei il male, tu fai il male. Se il Maestro volesse
che tu mi tentassi due anni, e perfino diecimila anni, e perfino di più, io
accetterei. lo non desidero affatto le estasi. Sai che cosa desidero? Soffrire
ed essere disprezzata».
Il diavolo fu costretto a dire: Sapete perché la piccola Araba
parla così? perché essa è forte? Perché cammina al seguito del Maestro. La suora
diceva: «Con Gesù, io mi unisco a tutte le anime che soffrono sulla terra; io
offro tutto per i peccatori. Mio Dio, sii benedetto!
Tu credi, Satana, che io ho bisogno di vedere Gesù? Tu credi
che, senza di ciò, io non abbia forza? Senza che io veda Gesù, la sua forza sarà
in me. Tu, Satana, sei debole; guai a quelli che ti seguono! Dici che sei
grande: mostra la tua grandezza. Sei venuto per ingannarmi, per farmi cadere!
Grazie alla preghiera ed a Gesù, i tuoi attacchi non servono che a farmi salire
più in alto. So di non essere che debolezza, ma spero nella misericordia di
Dio».
Perdo tutto, perdo tutto, esclamò il demonio con disperazione,
vado a domandare al Maestro di non tentarla più. La posseduta cadde come morta.
Ma Satana fu presto di ritorno. Il Maestro mi ha detto, aggiunse il diavolo, di
tentarla finché vorrò.
Dopo questo attacco, la suora disse: «Satana, tu mi tenti
contro la Chiesa? Io amo la Chiesa, è mia madre! Essa ti schiaccerà la testa.
Tutti i tuoi attacchi contro di lei sono necessari per dimostrare la tua malizia
e la tua debolezza. Le tue tentazioni ci danno la luce. Tu dici che il Santo
Padre morirà martire? Sarà martire dell'amore, perché egli riterrà di non aver
fatto niente per Gesù. Tu sarai sotto di lui, la tua testa sarà sotto i suoi
piedi. La mia madre Chiesa non cadrà; sarai tu, Satana, a cadere. Sei caduto una
volta dal cielo; da allora, cadi sempre. Se gli uomini ti vedessero, giammai ti
seguirebbero. Tu cerchi di causarmi fastidio? Io sono contenta. Tu tenti di
scoraggiarmi? Io ho fiducia in Dio. Da sola, io non sono che un piccolo niente;
con Gesù, io sarò al di sopra di te. Tu vedi come io mi burlo di te. Gesù sarà
la mia luce. Gesù sceglie i deboli. Giacché sono debole, egli mi ha scelta».
Il demonio esclamò: Tutto ciò che la piccola Araba ha detto, è
menzogna. Non ha forse affermato che, se mi si vedesse, nessuno mi seguirebbe?
Ebbene, tutti mi vedono, e tutti mi seguono. E il Maestro, venuto sulla terra
per dare l'esempio, per tracciare la via, tutti l'hanno visto e nessuno lo
segue. Dopo questo ventiquattresimo attacco, la novizia fece più volte su di sé
il segno della croce e disse: «Mio Dio, sii benedetto!
Tu credi, Satana, che io dia importanza al mio corpo? Portami
tutto il tuo fuoco, gettalo nel mio cuore; strappa questo cuore, è di Gesù
Cristo. Tutto ciò che fai soffrire non è gran cosa; noi non restiamo sempre
sulla ,terra; oggi, siamo sulla terra; domani, non ci siamo più. Desidero
essere crocifissa alla croce, come il mio Bene Amato. Tutte le mie sofferenze,
paragonate a quelle di Gesù, non sono niente. Distruggi questo corpo. Sono
pronta a risponderti: non sono io che ti rispondo, è Gesù.
Restare cento anni con Gesù, senza mangiare niente, mi nutre
più che mangiare mille anni con te. Sì, con Gesù, sono ben più nutrita che con
tutto ciò che tu offri. Tutto ciò che io soffro è niente. Satana, io ti vincerò
con Gesù. Credi che, a motivo del mio corpo, abbandonerò il mio Amatissimo? Ho
lasciato tutti i piaceri della terra. Non dire che la tua grandezza è la causa
delle mie prove. È il Maestro che, con mia grande gioia, ti ha permesso di farmi
soffrire. Io non sono che polvere. Ma tu, se sei qualche cosa, parla. Vuoi
sapere chi mi ha insegnato tutto quello che dico? Sei tu, con le tue
tentazioni. lo sono pronta a ricevere tutto per Gesù. Rideva.
Satana, sei caduto in piena luce; noi, cadiamo per debolezza.
Chi segue la luce? Il cuore retto. Se tu fossi giusto, non saresti caduto. Non
hai vergogna di ripetere sempre che sei giusto? Mi faccio beffe di te. Non
piango, rido. Tu vuoi insegnarmi a piangere, e io voglio insegnarti a
ridere.
Se il Maestro ti dà il permesso di distruggermi, ti aiuterò in
questo lavoro e ne gioirò. Tieni, io ti do le mie braccia: tagliale, se Dio lo
vuole; ti do la mia testa. Tu cerchi di ingannare le anime; Gesù cerca di
riscattarle. Mentre la mia bocca ti parla, il mio cuore è con Gesù!
Tutto per Gesù, niente per te, Satana; perfino mangiare,
perfino bere, per Gesù. Mio Dio, io ti amo, aumenta il mio amore; spero in te,
aumenta la mia speranza: non sarò confusa; credo in te, aumenta la mia
fede».
E al demonio: «Che dici, Satana? Parli della tua grandezza? La
tua grandezza, è l'abisso; la tua grandezza, è il fuoco.
Gloria a Maria! gloria a Gesù! gloria a Dio Padre che ci dà
Gesù! gloria a Maria che ha schiacciato la testa del serpente!».
Il demonio disse allora: Me ne vado a cercare la sofferenza;
suor Maria cadde subito come morta. Un momento dopo, il demonio ritornò per
tormentarla. Dopo la lotta, la suora disse: «Padre mio, mi unisco a Gesù ed a
tutti i peccatori convertiti. Mio Dio, sii benedetto!
Sai, Satana, la nostra risorsa per vincerti? La prima, è
l'acqua benedetta; presa con fede, essa ti fa fuggire; la seconda è l'umiltà; la
terza è la povertà.
Da seimila anni, tu tenti le anime, ciò è ineluttabile.
Vattene, Satana; vergogna a Satana!
Mi tenti contro la fede? Io ho Dio con me; non temo niente. Mi
dici che non c'è Dio? Vado in giardino a contemplare la creazione; vedo gli
alberi piccoli diventare grandi: questa vista fa crescere la mia fede. Mi tenti
contro la Chiesa? Io vado ancora in giardino; trovo un frutto e l'apro; guardo
questo frutto aperto, e vedo il seme nel frutto. Entro in una chiesa, apro il
tabernacolo e trovo l'Eucarestia.
Mi tenti contro la carità? Io scendo; considero le bestie, vedo
gli agnelli, i pulcini, li vedo tutti insieme, uniti fra di loro. Vedo sopra un
solo albero molti frutti. lo sono in religione; mi vedo come un frutto, con
molti altri frutti sullo stesso ramo, sullo stesso albero. Oh! quanto amo la
carità! Mi tenti contro il confessore? Quando mi confesso, io non guardo
l'uomo; io mi confesso a Gesù.
Mi dici che le mie consorelle sono meglio vestite e più curate
di me? Mi vuoi fare diventare gelosa. Per trionfare, ti guardo, guardo te, che
sei caduto dal cielo per gelosia, e dico: Perché dovrei essere gelosa, io che
non sono niente? Signore, non sono degna di essere ciò che sono.
Considero le mie consorelle come altrettante amatissime
discepole, e non mi meraviglia che le si ami più di me, che sono la più povera,
che non sono che peccato».
Me ne vado, me ne vado, disse Satana, non posso più restare, e
parti emettendo grida spaventose. Dopo questo assalto, la suora disse: «Mio
Dio, offro tutte le mie sofferenze passate per le anime cieche, affinché esse
vedano. Le offro con Gesù, con le anime che hanno sofferto con amore, senza
averne coscienza, perché esse erano nella notte della prova. Mio Dio, sii
benedetto!».
Dopo ogni assalto, la novizia continuava a confondere il suo
nemico lodando Dio e rinnovando i suoi atti di fede, di speranza e di amore:
«Mio Dio, diceva, mio Dio, sii benedetto! Che tutti i santi
della terra e del cielo benedicano Dio! Mio Dio, che la tua volontà sia fatta!
Mio Dio, spero in te; tu sei la mia forza: senza di te io non sono niente; sei
tutta la mia speranza.
O mio Dio, ti ringrazio. O mio Dio, ti domando la grazia, la
grande carità di essere disprezzata. Mia buona Madre del cielo, mio buon angelo,
intercedi per me. La vita passa presto! Se non sono che peccato, imploro sempre
la tua misericordia. Ringrazierò, se mi si disprezza. Mio Dio, io ti ringrazio
di tutti i tuoi benefici».
Signor Curato, signor Superiore, diceva il demonio ai due
sacerdoti che assistevano questa vittima, voi perdete il vostro tempo; tutto
questo non è che menzogna, tutto questo è un fenomeno naturale. Non ci sarà
niente domani di soprannaturale, il Maestro non verrà. Tutto ciò non è che di
natura fisica, non è da Dio.
«Ho sete, ho sete di Gesù solo! diceva la novizia. Felici le
anime che soffrono in segreto, conosciute da Dio solo! Quanto mi piace un'anima
che soffre con pazienza, nascosta con Dio solo!
Ringrazio Dio di avermi ricevuta qui; io ho molto peccato.
Grazie tuttavia alle preghiere delle suore, spero che egli mi userà
misericordia, che mi perdonerà tutte le mie infedeltà.
Dio mio, io ti ringrazio. Santa Vergine, quanto sei pura! rendi
i tuoi figli puri come te, affinché non cadano nelle reti di Satana. Santi del
cielo e della terra, intercedete per coloro che non conoscono la malizia di
Satana. Mio Dio, uniscimi
a te... lo non ho paura, Satana. Se sapessi che il mio occhio
dovesse offendere Gesù, lo strapperei; se fossero le mani e i piedi, li
taglierei. lo ho sete, ho sete di Gesù, e per niente di te, Satana».
Miserabili, gridò il diavolo alle suore, che annotavano, voi
scrivete! Tutto ciò è cattivo come voi, tutto ciò non è buono che per essere
gettato nella spazzatura. Non c'è niente di soprannaturale: tutto è
naturale.
«Santa Vergine, mia buona Madre, disse la suora, io mi unisco a
te che sei venuta sulla terra per dare il buon esempio; mi unisco alla tua
pazienza, alla tua rassegnazione nella sofferenza, quando tuo Figlio era
abbandonato, e senza consolazione. Mio Dio, sii benedetto!».
E al demonio: «Ebbene, Satana? Che cosa dici? Credi che tutti
seguano l'orgoglio come te? No, no, vi sono sulla terra un gran numero di santi
nascosti. Miserabile, non ti si vede che alla morte. Se solamente si vedesse il
tuo viso, tutti ti fuggirebbero. Tu sei brutto! Non c'è niente quaggiù di
altrettanto brutto. Se sapessi dipingere! Spirito Santo, Spirito Santo, ispirami
sempre; mostra a tutti gli uomini la malizia di Satana.
Che dici ancora, Satana? Tu dici che io ti amo? No, certo, io
voglio solo Dio.
Tu dici che perdi le anime? Oh! se ti conoscessero, si
guarderebbero bene di venire a te; perfino le bestie ti fuggirebbero. Se tu
tocchi gli alberi, diventano neri; se tu tocchi la terra, essa inaridisce. Tutto
ciò che Gesù tocca, tutto ciò che guarda, fiorisce.
Dici che sei Dio? Se tu lo sei, vieni, crea un albero, fallo
uscire dalla terra perché lo si veda. Infelici quelli che ti seguono! Chi ti ha
permesso, Satana, di prendere l'aspetto delle suore per tentarmi?».
Noi abbiamo assistito fino ad ora alla metà del combattimento.
Cinquanta nuove lotte devono seguire le cinquanta prime. Solamente dopo i cento
attacchi, Gesù . verrà a passare nel corpo di questa eroica vittima per
guarirlo.
Satana si rivolse a tutte le suore presenti: Ascoltate,
miserabili! disse loro; la piccola Araba l'ignora, ma io, io lo so.
«Mio Dio, diceva la novizia, uniscimi a te per amore del
prossimo, affinché lo ami più di me stessa».
E a Satana: «Se mi dici che tutti mi onorano, che tutti mi
amano, io soffro; ma se mi dici che tutti mi disprezzano, sono contenta. Il
disprezzo è la mia felicità. Tu dici che, a San Giuseppe di Marsiglia, hai
spesso preso la mia sembianza per fare molti errori, per dare una cattiva
opinione di me alle suore. Tu hai fatto questo? Oh! quanto sono felice di
saperlo! Sarei quasi tentata di dirti grazie. Ma no, non ti ringrazierò
ringrazierò Gesù. Desidero soffrire per amore di Gesù, e non al fine di essere
conosciuta. Desidererei che tutte le creature mi giudicassero male come te. Mio
Dio, non cerco che di amare Gesù, di servirlo con semplicità. Non desidero che
il mondo mi conosca, io non desidero niente. Mio Dio, grazie di rendermi
povera. Non voglio che il tuo amore.
Dici, Satana, che sei tu che ispiri ripugnanza per i superiori?
Sono ben contenta di saperlo, per poterlo ripetere. Tu lavori a suscitare la
divisione? Non vi riuscirai.
Non c'è nessuno qui (la suora, durante le sue estasi, si
credeva sempre sola), non vedo nessuno. Se tu vedi qualcuno, Satana, tanto
peggio per te. Non c'è nessuno, qui con me; tuttavia non ho affatto paura. Io
ti vedo, Satana, ma vedo anche il mio buon angelo. O mio buon angelo ti onoro,
ti amo, ti benedirò eternamente. (L'angelo custode, accanto alla suora stessa,
le dettava queste parole). E al demonio: Satana, questo nome che ti do è ancora
troppo bello per te: ti chiamerò letame. Se il mondo ti conoscesse, ti
disprezzerebbe. Sì, tu non sei che letame.
Disprezzo per Satana! amore per Gesù! Mi offro per i
peccatori».
Che dice, quest'Araba? esclamò Satana. t possibile questo? No,
no, gloria a me! Dopo l'attacco, la suora disse: «Io offro le mie sofferenze per
tutte le mie consorelle, per tutto l'Ordine del Carmelo, per tutte le anime
consacrate a Dio!». E a Satana: «Se ti annoi, vattene. Io non sono venuta a
cercarti. Sei venuto tu. Mio Dio, per la tua santa croce, liberami dalla malizia
di Satana!».
Miserabili, esclamò il diavolo, non siete neanche annoiate? E’
da tempo che io lo sono, io. Non posso più restare. Vado a vomitarvi. No, mai
più entrerò in una casa simile. La novizia diceva dopo questa lotta: «Mi unisco
a tutte le anime che sono in agonia, affinché Gesù le liberi dalla malizia di
Satana. Mio Dio, sii benedetto!».
E al demonio: «Su, Satana, parla. Tu mi rimproveri di aver
domandato da bere? Non sono io che ho fatto questa domanda, io non ho sete che
di Gesù; non mi nutro d'acqua; perché, dopo aver bevuto, si ha ancora sete. Io
mi nutro della parola di Dio. La parola di Dio non passa, né sulla terra, né in
cielo.
Quando lo spirito di Dio discende in un'anima, reca la calma,
la pace, la gioia: ` quando sei tu, Satana, tu non rechi che noia, pena,
turbamento.
Disprezzo per Satana, gloria a Dio!».
E’ mezzanotte, venite, venite, venite. Tutti insieme,
annientiamo l'Araba, disse Satana ai suoi compagni; e rivolgendosi alle suore la
cui presenza lo irritava, disse: Nessuna di voi vuole andare a dormire? Vedete
quella, aggiunse indicando una suora ammalata, tutte le sere è andata a letto
di buon'ora; e questa notte, ha due occhi di gatto. Queste parole provocarono
l'ilarità delle suore. Voi inoltre ridete del mio linguaggio, miserabili!
esclamò il diavolo furioso. «Mi unisco a Gesù, diceva la suora, quando giudica
le anime; soffro per i peccatori, affinché essi abbiano la luce per seguire Gesù
e per allontanarsi da Satana. Mio Dio, sii benedetto!». E al demonio: «Vieni,
vieni, mostrati come sei. Dici che vuoi prendere la forma di un gatto, di una
gallina o di un'altra bestia? No, no, conosciamo i gatti, gli uccelli, le
bestie. Vieni, scendi, mostrati come sei. Ti assicuro che, in questa casa,
nessuno andrebbe da te. Si correrebbe verso Gesù, se si capisse la tua
malizia.
Gloria a Gesù, a Maria, a Giuseppe, gloria a tutti i santi!».
E, alcuni istanti dopo, con una vocina infantile, aggiunse guardando tra il
pollice e l'indice: «Vedo una piccola luce; vedo una porticina che conduce a
Gesù; non è molto lontana. Sento che l'acqua nera sta per andarsene. Sono
contenta. È Gesù, Satana, che ti ha permesso di farmi soffrire. Non sono degna
di soffrire. Dopo la porticina, vedo una stradina diritta, facilissima per
andare a Gesù. Vedo Gesù, vedo Maria. Quanto sei miserabile, Satana! Non ho
visto la luce fino a questo momento. Grazie a questa luce, vedo, Satana, la tua
nefandezza. Vedo Gesù, egli stende le sue braccia; mi attende per purificarmi e
per rinfrescarmi, e sorrideva.
Gloria, amore a Gesù, a Maria! Vergogna a Satana!».
Il diavolo avrebbe voluto uscire dal corpo della posseduta
prima della fine dei cento attacchi. E siccome le suore ridevano nel sentirgli
confessare la sua debolezza e la sua impotenza, diventava furioso e le
insultava. Malediva il giorno in cui aveva incominciato questa lotta contro la
suora.
Dopo il cinquantanovesimo assalto, la suora disse: «In unione
con l'allegrezza di Maria, quando l'Angelo le annunciava la venuta di Gesù,
offro per la comunità e per il nostro Ordine tutto ciò che è avvenuto e tutto
quello che Gesù vorrà ancora. Sì, sì, ripeteva quasi cantando, affermo che mi
unisco all'allegrezza della santissima Vergine, perché comincio a vedere la
luce, comincio ad offrire a Dio la gioia».
E al demonio: «Ti dico, Satana, che non sento se sono con il
mio corpo; sento che sono con Gesù. Quando Dio vuole una cosa, tu non puoi
cambiarvi niente; sei obbligato ad obbedire a Gesù tremando. Santa Vergine,
ottienimi l'umiltà, la gioia, l'unione con Dio; ti domando queste stesse grazie
anche per il nostro santo Ordine.
Satana, tu cerchi di prendermi, e sei tu ad essere
l'intrappolato».
Guardate l'Araba, esclamò il demonio; tutto il suo corpo è
fiaccato e non confessa neppure che è malata. Questa miserabile mi augura il
disonore. Attendi, attendi; e la tormentava orribilmente. La suora disse: «Io
mi unisco...» Satana volle impedirle di continuare: ella riprese con forza: «Non
mi impedire di parlare», e siccome esso riprovava, disse: «Ebbene, griderò Amore
a Gesù! gloria a Maria! vergogna e disprezzo a Satana! Sì, per la vita, e per la
morte, amore a Gesù!».
E rivolgendosi al demonio: «Che dici, Satana? Quanto a me, non
sono che debolezza: è Dio che fa tutto in me. Sì, Gesù verrà a schiacciare la
tua testa. Sento la gioia, la pace. Non sono sulla terra per seguire i miei
gusti, vi sono per cercare il fiele, il disprezzo, con la grazia di Dio.
Santa Vergine, libera le anime che seguono Satana». Tre volte
ripeté questa preghiera, e aggiunse con un filo di voce: «Vedo uno spiraglio,
vedo un po' la porta, vedo Gesù arrivare; la luce si avvicina dolcemente, in
silenzio. Egli non fa come te, Satana, tu vieni con rumore. Gloria a Gesù,
gloria a Maria! Vergogna e disprezzo a Satana! Satana, queste parole ti
annientano. Ebbene, le dirò sempre, le dirò nel cuore, se non potrò dirle con la
bocca.
Io mi unisco a Gesù, a Maria, a Giuseppe, quando aprirono la
porta della casetta d'Egitto, affinché i peccatori abbiano un piccolo posto nel
loro cuore per amare Gesù, perché anche essi posseggano un posto nel cuore di
Gesù. Vorrei una casetta molto pulita nel mio cuore per ricevere Gesù, una casa
dove non ci fossero più peccati, perché Gesù potesse compiacersi. Se io so
ricevere Gesù, ho tutto. È dolce soffrire con Gesù. Tutto ciò che viene da Gesù
è dolce. Tutto ciò che viene da te, Satana, è cattivo. Più le lotte si
moltiplicano, più io vedo chiaro. Amore a Gesù, a Maria!».
Dopo il settantaseiesimo attacco, Satana esclamò: Questa
miserabile Araba! non abbiamo il potere di cambiare il suo aspetto. Neppure
Lucifero lo potrà, perché essa è stata martire, e perché si è conservata sempre
pura, sempre vergine. «Dio sia benedetto! diceva sempre la suora; il resto, lo
dirò nel mio cuore. Satana è geloso di quelli che seguono Gesù. Io seguirò Gesù
fino alla morte, sulla terra, in cielo, e perfino nell'inferno. Se Dio lo vuole,
ebbene, sì andrò, se egli lo vuole, nell'inferno con Gesù. L'inferno con Gesù è
meglio che te, Satana. Il diavolo mi dice che, se mi prenderà, mi metterà più in
basso di Giuda».
Dopo la novantunesima lotta, Satana disse: Lo confesso con
tutti i miei simili, noi non amiamo la carità, l'umiltà, l'obbedienza.
Dopo la novantatreesima, suor Maria disse: «Gloria a Gesù,
gloria a Maria! Comincio a vedere la luce; la porta si apre; comincio a vedere
la santa Vergine. Mio Dio, sii benedetto.
Mio Dio, io ti amo con tutto il mio cuore e al di sopra di
tutte le cose».
La fine del terribile combattimento si avvicinava. Era la
novantanovesima lotta. Aspettate, aspettate, disse il demonio; forse, alla
venuta di Lucifero, emetterà un lamento. Ma la suora disse ancora: «Gloria a
Gesù, gloria a Maria! gloria a Giuseppe! gloria a Dio solo!».
Il diavolo ritornò un'ultima volta; parlò dell'arrivo di
Lucifero: Il nostro capo, disse, non esce quasi mai dall'inferno. Passando nel
corpo dell'Araba, la brucerà talmente, che voi non potrete neppure toccare la
punta del suo dito, fino a che il Signore non sia, a sua volta, passato in
questo stesso corpo per guarirlo.
Il letto di ferro sul quale l'eroica vittima si trovava
dall'inizio del combattimento era così danneggiato che bisognò sistemarla su un
altro.
Alle undici e tre quarti, il diavolo esclamò: Indietreggiate,
viene Lucifero: se voi restate vicino all'Araba, sarete bruciati.
Il Rev. abate Manaudas e le suore indietreggiarono. Alcuni
istanti dopo, si videro il viso e le mani di suor Maria divenire rossi come il
fuoco, e in seguito completamente nere. Il fumo venne fuori da tutto il suo
corpo; si senti un forte odore di zolfo. La suora respirò appena. Ma ben presto
delle grida più forti del fischio della locomotiva si fecero sentire; se ne
contarono fino a diciannove. Era la fine della lotta. Una visione celeste venne
a rallegrare l'eroica vittima. Disparve ben presto. La novizia risentì allora
tutti i suoi dolori; non poté più pronunciare una sola parola, né fare il più
piccolo movimento. La sua bocca si aprì ad intervalli come quella di un
moribondo. L'abate Manaudas si avvicinò come per raccogliere il suo ultimo
respiro. Era mezzogiorno, l'ora nella quale, si ricorda, la possessione era
iniziata, quaranta giorni prima.
CAPITOLO VIII
La liberazione - Possessione dell'angelo per quattro
giorni
La scena cambiò. Improvvisamente, suor Maria di Gesù Crocifisso
si alzò sul letto. Il suo viso era radioso, i suoi occhi brillavano come due
diamanti; un sorriso celestiale sfiorava le sue labbra. Tutti i presenti erano
in ginocchio; da tutte le bocche usciva nello stesso tempo lo stesso grido:
Gesù! La gioia del cielo era in tutti i cuori, e si traduceva in dolci lacrime.
Si senti che Gesù era passato nel corpo della suora per guarirlo.
Uno spirito soprannaturale era succeduto al Salvatore nel corpo
della suora liberata e vittoriosa. La santa Vergine, disse questo spirito,
attraverso la bocca della novizia, vi domanda l'umiltà, la semplicità e la
pratica di tutta la Regola. «Gesù, esclamò la novizia, rapita, è il mio dolce
refrigerio!». Quando l'estasi finì per qualche istante, suor Maria conservò la
gioia nella sua anima e perfino nei lineamenti del suo viso. Baciava con
riconoscenza le mani del Rev. abate Manaudas; ringraziava con effusione le
suore delle loro cure affettuose; le abbracciava e diceva trasalendo: «Sento la
gioia fin nelle mie ossa». Verso l'una, arrivò il Rev. abate SaintGuily. Non
appena lo scorse, la novizia esclamò: «Padre mio, padre mio, è tanto tempo che
non la vedevo. Padre mio, non so da dove vengo. Non so quello che è, ma sento la
gioia in tutto il mio essere». E dove sei stata? le domandò il curato di San
Martino. «Padre mio, a causa dei miei peccati, ero in un mare nero; ora, ho la
gioia nella mia anima, e perfino nelle mie ossa». Ripeteva, senza dubitarne, le
parole del Salmista: «Le ossa umiliate trasaliranno».
L'estasi la riprese. Si intratteneva con Maria e con santa
Teresa. Si comprese che la santa Vergine le diceva di chiedere qualche favore
per la comunità: «No, Madre mia, no, rispondeva, tu sei la Madre di tutte; che
bisogno c'è di chiederti qualche cosa?».
In seguito rivolgendosi a santa Teresa le diceva: «Te ne prego,
madre mia, proteggi la comunità, proteggi tutto l'Ordine; non guardare agli
errori delle tue f figlie. Se tu mi abbandonassi, io sarei meno obbediente, più
infedele di tutte le altre».
«La santa Vergine dice: Agnellini, fate sempre ciò che il
Pastore vi dirà; abbiate fiducia in Gesù. Disprezzate soprattutto il piccolo
nulla (se stessa); fatele comprendere sempre il suo nulla; che non sappia mai
niente di ciò che è avvenuto.
Se ogni agnellino si considera l'ultimo, la santa Vergine sarà
con lui. Seguite la parola di Gesù. Non vi scoraggiate mai. Satana, furioso,
verrà à tentarvi: non l'ascoltate mai, ascoltate sempre il Pastore. Non
ascoltate mai Satana; è geloso. Quando viene, umiliatevi. Se Gesù permette che
vi tenti, è per farvi crescere.
Quando voi siete tentate contro un agnello, andate a trovarlo
col permesso della Priora, abbracciatelo, ditegli: il demonio mi tenta contro
di te, ma io ti amo. Satana se ne andrà. Che gli agnellini amino gli altri più
di se stessi. Bisogna sempre andare contro tutto ciò che suggerisce Satana».
E rivolgendosi alla Priora: «Pastore, le disse, la Vergine
santa ti raccomanda di amare gli agnelli con uguale affetto. Amandoli, tu ami
Gesù. Stai attenta, non ne disprezzare nessuno; sono, tutti, agnelli di Gesù.
La santa Vergine ti dice ancora: Fatti piccolissima; abbi fiducia; ama gli
agnelli più di te stessa.
Che gli agnelli obbediscano sempre al Pastore, che si amino
sempre gli uni gli altri, che pratichino sempre l'umiltà, la carità. Satana è
geloso di voi, ma voi non scoraggiatevi mai; seguite il Pastore. Agnelli non
ascoltate mai Satana; non ascoltatelo mai; disprezzatelo; annientatelo. Satana
non ama la carità. Tenterà di mettervi gli uni contro gli altri. Abbracciatevi,
andrà via».
Apostrofava il demonio e gli diceva: «Satana, sarai confuso,
sarai schiacciato». Ritornando alla Priora aggiunse: «Madre mia, la santa
Vergine dice ad ognuna di andare a fare il proprio dovere. La presenza di Gesù
vi avrebbe fatto morire, se non vi avesse sostenuto. Madre mia, la santa Vergine
ti dice di fare assistere il piccolo nulla a tutti gli atti della vita
comunitaria; non se ne accorgerà, ma vi sarà».
Le suore si rassegnavano con fatica alla privazione di vederla
e di sentirla. Diceva loro: «Agnelli, la santa Vergine vede il vostro desiderio
di restare con il piccolo nulla ma vuole che accudiate ai vostri doveri; sarà
con voi. Durante la ricreazione, potete ritornare, la Regola lo permette. La
santa Vergine dice che quando gli agnelli saranno di nuovo riuniti qui,
ritornerà con parecchi santi del cielo. I due pastori (la Madre Priora e la
Madre Elia, maestra delle novizie) non devono restare più qui tutte e due
insieme ma avvicendarsi, per potere accudire ai loro doveri».
Avendo la Priora domandato se una suora poteva restare per
scrivere, rispose: «La santa Vergine lo permette, lasciandoti libera nella
scelta di questa suora».
Le religiose ritornarono durante la ricreazione; disposte
attorno all'estatica, continuarono a raccogliere i suoi insegnamenti celesti.
«Agnelli, dice loro la novizia sempre rapita, Gesù dice che voi sarete insieme
nel cielo accanto a Lui, formerete come una corona attorno al suo cuore.
Agnelli, dite sempre a voi stesse: Se Gesù mi abbandonasse, io sarei peggio di
Giuda; ma se Gesù mi custodisce, io sarò Giovanni il discepolo prediletto.
Salute, padre Elia; salve, padre Elia! Padre Elia tu dici: Come
siete tutte unite sulla terra, sarete tutte insieme in cielo. Santa Teresa vi
ripete la stessa cosa. La santa Vergine benedice tutti i parenti delle suore.
Padre Giuseppe; padre Giuseppe! San Giuseppe vi benedice e vi dice: Siate umili,
siate piccole, osservate bene la Regola, ancora un po' di tempo e sarete tutte
insieme in cielo, accanto a Gesù. Salute,
Padre Giovanni, Maria degli Angeli! Salute, Margherita, mia
Amatissima!... Salute, salute, Simone Stock! San Simone dice: Amatevi gli uni
gli altri; pensate sempre se non siamo nulla sulla terra, saremo qualche cosa
in cielo.
Salve, salve, martiri di Gesù l'Amatissimo! Osservare la Regola
e l'umiltà è un nuovo martirio. I martiri vi dicono: In poco tempo, voi sarete
con noi in cielo. Andate sempre contro natura; è questa una buona
mortificazione d'amore per Gesù il Prediletto.
Salve, salve, Maddalena, Germana, Marta, Enrichetta! San
Domenico e san Francesco vi dicono come hanno fatto per diventare grandi santi.
Essi conservavano sempre nella loro anima il sentimento del loro niente;
amavano il prossimo più di se stessi; andavano sempre da Gesù per saziare il
loro cuore.
E quale è la strada per andare da Gesù? È l'umiltà,
l'obbedienza, la fiducia, l'osservanza della Regola. Grazie alla pratica di
queste virtù, Gesù ci riceve nel suo cuore. Salve, salve, Veronica, Apollonia,
Nicola, Amata! Come fare per aridare da Gesù? Voi dite Guardate sempre a Gesù.
Come fare per guardare sempre a Gesù? Essi dicono: Tutto ciò che Satana fa,
disprezzatelo e guardate sempre Gesù. Con quale mezzo guardare sempre a Gesù?
Lavorando, obbedendo, digiunando, mangiando, riposandovi: qualunque cosa
facciate, guardate sempre a Gesù. Se ve ne dimenticate, non turbatevi, niente vi
turbi. Prostratevi e dite io ti domando perdono, Signore, mi sono dimenticato un
istante. Non permettere che io ti dimentichi di nuovo; soprattutto non mi
dimenticare come ti ho dimenticato io. Sì, nel lavoro, nella tristezza, nella
pena, nella noia come nella gioia, bisogna sempre guardare a Gesù.
Salve, salve, Maria degli Angeli! Ella ascolta; un istante
dopo, sorride. La Beata le nominava molti santi presenti, e la novizia contava
sulle sue dita, sempre sorridendo. Esclamava: San Giovanni della Croce, dice:
Maria degli Angeli, sulla terra ha amato le sue suore, ha desiderato soffrire
ed essere disprezzata per Gesù. Dice ancora che le sue figlie devono praticare
l'obbedienza interiore e non soltanto quella esteriore. Se non si possiede
questa virtù, si ha un grande merito quando si lavora per acquistarla. Gesù
dice: tutte quelle che faranno morire la propria volontà, il Signore le
benedirà. Con tenacia, riuscirete a praticare la virtù come se fosse nata con
voi».
«La santa Vergine dice che bisogna andare in giardino per
purificare l'operato di Satana. Satana vi andava tutti i giorni a questa stessa
ora durante la possessione: andiamoci, anche noi, per purificare tutte le sue
attività. Tutti gli agnelli possono venire». Con un passo leggero e rapido, la
novizia scese, scortata da tutte le suore. Benedisse la cucina e tutti i posti
della casa dove Satana era andato; arrivò al granaio, non si accontentò di fare
un segno di croce come in ogni altro luogo, domandò dell'acqua benedetta: «La
santa Vergine sta per benedire tutto». Camminava con la testa diritta, le mani
sollevate, gli occhi al cielo, sorridendo e trasalendo in modo ineffabile. «La
santa Vergine dice che è il Pastore che deve benedire», e rimise l'aspersorio
alla Priora. Le indicava i luoghi da purificare facendole ripetere ogni volta
queste parole: «Per la Tua santa croce, Signore, liberaci dalla malizia di
Satana». Nel giardino, non dimenticò un solo albero toccato da Satana, né un
solo grappolo dove quello aveva preso dei chicchi, tutto fu purificato.
Esclamò: «Piccola vite, alberelli, producete sempre buoni
frutti per nutrire gli agnelli di Gesù». E, stendendo la mano come per indicare
la presenza di qualcuno: «Vedete, vedete, aggiunge, Satana monta in bestia; non
voleva venire, ma la santa Vergine l'ha obbligato ad assistere alla sua
disfatta. Corre, corre», e lei batteva le mani.
Giunta vicino ad una statua di Nostra Signora de la Salette, si
prostrò in riparazione del fatto che Satana, durante la possessione, le aveva
impedito di mettersi in ginocchio davanti a Maria.
Nel parlatorio, diceva alle suore esterne: «Sulla terra voi
siete fuori; nel cielo, sarete con gli agnelli che sono nel chiostro. Se sarete
fedeli, voi potete perfino salire più in alto di loro. La santa Vergine vi dice
che voi siete le sue figlie e le figlie amatissime di Gesù; Ella vi
benedice».
Questa processione era durata due ore.
Dopo vespri, gli insegnamenti continuarono: «Agnellini, siate
fedeli: seguite la Regola e l'obbedienza; non mancate mai senza permesso agli
atti di comunità. Colui che segue la Regola e la Comunità, ha la benedizione di
Gesù. Colui che esce per necessità dalle azioni di comunità, ha la benedizione
di Gesù; quella che, per dovere, è obbligata a mancarvi, non perde la
benedizione di Gesù.
Non fate mai niente senza permesso; domandatelo per ogni cosa,
e non in forma generica.
Amate il silenzio, agnellini; vi è permesso di dire qualche
parola per le cose necessarie; soltanto abbiate cura di parlare molto piano, e
nei posti dove non si può essere sentiti.
Agnelli, la santa Vergine dice che dovete impiegare bene il
tempo durante la settimana, lavorare bene per Gesù, sotto gli occhi di Gesù, in
silenzio, con pazienza, con grande interiorità. La domenica, tutta la giornata
per Gesù. La domenica bisogna soltanto pregare e leggere dei libri che parlano
di Gesù.
Agnellini cari, io ve lo ripeto, praticate molto lo spirito
della Regola, l'umiltà, la carità, l'obbedienza. Siate interamente di Gesù.
Dategli tutto. Se non facciamo degli sforzi per praticare la virtù, per
osservare perfettamente la Regola, resteremo a lungo, molto a lungo, nel
Purgatorio.
Satana vi tenterà; siate più forti di Satana. La tentazione è
un bene per voi; e l'acqua che lava e rende puliti per Gesù. Riflettete bene a
questo: oggi sulla terra, domani sotto terra.
La Madre Teresa vi dice: Figlie mie amatissime, il tempo corre.
Ricordatevi sempre di amare il vostro prossimo. Preferite sempre una suora che
vi faccia esercitare, che vi provi, perché con lei potete sempre acquistare dei
meriti: la sofferenza è l'amore; la Regola è l'amore.
Quando sarete fedeli e farete qualche cosa per Dio, Satana
verrà a farvi credere che valete molto, che fate bene tutte le cose, che siete
sante. Sarete tentate di abbandonare tutto per paura di cadere nell'orgoglio.
Satana vorrebbe con ciò impedirvi di fare il bene, di dedicarvi alla
perfezione, di compiere qualche gesto generoso per Dio: non l'ascoltate,
disprezzatelo; lavorate, il tempo è breve.
Agnellini, Madre Teresa dice che, per piacergli, dovete,
durante la ricreazione, parlare molto del buon Dio. Non fate una sola domanda
sul mondo; dovete essere morte. Se parliamo delle cose del mondo, ci riempiremo
di mondo e non moriremo: la Regola, è la morte.
Gesù vi ha scelte: siategli riconoscenti. Osservate bene la
Regola. Una novizia, che non osserva la Regola, facesse pure dei miracoli,
rimandatela.
Agnelli, la santa Vergine vi ripete di non far mai conoscere al
piccolo nulla (cioè a se stessa) ciò che è accaduto. Non fatele alcuna domanda.
Non bisogna fare attenzione a lei, né guardarla, né nominarla; niente,
nient'altro che il disprezzo. Bisogna trattarla come tutte le altre, e perfino
come l'ultima delle novizie, lasciarla fare come se non ci fosse.
Il piccolo nulla non resterà qui che poco tempo; farà in
seguito l'opera di Dio. Agnellini miei, siate fedeli. La santa Vergine dice che
i tempi stanno per cambiare; vedrete delle cose che non avete ancora viste;
religiose lasceranno il loro convento; sacerdoti apostateranno. Maria vi
raccomanda di provare bene le novizie prima di accoglierle con la professione.
Se voi non le provate, vi proveranno loro. Che osservino la Regola tutta intera;
non si deve accordare loro alcuna dispensa. Non temete di mancare di carità
mandandole via; la carità, dovete averla per il vostro Ordine e non per una
novizia che non avesse la vocazione. Vi costerà qualche volta, perché la novizia
che dovete rimandare è povera o orfana. Non pensate a ciò, non
preoccupatevene.
Non guardate né alla povertà né alla ricchezza. Quanto sareste
disgraziate, se non osaste mandare via una novizia perché può fare del bene al
convento. Lasciate tutto ciò da parte, non considerate che una sola cosa: se
essa segue la Regola. La Regola è il prezzo; la Regola è il miracolo; la Regola
è il martirio; la Regola è tutto. Una novizia che non osservasse la Regola, che
non avesse lo spirito della Regola, mandatela via.
Satana è geloso; tenta in tutti i modi di far perdere la fede,
per fare cadere le anime: non temete. Persino quando non si sente la fede,
bisognerebbe vivere di umiltà e di fiducia. Quando noi non sentiamo la fede e
camminiamo sempre in avanti malgrado i nostri gemiti e le nostre lacrime,
sopportiamo un martirio molto meritorio, sempre che restiamo continuamente
rivolti verso Gesù.
Dio non permette la tentazione che per farci crescere: tanto
più siamo provate tanto più corriamo verso Dio. La tentazione è l'acqua che ci
lava; la tentazione più forte è come l'acqua calda che ci pulisce meglio.
Agnellini, Madre Teresa vi raccomanda la pratica costante della
carità. Questa virtù è così bella e così dolce! Non guardate mai né gli errori,
né i difetti delle suore. Tenete per voi il più difficile, il più penoso, per
sollevarle. Pensate sempre alle altre: scusatele. Se vedete una suora rovesciare
dell'olio, pensate che è immersa in Dio; prendete, dopo, uno straccio per pulire
la macchia.
Agnellini miei, amate la Regola, osservatela sempre. Quanto la
santa Vergine ama la Regola e gli agnelli che la praticano! Quanto Gesù è
contento! L'osservanza della Regola vale più di tutti gli stati straordinari,
vale più di avere le stimmate, vale più del fare miracoli. Tutte quelle che
rispettano la Regola, sono le mie figlie predilette, dice Maria, e dopo di lei,
santa Teresa.
Praticate soprattutto l'obbedienza. Ogni volta che mancate
all'obbedienza della Regola, mancate alla integrità della Regola. L'obbedienza è
come il binario che conduce a Gesù. Quando vi preparate a fare la comunione,
bisogna considerare chi è Colui che viene. È Gesù che viene, Gesù così buono,
così amabile, così dolce, e nello stesso tempo così grande, così potente, così
bello! Verso chi viene? Viene verso di voi che non siete che polvere, che
niente. Viene per darsi a voi, per fare un tutt'uno con voi. Quando lo possedete
nel vostro cuore, pensate che siete come la santa Vergine che porta Gesù nel suo
seno. Durante il giorno, tenete sempre i vostri sguardi fissi su questo Gesù che
avete ricevuto la mattina».
La Priora permise ad ogni suora in particolare di parlare con
la novizia rapita, per un quarto d'ora: tutte le religiose riportarono da questa
conversazione come un balsamo per la loro anima. Compresero che ella doveva
essere illuminata dal- ! lo spirito di Dio per leggere così nel loro intimo e
per metterle nell'umiltà e nella pace.
La novizia, sempre in estasi, annunciò a Madre Elia che il
Signore prolungava i suoi giorni,` al di là dei tre anni dopo la professione,
affinché i suoi meriti fossero più grandi e le sue conquiste su Satana più
numerose.
«Agnellini, aggiunse, san Giuseppe dice che Satana vi tenterà
in differenti maniere. A una suora, dirà che gli agnelli non l'amano: Che deve
fare questa suora? Occorre che si abbandoni alla tristezza? alle lacrime? No,
no. Per vincere la tentazione, questa suora si prostri durante la ricreazione e
dica alle sue compagne: "vi domando proprio perdono, Satana mi tenta contro di
voi; vorrebbe farmi credere che non mi amate; ve ne scongiuro, pregate per me",
e il demonio sarà sconfitto. Se sentite tristezza, noia, dite la colpa in piena
ricreazione e quest'umile confessione metterà in fuga il demonio e vi darà la
pace.
Altre volte, Satana vi tenterà contro i superiori. Vi sembrerà
che la Priora non è abbastanza capace, o che non si prende abbastanza cura di
voi, che non fa affatto attenzione a voi, sia per l'anima che per il corpo.
Umiliatevi, confessate la vostra tentazione alla Priora e Satana sarà
vinto.
Nel refettorio, Satana vi tenterà contro la suora addetta alla
cucina; vi farà credere che la porzione non è preparata bene, che è nociva alla
vostra salute. Mangiate come se niente fosse e se ne avete il coraggio, dite la
vostra colpa appena arrivate in ricreazione: madre mia e sorelle mie, pregate
per me, perché ho fatto la delicata, non ho mangiato la porzione perché non mi
sembrava abbastanza buona. Per punire la mia sensualità, servitemi domani un
piccolo resto di ogni suora. Lo si farà; voi trionferete così del vostro piacere
e Satana sarà vinto. Non meravigliatevi di niente. Non scoraggiatevi mai, perché
non siete degli angeli, siete deboli.
Qualche volta, durante l'orazione, si fanno buoni propositi: si
desidera essere umiliata, disprezzata, abbandonata; un po' più tardi, non vi si
pensa più. Ebbene, agnellini, sappiate almeno umiliarvi di questo e cercate di
approfittare delle occasioni. Satana, diceva la suora alla Priora e a Madre
Elia, è geloso della vostra unione; farà di tutto per mettervi l'una contro
l'altra e per questo si servirà perfino delle suore, senza cattiva intenzione
da parte loro. Una andrà dalla Priora, l'altra da Madre Elia per riferire cose
false. Se Satana non può riuscire con questo mezzo, prenderà la forma delle
suore per ingannarvi. Maledetto Satana, trova che non è già abbastanza umiliato
qui, e vuole esserlo di più. Agnelli, se voi siete fedeli, Satana sarà in poco
tempo completamente sottomesso. Ecco ciò che vi dice san Giuseppe: Agnellini,
colui che si fa piccolo piccolo, piace a Gesù e lo trova».
Rivolgendosi al Superiore della comunità che era presente, la
novizia disse: «Padre mio, per giudicare della spiritualità che guida un prete,
si deve provare la sua umiltà, la sua ubbidienza. Se non è sottomesso, è in
préda a Satana. Si deve agire lo stesso nei riguardi di una religiosa quando si
dubita della sua via. Anche se fosse negli stati più straordinari, se le si
dice che è nell'illusione ed ella non si sottomette subito al giudizio
espresso, c'è l'orgoglio e c'è Satana».
La suora parlò a lungo al Superiore in questo senso e terminò
con queste notevoli parole: «Ecco ciò che dice la santissima Vergine; ma se non
si approva questa dottrina, dirà lo stesso».
Si era al 7 settembre, anniversario del suo martirio. Ti è
accaduto qualcosa, in tale giorno? le domandò il Rev. curato di Saint-Martin. «A
me no, ma al piccolo nulla era stato tagliato il collo». Questa risposta
confermò la comunità nel pensiero che uno spirito celeste possedesse il corpo
della novizia e che dettasse tutti questi preziosi insegnamenti. Gli si domandò
a più riprese il suo nome: Io sono, disse egli, di quelli che salgono e
scendono; e una volta: Sono lo spirito di Maria; e più spesso: Sono Maria,
figlia di Maria del Prediletto. Sei Giovanni il discepolo prediletto? No,
rispose con un sorriso ineffabile. Sei un angelo? un secondo sorriso fu la sua
unica risposta. Le domande si moltiplicavano: si sarebbe voluto sapere il nome
di questo spirito misterioso. Notando questa insistenza da parte delle sue
compagne, una suora gli disse: Se sei un angelo, ti manchiamo proprio di
rispetto. Gesù, quello rispose, ama i piccoli, ama i fanciulli. Agnellini,
occorre che l'umiltà sia la vostra luce, l'ubbidienza il vostro cammino, la
carità il vostro riparo. E, alla Priora: Pastore, quando gli agnelli non si
trovano a loro agio con il confessore e tutte dicono la stessa cosa, ciò
significa che questo confessore non è l'eletto di Dio per voi. Se non vi sono
che due o tre agnelli scontenti, non bisogna tenerne conto, ma trattenere lo
stesso confessore».
«Agnellini miei, non pensate che ad amare e servire l'Amato
Bene, a morire a tutto, per vivere distaccate da tutte le cose della terra: per
questo avete lasciato il mondo. Madre Teresa vi dice che non ha istituito il suo
Ordine per godere, ma per soffrire. Madre Teresa vuole gli agnelli distaccati
come pietre».
Ecco i mirabili avvertimenti che la novizia, sempre in estasi,
diede alle due suore esterne, davanti alla grata del parlatorio:
«La santa Vergine vi benedice; vi raccomanda di essere sempre
molto modeste, molto raccolte: bisogna essere sempre come in ritiro. Madre
Teresa vi dice di essere molto pazienti, sì, soprattutto molto pazienti.
Sopportate tutte le contrarietà con dolcezza; siate caritatevoli tra voi e con
tutti. Siate sempre obbedienti: bisogna essere come un cadavere, come un
bastone; fate tutto senza dire niente, non una riflessione.
Se siete fedeli, andrete direttamente da Gesù. Profittate del
tempo: tutto passa, tutto passa sulla terra; il tempo è breve. Praticate la
perfezione, producete dei frutti per Gesù. Siete come i rami di un unico
albero: siete due rami che passano oltre. Gesù ama tutti i rami; guarda con più
amore quelli che portano più frutti. Se siete fedeli, sarete nel cielo più in
alto degli agnelli del chiostro, perché avete più occasioni. Le suore
dell'interno pregano e fanno penitenza senza essere disturbate, mentre voi,
quante volte siete impedite di pregare, quando lo vorreste! Quando si viene a
suonare, lasciate tutto, perfino la preghiera; andate immediatamente ove siete
chiamate, andatevi con spirito interiore, con spirito di carità: quest'atto di
rinuncia piacerà a Gesù più di tutto il resto. Bisogna soprattutto evitare che
le persone di fuori si accorgano che voi siete contrariate, dovete edificare,
dare il buon esempio, perché si giudicherà l'interno del convento attraverso gli
agnelli dell'esterno. Se siete buone, raccolte, perfette, il vostro esempio farà
del bene a tutti. Siate soprattutto umili, non vi scoraggiate mai.
Vi sono delle suore esterne che hanno sempre bisogno di
confessarsi. Ciò non è bene; bisogna che vi sia una regola per tutto. È
sufficiente che voi vi confessiate ogni otto giorni. Se vi accade
nell'intervallo di commettere qualche leggera colpa e per questo fate uno sforzo
a comunicarvi, fate un atto di contrizione: Gesù vi perdonerà. Padre Elia vi
raccomanda il silenzio e la carità, bisogna amarvi in Gesù e per Gesù, in Maria
e per Maria.
Dovete lavorare per gli agnelli del chiostro e quelle del
chiostro devono lavorare per voi: non siete che un'unità. Avendo cura degli
agnelli dell'interno, voi siete come Giovanni il discepolo prediletto. Quando
Gesù era nella prigione presso Caifa durante la notte, Giovanni avrebbe
desiderato potervi entrare per curare il suo Maestro: non lo poteva. Obbligato a
restare fuori, si teneva il più possibile vicino alla prigione; faceva tutto
ciò che poteva per Gesù. Fate così con gli agnelli che sono dentro».
La santa Vergine era ben lungi dal dimenticare i superiori.
«Siate molto unite, dice alle due madri attraverso la suora in estasi. Siate
tutt'uno come questo, diceva la novizia alzando un dito, allora tutto andrà
bene. Satana, geloso, farà allora di tutto per disunirvi. Voi, Pastore, regolate
bene il vostro tempo e ne avrete per tutto. Dirigete gli agnelli che lo
domanderanno. Dio ve li ha dati perché ne abbiate cura. Siate come una buona
madre». Avendole la Priora detto che non aveva lumi per dirigere le anime
straordinarie, ebbe questa saggia risposta: «Non temere. Quando una suora viene
a dirti per esempio: Madre mia, durante l'orazione, ho visto la santa Vergine,
ho visto Gesù, essi mi hanno detto la tale e la tale cosa, rispondi a questa
suora: Figlia mia, profitta di ciò che hai visto e sentito, questa grazia deve
portare dei frutti; attraverso i frutti, distinguerai se è una realtà o
un'illusione. Quando la suora dopo che le avete parlato così resta contenta, di
a te stessa: È Gesù certamente; ma se si ritrae triste, di: È Satana».
La Priora pose questa domanda: Se una suora anziana mi domanda
di parlare della sua anima ad una suora più giovane o perfino ad una suora
conversa, posso permetterglielo? «No, le rispose, è una cosa molto pericolosa.
Se questo fa del bene all'una, fa del male all'altra. Tutto ciò non è per
niente necessario; tutto ciò non è che fantasia, e disordine: la Regola e i
Superiori bastano per guidare. Che ognuna resti al suo posto. Quando si agisce
diversamente, lo si fa anzitutto per carità, ma Satana non tarda a servirsene
per insuperbire questa religiosa, così consultata. Guai a lei! Vegliate perché
le suore non siano affatto curiose, perché non si leghino con amicizie
particolari».
La Priora aggiunse: Devo accordare spesso delle mortificazioni
straordinarie? «Pastore, le rispose la novizia in estasi, fa attenzione su
questo punto: gli agnelli sono spesso ingannati a questo proposito; Satana li
spinge a rivolgerti questa domanda per farli in seguito cadere, se non
osservano la Regola. Quando un agnello insiste per avere questo permesso,
guardati dall'accordarglielo; mortifica piuttosto il desiderio di
mortificazione: questo è bene per gli agnelli; è meglio di tutto. Che le suore
osservino la Regola, che vivano nella semplicità e nell'uniformità».
E quando una suora domanda di non comunicarsi, che devo fare?
«Pastore, domanda la ragione; se non può dirtela, attendi il confessore. Ma se
ti risponde: È per timore, perché sono indegna, dille: Figlia mia, comunicati.
Se insiste per non comunicarsi, lasciala senza comunione, perché la sua
obbedienza non è perfetta.
Pastore, abbi cura di far recitare bene il santo ufficio. Se
vedeste gli angeli che cantano con voi! Desiderate cantare come loro? Pensate
che vi aiutano a lodare Dio; questo pensiero vi incoraggerà. Che tutte le
pecorelle stiano al loro posto, che tutte prestino la loro voce».
Parlando di se stessa, diceva a Madre Elia: «Pastorella
ricordati di umiliare il piccolo nulla, di non farci caso. Fatti il cuore duro,
fatti il cuore duro». Ed a tutte le suore: «Agnellini, abbiate sempre l'aria di
non tenerne conto; trattatela come l'ultima; non la guardate neppure. Non la
disprezzate troppo tuttavia, perché Satana potrebbe approfittarne per
persuaderla che non ha la vocazione: amatela nel vostro cuore, senza
testimoniarle esteriormente né stima né disprezzo».
«Agnellini miei, disse lo spirito misterioso che possedeva la
novizia, vi lascerò ben presto; domani sera, a questa stessa ora, me ne andrò;
vi vedrò tuttavia
sempre senza che voi mi vediate; sarò accanto a voi. Vedrò,
vedrò il ramo che porterà più frutti per Gesù. Non potrò sempre avvertirvi come
ora: siate fedeli». Angioletto, gli domandarono le suore, quando ci accadrà di
dimenticarcene, ci avvertirai con qualche buona ispirazione? «Sì, sì, rispose,
voi la sentirete nel cuore». Caro angelo, resta ancora con noi, ti amiamo
tanto! ci istruisci così bene, resta almeno un giorno in più! «Vi attacchereste
troppo a me, rispose sorridendo; mi amereste troppo: il cuore deve essere
interamente per Gesù». No, no, angioletto, non ti amiamo troppo; ci fai amare
Gesù. Resta un giorno in più. «II tempo è stabilito: un giorno per ogni dieci».
Intendeva parlare dei quaranta giorni della possessione del demonio e dei
quattro giorni della sua possessione. Dicci il tuo nome. «Domani, io ve lo dirò
prima di andare via. Agnellini, fate attenzione: conservate sempre la
semplicità, l'umiltà. Ve lo dico: Satana è geloso; lavora più intensamente che
mai, soprattutto le anime religiose. Ora, l'orgoglio è molto sottile; s'insinua
dappertutto, sì, dappertutto, perforo in religione. Ve ne sono molti che cadono
nella illusione, che si credono o vogliono essere qualche cosa. Delle religiose
si affrettano a domandare un direttore, non appena provano un po' di gusto o
qualche consolazione nell'orazione; affermano che non possono farne a meno,
tormentano la Madre fino a che non siano riuscite. Una volta ottenuto il
direttore, non si finisce; non si parla che di sé; non si pensa che a ciò che
gli si deve dire: tutto ciò non è che ricerca; tutto ciò non è la semplicità. Ci
si compiace a sentirsi dire: Figlia mia, il tuo stato è molto straordinario; tu
sei chiamata a grandi cose: hai bisogno di qualcuno che comprenda la tua anima.
Guai al direttore che tiene un simile linguaggio, perché fa crescere l'amor
proprio! la povera religiosa che l'ascolta con ciò si perde 3 facilmente.
Numerosi sono i sacerdoti che, senza saperlo e senza volerlo, contribuiscono
alla perdita delle anime, invece di essere per loro un soccorso, perché credono
a tutto ciò che esse dicono loro, non avendo la minima idea che tutto ciò non è
che illusione, immaginazione. Un direttore che fa vedere di dare importanza a
cose straordinarie, non è condotto dallo spirito di Dio, ma da quello di
Satana; egli assolve presso le anime l'ufficio del demonio, perché le aiuta a
cadere.
Agnellini, Satana si trasformerà in Angelo di luce: con un po'
di attenzione, voi lo riconoscerete sempre, perché cercherà, con le sue lodi, di
ispirarvi orgoglio. Umiliatevi, dite: lo non sono che niente, non merito alcuna
grazia, ed egli se ne andrà.
Agnellini, vengo ancora a ripetervi come voi dovete agire con
il piccolo nulla. Non abbiate l'aria di farne caso, non testimoniategli alcuna
stima; non domandategli di pregare per voi. Controllate la vostra lingua, per
non fargli mai supporre ciò che è accaduto in lei; non fategli mai domande per
sapere ciò che ha provato, sia durante la possessione dei quaranta giorni, sia
durante questi quattro giorni. Appena sarà rinvenuta dall'estasi, non si
ricorderà di niente. Per non dimenticare la grazia di Dio, potete
intrattenervi, nel tempo permesso (le licenze) e perfino durante
la ricreazione, di tutto ciò che ha avuto luogo; solamente,
bisognerà parlarne come di cose che sono accadute in un altra comunità. Che il
piccolo nulla non possa mai credere che si tratta di lei.
Non appena l'estasi sarà finita, dopo un istante di gioia, la
tristezza comincerà per la novizia; il demonio, per tre anni, assillerà la sua
immaginazione. Soffrirà al di là di tutto ciò che si possa concepire; un'altra
persona, che avesse le stesse prove, diventerebbe pazza. Satana farà di tutto
per buttarla nella disperazione; non vedrà in sé che peccati, si riterrà
colpevole di tutti i delitti del mondo. Il demonio tenterà di farla uscire; non
si giudicherà degna di restare con voi. In quei momenti di prova,
incoraggiatela, sempre tenendola nell'umiltà. Bisogna aiutarla a discendere
sempre più profondamente nel suo nulla.
Prima della sua professione, essa osserverà tutta la Regola per
un anno ma vi avverto che non potrà farlo per lungo tempo. Sarà spesso malata;
siate caritatevoli con lei, come con le altre.
Durante questi tre anni di prova, sarà spesso triste, piangerà.
Fate finta di non accorgervene, questo non vi riguarda; non siete incaricate di
consolarla: lo devono fare le Madri e ciò basta. Soltanto, che esse non la
lusinghino, assolvendo questo compito caritatevole; santi più di lei sono
caduti.
Commetterà degli errori; Dio lo permetterà, perché è il tempo
della prova ed anche affinché, più tardi, Satana non abbia presa su di lei con
l'orgoglio. Più tardi, effettivamente, farà grandi cose; sarà quasi sempre in
estasi; si solleverà perfino nell'aria. Ma, ritornata in sé, avrà sempre il
ricordo delle sue imperfezioni per tenerla nell'umiltà. Durante i suoi
rapimenti, godrà; dopo l'estasi, soffrirà per la vista dei peccati del mondo,
per la visione della perdita delle anime. Il piccolo nulla è una vittima; come
vittima, deve sempre soffrire.
Agnellini miei, siate fedeli, siate fedeli; avete visto cose
che la stessa santa Madre non ha visto. Se voi non siete fedeli, Satana
danzerà; sarà così contento di una vostra colpa leggera quanto di un peccato
grave di un'altra anima.
Agnellini miei, fra un istante, andrò via. Quando sarò sul
punto di andarmene, vi farò segno di uscire; voi spingerete il letto contro il
muro; la sua maestra e l'infermiera resteranno sole con la novizia; crederà,
ritornando in sé, che è stata a lungo ammalata».
Le suore profittarono di quest' ultimi istanti per porre
all'angelo diverse domande su diversi punti dell'osservanza: egli rispose a
tutto con tanta saggezza, quanta amabilità. Non dimenticarono di ricordargli la
sua promessa di dire il suo nome, prima di andar via. Rispose, con un ineffabile
sorriso: Sono lo spirito di Maria; sono l'angelo di Maria. Una leggera
commozione pervase il corpo di suor Maria di Gesù Crocifisso: l'angelo se ne era
andato. Tutta la comunità uscì dall'infermeria, ad eccezione di -Madre Elia e
dell'infermiera.
CAPITOLO IX
Dopo la partenza dell'angelo - Serie continua di prove e di
grazie Gesù e la "Piccola"
La novizia esclamò uscendo dal rapimento: «Vengo da una grande
gioia. Dove ero?». Ben presto la tristezza si impadronì della sua anima;
trascorse tutta la notte in spaventosi dolori; provava una sete bruciante che
non si poteva appagare, vomitava continuamente. Vedendo che il suo stomaco non
poteva trattenere niente, fece benedire la bevanda dalla Priora. Questa
benedizione fermò il vomito, le fece gridare: « O fede quanto sei grande!». A
diverse riprese, domandò di confessarsi, sia durante la notte, sia l'indomani:
«Vede, diceva alla sua Maestra, quanto è grande la mia miseria. Tutta la notte,
non avevo altro pensiero che quello di volere tre brocche d'acqua per poter
spegnere la mia sete. Invece di pensare a Gesù, pensavo sempre al mio corpo!
Ecco la mia debolezza! Mio Dio, potrò dire che ti amo, quando vedrò il mio corpo
in cenere. Madre mia, mi sembra che sia un anno che non la vedo. Ho passato
tutto questo tempo nel mondo, dove non ho fatto che peccare. O mio Dio, ho
commesso tutti i delitti». Satana, con un permesso divino, la persuadeva,
secondo la profezia dell'angelo, che era colpevole di tutti i peccati della
terra. L'indomani, 9 settembre, ricevette una visita celeste; lo spirito prese
la forma della Madre Elia, come costei poté convincersi ascoltando il racconto
della suora. «Vede, Madre mia, quale è la mia debolezza, le disse la novizia, è
venuta a vedermi durante la ricreazione, mi ha detto: domanda tre uova sode con
del sale e mangiale senza pane. Io non ho ubbidito subito, perché le uova sode
non mi piacciono. Ma siccome l'ubbidienza porta grazia, ho trovato queste uova
eccellenti! Madre mia, quando è venuta a trovarmi, non era come ora; sembrava
molto più graziosa, mi piaceva di più allora. Era così buona, così dolce! Il
vederla faceva amare Gesù, i suoi occhi piangevano, ma il suo viso conservava
sempre la sua dolcezza».
Madre Elia, che non aveva lasciato di fare la ricreazione, le
domandò se si ricordava di ciò che le aveva detto: «Oh! Sì, Madre mia, le
rispose la candida fanciulla, pienamente convinta che fosse stata Madre Elia ad
averla visitata, mi ha detto: Se starai male per altri quindici giorni, sii
contenta, accetta tutto; perché che tu stia male un giorno o quindici, è la
stessa cosa. Accogli bene le prove che Dio ti manderà. Avrai delle tentazioni,
spera in Dio, non temere niente; Gesù ti ama, abbi coraggio. Mi ha abbracciata e
le lacrime scorrevano dai suoi occhi. Oh! Come le sue parole lasciavano la pace,
la gioia, l'amore di Gesù nel cuore! Era così amabile! L'amavo tanto! Lei
adesso non è la stessa».
Quello stesso giorno, poté confessarsi. Scorgendo il sacerdote,
esclamò: «Padre mio, è un anno che non la vedo. Quanto ho peccato! Ho molto
bisogno di confessarmi!». Domandò che la si aiutasse a fare la penitenza,
incapace come era di recitare solo la più piccola preghiera. Ripeteva le
parole, gli atti d'amore che le si suggerivano, come una bambina.
La sola vista del cibo la disgustava. «Considerate la mia
delicatezza, diceva umilmente, devo fare penitenza, e sono così difficile!
Vorrei...»; si fermò, rifiutando persino di esprimere un desiderio su questo
punto. La sua maestra pregò l'infermiera di offrirle un poco di pane bagnato
nell'acqua e nel vino. «Era proprio ciò che sentivo di poter prendere, disse la
novizia accettando con riconoscenza; ho pensato solamente che, se Gesù lo
avesse voluto, avrebbe ispirato ai superiori di presentarmelo, senza che io lo
domandassi».
Allorquando la si lasciava sola un istante, il demonio le
appariva sotto la forma di una suora della comunità, scortata da due demoni neri
che minacciavano di strangolarla. Questa vista la spaventava ma profittava lo
stesso di ciò per umiliarsi. «Non so perché ho tanta paura, diceva, questa suora
è così santa! Io sono così colpevole! Il pensiero della sua virtù mi fa senza
dubbio tremare. Come sarei felice se potessi amare Dio come lo ama lei!».
L' 11 settembre, dopo la Messa, disse alla sua maestra:
«Durante il santo Sacrificio, mi è sembrato di vedere la santa Vergine
splendente di gloria, circondata da angeli più luminosi del sole. La santa
Vergine mi ha benedetto dicendomi Figlia mia, esci prima della fine, io te lo
permetto; lascia questo monastero, tu non hai la vocazione. Nello stesso tempo,
provai turbamento, noia, un grande desiderio di uscire; per orgoglio, non ho
osato domandare il permesso, consideri la mia debolezza. Ho visto tutto ciò
nella mia immaginazione, senza credere che fosse realmente la santa Vergine,
perché non ho sentito alcuna grazia nella mia anima; non provavo che la voglia
di uscire e la disperazione alla vista dei miei peccati».
Durante la ricreazione della sera, si parlò degli angeli
custodi. Le suore le domandarono se amasse il suo: «Io non vedo niente, non so
niente, rispose, desidero Gesù e Maria!». Alla fine della ricreazione, disse
alla sua Maestra, quando furono sole: «Io non ho capito niente di tutto ciò che
si è detto; sono tutta immersa nei miei peccati; non riesco a vedere altre
cose». Satana, lo si vede, era sempre là per tentarla e scoraggiarla; ma la
preghiera insegnata dall'angelo lo scacciava, come pure l'osservare
l'obbedienza.
Il 12 settembre, supplicò di lasciarle praticare la Regola.
Mostrando col dito il pavimento della sua cella, diceva: «Vorrei coricare la mia
natura lì; vorrei annien-
tare questo corpo, più l'ascolto, più sono malata. Trattatemi
come le altre, trovo molto buono ciò che si serve per tutte; quello che è
particolare, lo trovo cattivo, mi fa male. È una grazia poter fare come le
altre».
Rispose a Madre Elia, che l'interrogava sulle sue disposizioni:
«Sono agitata nel corpo e nell'anima, sono come una bambina che cerca suo padre
e sua madre senza poterli trovare» e piangeva; «voglio Gesù, aggiungeva, non
voglio che Gesù, ma è troppo lontano da me, non posso raggiungerlo, ho troppo
peccato..Vorrei essere abbandonata tra le mani degli uomini per soddisfare con
la mia morte alla giustizia divina, per ottenere misericordia. Ho offeso Dio,
questo Dio così buono che mi ha creata e posta sulla terra per amarlo e
servirlo. Nessuna speranza per me! Voglio tuttavia sperare, malgrado tutto.
Vedo sempre la mia tomba aperta, tutto passa! Il cielo o
l'inferno durano per sempre! Ho tanto peccato, niente ho fatto per Dio! Non ho
bisogno che di lui, ed è lontano! I miei peccati lo hanno costretto ad
allontanarsi. Gesù non abbandona mai per primo. Sono triste ed annoiata senza
Gesù; tutto mi secca lontano da lui. Vorrei esser sola in silenzio, parlare di
me, perfino in direzione, mi infastidisce; ma non voglio seguire la mia natura.
La volontà di Dio in tutto! Non ho bisogno che di Dio».
Trovandosi lo stesso giorno nel coro, si mise in spirito ai
piedi della croce. Le sembrava di respirare il profumo del sangue di Gesù
uscente dalle sue piaghe aperte. Il Salvatore soffermò il suo sguardo su di lei
e disse: Spera!. L'indomani, riferendo alla sua Maestra questa visione, le
diceva con un viso raggiante rivolto verso il cielo: «Bel cielo, spero di
vedere mio padre, mia madre, i miei amatissimi fratelli! I miei nemici andranno
in fondo agli abissi. Gesù tuttavia non mi ha detto Ti perdono!, mi ha detto
Spera! Non ho alcuna consolazione, ma il mio cuore spera. lo spero, io spero,
io spero».
Dal 10 al 15 settembre, Satana, a più riprese, assunse la forma
dei santi per tentarla e renderla disperata, per dirle che era destinata
all'inferno, che doveva lasciare il convento; ma lei scoprì sempre le sue
astuzie e lo cacciò col segno di croce. Satana la tentò insinuandole di
sposarsi; ella formulò questa sublime risposta «Tutte le mie gioie, tutte le
mie speranze, tutti i miei figli sono le umiliazioni, il disprezzo e le
sofferenze».
Durante questi giorni di prova, domandò, convinta della sua
indegnità, di non comunicarsi; ma poi obbedi, malgrado le sue ripugnanze. Un
giorno in cui la tentazione era più forte, scongiurò la sua Maestra di non
obbligarla a fare la comunione. Madre Elia, per tutta risposta, posò la sua
mano sulla testa della novizia, dicendole: se hai fede, obbedisci. «Si, Madre
mia», riprese subito lei. Dopo il ringraziamento, disse alla sua Maestra «Madre
mia, Gesù mi ha dato un poco di speranza per ricompensare la mia obbedienza.
Dietro di me, ho visto come un grande mare nero, pieno di grosse bestie nere,
di serpenti. Davanti a me, ho visto un lungo sentiero; alla fine di esso, Gesù
come nascosto; tutta la strada era coperta di grosse pietre che rendevano il
cammino molto difficile. Occorre molto coraggio e buona volontà per camminarvi.
Andando avanti si trovano meno pietre. Il grande mare e le bestie si trovano
sempre dietro, vicino alle persone che procedono sempre più fino alla fine
della strada. Ho visto molte persone che camminavano con ardore. Quando si
arriva vicino a Gesù, la strada diviene dolce; il grande mare nero si cambia in
un mare di luce, e, al posto delle bestie, si vedono gli angeli.
A sinistra del grande mare ho visto un piccolo lago la cui
acqua non era nerissima: c'erano anche delle bestie, ma piccole; accanto, si
trovano i piaceri. Le persone che restano lì, sprofondano nel lago, che diventa
tutto nero; le bestie crescono, divorano l'anima e la fanno cadere
nell'inferno. Vedi,, figlia mia, mi ha detto Gesù, con l'obbedienza camminerai
nella strada che conduce a me; il grande mare, sono i peccati gravi; coloro che
vengono a me, perdono questi peccati e io regalo loro il cielo, mentre altri
meno colpevoli, se restano nel lago, figura del mondo e della natura, finiscono
per cadere nell'inferno».
Un altro giorno, diceva alla sua maestra: «Vedo con
l'immaginazione una piccola come me, anzi ancora più piccola. La santa Vergine
la tiene per mano e la dà a Gesù. Gesù l'offre a suo Padre, che la prende nelle
sue braccia e le fa mille carezze. Vedendo questa piccola così amata dal buon
Dio, dissi: Se non avessi tanto peccato, sarei, come lei, la fidanzata di Gesù.
Oh! quanto sono triste! Non che io mi dispiaccia per le consolazioni gustate da
quella piccola; ma Dio mi ha creata per amarlo e servirlo, ed io, ingrata, ho
offeso questo Dio così buono!».
Almeno, le domandò Madre Elia, conservi il ricordo delle grazie
di Dio?'9«Sì, certo, rispose lei, come dimenticare la grazia del battesimo e
quella di essere stata nutrita e protetta da Dio, io, povera orfana, per fare di
me una figlia del Carmelo? E ancora il buon Dio permette che mi si custodisca
qui, me, povera, ignorante e sempre malata. Oh! quante grazie Dio mi ha fatto!
ed io come ho potuto offenderlo tanto? Tuttavia la vista di questa bambina, che
mi rassomiglia, che Maria offre a Gesù, e Gesù a suo Padre, mi dà speranza».
Tutto a un tratto, la sua figura si animò; elevò le mani e gli occhi al cielo, e
dalla sua bocca venne fuori questa preghiera, che così spesso ripeterà in
seguito: «Mio buon angelo, offrimi a mia Madre! Madre mia, offrimi a Gesù! Abbia
pietà di questa peccatrice! Dammi a Gesù! Gesù, offrimi a mio Padre! Padre
giusto, io mi getto ai Tuoi piedi; ho molto peccato, ma tu sei buono! Hai tutto
creato in cielo e sulla terra, con amore, per noi! E io, ingrata, ti ho tanto
offeso, o Padre mio! Padre santo, ho fame, tu sei il mio nutrimento! Ho sete, tu
sei il mio refrigerio. Sei la mia vita, la mia forza, la mia luce! Sei
infinitamente buono, infinitamente grande e noi non ti pensiamo! Davanti ai
grandi della terra, noi tremiamo. E te, mio Dio, non ti conosciamo abbastanza;
osiamo dimenticarti, offenderti! Mio Dio, abbi pietà di me, di me, così
orgogliosa, di me, letame gonfiato, abbi pietà di me! Chi è simile a te? Spero
che mi userai misericordia! Mio Dio, mille volte morire, piuttosto che
offenderti! Non sono degna di essere con te in cielo; sarò contenta di restare
alla porta; almeno, da lì, potrò vederti, te, mia vita, mia speranza, mio
tutto! Se tu mi vuoi all'inferno, io andrò per compiere la tua volontà; lascia
che ti veda almeno una volta, e dappertutto e sempre ti benedirò, in inferno o
in Paradiso».
Ecco la visione che ebbe, il 18 settembre, durante l'orazione:
«Ho visto, diceva, un roseto in un luogo oscuro, privo di luce e di calore. Sul
roseto, ho visto un'anima. Il roseto era coperto di boccioli di rose appassite,
si era in una notte profonda. Di frammezzo al roseto, l'anima alzò la voce verso
il cielo, diceva: O sole di giustizia, vieni a rischiararmi! Fa' scendere su di
me il tuo calore! Vieni a sciogliere questo gelo che mi penetra! Vieni, Gesù,
sole di giustizia! Vieni a far fiorire queste rose per tua gloria! Dopo che
l'anima ebbe così pregato, ho visto la luce e il calore scendere su questo
roseto: i boccioli si sono aperti, le rose sbocciate, e il loro profumo ha reso
lieto il mondo. Ho pensato allora di ripetere questa preghiera, non per essere
come questo roseto (io non sono che letame), ma per attirare il Sole di
giustizia sulla mia anima appassita e gelida per il peccato: questa preghiera mi
ha dato la speranza». Ed aggiungeva, con incantevole candore: «Posso farlo? Non
voglio dare importanza ai miei pensieri, io conservo solo ciò che mi immerge
nell'amore di Gesù e nel disprezzo di me stessa».
Il 20 settembre, fu tentata di non comunicarsi, perché si
vedeva coperta di peccati; ma, sempre obbediente lo fece malgrado le sue
ripugnanze. Dopo la comunione, vide davanti a sé come una cavità coperta di
fiori; al disotto c'era un abisso e lei aveva un piede sull'orlo di questa
cavità. Nello stesso tempo, sentì una voce che le disse, dandole un filo: Questo
filo è l'obbedienza; la tua volontà è attratta verso questa cavità coperta di
rose; questi fiori sono l'immagine dei piaceri, delle fantasie, esse sono marce
nella parte inferiore. Se tu avanzi il piede, cadi; segui il filo
dell'obbedienza ed entrerai nel cammino che conduce a Gesù. « O Madre mia,
diceva lei raccontando questa visione, come è buono Gesù! Quanto voglio amare
sempre l'obbedienza! Oh! Obbedienza, ti amo, ti voglio seguire; non ho più
voglia di andarmene. Ne avevo un così grande desiderio durante la Messa, per non
dover più obbedire, soprattutto per non dovermi comunicare con delle
disposizioni così cattive! Con una simile comunione mi sembrava essere
l'inferno. Quanto sono cieca! Grazie, mio Dio, di avermi illuminata». Durante
la notte, Satana tentò di farla uscire, parlandole sotto la forma di santa
Teresa; la suora invocò Maria e il demonio fu vinto.
L'indomani una celeste apparizione venne a visitarla sotto la
forma di Madre Elia. Ecco come lo si seppe.
Vedendo entrare la suora infermiera nella sua cella, la novizia
disse tutta contenta «Madre Elia è uscita or ora»; e, mostrandole un lavoro ad
ago, aggiunse «Madre Elia ha fatto questo cucito per insegnarmi a lavorare
bene». L'infermiera si affrettò ad informare Madre Elia di ciò che aveva
appreso; questa si recò dalla novizia per conoscere la verità sul fatto, visto
che lei non aveva visitato suor Maria quel giorno. La pregò, senza altro
preambolo, di ripeterle ciò che aveva detto. La malata, sorpresa, credette che
la sua maestra l'interrogasse così per provarla; le rispose ingenuamente che non
se ne ricordava più. Ebbene, riprese Madre Elia, facciamo una preghiera al tuo
angelo custode, affinché ti ottenga di ricordartelo. Finita la preghiera, la
novizia le disse: «Quando è venuta questa mattina, le ho comunicato le mie
impressioni sulla comunione. Ma perché ridirle adesso?» Per farti praticare
l'obbedienza, rispose Madre Elia. «Ebbene, riprese subito suor Maria, avevo
visto, dopo la comunione, una bambina come me, vestita come me e che mi
rassomigliava perfettamente; era solo molto più piccola di me. Gesù la teneva
nelle sue braccia, sembrava la amasse molto. Ero gelosa di questa bambina e ho
detto a Gesù: questa piccola è felice, tu l'ami tanto! Sì, io l'amo, mi ha
risposto Gesù, vedi come la tengo nelle mie braccia, ma lei non lo sa. Ed io ho
detto a Gesù: ma ella è nelle tue braccia! Ah! se fossi al suo posto, ti
assicuro che lo sentirei e quanto sarei felice. O piccola, prega per me che non
sono che peccato. Tu sei pura, ed io non sono che letame. Questa piccola non mi
vedeva. Non guardava che Gesù, e anche Gesù la guardava sempre. La sua vista mi
diede tuttavia un po' di speranza. Osai dire a Gesù: o Gesù, tu sei venuto per i
peccatori. Io non sarò mai come questa piccola ma infine voglio sperare. Le ho
detto tutto ciò questa mattina, Madre mia, e lei ha pianto perché mi ama;
anch'io sentivo che lei mi ama; era più amabile di adesso. Usciva da "lei" un
profumo che arrecava la grazia nella mia anima. Perché non posso sentire, in
questo momento, questa stessa grazia? Mi ha detto piangendo: abbi fiducia,
bambina mia; la Vergine santa ti ama, è con te; ti guarda, ma tu non la vedi;
sii molto obbediente. Mi ha dato speranza, conto sulla misericordia di Dio così
buono, così amabile! Chi è come Dio?».
La notte, diceva con una voce commovente: «Santa Vergine, Madre
mia, mi getto ai tuoi piedi; ho molto peccato, ma ti cerco, Madre amata. Cerco
anche Gesù; ma tu ti nascondi, come pure Gesù. O Madre mia, abbi pietà di questo
piccolo nulla! O Gesù, perdonami; non voglio più offenderti, abbi pietà di
questa povera orfana! Tu non sei venuto per niente sulla terra, non sei venuto
per i giusti; sei venuto per salvare i peccatori! lo non ho più Gesù; sono un
piccolo nulla abbandonato. Dio mio, Dio mio, misericordia! Tu sei infinitamente
buono, spero in te!».
Le tenebre interiori diventavano sempre più fitte, nella sua
anima; non si credeva degna che dell'inferno; fu per pura obbedienza che si
comunicò l'indomani. Rivide nelle braccia di Gesù la stessa bambina, la quale
non sembrava avere che tre anni, sebbene le rassomigliasse in tutto. Amo questa
bambina, le diceva il Signore, perché è piccola; i grandi non saranno con me.
Queste parole del Salvatore contristarono la novizia: «Come fare, diceva a
Madre Elia. Il buon Dio non ama che i piccoli, ed eccomi grande; non posso
tagliarmi per farmi piccola». La sua Maestra le fece comprendere che Gesù aveva
voluto parlare dell'infanzia spirituale, la quale non è altro che l'umiltà;
questa spiegazione consolò il suo cuore dissipando la sua pena.
Il 23 settembre, Satana si presentò di persona per venirla a
tentare. Se un re potente e un esercito nemico venissero a piombare su di te,
le disse, che cosa faresti? «Offrirei di tutto cuore queste prove a Gesù». E se
si volesse distruggere la tua verginità? «Io mi getterei dalla finestra. O
felicità di sacrificare la propria vita per Gesù! Vorrei morire martire». Esci
da qui, dove si deve sempre obbedire, dove non si può mai seguire la propria
volontà; ritirati in un deserto, potrai meglio servire il tuo Dio, contemplerai
la creazione. «Mi piace contemplare la creazione nel nostro giardino. Obbedire è
per me volontà di Dio». Verrà nell'Ordine, una grande santa, conoscerà tutti i
tuoi peccati e ti farà mandare via. «Se è santa, avrà una grande carità; spero
che avrà pietà di me».
Satana andò via furioso; la novizia ringraziò il Signore
dicendo «La grazia di Dio mi ha fatto vincere il demonio, da sola, non posso
niente».
Satana ritornò presto alla carica e le disse Tu non amerai mai
Gesù. «È vero, rispose lei, che non amo Gesù come dovrei e come merita, ma
voglio amarlo. Vattene, Satana, io almeno non ho il desiderio di amare te, per
te nient'altro che disprezzo!». Tu sarai causa dell'uscita di tale suora. «Amo
questa suora, prego per lei, se esce non ne risponderò; quanto a me, non voglio
uscire». Ma tu sei sempre malata. «Non amo il mio corpo, vorrei vederlo ridotto
in cenere». Tu sarai con me. «Con te, Satana? Tanto meglio, ti odierò un po' di
più, cercherò Gesù un poco di più: vorrei vederti sempre come ora, perché non
dimenticherei mai Gesù». Il demonio se ne andò.
Le si domandò un giorno se fosse tentata di orgoglio; questa
domanda parve sorprenderla. «Eh che! lei rispose, un letamaio come me potrebbe
avere orgoglio? Oh no!». Ne hai più di quanto non credi, replicò la sua Maestra;
più se ne ha, meno si pensa di averne. «Lo credo, visto che me lo dice lei,
riprese umilmente, ma ho tanto peccato! Non sono che peccato! Che cosa potrebbe
fare inorgoglire, me, povera ignorante, sempre malata e senza virtù, che non sa
né leggere, né parlare? Che 'posto c'è in tutto ciò per l'orgoglio?».
L'indomani, per mantenerla nell'umiltà, Dio le mostrò gli
angeli custodi delle suore sotto le vesti di graziosi bambini, mentre, accanto a
lei, vide un grande demonio nero, con un bastone in mano. Questo contrasto
dapprima la spaventò, ma colse subito la lezione che il Signore voleva darle.
«Questo demonio, disse, è la mia immagine; esso è grande: ecco il mio orgoglio;
esso è nero: ecco i miei peccati. Mio Dio, abbiate pietà di me!». Domandò il
permesso di raccontare davanti a tutte le suore ciò che aveva visto, e le
scongiurò di pregare per lei, per ottenerle un po' di umiltà.
Una nuova lotta si ingaggiò tra il demonio e la novizia: Ti sei
riposata, le disse Satana, invece di lavorare. «Sì, mi sono coricata, rispose
lei, per obbedienza; preferisco più di tutto obbedire». Tu ti sei pettinata.
«Sì, mi sono pettinata per decoro. Gesù ama il decoro, io l'ho fatto per Gesù e
non per te: tu sei sporco, vattene! Io offro tutto a Gesù. Se non avessi offerto
tutto a Gesù, il resto sarebbe per te, ma io ho offerto tutto. Oh! quanto
l'obbedienza è buona: è mio fratello; l'umiltà, è mia madre; la semplicità, è
mio padre. L'obbedienza è Gesù; l'umiltà è Maria; la semplicità è Giuseppe,
ecco i miei modelli. Satana, angelo decaduto, ti disprezzo!». Ecco la mia
grandezza, le mie ricchezze; io le do a quelli che mi seguono, sono re. «Tu, re!
Gesù solo è il mio re; preferisco essere povera con Gesù. Tieniti il tuo regno,
le tue belle campagne, i tuoi polli, il tuo grande arrosto, preferisco il pane
secco con Gesù. Ti disprezzo come una carta straccia. Dici che mi dai delle
noci? Vuoi conoscere le mie noci? Le mie noci è sospirare dietro Gesù. E ti sto
per dire quale è il mio pane: è Gesù; è la sofferenza di ogni istante, è
l'amore: ecco il mio pane, ecco la mia bevanda. Io disprezzo la tua bevanda, la
tua acqua zuccherata, la tua acqua odorosa. Ho sete di anime, del calice della
sofferenza: questa è la mia bevanda. Tieni per te i tuoi piaceri, le tue
ricchezze, i tuoi regni, preferisco la povertà. Tu dici che io diverrò cieca?
Tanto meglio: la cecità mi farà andare da Gesù. Gesù sarà la mia luce;
l'obbedienza sarà la mia luce. Felici gli occhi sempre chiusi! Gesù sarà la loro
luce. Tutto passa sulla terra. Se quaggiù io fossi sempre nelle tenebre e nella
sofferenza, nel cielo gioirò sempre con mio Padre».
È così che la novizia trionfava sempre sugli assalti di
Satana.
Durante la recita dell'ufficio dei morti, sembrò un giorno
molto felice. Raccontava che le sembrava di vedere, le povere anime del
Purgatorio come tante piante inaridite; la preghiera delle suore cadeva su di
loro, come la rugiada dal cielo, rendeva loro la freschezza e la vita.
Nei rapporti di suor Maria di Gesù Crocifisso con Dio, quello
che dominava era lo spirito di infanzia. Esprimeva un giorno in modo incantevole
questo stato della sua anima. «Io sono, con il buon Dio, diceva, come un bambino
con suo padre. Se il padre è ricco, il bambino reclama sempre nuovi alimenti,
abiti nuovi sempre più belli; egli ama cambiare tutti i giorni. lo sono così con
il Padre mio del cielo, così ricco. Non conservo niente di ciò che mi dà ogni
giorno, gli restituisco tutto. Gli dico: Padre amato, tua figlia è povera, non
ha niente; ma tutto ciò che è tuo mi appartiene. Dammi qualche cosa per oggi,
dammi la tua parola: quanto è dolce! Dammi il tuo amore, perdona i miei
peccati».
Ascoltiamo gli eccellenti consigli che ella dava un altro
giorno in estasi: «All'inizio della vostra orazione, riconoscete la vostra
debolezza, la vostra povertà. Andate da Gesù, domandate di illuminarvi, di
attirarvi, in ogni cosa diffidate di voi stessi; temete prima di tutto le vostre
azioni. Pensate a Gesù, unitevi a Lui. Prima della preghiera, prima del lavoro,
unitevi al suo spirito quando era sulla terra. Pensate all'amore del Padre che
vi ha dato Suo figlio per prendere la vostra forma; non è venuto come un angelo,
né come un Dio, ma è venuto nella vostra forma per essere vostro modello in
tutto.
Praticate l'umiltà: avrete la luce. Praticate l'obbedienza:
possederete la via. Praticate la carità, diventerete puri. Praticate la
pazienza, la dolcezza, avrete qualche cosa da offrire a Gesù. Prima di ogni
azione, invocate la luce, la grazia dello Spirito Santo. Dite: Mio Dio, abbi
pietà di me; vieni in mio aiuto! Gesù non è rimasto che trentatré anni sulla
terra per insegnarci a profittare del tempo, a lavorare per l'eternità. La terra
deve essere resa alla terra, le vostre opere sussisteranno. Se voi avete
lavorato per Gesù, andrete in Cielo con Dio a godere tutta un'eternità. Vedete
se potete misurare l'eternità, pensateci. Siate umili, piccolissime quaggiù.
Felice l'anima che cerca sempre di essere niente, di essere l'ultima
dappertutto! In cielo sarà la prima.
Se fate qualche volta degli errori, non scoraggiatevi;
umiliatevi, confessate la vostra debolezza, la vostra miseria; ricorrete sempre
a Dio. Guardatelo sempre, amatelo, pensate a Lui».
Il Vescovo di Bayonne, su richiesta della Priora, aveva
autorizzato Padre Saverio,` carmelitano, ad entrare nella clausura per
esaminare più da vicino lo stato straordinario di quest'anima. La novizia era
rapita in quel momento e versava lacrime. «Piango per i miei peccati, diceva
con una voce commovente; piango per i peccati del mondo. O peccatori, se
conosceste la grandezza di Dio, non pecchereste mai. Aggiunse rivolgendosi al
demonio: Satana, tu rubi le anime a Dio, tu le accechi; tu non puoi donare
niente, tu prendi; tu inganni le anime, tu le perdi; esse abbandonano Dio per
seguirti. Tu prendi ciò che Dio ha creato, tu non hai niente di tuo. Mostra la
tua grandezza. Bestia villana! Tu dici che io non vedrò mai Dio! Ebbene, io non
ho bisogno di vedere Dio sulla terra; la fede mi basta. Mio Dio! Io non desidero
che tre cose, tre virtù: l'obbedienza, l'umiltà, la semplicità. L'obbedienza, è
Gesù; l'umiltà, è Maria; la semplicità, è Giuseppe». Un linguaggio così pieno
dello Spirito di Dio, non poteva venire che da Dio.
Il giorno della festa di santa Teresa, suor Maria di Gesù
Crocifisso poté seguire tutti gli esercizi della comunità. Domandò di
confessarsi prima della Messa, perché aveva bisogno del permesso del confessore
su un punto. «II sacerdote, disse a questo proposito alla sua Maestra,
rappresenta Dio, è Lui che io ascolterò: parola del sacerdote, parola di Dio per
me. Se il sacerdote mi dice che posso raccontarglielo, lo farò. Nel sacerdote,
io non vedo che Dio; non cerco la scienza del sacerdote, ma la virtù di Dio in
lui».
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