mercoledì 11 luglio 2012

LA VERGINITA’ DELLA MADONNA


LA VERGINITA’ DELLA MADONNA
Sac. Pasquale Casillo - CASA MARIANA 83040 FRIGENTO (AV) Con approvazione ecclesiastica
I
NOZIONI PRELIMINARI

Si dice verde ciò che non è bruciato dal calore, così è detto vergine chi, uomo o donna, non si fa bruciare dal calore della concupiscenza e rinunzia all'esercizio della funzione genitale.
Si può essere vergini fisicamente, cioè nel corpo, quando l'integrità della carne non viene vio­lata da nessun contatto venereo, e lo si può essere moralmente, ossia nell'anima, quando si vive con la precisa intenzione di custodire l'integrità della carne o per un certo periodo o per sempre.
L'essere vergine fisicamente è un fatto fisiolo­gico, che si ha nascendo, si ferma alla sola prospet­tiva naturalistica e si può perdere anche contro la propria volontà: ciò non può dirsi, di per sé, una virtù.
L'essere vergine moralmente comporta una scelta volontaria, cosciente e libera, ed è pertanto una virtù, tanto più elevata quanto più ispirata da motivi migliori. Può essere tanto di chi è in condi­zione di sposarsi, quanto di chi non si trova più in questa condizione. Nel primo caso la verginità è maggiormente radicata in una scelta determinata solo dalla libertà della persona; nel secondo caso la verginità, nonostante la scelta, sotto un certo aspetto meno libera, è pur sempre il frutto di una decisione cosciente e responsabile, e quindi non è meno perfetta dell'altra descritta nel primo caso, e non meno gradita a Dio.
Nella sua interezza quindi l'essere vergine comporta l'integrità dell'anima e del corpo da ogni appetito carnale.
In pratica può accadere che una donna ha perso la propria illibatezza fisica per cause assolu­tamente indipendenti dalla sua volontà (violenza subita, anomalia congenita, rottura dell'imene. per incidente, ecc.): in questa circostanza lei rimane vergine nel senso più puro della parola.
Si può anche verificare che una donna si dà volontariamente all'uomo senza ricevere danno alla propria incolumità anatomica: in questa eve­nienza lei non può affatto dirsi vergine nel senso più essenziale del termine.
Quando è tesa tutta con l'integrità del corpo e dell'anima e solo per Dio, la verginità è virtù cri­stiana.
Essa si può presentare, nei casi concreti della vita, con maggiore o minore integrità.
Ci può essere la verginità ferita da peccati di impurità commessi in pensieri e desideri, ma
restaurata attraverso il pentimento e la penitenza: essa può dire di avere ancora l'essenziale in quanto a purezza e a volontà protesa a mantenersi perpe­tuamente integra per Dio, all'esterno e all'interno.
Ci può essere anche la verginità offesa da pec­cati esterni, anche gravi, ma subito e sinceramente ricostituita almeno nell'orientamento interiore. Se essa è accompagnata dalla necessaria espiazione e dalla determinazione di conservarsi illibata in futuro, può ancora essere chiamata cristiana, anche se in misura non piena.
C'è verginità, nel suo ultimo significato, anche nello stato di casta vedovanza intesa come libera rinuncia a un secondo matrimonio, per darsi a Dio il più possibile.
I motivi addotti per essere vergini possono essere diversi: perché si vuol vivere comodamente, perché non c'è stata mai l'occasione di sposarsi, perché si è deciso di non sposarsi, perché ci si vuole preparare meglio al matrimonio, perché si rimane in attesa di un segno di Dio che faccia decidere per il matrimonio o per la verginità, perché si è fatta la promessa o il voto di conservarsi puro per amor di Dio dedicandogli l'anima e il corpo, ci siano o non ci siano occasioni di matrimonio.
Il voler vivere comodamente, non legandosi ai vincoli e ai pesi dello stato coniugale, è uno stato di egoismo, e pertanto non di lode.
Il non aver avuto l'occasione di sposarsi può essere una realtà semplicemente involontaria, che però può diventare meritoria se accolta come volere di Dio.
L'avere deciso di non sposarsi può essere ori­ginato da ragioni sociali o economiche, e quindi non avere alcun valore sotto l'aspetto religioso; ma può anche derivare da un motivo religioso, per es. dedicarsi al prossimo bisognoso, e in questa occor­renza è meritorio.
Il volersi mantenere vergine per prepararsi meglio al matrimonio è certamente una lodevole disposizione, però essa è priva della precisa e decisa volontà di consacrare al Signore per sempre l'illiba­tezza del proprio corpo, cioè priva di questo che è il carisma particolare della verginità intesa in senso cristiano.
Il conservarsi vergine nell'attesa di un segno di Dio che faccia decidere per il matrimonio o per la verginità rivela un sentimento di verginità che è profondo ed è indubbiamente apprezzabile, anche se poi avrà come risultato l'invito al matrimonio. L'aver fatto la promessa o il voto di conser­varsi puro per dedicarsi tutto, anima e corpo, e solo a Dio, è la situazione ottima, degna della mas­sima lode.
Quest'ultima situazione è stata precisamente quella della Madonna, che è stata vergine fisica­mente e moralmente, con la massima illibatezza, in tutto il corso della sua vita, quindi vergine nella mente, per avere mantenuto ininterrottamente la decisione della verginità; vergine nei sensi, per essere stata immune dagli impulsi della concupi­scenza in tutte le vicende della vita; vergine nel corpo, per avere limpidamente conservato l'inte­grità fisica prima del parto, durante il parto e dopo il parto.
In Lei risplendono più luminosi i due elementi che costituiscono la verginità: quello fisico e quello spirituale. Ci proponiamo di studiarla e di ammi­rarla nell'uno e nell'altro elemento, sulla scorta delle affermazioni definite dal Magistero della Chiesa in base alla Sacra Scrittura, alla Tradizione e alla Ragione.

Il Magistero della Chiesa

Si chiama Magistero della Chiesa il complesso degli insegnamenti dati dal Papa e dai Vescovi uniti a lui su una verità di fede, che i cristiani devono credere, o su un comportamento di vita nella morale e nella disciplina, che i cristiani devono osservare.
Esso può essere ordinario o straordinario: ordinario, quando si esprime nel concorde insegna­mento dell'episcopato unito al Papa, e comporta gradazioni diverse nella obbligatorietà della dot­trina insegnata; straordinario, quando si concreta nelle definizioni dogmatiche del Papa e dei Vescovi in Concilio (ecumenico, nazionale, regionale, dio­cesano) uniti al Papa e richiede la piena adesione, interna ed esterna, dei cristiani.
Il Magistero Ecclesiastico suole seguire due metodi, che possono dirsi positivo e negativo: il positivo consiste nell'insegnamento diretto della verità, ed è più frequente; il negativo sta nell'indi­care come inaccettabili certe dottrine, che la Chiesa suole condensare in brevi proposizioni, a ciascuna delle quali appone una qualifica per indicarne la maggiore o minore opposizione alla dottrina catto­lica (eretica, sospetta, scandalosa ecc.).
Il Magistero della Chiesa è infallibile. «Di que­sta infallibilità il Romano Pontefice, capo del col­legio dei Vescovi, fruisce in virtù del suo ufficio quando, quale supremo pastore e dottore di tutti i fedeli che conferma nella fede i suoi fratelli, sanci­sce con atto definitivo una dottrina riguardante la fede e la morale. Perciò le sue definizioni giusta­mente sono dette irreformabili per se stesse, e non per il consenso della Chiesa, essendo esse pronun­ziate con l'assistenza dello Spirito Santo, promessa nella persona del beato Pietro, per cui non abbiso­gnano di alcuna approvazione di altri, né ammet­tono appello ad altro giudizio, perché allora il Romano Pontefice pronunzia sentenza, non come persona privata, ma quale supremo maestro della Chiesa universale, singolarmente insignito del carisma dell'infallibilità della stessa Chiesa...» (Vati­cano II, Lumen gentium, 25).
Riguardo ai Vescovi, «quantunque i singoli vescovi non godano della prerogativa dell'infallibi­lità, quando tuttavia, anche dispersi per il mondo, ma conservanti il vincolo della comunione tra di loro e con il successore di Pietro, nel loro insegna­mento autentico circa materie di fede e morale con­vengono su una sentenza da ritenersi come defini­tiva, enunziano infallibilmente la dottrina di Cristo. Il che è ancora più manifesto quando, radu­nati in concilio ecumenico, sono per tutta la Chiesa dottori e giudici della fede e della morale...» (Lumen gentium, 25).
Il Magistero dei Papi e dei Vescovi si avvale, dicevamo, della Sacra Scrittura, della Tradizione e della Ragione.
La Sacra Scrittura è la Parola di Dio, degna della massima venerazione perché autentica, infal­libile, sovrana. «Il Magistero però non è superiore alla Parola di Dio, ma ad essa serve, insegnando soltanto ciò che è stato trasmesso, in quanto, per divino mandato e con l'assistenza dello, Spirito Santo, piamente ascolta, santamente custodisce e fedelmente espone quella Parola, e da questo unico deposito della Fede attinge ciò che propone a cre­dere come rivelato da Dio» (Vaticano II, Dei Ver­bum, 10).
Per Tradizione, in senso largo, si intende ogni dottrina o istituzione o pratica trasmessaci sin dai primi tempi della Chiesa con un mezzo diverso da quello della Sacra Scrittura, sebbene quella possa esserci stata trasmessa anche da questa; in senso stretto, si intende ogni dottrina, istituzione o pra­tica non contenuta nella Sacra Scrittura e giunta fino a noi sin dall'inizio della Chiesa unicamente per via diversa da quella della Sacra Scrittura.
Ora questa Tradizione di origine apostolica «trasmette integralmente la Parola di Dio, affidata da Cristo Signore e dallo Spirito Santo agli Apo­stoli e ai loro successori...» e «... progredisce nella Chiesa con l'assistenza dello Spirito Santo: cresce infatti la comprensione tanto delle verità quanto delle parole trasmesse, sia con la meditazione e lo studio dei credenti che le considerano in cuor loro, sia con la più profonda intelligenza, data dall'espe­rienza delle realtà spirituali, sia per la predicazione di coloro i quali con la successione episcopale hanno ricevuto un carisma sicuro di verità» (Dei Verbum, 8).
«È chiaro dunque che la Sacra Tradizione, la Sacra Scrittura e il Magistero della Chiesa, per sapientissima disposizione di Dio, sono tra loro tal­mente connessi e congiunti da non potere sussistere indipendentemente; e tutti insieme, secondo il pro­prio modo, sotto l'azione di un solo Spirito Santo, contribuiscono efficacemente alla salvezza delle anime» (Dei Verbum, 10).
Infine la Ragione, riflesso della luce di Dio, indica a livello di logica puramente naturale che non c'è nessuna impossibilità nella verità sopran­naturale, anzi indica che questa presenta tali con­notati che può e deve essere creduta. È tutt'altro che inutile anche in questo campo della verginità della Madonna, perché vi si dimostra «più chiara­mente come Fede e Ragione si incontrino nell'u­nica verità» (Vaticano II, Gravissimum educatio­nis, 10).

II
LA VERGINITA’ DEL CORPO
La verginità del corpo della Madonna si è espressa prima del parto, durante il parto e dopo il parto.
Consideriamo ora la verginità prima del parto, cioè prima che Maria SS.ma desse alla luce Gesù.
A) Lo facciamo partendo dalle affermazioni del Magistero della Chiesa, che citiamo solo in parte per evitare inutili ripetizioni.
Tra il 336 e il 384 Papa San Damaso I, con­dannando i macedoniani che negavano la divinità dello Spirito Santo e gli apollinaristi che negavano la pienezza della natura umana in Cristo, riaffermò ripetutamente che Gesù «fu concepito per opera dello Spirito Santo e nacque da Maria Vergine».
Nel 449 Papa San Leone I Magno, Dottore della Chiesa, in uno scritto dogmatico diretto al patriarca di Costantinopoli San Flaviano, dichiarò: «Gesù venne concepito per opera dello Spirito Santo nel grembo della vergine Madre che lo diede alla luce conservando la propria verginità, come la propria verginità aveva conservata nel concepirlo».
Nel 451 il Concilio Ecumenico di Calcedonia (Asia Minore), nel condannare gli eutichiani che sostenevano essere in Cristo una sola natura, quella divina, ribadì che Cristo era anche uomo essendo «nato da Maria Vergine» e aveva quindi anche la natura umana.
Prima del 601 il Concilio di Braga (Portogallo) riaffermò nel terzo canone che «Gesù è nato da una Vergine».
Nel 634 Papa Onorio I dichiarò nella Lettera «Scripta fraternitatis»: «Cristo è stato concepito senza peccato, per virtù dello Spirito Santo».
Nel 649 Papa San Martino I nel Concilio Late­ranense riaffermò solennemente, al terzo canone: «Se qualcuno, insieme con i Santi Padri, non con­fessa che la Santa Vergine... concepì propriamente e veramente di Spirito Santo, senza la cooperazione dell'uomo... sia condannato».
Nel 793 Papa Adriano I nella Lettera «Si tamen» dichiarò che «il Verbo prese la condizione di forma umana dalla Vergine».
Tra il 1198 e il 1216 Papa Innocenzo III, nella professione di fede comandata ai valdesi che pre­tendevano di riformare la Chiesa, volle che essi riconoscessero «Gesù nato da Maria Vergine».
Nel 441 il Concilio Ecumenico di Firenze, nella riunione della Chiesa greca con la Chiesa latina, nel Decreto «pro Jacobitis», ribadì che Gesù era nato «dall'utero immacolato di Maria Vergine».
Nel 1555 Papa Paolo IV nella Costituzione «Cum quorumdam» condannò decisamente «chi dogmatizzava che la Beatissima Vergine Maria... non restò nell'integrità verginale prima del parto...».
Nel 1690 Papa Alessandro VIII condannò una proposizione dei giansenisti, che dall'offerta fatta da Maria SS.ma nel tempio di Gerusalemme dedu­cevano per lei il bisogno di purificarsi.
Nel 1964 il Concilio Ecumenico Vaticano II nella Costituzione dogmatica «Lumen gentium» ha ribadito che Maria «generò sulla terra lo stesso Figlio di Dio, senza contatto con uomo, ma adom­brata dallo Spirito Santo» (n. 63).
Nel 1968 la Commissione Cardinalizia costi­tuita da Papa Paolo VI per esaminare il «Catechi­smo Olandese» ha imposto che «il Catechismo... insegnasse chiaramente il fatto stesso del concepi­mento verginale di Cristo».

NEL VECCHIO TESTAMENTO il profeta Isaia, alludendo alla Madre del Messia che sarebbe venuta settecento anni dopo, indica al re Acaz un segno prodigioso con queste parole: «Il Signore stesso vi darà un segno. Ecco: la vergine conce­pirà... un figlio, che chiamerà Emmanuele» (7,14).
Vergine è la donna non sposata; l'Emmanuele è Gesù; la Vergine che lo concepirà, è Maria; il pro­digio sta nel fatto di questa Maria che concepisce il Figlio pur non avendo rapporto con l'uomo.
Infatti «se non fosse stata vergine, non sarebbe stato affatto un segno. Il segno o prodigio deve sorpassare le cose, superare l'ordine della natura, ed essere nello stesso tempo qualcosa di nuovo, di mai visto, in modo che sia insigne (nota distintiva) per tutti quelli che lo sentono o lo vedono. Si chiama segno appunto perché è insigne o distintivo... » (San Giovanni Crisostomo, patriarca, Dottore della Chiesa, + 407).
Un prodigio davvero eccezionale, e Dio lo dava per assicurare agli ebrei allora molto sfidu­ciati che Egli, per liberarli dai siri, era disposto ai maggiori miracoli fuori e contro l'ordine della natura, per l'appunto disposto a mantenere la ver­ginità illesa e intatta quando, secondo la natura delle cose, non poteva fare a meno di perdersi. Se quella vergine, che poi concepirà l'Emma­nuele, fosse semplicemente una donna come tutte le altre, sarebbe una beffa l'eccezionale preambolo con il quale Isaia la preannuncia.
C'è da notare anche che nella profezia non è nominato, anzi nemmeno adombrato nessun uomo: ciò fa capire che il profeta si riferisce a un fatto futuro assolutamente nuovo.
Questo vaticinio ha avuto, come vedremo tra poco, la conferma degli evangelisti Matteo e Luca. Nel 431 il Concilio di Efeso approvò gli anate­matismi di San Cirillo, il primo dei quali è formu­lato appunto con le parole di Isaia, prese evidente­mente in senso letterale: «Se uno non riconosce che l'Emmanuele è veramente Dio e che la Santa Ver­gine ne fu la Madre... sia condannato».
Nel 1779 Papa Pio VI con il Breve «Divina Christi voce» condannò l'esegeta Lorenzo Isen­biehl di Magonza il quale sosteneva che la profezia di Isaia non si riferiva al Messia né in senso letterale né in senso spirituale, e perciò nemmeno a Maria.
Anche il riformatore protestante Giovanni Calvino (+ 1564) ha riconosciuto: «È evidente che Isaia ha parlato di una Vergine che doveva conce­pire non già secondo l'ordine della natura, ma per grazia dello Spirito Santo».

NEL NUOVO TESTAMENTO l'evangelista San Matteo racconta: «Ecco come avvenne la nascita di Gesù Cristo: Sua madre Maria, essendo promessa sposa di Giuseppe, prima che andassero a vivere insieme, si trovò incinta per opera dello Spirito Santo. Giuseppe suo sposo, che era giusto e non voleva ripudiarla, decise di licenziarla in segreto. Mentre però stava pensando a queste cose, ecco che gli apparve in sogno un angelo del Signore e gli disse: «Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa, perché quello che è generato in lei, viene dallo Spirito Santo. Essa partorirà un figlio e tu lo chiamerai Gesù: egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati».
Tutto questo avvenne perché si adempisse ciò che era stato detto dal Signore per mezzo del pro­feta: «Ecco, la vergine concepirà e partorirà un figlio che sarà chiamato Emmanuele, che significa Dio con noi». Destatosi dal sonno, Giuseppe fece come gli aveva ordinato l'angelo del Signore e prese con sé la sua sposa, la quale, senza che egli la conoscesse, partorì un figlio, che egli chiamò Gesù» (1,18-25).
A sua volta, l'evangelista San Luca narra: «L'angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nazaret, a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, chiamato Giuseppe. La vergine si chiamava Maria. Entrando da lei, disse: «Ti saluto, o piena di gra­zia, il Signore è con te». A queste parole ella rimase turbata e si domandava che senso avesse un tale saluto. L'angelo le disse: «Non temere, Maria, per­ché hai trovato grazia presso Dio. Ecco, concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù...» ... Allora Maria disse all'Angelo: «Come è possi­bile? Non conosco uomo». Le rispose l'angelo: «Lo Spirito Santo scenderà su di te, su di te sten­derà la sua ombra la potenza dell'Altissimo. Colui che nascerà, sarà dunque santo e chiamato Figlio di Dio... Nulla è impossibile a Dio». Allora Maria disse: «Eccomi, sono la serva del Signore, avvenga di me quello che hai detto». E l'angelo partì da lei» (1,26-38).
Dal confronto dei due racconti appaiono chiari questi particolari:
Maria era vergine quando ricevette la visita dell'angelo;
la difficoltà di Maria derivava soltanto dalla sua verginità;
è assolutamente escluso l'intervento dell'uomo nell'atto generatore;
difatti Matteo attesta che Giu­seppe, ben sapendo di non essere il padre del figlio concepito da Maria, pensava di sciogliere il matri­monio mediante l'atto di ripudio, dimostrando così chiaramente che egli non aveva operato quell'inter­vento su Maria;
e Luca riferisce che l'angelo scio­glie la difficoltà di Maria non rispondendole: «Se non conosci uomo oggi, lo conoscerai poi», ma affermandole che il concepimento di lei avverrà in modo straordinario, non essendoci nulla di impos­sibile a Dio;
in Matteo, l'angelo fa conoscere questo mistero dopo la concezione di Gesù;
in Luca, l'an­nunciazione è fatta a Maria prima che lei concepi­sca Gesù;
Matteo richiama espressamente il vaticinio di Isaia (7,14) per dire che si è attuato in Maria;
Luca, pur senza richiamarlo espressamente, ne ritrae le parole adatte all'annunciazione dell'angelo, e que­sta pertanto va vista alla luce della profezia di Isaia;
è indicato Dio stesso, più esattamente lo Spirito Santo, come principio del concepimento: infatti Matteo riporta che Maria, prima di abitare in casa di Giuseppe, «si trovò incinta per opera dello Spirito Santo»;
e Luca riferisce che l'angelo risponde a Maria: «Lo Spirito Santo scenderà su di te ... », cioè superando la legge della natura e lasciandole la piena integrità verginale;
Il concepimento avvenne quando Maria e Giu­seppe erano solo promessi sposi, ma, al momento della nascita di Gesù, già vivevano insieme;
le due narrazioni sono assolutamente indipen­denti: quella di Matteo presenta il punto di vista di Giuseppe; quella di Luca espone il punto di vista di Maria: entrambe costituiscono una chiara attesta­zione della fede dei primi cristiani nella verginità fisica di Maria e sono state accolte dai due evange­listi evidentemente perché esse costituivano una tradizione sicura;
tutto il racconto scritto a due mani è un'auten­tica rivelazione della Sacra Scrittura: quella di Mat­teo è esplicita, quella di Luca è più ampia, oltre che esplicita;
Giuseppe non è altri che il padre legale, quindi Gesù non ha padre umano: Matteo colloca questo fatto in relazione al sogno di Giuseppe (1,20-25), e Luca lo pone in rapporto alla domanda di Maria (1,34).
Al suddetto confronto si può aggiungere che Matteo non si contraddice affatto quando, per dimostrare che Gesù è un discendente di Davide, presenta la genealogia di Giuseppe, e non quella di Maria. Egli ha scritto così perché già aveva inse­gnato il concepimento verginale di Cristo per opera dello Spirito Santo, perché la Bibbia non usa pre­sentare la genealogia della madre, e perché Giu­seppe, quale vero sposo di Maria, era per ciò stesso il padre legale del legittimo figlio della sua legittima sposa, cioè di Gesù.
Così anche Luca non si contraddice in nulla nel chiamare Giuseppe padre di Gesù e Gesù figlio di Giuseppe, perché usa questi termini nel senso comune alla pubblica opinione, e perché Giuseppe ha esercitato verso Gesù i doveri della paternità.

LA TRADIZIONE DELLA CHIESA è cominciata con la Madonna stessa. Non può essere stata che Lei a rivelare agli altri, prima di uscire da questa vita, (probabilmente dopo la risurrezione di Gesù) il miracoloso concepimento, che poi fu saputo dagli altri e creduto, ancor prima che fosse scritto il primo vangelo, nonostante che fosse un'idea asso­lutamente impensata, anche perché le ricerche dei primi cristiani sul parentado di Gesù non avevano scoperto nemmeno un elemento di contraddizione.
Sarebbe lungo e ripetitivo, anche se forse non noioso data la bellezza dell'argomento, ricordare tutte le testimonianze di tutti i secoli. Ci limitiamo a riferirne alcune, quasi scegliendo fior da fiore. «Gesù fu concepito da Maria e dallo Spirito Santo... Il nostro Dio Gesù Cristo è stato portato nel seno di Maria... Al demonio rimasero nascosti la verginità di Maria e il suo parto e la morte del Signore: tre misteri clamorosi che si compirono nel silenzio di Dio... Io glorifico Gesù Cristo nato veramente da una Vergine...» (Sant'Ignazio di Antiochia, discepolo di San Giovanni Evangelista, uno dei Padri Apostolici, vissuto settant'anni dopo Gesù, vescovo, Dottore della Chiesa, + 107).

«Gesù Cristo discese dal cielo per salvare gli uomini e assunse la carne, generato dalla Santa Vergine senza seme e senza corruzione» (Aristide, filosofo di Atene, il primo ad usare l'espressione «Santa Vergine», t circa 161).

«Ascoltate come Isaia, in termini espliciti, ha predetto che il Cristo sarebbe nato da una Vergine: «Ecco che una vergine concepirà...». Ciò significa ché lei doveva concepire senza unione con l'uomo perché, se avesse avuto rapporto con qualcuno, non sarebbe più vergine. Ma la virtù di Dio, venendo sopra la Vergine, la coprì con la sua ombra e fece in modo che concepisse restando ver­gine...» ... «Isaia, ispirato dallo Spirito Santo, preannunziò un vero prodigio e lo preannunziò affinché, una volta avvenuto, si riconoscesse che ciò era avvenuto per la potenza e la volontà del Creatore di tutto...» ... «Non è mai esistito nes­suno, appartenente alla razza di Adamo, ad ecce­zione di Gesù Cristo, il quale sia nato da una ver­gine... » (San Giustino, palestinese, apologista, il primo a chiamare la Madre di Dio non già con il nome di Maria, ma semplicemente con il titolo di Vergine, + circa 165).

«Quelli che pensano che Gesù è un uomo gene­rato da Giuseppe, muoiono impenitenti nella schia­vitù della primitiva disobbedienza... Quelli che ignorano l'Emmanuele nato dalla Vergine, non partecipano alle sue elargizioni e non ottengono la vita eterna... Poiché una salvezza inopinata doveva iniziare per l'uomo con l'aiuto di Dio, per questo si compì l'inopinata nascita da una vergine. Il segno veniva da Dio, l'effetto non fu opera d'uomo» (Sant'Ireneo, greco, vescovo di Lione, Padre della Chiesa greca, + circa 202).

«Il Verbo di Dio, essendo privo della carne, rivestì la santa carne dalla Vergine Santa...» ... «Credo in Dio, Padre onnipotente, e in Gesù Cristo, figlio di Dio, nato da Maria Vergine per opera dello Spirito Santo...» ... «Crediamo, fra­telli, secondo la tradizione apostolica, che il Verbo di Dio è disceso dal cielo nella santa vergine Maria affinché, incarnato in essa e presa l'anima umana ornata di ragione, diventato tutto ciò che è l'uomo, eccetto il peccato, salvasse colui che era caduto...» (Sant'Ippolito Romano, agiografo, + 235).

«Maria non ha dato origine al Corpo (ossia essendo vergine, non ha concepito per virtù pro­pria, ma per virtù dello Spirito Santo), anche se ha apportato alla crescita e alla nascita di esso tutto ciò che essenzialmente spetta al suo sesso...» …«Quelli che negano la verginità di Maria... sono uomini irreligiosi, molto alieni dalla dottrina reli­giosa... corrottissimi» (Sant'Ilario, vescovo di Poi­tiers, Dottore della Chiesa, + 367).

«Gesù Cristo concepito senza amplesso - e generato senza dissolvimento - nell'eccelso, senza Madre, - nel basso, senza padre...» ... «Beata Colei che concepì senza uomo - e gioì di prole, senza seme!...» ... «Chi è che dentro alle viti - ha immesso la cesellatura delle uve - pur senza l'opera di scalpello - o dita di artefice? - Come diventano esse gravide - del vino, senza padre? - Una specie di figlio esse contengono, e risultano - gravide ma sigillate - ripiene ma non lacerate. - Che ciò sia di confusione - bastevole per gli increduli...» ... «Ella è. il campo - che non ebbe mai chi lo seminasse, - eppure da essa germinò - il manipolo di benedi­zione - e lei diede, senza seme, - il frutto al mondo»
(Sant'Efrem, siro, poeta, Dottore della Chiesa, + 373).

«Se qualcuno... non ammette che Cristo fu formato in Maria in modo divino, cioè senza opera d'uomo,... è ateo» (San Gregorio Nazianzeno, patriarca, Dottore della Chiesa, + circa 390).

«Noi crediamo che Dio è nato dalla Vergine perché così abbiamo letto nella Scrittura... » ... «Mi riferisco a tutta la serie degli antichi scrit­tori: a Ignazio, a Policarpo, a Ireneo, a Giustino e a molti altri uomini apostolici ed eloquenti che, difendendo lo stesso principio contro Ebione, Teo­doto di Bisanzio e Valentino, hanno scritto libri pieni di sapienza» (San Girolamo, dalmata; Dot­tore della Chiesa, + circa 420).

«Per il fatto che Gesù entrò in questo castello che è Maria, non ne segue che esso sia stato violato. Gesù infatti salva, non viola; rassoda le cose deboli, non rompe le cose solide» (Sant'Anselmo, italiano, arcivescovo di Canterbury, Dottore della Chiesa, + 1109).

«Isaia disse: "In quel giorno, un germoglio spunterà dal tronco di Iesse, un virgulto germo­glierà dalle sue radici". In quel germoglio bisogna vedere Maria, e Gesù nel virgulto... perché il germoglio è fiorito senza un seme, e la Vergine ha con­cepito non per opera d'uomo» (San Bernardo, francese, benedettino, Dottore della Chiesa, 1153).

«Non si tratterebbe di un vero concepimento se il corpo di Cristo fosse stato formato, come alcuni asseriscono, non nel grembo, ma nel cuore o in altra parte del corpo materno. Necessaria­mente il concepimento avvenne mediante quelle sostanze destinate per via naturale a servire alla formazione di una nuova creatura umana, e si veri­ficò nella maniera solita, vitale e umana. Perché altrimenti non si sarebbe trattato di un reale conce­pimento, né la Santissima Vergine sarebbe dive­nuta veramente madre» (Francisco Suarez, spa­gnolo, teologo, + 1617).

Questa fede nella verginità della Madonna non era soltanto dei Papi e dei Vescovi e dei Teologi, ma di tutti i popoli cristiani che la professavano recitando i vari Simboli (Apostolico, già prima del­l'anno 100, Niceno-Costantinopolitano, di Epifa­nio ecc.) risuonanti con crescente convinzione di secolo in secolo. Già nei primi secoli il titolo «Ver­gine» era divenuto come il nome proprio della Madre di Gesù e fu usato più frequentemente dello stesso nome di Maria. La più antica preghiera alla Madonna finora conosciuta e risalente al III-IV secolo «Sub tuum praesidium» (cioè «Sotto la tua protezione») già chiamava Maria «Vergine gloriosa e benedetta»:

Anche LA RAGIONE porta le sue motivazioni per affermare la verginità della Madonna prima del parto.
Dio è il Creatore e quindi il Signore di tutte le forze della natura: se vuole, può usarle in modo che realizzino fenomeni mai pensati dall'intelli­genza umana e a prima vista giudicabili come impossibili. Come ha potuto creare i progenitori Adamo ed Eva senza che fossero concepiti e parto­riti in modo ordinario, così ha potuto unire in Maria la verginità e il concepimento, tra i quali non c'è nessuna contraddizione intrinseca. Essendo Causa Infinita, Egli non è determinato né ad un solo effetto, né ad un solo modo di produrlo.
Nascendo da una donna Dio ha voluto dimo­strare la realtà della natura umana da Lui assunta, e nascendo da una vergine ha voluto dimostrare la realtà della sua natura divina. Egli ha riservato solo a Sé stesso il privilegio di nascere da una Vergine. Dio è di una purezza infinita. Diventando uomo, doveva per logica di cose scegliere la purezza più perfetta in terra, cioè il concepimento verginale, che è il più perfetto possibile sulla terra dato che la consumazione del matrimonio, per quanto questo sia puro in sé stesso, non sfugge, nella concretezza della natura corrotta, ad una certa impressione di disordine a causa della concu­piscenza che vi si frammischia inevitabilmente. L'Essere infinitamente puro non si unisce che alla purezza.
L'Eterno Padre aveva inviato sulla terra il suo divin Figlio, per la redenzione degli uomini. Ora «essendo Cristo il Figlio di Dio, non sarebbe stato opportuno che avesse avuto anche un altro padre, perché la dignità del Padre divino non si riversasse su altri» (San Tommaso, italiano, Dottore Ange­lico, Patrono delle scuole cattoliche, + 1274).
Lo Spirito Santo faceva sì che la Madre di Gesù rimanesse Vergine. Conveniva che, al di fuori dell'influenza materna, nessun uomo avesse parte nell'opera dello Spirito Santo.
Cristo è considerato il nuovo Adamo, cioè il nuovo capostipite. Adamo nacque da una terra vergine, conveniva che Gesù nascesse da una donna vergine. Adamo non ebbe padre terreno, nemmeno Gesù l'ha avuto. Adamo è direttamente figlio di Dio, anche Gesù è direttamente Figlio di Dio. Adamo nacque nei privilegi, era conveniente che Gesù non gli fosse inferiore.
Gesù non era solo Uomo ma anche Dio. Do­veva logicamente nascere sulla terra con un procedi­mento diverso da quello proprio dell'uomo, cioè con un'origine che fosse in qualche modo divina.
Gesù è la Verginità, per definizione. Non poteva quindi nascere da un'unione che il più santo tra i matrimoni rischia di rendere istintivamente disordinata. Doveva nascere da un'origine vergi­nale, per dignità e, in un certo senso, per necessità della sua Persona.
Senza l'origine verginale, Gesù avrebbe corso il rischio di non essere riconosciuto come Dio. Infatti «si formò un corpo da una Vergine per venire a noi per primo, e anche per darci un argo­mento non debole della sua divinità, mostrandoci come Colui che aveva presto questo corpo per sé, è anche l'Artefice e il Creatore di tutti gli altri corpi. Chi vede nascere un Corpo da una Vergine senza uomo, e non pensa che Chi appare in questo Corpo, è anche il Creatore e il Signore degli altri corpi?» (Sant'Atanasio, vescovo di Alessandria, Dottore della Chiesa, + 375).
Gesù doveva portare al mondo, pur non sotto­valutando il matrimonio, la nuova dottrina della verginità, che tante anime avrebbero seguita sino alla fine del mondo. Questa dottrina ha ricevuto conferma e impulso dal fatto di essere Egli nato da una Vergine.
Gesù veniva tra gli uomini per togliere il pec­cato: era conveniente pertanto che egli non lo avesse per nulla; ma lo avrebbe avuto se fosse stato concepito nel modo comune alla totalità degli uomini (eccettuata la Madonna). Infatti tutto ciò che è concepito e nasce dall'unione dell'uomo e della donna, proviene dalla concupiscenza della carne, è soggetto alla colpa e ha bisogno di reden­zione.
«Nella sua prima nascita Gesù Cristo fu senza madre, perché generato dal solo Eterno Padre senza l'ufficio della madre; nella sua seconda e car­nale nascita invece fu senza padre, perché creato nel seno della Vergine senza l'ufficio del padre: ciò è avvenuto perché, stando in mezzo tra Dio e l'uomo, Cristo potesse condurre quasi per mano all'immortalità questa nostra fragile natura» (Lat­tanzio, africano di origine, scrittore latino, + circa 325).
Maria era Madre di Dio. Come Madre, mo­strava l'umanità di suo Figlio; come Madre Ver­gine, ne mostrava la divinità. La storia ha dimo­strato che i nemici della verginità di Maria sono nemici anche della divinità di Gesù, e che i sosteni­tori della verginità di Maria sono sostenitori anche della divinità di Gesù. C'è tra verginità di Maria e divinità di Gesù una connessione profondamente psicologica.
Come l'Eterno Padre, senza condividere con alcuno la sua concezione, genera nel suo seno la persona del Figlio, così Maria, senza condividere con alcuno la propria fecondità, genera la natura umana di Gesù. Come la fecondità di Maria diventa analoga a quella dell'Eterno Padre, così la purità di Lei diventa analoga a quella di Lui: quindi la purità di Maria nel generare Gesù ha rive­stito qualcosa del carattere di quella ineffabile pro­duzione con la quale, nel mistero della Santissima Trinità, l'Eterno Padre genera il Figlio.

Durante il parto

Verginità durante il parto vuoi dire che Maria diede alla luce Gesù rimanendo illesa nel sigillo della sua verginità, che in nessun modo fu infranto o lacerato o alterato al passare del corpo vero e reale di Gesù.
Anche su questo particolare il Magistero della Chiesa è chiaro. Bastino poche affermazioni. Nel 309 Papa Siricio condannò il monaco Gio­viniano, secondo il quale Maria aveva sì concepito per opera dello Spirito Santo, ma cessò di essere vergine nel mettere al mondo Gesù. La sua con­danna fu ripetuta circa tre anni dopo dal Sinodo di Roma e dal Sinodo di Milano.
Nel 449 Papa San Leone Magno, non potendo partecipare al Concilio Ecumenico di Calcedonia, vi mandò i suoi Legati con la Lettera dogmatica «Lectis dilectionis tuae» indirizzata a Flaviano patriarca di Costantinopoli, nella quale riaffermò contro gli eutichiani che negavano la coesistenza in Cristo delle due nature, umana e divina: «Cristo fu concepito di Spirito Santo nel grembo della Madre Vergine, la quale lo diede alla luce conservando la propria verginità, così come la propria verginità lei aveva conservata nel concepirlo».
Nel 521 il Papa Sant'Ormisda, scrivendo all'imperatore Giustino per il ristabilimento della pace tra la Chiesa d'Oriente e la Chiesa di Roma, ribadì: «Colui che era Figlio di Dio prima dei tempi, è divenuto figlio dell'uomo ed è nato nel tempo, al modo degli uomini, nato aprendo il seno della madre senza scioglierne la verginità, in forza della sua divinità. Mistero degno del Dio nascente che, concepito senza il seme, ha custodito il parto da ogni corruzione, conservando ciò che aveva dal Padre e manifestandosi in ciò che riceveva dalla Madre».
Nel 634 Papa Onorio I scrisse nella Lettera «Scripta fraternitatis»: «Cristo, concepito senza peccato per virtù dello Spirito Santo, anche senza peccato è stato generato dalla santa e immacolata Vergine Madre di Dio».
Nel 649 Papa San Martino I nel Concilio Late­ranense, nel terzo canone, ribadì solennemente la verginità nel parto con queste esplicite parole: «Se qualcuno insieme con i Santi Padri non confessa che la Santa Vergine... generò incorruttibilmente... sia condannato».
Nel 675 il Concilio XI di Toledo, dopo tre giorni di digiuni e di preghiere, affermò: «Noi crediamo che di queste Tre Persone soltanto la Per­sona del Figlio ha assunto una natura umana vera e senza peccato dalla santa e immacolata Vergine Maria, per la liberazione del genere umano. Da lei Egli è stato generato in un ordine nuovo e in una nascita nuova. In un ordine nuovo, perché Colui che per la sua divinità era invisibile, è apparso visi­bile nella carne; è stato poi generato in una nascita nuova, perché un'intatta verginità, che non cono­sceva l'unione con uomo, gli ha approntato un corpo nel suo seno diventato fecondo per l'adom­bramento dello Spirito Santo. Questa nascita vergi­nale non può essere compresa con la ragione natu­rale e rimane senza esempio. Se la si potesse comprendere naturalmente, non sarebbe miraco­losa. Se si potesse citare un altro esempio, non sarebbe unica».
Nell'811, nella «Fede di Niceforo» (cioè di Niceforo I, imperatore d'Oriente), approvata da Papa Leone III è detto che la Santissima Vergine «generò Cristo soprannaturalmente e ineffabil­mente».
Nel 1555 Papa Paolo IV nella Costituzione «Cum quorumdam» riaffermò: «Chi dice che la Beatissima Vergine Maria... non restò nell'inte­grità verginale durante il parto... sia condannato». Nel 1943 Papa Pio XII scrisse nell'enciclica «Mystici Corporis» sulla Madonna: «Fu Lei che con un parto ammirabile diede alla luce la fonte di ogni vita celeste, Cristo Signore, fin dal suo seno verginale ornato della dignità di Capo della Chiesa».

NEL VECCHIO TESTAMENTO la Genesi dà, sia pur velatamente, il primo annuncio della verginità della Madonna con le parole rivolte al serpente tenta­tore: «Io porrò inimicizia tra te e la donna, tra la tua stirpe e la sua stirpe: questa ti schiaccerà la testa e tu le insidierai il calcagno» (3,15). E subito dopo Dio dice alla donna: «Moltiplicherò i tuoi dolori e le tue gravidanze, con dolore partorirai figli» (3,16).
Ora la Donna, madre della stirpe vincitrice del serpente, potrà partecipare al trionfo di suo Figlio rimanendo esente dalla maledizione pronunziata contro Eva peccatrice; e nulla di meglio della inte­merata verginità durante il parto poteva assicurarle l'esenzione da questa maledizione.

Inoltre, il profeta Isaia (7,14) non disse sol­tanto che la vergine concepirà (come abbiamo già ricordato nel paragrafo precedente), ma anche che «partorirà». Disse esattamente così: «Il Signore stesso vi darà un segno. Ecco la vergine concepirà e partorirà un figlio, che chiamerà Emmanuele».
Isaia usò la parola vergine (e non donna o altro nome), con la stessa solennità, nel riferirsi tanto al concepimento quanto al parto. Intese dun­que dire che quella che concepirà rimanendo ver­gine, partorirà anche rimanendo vergine. Perciò parlò di «segno», cioè di prodigio, e di un prodigio che dovrà realizzarsi in tutte e due le parti, piena­mente. Insomma Isaia, soprannaturalmente illumi­nato, preannunziò sette secoli prima la verginità di Maria non solo nel concepimento ma anche nel parto.
Nel 1964 il Vaticano II nella «Lumen gen­tium» ha riaffermato che Maria «è stata profetica­mente adombrata... nella Vergine che concepirà e partorirà un Figlio, il cui nome sarà Emmanuele» (n. 55).

Oltre Isaia, anche Michea profetizzò: «E tu, Betlemme di Efrata, così piccola per essere tra i capoluoghi di Giuda, da te mi uscirà colui che deve essere il Dominatore in Israele: le sue origini sono dall'antichità, dai giorni più remoti. Perciò Dio li metterà in potere altrui fino a quando colei che deve partorire, partorirà; e il resto dei tuoi fratelli ritornerà ai figli di Israele» (5,1-2).
Appare naturale pensare che questa Donna, madre del Dominatore, ossia del Messia, dev'essere vergine, altrimenti perché qualificarla come «colei che deve partorire» nominandola all'improvviso e non alludendo minimamente allo sposo?

NEL NUOVO TESTAMENTO San Matteo racconta: «Un angelo del Signore disse: «Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa, perché quello che è generato in lei, viene dallo Spirito Santo...» ... «Tutto questo avvenne perché si adempisse ciò che era stato detto dal Signore per mezzo del profeta: "Ecco, la vergine concepirà e partorirà un figlio, che sarà chiamato Emmanuele, che significa Dio con noi". Destatosi dal sonno, Giuseppe fece come gli aveva ordinato l'angelo del Signore e prese con sé la sua sposa la quale, senza che egli la conoscesse, partorì un figlio, che egli chiamò Gesù» (1,20-23).
Il primo evangelista intende dunque avverata non solo la profezia del concepimento verginale di Gesù, ma anche quella del parto verginale: è un tutto unico.

San Luca riferisce che l'angelo Gabriele risponde a Maria: «... Colui che nascerà, sarà dun­que santo e chiamato Figlio di Dio» (1,35).
Ma è crescente convinzione di molti esegeti che la traduzione precisa è questa... «Colui che nascerà in modo santo, sarà chiamato Figlio di Dio». In questo modo santo è espressa la santità della nascita verginale, che corrisponde esattamente alla santità della concezione verginale racchiusa nelle parole immediatamente precedenti dell'angelo a Maria: «Lo Spirito Santo scenderà su di te, su di te stenderà la sua ombra la potenza dell'Altissimo» (1,34).
Se la precisione sarà accolta autorevolmente, sarà un'altra prova a conferma della verginità della Madonna nel parto.
Lo stesso evangelista narra delicatamente di Maria: «Diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo depose in una mangiatoia, perché non c'era posto per loro nell'albergo» (2,7).
Quindi Maria, rimasta sanissima e completa­mente sola (come si può dedurre dal contesto) in quel sublime momento, poté personalmente pre­stare al Neonato tutte le cure imposte dalla nascita: ciò fu possibile perché lei aveva partorito in modo non ordinario, cioè verginale. Le altre partorienti hanno tutte bisogno di aiuto perché soggette alle non poche molestie (intervento di altri, spargi­mento di sangue, offesa al pudore ecc.) preannun­ziate dall'antico castigo di Dio alla peccatrice Eva: «Con dolore partorirai figli» (Gen. 3,16): una situazione ben nota a un medico e san Luca, per l'appunto, era un medico.
Ancora il terzo evangelista racconta: «Quando venne il tempo della purificazione secondo la legge di Mosè, portarono il bambino a Gerusalemme per offrirlo al Signore, come è scritto nella legge del Signore: «Ogni maschio primogenito sarà sacro al Signore» e per offrire in sacrificio una coppia di tortore o di giovani colombi, come prescrive la legge del Signore» (2,22-23).
Con questo episodio San Luca dà una con­ferma, sia pur indiretta, del parto verginale di Maria. Difatti egli, ottimo storico, ricorda sì la legge di offrire a Dio il primogenito, ma non quella della purificazione della madre a causa del parto, e pertanto non dice affatto che Maria compì la ceri­monia prescritta a tutte le donne per togliere da sé l'immondezza legale del parto mediante il rito espiatorio celebrato dal sacerdote (Lev. 12,6-8).

San Giovanni, parlando dei credenti nel pro­logo del suo vangelo, dice che essi «non da sangue, né da volere di carne, né da volere di uomo, ma da Dio sono stati generati» (1,13).
Ma questa traduzione oggi non convince quasi nessuno perché, in base a studi sempre più nume­rosi e sempre più approfonditi a molti livelli (atte­stazione dei primi testimoni, tra i quali Ireneo e Tertulliano, esame dei termini usati, analisi del contesto ecc.), essa dovrebbe essere la seguente: (I1 Verbo, cioè Cristo) non da sangui, né da volere di carne, né da volere di uomo, ma da Dio è stato generato».
Queste parole includono tre negazioni, cioè né i sangui (gli elementi dell'uomo e della donna nel­l'unione genitale), né la volontà della carne, né la volontà dell'uomo, e quindi significano la negazione delle solite condizioni per la normale nascita di un bambino.
Inoltre le suddette parole includono esclusiva­mente l'intervento di Dio nel «generare», ossia nel farsi carne dal concepimento alla nascita; e prece­dono immediatamente queste altre: «E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi» (v. 14) che affermano l'Incarnazione.
Dunque qui si parla non al plurale, ma al sin­golare; non dei credenti, ma del Verbo, cioè di Cri­sto. Colui che «è nato da Dio» è il Verbo che si è fatto carne, cioè uomo, nascendo in terra e nascendo in modo verginale: è Cristo.
Se quest'ultima è la traduzione giusta e se sarà ufficialmente accettata dall'autorità ecclesiastica, costituirà una prova biblica della verginità di Maria nel parto.

Anche San Paolo presuppone la nascita vergi­nale di Cristo, e la fa capire usando un termine greco (egli scrive appunto in greco) diverso da quello che usa per indicare la nascita di tutti gli altri. Per questi ultimi adopera il termine gennao, che è adoperato da tutti per dire la nascita di tutti (per es.: Gal. 4,23.24.29), ma per Gesù e per la Madre l'Apostolo usa il termine completamente diverso, genemenos, derivante da un verbo del tutto differente, ginomai, che, significa «avvenire», «divenire» (per es.: Rom..1,3; Gal. 4,4). Insomma San Paolo insinua accuratamente che Cristo non nacque nel modo consueto per tutti.
Questa distinzione di termini non risulta nella traduzione in italiano, che usa il verbo nascere indifferentemente per tutti i casi, riferiti sia a Gesù che agli altri; ma ciò non toglie alla distinzione esi­stente in lingua greca l'importanza di essere un indizio della nascita verginale di Gesù.
E quell'altra espressione dell'Apostolo: «Dio mandò il suo Figlio, nato da donna» (Gal. 4,4) ha il suo peso. Essa ha riscontro con l'altra detta da Gabriele a Maria e riportata da Luca: «Colui che nascerà sarà... chiamato Figlio di Dio» (1,35): entrambe affermano che il Figlio di Dio entra nel­l'umanità scegliendosi una madre, senza bisogno del concorso di un padre terreno.
E poi «se Paolo chiama Maria donna, non vuo­le con ciò negare la verginità di lei, anzi la confer­ma, perché se Gesù avesse avuto un padre terreno, Paolo avrebbe detto «nato dall'uomo» (Origene).
È anche il caso di ricordare che San Paolo ha avuto per discepolo l'evangelista San Luca, che sapeva molto bene la verginità di Maria e a lui ne ha parlato certamente.

Circa LA TRADIZIONE riportiamo adesso pen­sieri di Autori diversi da quelli citati nei discorso sulla verginità prima del parto.

«Il parto verginale di Maria trova riscontro, in qualche modo, nel parto misterioso delle Sacre Scritture che generano la verità rimanendo vergini» (Clemente Alessandrino, greco di origine, teologo, + circa 215: è il primo a rivendicare in modo espli­cito ed energico la verità della verginità di Maria durante il parto).

«La regola di fede è veramente una, sola, immobile e irreformabile: bisogna credere in un unico Dio onnipotente, creatore del mondo; e in suo Figlio Gesù Cristo, nato dalla Vergine Maria...» ... «Doveva nascere in modo nuovo Colui che doveva inaugurare la nuova nascita... (Tertulliano, africano, apologista, + circa 230).

O Cristo, tu sei nato da Maria Vergine, come hai voluto, e, come tu solo sai fare, non violasti la sua verginità, ma la conservasti e la facesti Madre; né la verginità impedì che ti partorisse, né quando fosti partorito violasti la verginità, ma si unirono il parto e la verginità tanto contrari tra loro, perché per te, creatore della natura, questo è facile e sem­plice» (San Gregorio Taumaturgo, nato nel Ponto [Asia Minore], vescovo di Neocesarea, + 270).


«Perché voi, greci, ritenete impossibile la nascita di Cristo da una Vergine, dal momento che voi stessi credete a uomini germogliati dalle pietre, a Minerva nata dal cervello di Giove, a Bacco uscito dal costato di Giove?» (San Cirillo, vescovo di Gerusalemme, Dottore della Chiesa, + 387).

«Beato viene predicato nel Vangelo il seno della Santa Vergine il quale servì da ministro al parto immacolato...» ... «Solo Cristo è venuto in questa vita con una nuova specie di parto...» (San Gregorio Nisseno, cappàdoce, vescovo di Nissa nell'Armenia, Padre della Chiesa greca, + circa 394).

«Quelli che battono vie perverse dicono che Maria cessò di essere vergine quando diede alla luce il suo parto... Ma se non si vuol credere alla dot­trina dei Vescovi, si creda almeno agli oracoli di Gesù Cristo, agli ammonimenti dell'angelo che disse: «Nulla è impossibile a Dio», al Simbolo degli Apostoli che la Chiesa romana ha sempre custodito e conserva inalterato... E che cosa c'è di incredi­bile, se contro la legge naturale Maria generò rima­nendo vergine, quando, parimenti contro natura, il mare vide e fuggì, le acque del Giordano mutando corso ritornarono verso la sorgente... la roccia ha dato acqua in abbondanza, le onde del mare hanno formato come due solide muraglie... sulle acque anche Pietro poté camminare? Se l'acqua poté por­tare un uomo, non potrà una vergine generare un uomo? ...» ... «La Vergine Maria ha generato Colui che era stato generato dalla verginità della Divinità...» ... «È sacrilego chi osa negare la vergi­nità di Maria» (Sant'Ambrogio, romano di ori­gine, vescovo di Milano, Dottore della Chiesa, + 397).

«Maria vergine intatta diede alla luce ciò che aveva concepito come vergine intatta» (San Gau­denzio, vescovo di Brescia, + 427).

«La grandezza della divina potenza che non è mai a corto di risorse, ha fecondato tutta sola un seno verginale... ha fatto nascere un fanciullo da una madre, rimasta vergine nonostante la mater­nità... Bisogna pur concedere che Dio sia capace di cose che superano la nostra comprensione. Tutta la ragione del fatto sta nella potenza di chi lo fa»... «Maria è madre e vergine: madre, ma incorrotta; vergine, ma con un figlio, senza conoscere uomo; sempre chiusa, ma non sterile»... «La dottrina della verginità di Maria appartiene pienamente alla fede cristiana, e i negatori di essa debbono essere annoverati tra gli eretici»... «Il parto verginale è un mistero più mirabile del concepimento verginale» (Sant'Agostino, africano, vescovo di Ippona, Dot­tore della Chiesa, + 430).

«Maria ha partorito in maniera divina: il Figlio di Dio è entrato nel suo seno e ne è uscito
come Egli ha voluto, e la porta è rimasta chiusa»... «Cristo è nato in una maniera degna di Dio» (San Cirillo di Alessandria, patriarca, Dottore della Chiesa, + 444).
«Chi entra e chi esce, non lascia alcun segno della sua entrata e della sua uscita: è un abitatore divino, non umano... O Maria, nella tua conce­zione e nel tuo parto crebbe il tuo pudore, fu aumentata la tua castità, irrobustita la tua inte­grità» (San Pier Crisologo, italiano, vescovo di Ravenna, Dottore della Chiesa, + 450).

«La Luce abitò in Lei, che rimase nel puro splendore per essere vergine in eterno e madre... Vediamo i superbi rètori muti come pesci... inca­paci di spiegare come tu, o Maria, resti ancora ver­gine pur avendo partorito» (San Giacomo di Sarug, + 521).

«Era necessario nel genere umano che Colui il quale era stato generato invisibile dal Padre, venisse concepito da una Vergine, reso visibile a noi da una Vergine» (Sant'Eleuterio, francese, vescovo di Tournai, + circa 531).

«L'integrità del suo corpo crebbe con il parto anziché diminuire, e la sua verginità fu più ampliata che persa» (San Fulgenzio, africano, vescovo di Ruspe, + 533).

«Solo Chi uscì da Maria è il custode di questa uscita. Nessuno entrò con Lui, nessuno uscì con Lui, non ebbe compagni nell'entrare, non ne ebbe nell'uscire; nessuno conobbe come era entrato; in qual modo era uscito, lo conobbe solo la sua uscita» (Sant'Ildefonso, spagnolo, vescovo, scrit­tore mariano, + 667).

Non è da credere che Nostro Signore che, entrando nel sacro seno di Maria l'aveva santifi­cato, nell'uscire da esso l'abbia sverginato, come dicono gli eretici, ma secondo la fede cattolica si deve ritenere che Egli sia uscito dal seno chiuso della Vergine come uno sposo procede dal suo talamo...» (San Beda il Venerabile, inglese, bene­dettino, Dottore della Chiesa, + 735).

«Non si possono ammettere dolori in una Ver­gine che non ha conosciuto uomo, perché il nome Vergine e il nome Dolore sono inconciliabili» (Ishò Dad di Merv, vescovo di Hadatha, + circa 850).

«Rallegratevi, o anime tutte, ed esultate. È stata prodotta questa terra che, ignara dell'aratro, produce la spiga della vita; e tutti coloro che ne mangiano esaltandone la bontà, non avranno più fame» (Cosma Vestitor, decimo secolo).

«Chi dice o crede che la porta del seno di Maria è stata aperta nel suo parto e subito dopo il parto è stata chiusa, per cui quasi in un'ora Maria sarebbe stata vergine e in un'ora perse la verginità, contraddice allo Spirito Santo» (Goffredo di Ven­dóme, francese, scrittore, + 1132).

«L'astro conserva la chiarezza emettendo il raggio: Maria conserva la purezza partorendo il Figlio» (Adamo di San Vittore, monaco a Parigi, poeta liturgico, + 1192).

Anche questa fede nella verginità di Maria durante il parto non è solo del Corpo Docente della Chiesa, ma anche di tutti i cristiani. Ne è esempio l'iscrizione latina posta dinanzi alla Madonna sulla tomba di Papa Adriano VI (+ 1523) che, tradotta in italiano, dice: «Il parto e l'integrità da lungo tempo discordi stringono un patto di pace nel seno della Vergine».

A sua volta LA RAGIONE dice:
Il concepimento e il parto non sono che due momenti di un medesimo atto, cioè l'origine umana della persona. Dal momento che il concepi­mento era stato verginale, ne derivava, come logica conseguenza, che anche il parto fosse verginale. Così appunto è avvenuto nella Madonna.
«Se un Dio doveva nascere, non poteva nascere che da una vergine; se una vergine doveva partorire, non poteva partorire che un Dio» (S. Bernardo).
Nel mistero della Santissima Trinità il Padre genera il Figlio senza nessuna ombra di nessuna corruzione; nel mistero dell'Incarnazione la Madre ha generato il Figlio senza nessuna ombra di nes­suna corruzione: ciò è avvenuto perché fosse mani­festo che il Corpo del Figlio di Maria è il Corpo dello stesso Figlio di Dio.
Dio ha dato il comandamento di onorare il padre e la madre. Ha onorato appunto sua Madre nella nascita, non diminuendo ma consacrando la verginità di lei. Con questo miracolo Egli ha con­servato in lei non solo quello che costituisce l'es­senza della verginità, ma anche ciò che ne fa la per­fezione materiale.
La nascita miracolosa conveniva a Cristo per­ché egli fosse simile a noi nell'umanità, ma supe­riore a noi per la divinità. Infatti se egli fosse nato come nasciamo tutti noi, non vi sarebbe stato nella sua nascita nulla che lo dimostrasse Dio.
«Chi veniva a sanare le cose corrotte, non doveva corrompere le cose sane» (S. Agostino): è la missione di Gesù venuto a sanare i cattivi e a non far corrompere i buoni, tanto più a non distruggere la verginità di sua Madre.
La nascita miracolosa di Gesù da Maria Ver­gine vuole anche significare che noi siamo rinati spiritualmente dal seno verginale della santa Madre Chiesa.
«Se in seguito al parto fosse stata lesa l'illiba­tezza di Maria, Cristo non sarebbe più nato da una Vergine e, cosa impossibile, tutta la Chiesa ver­rebbe a trovarsi in errore riguardo all'articolo di fede sulla Sua nascita da una Vergine» (S. Ago­stino).
Si potrebbe negare che Cristo nascendo abbia conservato l'integrità verginale di sua Madre, solo se questo modo di nascere, fosse indecoroso. Ma questo modo di nascere era tanto decoroso quanto lo era il fatto che Cristo conservasse, perfezionasse e consacrasse l'integrità di sua Madre.

Ma COME avvenne che il Figlio venendo alla luce non tolse la verginità della Madre?
Il Magistero della Chiesa ha definito il fatto della verginità fisica della Madonna nel parto (cioè la non-frattura dell'imene), e non come il fatto è avvenuto (ossia come è avvenuta a non-frattura). Il modo non appartiene all'essenza del fatto (si pensi per es. al parto cesareo o al parto indolore). Esso rimane misterioso per noi, e non è detto che sia stato interamente chiarissimo per la Madonna stessa che ne ha fatto l'esperienza.
Tuttavia, con tutto il massimo rispetto dovuto all'estrema delicatezza dell'argomento, alcuni
autori hanno tentato, di secolo in secolo, di darne una qualche spiegazione attraverso analogie, simi­litudini, riferimenti ecc.
«Come la nostra parola, quando viene pro­nunziata, non infrange il nostro spirito, così il Verbo Incarnato di Dio, nella sua nascita, non infranse la verginità della Madre».
Come il fiore spuntato ha lasciato intatta la freschezza del germoglio, così il sacro parto ha lasciato intatta la verginità di Maria.
La luce del sole lambisce e penetra il cristallo senza romperlo, attraversa la sua solidità con sotti­gliezza impalpabile, non lo viola quando vi entra, non lo distrugge quando ne esce. Allo stesso modo il Verbo di Dio entrò nella dimora verginale di Maria e ne uscì mentre essa rimaneva chiusa.
Il frutto maturo cade spontaneamente dall'al­bero, senza essere strappato: così Gesù è uscito da Maria.
Lo specchio non è infranto dal dardeggiare dei raggi, né è macchiato dalla ripercussione della luce: allo stesso modo l'integrità di Maria non è stata né infranta né macchiata dal parto.
Il fiore non avvizzisce mentre effonde il suo profumo, così la Madonna non cessò di essere ver­gine mentre dava alla luce suo Figlio.
La stella emette il raggio senza perdere nulla del suo splendore, così Maria ha generato Gesù senza perdere nulla della sua illibatezza.
Ma «io non vedo alcun beneficio ad entrare nei particolari di queste questioni corporali, che Dio non ci ha formalmente rivelato e che sono molto periferiche in rapporto alla Fede...» ... «Rinunciamo a sapere tutto e limitiamoci a que­sta enunciazione certa: la nascita del Figlio di Dio fu miracolosa come la sua concezione; Dio pre­servò allora fin nel suo corpo l'integrità verginale della Madre; il come ci rimane nascosto...» (Rene Laurentin, francese, mariologo, vivente).
Nel 1964 il Vaticano II nella «Lumen gen­tium», riferendosi alla Madonna, si è limitato a dire che «il Figlio suo... non diminuì la sua vergi­nale integrità, ma la consacrò» (n. 57).

Dopo il parto

«Verginità dopo il parto» significa che la Madonna, dopo aver dato alla luce Gesù, non ebbe nessun rapporto coniugale né con Giuseppe né con altro uomo, e quindi non ebbe e non poté avere nessun altro figlio.
Il Magistero della Chiesa l'ha affermato impli­citamente ed esplicitamente.
Tra i Documenti che l'affermano implicita­mente ricordiamo:
Nel 381 il Concilio Ecumenico di Costantino­poli dichiarò di Gesù: «Si incarnò dallo Spirito
Santo e da Maria, la Vergine». E qui la parola «la Vergine» va intesa nel senso assoluto di Vergine per eccellenza, e non nel senso di donna che è stata ver­gine per un certo tempo e poi non lo è stata più.
Nel 534 Papa Giovanni II affermò nella Let­tera «Olim quidem» indirizzata ai Senatori di Costantinopoli: «Maria è stata sempre vergine».
Nel 553 il Concilio Ecumenico Costantinopoli­tano II, condannando i nestoriani e consa­crando il riconoscimento di perpetua verginità dato a Maria sin dalla fine del secondo secolo, riaffermò solennemente che «Gesù si è incarnato nella santa e gloriosa Madre di Dio sempre vergine Maria ed è nato da lei (canone 2), e che Maria «è stata sem­pre vergine» (can. 6 e 14).
Nel 649 il Concilio Lateranense ripeté nei canoni due e quattro che «Maria è la sempre Ver­gine».
Nel 1053 Papa San Leone nel «Simbolo della fede» riconfermò che Gesù Cristo «è nato per opera dello Spirito Santo da Maria sempre ver­gine».
Nel 1215 il Concilio Ecumenico Lateranense
IV, contro gli albigesi che negavano l'incarnazione di Cristo, ribadì che Gesù «concepito da Maria sempre Vergine con la cooperazione dello Spirito Santo, è nato vero uomo».
Nel 1274 il Concilio Ecumenico Lionese II pre­sieduto da Papa Gregorio X, in occasione della riu­nione tra la Chiesa greca scismatica e la Chiesa latina, nella «Professione di Fede» ricordata sotto il nome di Michele VIII Paleologo, riconfermò che Gesù «è nato nel tempo per opera dello Spirito Santo da Maria sempre Vergine».
Nel 1950 Papa Pio XII nella Costituzione «Munificentissimus Deus» sulla definizione dog­matica dell'Assunzione di Maria al Cielo in anima e corpo, chiamò Maria «sempre vergine».
Nel 1964 il Vaticano II nella «Lumen gen­tium» ha ripetuto che Maria è «sempre vergine» (n. 52) riaffermando subito dopo la verginità prima del parto e durante il parto.
Nel 1968, nella Professione di fede letta a chiusura dell'Anno della fede, Papa Paolo VI ha dichiarato espressamente: «Crediamo che la Beata Maria è rimasta sempre vergine».

Tra i Documenti riaffermanti esplicitamente la verginità della Madonna dopo il parto, ricordiamo:
Intorno al 380 Vescovi di diversi luoghi con­dannarono Elvidio che, sebbene ammettesse la ver­ginità di Maria prima del parto e durante il parto, tuttavia negava la verginità dopo il parto.
Nel 392 Papa Siricio nella Lettera «Accepi lit­teras vestras» diretta al vescovo Anisio e, tramite lui, ad una Commissione di Vescovi, confermando la condanna data al vescovo Bonoso (poi deposto come eretico) dal Sinodo di Capua l'anno prece­dente, dichiarò: «... La vostra giustizia ha ripreso con pieno diritto chi dice che Maria ebbe, dopo Gesù, più figli; la vostra giustizia ha orrore, con ragione, anche del pensiero che lo stesso seno vergi­nale, dal quale nacque Cristo secondo la carne, abbia avuto altri parti». Siricio è, in ordine di tempo, il primo papa che proclama la perfetta e perenne verginità della Madonna. Questa sua Let­tera è il primo documento pontificio che tratta di Maria in modo diretto ed esplicito.
Nel 649 il Concilio Lateranense, indetto e pre­sieduto personalmente dal Papa San Martino I e composto di centocinque Vescovi, riaffermò cate­goricamente al terzo canone: «Chi non confessa con i Santi Padri che la santa e sempre vergine immacolata Maria è genitrice di Dio in senso vero e proprio perché, senza seme, per opera dello Spi­rito Santo, ha concepito propriamente e veramente lo stesso Verbo di Dio generato dal Padre da tutta l'eternità, e lo ha partorito senza corruzione, rima­nendo inviolata la sua verginità anche dopo il parto, sia condannato». Allora, per la prima volta, un Concilio trattò direttamente di Maria. I suoi Atti furono mandati, in greco e in latino, nell'Occi­dente e nell'Oriente. Ebbero una risonanza. univer­sale e furono stimatissimi come Atti di un concilio ecumenico, anche se il Lateranense non lo era nelle intenzioni. Definirono la perpetua verginità di Maria come una verità di fede, e dichiararono con­dannato chi non la crede.
Nel 680 Papa Sant'Agatone riconfermò la definizione del Concilio Lateranense inviandone gli Atti alla Chiesa d'Inghilterra e, l'anno seguente, al Concilio Ecumenico Costantinopolitano III in una lettera indirizzata all'imperatore d'Oriente Costanzo II. E questo Concilio inneggiò alla «illi­bata verginità di Maria prima del parto, durante il parto e dopo il parto imperitura».
Nel 693 il XVI Concilio di Toledo dichiarò: «La Vergine, come prima del concepimento di Cri­sto ebbe il pudore della verginità, così dopo il parto di Cristo non sentì alcuna corruzione della sua inte­grità. Essa infatti concepì vergine, partorì vergine e dopo il parto conservò senza interruzione il pudore dell'incorruzione».
Nell'811 Papa San Leone III approvò la pro­fessione di fede presentata da Niceforo, Patriarca di Costantinopoli, secondo la quale «la Vergine che aveva generato in modo soprannaturale e ineffa­bile, anche dopo il parto Dio la conservò, vergine, senza che fosse mutata o distrutta la sua verginità secondo natura».
Nel 1476 Papa Sisto IV nella Costituzione «Cum praecelsa» riaffermò che «l'immacolata Maria rimase vergine dopo il parto», e lo ripeté sette anni dopo nella Costituzione «Grave nimis».
Nel 1555 Papa Paolo IV nella Costituzione «Cum quorumdam», richiamando a tutti la sua autorità apostolica, condannò decisamente gli unitari (o sociniani) e quanti credono che Nostro Signore «secondo la carne, non sia stato concepito nel seno della beatissima e sempre vergine Maria dallo Spi­rito Santo, ma dal seme di Giuseppe, come gli altri uomini; e che Maria non abbia sempre perseverato nell'integrità della verginità prima del parto, durante il parto, e per sempre dopo il parto». Fu quella la prima volta che venne usata in un Docu­mento pontificio l'espressione «prima del parto, durante il parto e dopo il parto»: espressione ripe­tuta poi in continuazione e comune anche ai nostri giorni.
Nel 1603 Papa Clemente VIII con il Breve «Dominici gregis» confermò pienamente la sen­tenza di Paolo IV.
Per i tempi più vicini a noi si vedano le Encicli­che mariane di Leone XIII, di Pio X, di Pio XI, i Radiomessaggi di Pio XII, i Discorsi di Paolo VI e di Giovanni Paolo II. Non contengono solenni dichiarazioni di ufficio sulla verginità della Madonna perché non ce n'è stato alcun bisogno, tanta è la convinzione dei cristiani che, anche in queste ore, invece di dire «Maria» dicono «la Ver­gine».
Soltanto di Paolo VI ricordiamo che contro l'accenno di una deviazione ribadì che «Maria è rimasta vergine nel parto e dopo il parto, come la Chiesa Cattolica ha sempre creduto e professato, e come conveniva a Colei che era stata innalzata alla dignità incomparabile della divina maternità» (anno 1967), e che «il Catechismo Olandese profes­sasse apertamente che la Madre santissima del Verbo Incarnato ha sempre goduto dell'onore della verginità, perché non si desse alcuna ansa per abbandonare la realtà di questo fatto contenuto nella Tradizione della Chiesa fondata sulla Sacra Scrittura» (anno 1968).
In conclusione, secondo il Magistero della Chiesa, la verginità perpetua della Madonna (cioè prima del parto, durante il parto e dopo il parto) non è solo una verità di fede certamente rivelata nella Sacra Scrittura e nella Tradizione, ma deve ritenersi un dogma, cioè una verità di fede definita con solenne giudizio come rivelata da Dio che non si inganna, né può ingannare, e data da credere a tutto il popolo cristiano così fermamente che il non crederla è un'eresia.

DAL VANGELO risulta:
a) «L'angelo Gabriele fu mandato da Dio... a una vergine... La vergine, si chiamava Maria... L'angelo le disse: «... Concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù... » Allora Maria disse all'angelo: «Come è possibile? Non conosco uomo» (Lc. 1,26-34).
Con il tempo presente del verbo «non cono­sco» la Madonna indica non solo il fatto, ma anche la propria, ferma intenzione di conservare la vergi­nità anche in avvenire, per sempre.
Con le parole «non conosco uomo» Lei vuol dire che non ha avuto e non avrà mai nessun rap­porto coniugale con nessun uomo.
Non meravigli se la Madonna non usa il tempo futuro rispondendo all'angelo, cioè non dice «Non conoscerò uomo», perché la lingua ebraica usa il presente con senso di futuro. Lo stesso senso si verifica anche nelle altre lingue. In italiano, per es., quando l'astemio, invitato a bere, risponde: «Gra­zie, non bevo», intende appunto dire che non berrà vino nemmeno in avvenire. Pertanto questo pre­sente «non conosco uomo» è più che sufficiente per rivelare la volontà di rimanere per sempre nello stato di verginità che si è scelto, altrimenti esso non avrebbe potuto essere addotto come ostacolo in ordine al futuro «concepirai».
Inoltre, vien da pensare anche che la Madonna, per delicatezza, abbia evitato il futuro del verbo per non affermare troppo recisamente la sua determinazione che, dopo l'eccezionale annun­cio dell'angelo Gabriele, poteva apparire contraria al volere di Dio.
Ma di questa risposta di Maria parleremo di più nel prossimo capitolo.

b) La Santa Famiglia viene presentata sempre come composta di sole tre persone: Gesù, Maria e Giuseppe. Per es.: Giuseppe fuggì in Egitto con «il bambino e la madre di lui» (Mt. 2,13), e soltanto con loro due ritornò dall'Egitto nella terra d'Israele (Mt. 2,20s.); Giuseppe andò a Gerusa­lemme per la festa di Pasqua soltanto con Maria e con Gesù (Lc. 2,41-45).

c) Gesù solo viene presentato come figlio di Maria in termini formali o equivalenti: per es. nella genealogia è detto: «... Maria, dalla quale è nato Gesù chiamato Cristo» (Mt. 1,16); l'angelo del Signore dice di Maria a Giuseppe: «Essa partorirà un figlio...» (Mt. 1,21); l'angelo disse a Maria: «Ecco, concepirai un figlio, lo darai alla luce... Colui che nascerà, sarà dunque santo e chiamato Figlio di Dio» (Lc. 1,31-35); Maria «diede alla luce il suo figlio...» (Lc. 2,7); i Magi «entrati nella casa, videro il bambino con Maria sua madre...» (Mt. 2,11); dopo la morte di Erode, l'angelo del Signore dice a Giuseppe: «Alzati, prendi con te il bambino e sua madre...» e Giuseppe «alzatosi, prese con sé il bambino e sua madre.. . » (Mt. 2,20-21). Quindi è Gesù il Figlio unico di Maria.
Non deve far meraviglia la diversa espressione riferita a Gesù da una parte da Matteo e Luca, e dall'altra da Marco.
Matteo riferisce come detto di Gesù dalla gente di Nazaret: «Non è egli forse il figlio del car­pentiere?» (13,55); Luca riporta: «Non è il figlio di Giuseppe?» (4,22); Marco invece dice: «Non è costui il carpentiere, il figlio di Maria?» (6,3).
Il motivo della differenza di espressione è sem­plicissimo. Matteo e Luca possono far chiamare Gesù «figlio del carpentiere, figlio di Giuseppe» senza aggiungere nessun correttivo perché hanno dichiarato sin dall'inizio dei loro vangeli il concepi­mento e la nascita verginali di Gesù, li sanno già noti ai loro lettori e da questi hanno la certezza di non aspettarsi nessuna sorpresa perché conoscono i due misteri che i nazaretani non conoscevano.
Invece Marco si trova in una situazione diffe­rente. Nel suo breve vangelo non ha parlato per niente del concepimento e della nascita verginali di Gesù, deve quindi supporli ignorati almeno da una parte dei suoi lettori, anzi deve temere che questa parte senta poi un forte pregiudizio contro la futura rivelazione di questi misteri: e allora perché questo pregiudizio non nasca e perché non av­venga danno alla fede nei due misteri, Marco dà «alle parole dei nazaretani una piccola inflessione la quale, senza alterare il pensiero di chi le ha preannunciate, le mette però in armonia con la verità. Invece di mettere in bocca ai concittadini di Gesù le parole: «Non è il figlio di Giuseppe?», fa dir loro: «Non è costui il figlio di Maria?» Que­sto fa capire come l'evangelista conoscesse perfet­tamente il modo soprannaturale con il quale Gesù venne concepito» (Domenico Campana, mario­logo).
E c'è di più. Marco non dice: «Non è costui... figlio di Maria?», cioè uno dei figli di Maria; ma dice esattamente così: «Non è costui... il figlio di Maria?», cioè usa l'articolo determinativo accanto alla parola «figlio» già tanto determinata di per sé, per indicare chiaramente che Gesù è l'unico figlio di Maria.

d) Non impressioni quel passo di San Luca che dice di Maria: «E diede alla luce il suo figlio primogenito» (2,7), dove quest'ultima parola potrebbe far supporre altri figli di Maria; ma è un'impressione sbagliata.
Primogenito non è soltanto colui dopo il quale vengono altri, ma anche colui prima del quale non c'è stato nessuno. In quest'ultimo senso era usato frequentemente nel linguaggio ebraico. Era insomma il primo figlio di una donna, senza nes­sun riferimento all'esistenza di un secondo figlio. Ed era riconosciuto tale sin dal momento del­la nascita. Nel caso di due gemelli, primogeni­to era colui che vedeva la luce per primo (Gen. 25-24-26).
Il termine aveva valore onorifico e valore legale.
Valore onorifico, perché includeva il diritto di primogenitura. Infatti il primogenito, anche quando era vivo il padre, presiedeva ai fratelli (Gen. 43,33); alla morte di lui diveniva capo fami­glia e riceveva due terzi dell'eredità paterna, men­tre l'altro terzo era diviso tra i fratelli (Deut. 21,17); era protetto dalla legge qualora il padre avesse fatto una scelta arbitraria tra gli altri figli; poteva vendere il suo diritto (Gen. 25,29-34); era consacrato a Dio con un rito speciale.
Valore legale, in quanto riferito alla legge data da Dio a Mosè con l'ordine: «Consacrami ogni pri­mogenito, il primo parto di ogni madre tra gli israeliti, di uomini o di animali: esso appartiene a me» (Es. 13,2). Il primogenito veniva poi riscat­tato. E ciò doveva avvenire entro quaranta giorni dalla nascita.
Che poi primogenito significasse e fosse sen­tito come unigenito (cioè primo e ultimo, unico), lo si desume dal fatto che non si aspettava affatto la futura, e non certa, nascita del secondogenito per consacrare al Signore il primogenito. Questi perciò rimaneva, almeno per nove mesi, unigenito, e non poche volte restava tale per sempre. Sono moltis­simi i casi in cui il figlio unico è qualificato come primogenito (per es. Zc. 12,10).
Ora San Luca usa il termine primogenito in senso legale, tanto è vero che, dopo aver detto «figlio primogenito» (2,7), ricorda esplicitamente quello che è scritto nella legge del Signore: «Ogni maschio primogenito sarà sacro al Signore» (2,23), e racconta la presentazione di Gesù al Tempio fatta da Giuseppe e da Maria in conformità alla legge di Mosè sui primogeniti. Egli ha inteso dire non che Maria abbia avuto altri figli dopo Gesù, ma che lei prima di Gesù non aveva avuto nessun figlio. Se egli non ha usato il termine unigenito, è perché si riferiva a una legge nota come legge del primoge­nito, e non dell'unigenito. In quel tempo dire pri­mogenito era il modo corrente di indicare il primo figlio.
Gesù dunque è stato l'unico figlio della Ma­donna.

e) Non turbi affatto il leggere nel Vangelo di «fratelli» e «sorelle» di Gesù (Mt. 12,46; Mc. 3,31; Lc. 8,20; Gv. 2,12 ecc.) che sembrerebbero quindi figli e figlie della Madonna.
Nella lingua ebraica il vocabolo fratello era usato con un'ampiezza molto vasta. Indicava quelli che erano nati dai medesimi genitori, coloro che erano legati da vincoli di parentela (fratellastri, cugini, nipoti, zii, cognati), gli appartenenti alla medesima gente o tribù o nazione, quelli che erano considerati amici.
Per esprimere la cuginanza si usava o il voca­bolo fratello o una perifrasi come questa: il figlio dello zio, il figlio del fratello della madre, il figlio della sorella della madre, il figlio della sorella del padre; ma era più usato il vocabolo fratello perché più sbrigativo e più comodo nell'indicare cugini di diversa provenienza (Lev. 10,4; Ester 2,7; Ger. 32,7 ecc.).
Anche Gesù chiamava «fratelli» i suoi apostoli (Mt. 28,10 ecc.), quelli che ascoltano la sua parola e fanno la volontà del Padre (Mc. 3,35 ecc.), anzi usò il termine in senso larghissimo, come quando disse: «Non fatevi chiamare "rabbì" perché uno solo è il vostro maestro, e voi siete tutti fratelli» (Mt. 23;8).
Anche gli Apostoli davano il nome di fratelli ai cristiani (Rom. 1,13 ecc.) e i cristiani stessi si riconoscevano tra loro con questo appellativo (Giac. 2,15 ecc.).
Due di quelli che sono presentati nel primo vangelo come «fratelli» di Gesù, cioè Giacomo e Giuseppe (Mt. 13,55), sono poi presentati dallo stesso evangelista come figli di una Maria, che è diversa dalla Madre di Gesù (Mt. 27,56): dunque non sono fratelli carnali di Gesù.
Vi sono poi circostanze di fatti significative: Maria e Giuseppe «si recavano tutti gli anni a Gerusalemme per la festa di Pasqua» (Lc. 2,41): ciò fa supporre che non esistevano bambini ai quali la Madre dovesse accudire.
«Quando Gesù ebbe dodici anni, i suoi geni­tori salirono a Gerusalemme di nuovo secondo l'usanza» (Lc. 2,42): non sono citati nemmeno lon­tanamente fratelli di Gesù condotti da Maria e Giu­seppe al Tempio, per la festa di Pasqua.
In occasione del ritorno da Gerusalemme a Nazaret (Lc. 2,41-48), Giuseppe e Maria cercarono Gesù tra parenti e conoscenti, non presso fratelli: c'è da pensare che non esistevano.
Ritrovando Gesù tra i dottori del Tempio (Lc. 2,48) la Madre dice al Figlio l'angoscia sof­ferta da Giuseppe e da lei, non da fratelli: si vede che questi non c'erano.
Quando Gesù lasciò il suo lavoro di carpen­tiere per darsi alla predicazione per le vie della Palestina, non si parlò affatto di un fratello che avesse preso il suo posto, secondo l'abitudine ebraica: si pensa logicamente che questo fratello non esisteva.
Quando Gesù fu sottoposto a processo, a condanna e a morte, non si verificò per nulla che un suo fratello carnale avesse cercato in qualche modo di difenderlo: si vede che non ce n'era nemmeno uno.
Dall'alto della croce Gesù affidò sua Madre a Giovanni, dicendo a lei: «Donna, ecco il tuo figlio!», e dicendo subito dopo a lui: «Ecco la tua madre!» (cfr. Gv. 19,25-27). Ora se Gesù avesse avuto fratelli, a questi egli avrebbe naturalmente affidato la comune Madre, e non ad un estraneo, per quanto caro, quale era Giovanni: dal momento che non l'ha fatto, si ricava che Egli non aveva nes­sun fratello. - D'altra parte, se Maria avesse avuto altri figli, a questi lei avrebbe legatole sue sorti per tutta la vita, e non al figlio di Zebedeo: ma lei non aveva nessun altro figlio, dopo Gesù. - A questo punto viene in mente che Giovanni non è mai citato nel numero dei cosiddetti «fratelli di Gesù». - C'è da notare anche la precisione di Gesù nel dire alla Madre: «Donna, ecco il tuo figlio»: egli mette l'ar­ticolo determinativo accanto al sostantivo già di per sé ben determinato per indicare: questo non è uno dei tuoi figli, ma è, per l'appunto, il tuo unico figlio.
Alla sepoltura di Gesù provvide direttamente Giuseppe di Arimatea, ossia un estraneo: nem­meno in quella luttuosa circostanza si vide la minima ombra di un fratello carnale!
I cosiddetti «fratelli di Gesù» appaiono più anziani di Lui e gelosi del loro prestigio presso il popolo (Gv. 7,lss.; Mc. 3,21): anche da questo si deduce che non potevano essere fratelli di sangue rispetto a Gesù e non erano figli della Madonna che, quando generò Gesù, era sicuramente vergine (Lc. 1,34).
San Luca riferisce la risposta di Maria all'an­gelo a difesa della propria verginità perpetua: «Come è possibile? Non conosco uomo» (1,34), e poi, ad un certo momento, racconta: «Un giorno andarono a trovare Gesù la Madre e i fratelli ... » (8,19). Sembra a prima vista una contraddizione. Ma se uno scrittore-storico come Luca scrive il secondo pensiero, è perché ha la certezza che esso non contrasta affatto con il primo, perché il secondo pensiero non si riferisce per nulla a figli di Maria e a fratelli di Gesù, ma ad altri.
Soprattutto deve essere detto che i cosiddetti «fratelli di Gesù» non sono assolutamente mai chiamati né figli di Maria sposa di Giuseppe, né figli di Giuseppe sposo di Maria. Non si legge in nessun passo della Sacra Scrittura che Giuseppe sia stato padre di fratelli carnali di Gesù, o che Maria sia stata madre di fratelli carnali di Gesù: mai!
Pertanto coloro che sono chiamati nel Nuovo Testamento «fratelli di Gesù» sono semplicemente suoi parenti, più o meno prossimi, e solo per parte di madre, perché Gesù non ebbe due genitori umani, ma uno solo. Dalla loro esistenza e dalle lo­ro azioni non si può arguire assolutamente nulla contro la perpetua verginità di Maria. Gesù è l'uni­co figlio di Maria, da lei avuto miracolosamente.
Poi, nel linguaggio ebraico la parola «sorella» includeva anche il significato di sorellastra, cugina, zia, cognata ecc.: per es. i cognati di Rebecca fanno auguri alla loro «sorella» (Gen. 24,60), e la sposa è detta «sorella» dello sposo (Ct. 4,9).
In quanto alle «sorelle» del Signore, il Van­gelo le ricorda in appena due passi (Mt. 13,58 e Mc. 6,3), non ne dice per niente i nomi, non ne nomina neppure una né nel numero delle pie donne che seguivano Gesù nelle sue predicazioni, né tra quelle che fecero compagnia alla Madonna lungo la salita del Calvario, né tra quelle che parteciparono alla sepoltura di Gesù. Soprattutto il Vangelo non dice assolutamente mai che queste «sorelle» fos­sero figlie di Maria sposa di Giuseppe o figlie di Giuseppe sposo di Maria.
Insomma Maria non ebbe nessuna figlia e Gesù non ebbe nessuna sorella.

Della TRADIZIONE riferiamo ora affermazioni di Autori differenti da quelli citati a proposito di verginità prima del parto e di verginità durante il parto.

«Maria concepì rimanendo vergine incorrotta, dopo il concepimento partorì rimanendo vergine, e dopo il parto rimase vergine» (San Zeno, africano di origine, vescovo di Verona, + 372).

«Maria è la sempre vergine... è il modello dello stato verginale» (Sant'Atanasio, vescovo di Alessandria, Dottore della Chiesa, + 375: è il primo della storia a proporre la Madonna come modello dello stato verginale).

«I cristiani non sopportano di sentir dire che la Madre di Dio abbia cessato di essere vergine in qualche tempo» (San Basilio, greco, vescovo di Cesarea, Dottore della Chiesa, + 379).

«Maria, dopo aver dato alla luce il Verbo incarnato, rimase per sempre e del tutto immaco­lata vergine» (Didimo il cieco, di Alessandria, scrit­tore, + 398).

«Chi mai c'è stato, in qualsiasi tempo, che abbia osato pronunciare il nome di Santa Maria senza aggiungere immediatamente, anche non essendone richiesto, il titolo di Vergine?... Lei rimase sempre incorrotta...» ... «La negazione della perpetua verginità di Maria è un'eresia, una stoltezza, una insensatezza... La perpetua verginità di Maria è una verità tradizionale... » (Sant'Epifanio, palestinese, vescovo di Salamina, Padre della Chiesa greca, + 403).

«... La porta della Vergine rimase chiusa in eterno, conservata la verginità... » (Rufino di Aqui­leia, italiano, sacerdote, scrittore, + 410).

«Maria fu vergine prima del parto, durante il parto e dopo il parto» (San Sofronio di Gerusa­lemme, vescovo, + 638: affermazione dichiarata in una Lettera Sinodale, approvata dal concilio VII di Costantinopoli del 680 e inserita negli Atti Conci­liari).

«Quale altra vergine partorì e, dopo aver par­torito, conservò integra la sua verginità se non tu sola, o Maria, che, assolutamente integra, genera­sti Dio incarnato?» (San Germano I, patriarca di Costantinopoli, + 733).

«Ogni vergine perde nel partorire la verginità, ma Maria rimase vergine prima, durante e dopo il parto» (San Giovanni Damasceno, di Damasco, monaco, Dottore della Chiesa, + circa 754).

«Maria concepì vergine senza concupiscenza, partorì vergine senza corruzione, rimase vergine senza fine» (Ambrogio Autperto, francese, teo­logo, uno dei primi rivendicatori del culto alla Madonna, + 778).

«Si tenga l'inconcussa fede cattolica, la quale confessa che... la Vergine Maria ha veramente con­cepito, partorito e dopo il parto, cioè dopo aver dato alla luce il Figlio, è rimasta vergine» (Ratrammo, francese, benedettino, controversista, + 875).

«Nella Comunione riceviamo quello stesso corpo di Cristo Dio che si incarnò e fu generato dalla santa Madre di Dio e sempre vergine Maria» (Samonas, palestinese, vescovo di Gaza, + 1056).

«La Beata Maria, indubbiamente, e generò vergine e dopo il parto rimase vergine...» (Gio­vanni di Fécamp, francese, benedettino, sec. XI).

«Credo che Maria era stata vergine castissima prima del parto, è stata vergine nel parto, ed è rimasta vergine dopo il parto, in eterno» (San Bruno, italiano, teologo, vescovo di Segni, + 1123).

«Gli eretici sono presi come nella rete quando si oppone loro questo sillogismo: Dio può tutto ciò che vuole; volle nascere da una vergine; dunque ciò che fu generato dalla Vergine, fu Dio e uomo...» ... «Santa Maria fu vergine prima del parto, nel parto e dopo il parto» (Onorio d'Autun, forse tedesco, poligrafo, teologo, + 1220).

«Dire che la Madre di Dio, dopo il parto di Cristo, consumò il matrimonio con San Giuseppe ed ebbe altri figli, è un errore detestabile, abomine­vole» (S. Tommaso).

«Il nome di Maria connota due cose: la dignità della Vergine e la fermezza di una verginità che non verrà mai meno...» (Gregorio Pàlama, bizantino, monaco, vescovo di Tessalonica, + 1360).

«O Maria, ... noi tutti ti chiamiamo vergine santa di corpo e di anima... anche dopo il parto... » (Giorgio Scholarios, bizantino, teologo, + 1472).

«La Beata Vergine, come era vergine prima del concepimento, così rimase vergine anche nel concepimento, dopo il concepimento, nello stesso parto e dopo il parto» (Pietro Moghila, russo, ortodosso, metropolita di Kiev, autore di un cate­chismo della Chiesa ortodossa, + 1646).

Non occorre dire che questa verginità di Maria dopo il parto era creduta anche dal popolo. Nelle antiche icone bizantine la triplice verginità di Lei era espressa visibilmente ponendoLe tre stelle: sulle spalle e sul capo. L'iconografia cristiana non L'ha mai presentata con più figli.

E’ opportuno accennare che della verginità di Maria prima, durante e dopo il parto si parla anche negli apocrifi, cioè negli scritti non riconosciuti dalla Chiesa come ispirati da Dio e quindi non inse­riti nel canone biblico, ossia nell'elenco dei libri, detti perciò canonici, accettati dalla Chiesa come ispirati da Dio e da essa precisati definitivamente durante il Concilio di Trento.
Sono apocrifi: L'ascensione di Isaia (scritto da un giudeo-cristiano della fine del primo secolo); le Odi di Salomone (composte intorno all'anno 150 da un giudeo-cristiano di Siria); il Protovangelo di Giacomo (scritto da un cristiano nella seconda metà del secondo secolo, facente parte dei Vangeli dell'Infanzia, diffusissimo); gli Oracoli Sibillini (composti alla fine del secondo secolo, in ambiente giudaico-cristiano, in periodi diversi e in polemica con il paganesimo); il Van­gelo di Pietro (del secondo secolo), la Storia di Giuseppe il falegname, monofisita (Il); lo Pseudo-Matteo (forse posteriore al secondo se­colo) ecc.
Gli apocrifi non valgono affatto some prove di verità, e tuttavia non sono inutili perché rive­lano la mentalità popolare, non sempre sprovve­duta.
Non è inutile ricordare brevemente che anche alcuni protestanti hanno riconosciuto la verginità della Madonna.
«Faccio appello alla Chiesa di Zurigo e a tutti i miei scritti: riconosco Maria come sempre vergine e santa» (Huldrich Zwingli, svizzero, + 1531).

«Maria, già vergine prima della concezione e del parto, è rimasta vergine al momento del parto e dopo il parto» (Martin Luther, tedesco, iniziatore del luteranesimo e del protestantesimo, + 1546).

«L'anima pia, riguardo a Maria, vaso così santo ed eletto che ci diede Cristo, non penserà se non cose santissime; non accoglierà neppure il sospetto che Colei, che una volta aveva concepito per opera dello Spirito Santo, tollerasse poi di con­cepire per opera di un uomo. L'argomento princi­pale di questa credenza ci è dato dal perpetuo con­senso della Chiesa» (Martin Bucer, tedesco-lutera­no, + 1551).
«Questa beata Madre è rimasta Vergine nel parto stesso e dopo il parto» (Charles Drelincourt, francese, pastore riformato, autore del lungo trat­tato «Sull'onore da rendere alla santa e beata ver­gine Maria» + 1669).

LA RAGIONE dice:
La verginità era stata già conservata miracolo­samente prima del parto e durante il parto: non poteva mancare quella dopo il parto, essendo que­sta logicamente una continuazione e un corona­mento della verginità delle precedenti due fasi, in una Donna consacratasi esemplarmente tutta a Dio per sempre.
Lo Spirito Santo aveva santificato al massimo il seno di Maria con il concepimento e la nascita verginali di Gesù: non poteva permettere che que­sto purissimo seno fosse adibito a uso profano e servisse a generare peccatori.
Nel mistero della SS.ma Trinità, il Figlio è secondo la natura divina l'Unigenito del Padre: ben conveniva che Egli, fatto uomo, fosse secondo la natura umana l'Unigenito della Madre.
Il Figlio è bastato al Padre: si deve ben pensare che il Figlio è bastato alla Madre.
«Gesù Signore non avrebbe eletto di nascere dalla Vergine se avesse giudicato che lei sarebbe stata tanto incontinente da macchiare con un'u­nione umana quel seno generatore del Corpo del Signore» (Papa Siricio).
Gesù ha insegnato e inculcato la castità totale come un ideale particolarmente caro al suo cuore: non poteva accadere che proprio la sua Vergine Madre non lo realizzasse.
Nella storia ci sono le vergini cristiane e Gesù si compiace di stare in mezzo ad esse: non poteva escludere dalla propria compagnia Colei che amava più di tutte le vergini, e anche per questo l'ha voluta vergine, anzi sempre vergine, immensa­mente superiore a tutte le vergini.
È evidentemente assurdo pensare che la Donna decisa a rimanere vergine ancor prima di diventare Madre di Dio, cambiasse decisione dopo aver avuto la propria verginità consacrata da Dio nel concepimento e nel parto, e avere avuto scelta la propria carne perché diventasse la carne del Figlio di Dio.
Se Maria avesse voluto perdere volontaria­mente la propria verginità dopo aver partorito Gesù, avrebbe praticamente rinunciato a tutte le sue prerogative: ma questo è inammissibile.
«Maria sarebbe stata assolutamente priva di riconoscenza se non si fosse accontentata di un tale Figlio, e se avesse voluto perdere, con l'unione car­nale, la verginità che era stata conservata in lei tanto miracolosamente» (S. Tommaso).
Maria non avrebbe potuto essere, quale è, modello e protezione per i suoi figli chiamati alla verginità se non avesse conservato la verginità anche dopo il parto, sino alla fine della sua vita. Doveva essere anche l'aiuto per i non vergini, sog­getti anch'essi alle tentazioni dell'impurità, e per­ciò non poteva non essere la Vergine Perpetua. Una successiva figliolanza della Madonna
avrebbe inevitabilmente messo in discussione lo stesso fatto della concezione verginale' di Gesù. «Se la Madre non fosse stata sempre vergine, non sarebbe stato che un puro uomo Colui che era nato da lei» (San Proclo, vescovo di Costantino­poli, t circa 446).
Se si nega la verginità di Maria dopo il parto, si ferisce seriamente qualcosa di essenziale non solo di lei, ma di tutto il patrimonio della fede cattolica.
«San Giuseppe si sarebbe dimostrato somma­mente presuntuoso se avesse tentato di toccare Colei che, per rivelazione dell'Angelo, aveva cono­sciuta come Madre di Dio» (S. Tommaso).

III
LA VERGINITÀ DELL'ANIMA
La Chiesa ha definito la verginità del corpo della Madonna, ma sa molto bene che la vergi­nità è più nell'anima che nel corpo. È l'anima che deve sentire la forza di staccarsi dalla materia per elevarsi verso le vette più alte che avvicinano a Dio, facendo tacere i sensi e cercando le gioie spirituali, tanto che, se manca la verginità dell'a­nima, quella del corpo, da sola, non è vera virtù: «la verginità è essenzialmente nell'anima, mate­rialmente nel corpo» (S. Tommaso);
«la verginità è il proposito di conservare sempre incorrotta la carne corruttibile» (S. Agostino);
«Verginità non significa semplicemente un corpo verginalmente intatto, ma un cuore verginalmente integro» (H. Huhaupt).
Sorge pertanto spontanea la domanda: «La Madonna fu vergine anche nell'anima, anzi soprat­tutto nell'anima?».
La risposta riposa nelle parole da lei dette all'angelo Gabriele, che le aveva annunziato la maternità: «Come è possibile? Non conosco uomo» (Lc. 1,34).
«Sappiamo da Luca che Maria era una vergine in condizione di fidanzata; inoltre da Matteo (1,18) apprendiamo che Ella divenne gravida prima che andasse a coabitare con Giuseppe, cioè prima delle nozze giudaiche. Alla luce di queste notizie, quale significato hanno le sue parole rivolte all'Angelo: «Come è possibile? Non conosco uomo».
Prese isolatamente in se stesse, non possono avere che uno di questi due sensi: richiamare alla memoria la nota legge di natura per cui ogni figlio presuppone un padre; oppure esprimere per il futuro il proposito di non sottoporsi a questa legge e quindi di rinunziare alla figliolanza. Un terzo senso, per quanto ci si pensi, non è dato di sco­prirlo.
Ora, in bocca a Maria fidanzata giudea, le parole in questione non possono avere il primo di questi due sensi, perché sarebbero state di una pue­rilità sconcertante, tale da costituire un vero non senso; a chi avesse espresso un pensiero di tal genere, se era fidanzata giudea, era facile replicare: «Ciò che non è avvenuto fino ad oggi, può avvenire regolarmente domani».
È quindi inevitabile il secondo senso, nel quale il verbo «non conosco» non si riferisce soltanto alle condizioni presenti, ma si estende anche alle future, esprimendo cioè un proposito per 1'avvenire; tutte le lingue infatti, conoscono questo impiego del presente esteso al futuro, tanto più se tra presente e futuro non cade interruzione e se si tratta di uno stato sociale (non mi sposo, non mi fo prete, avvocato ecc.).
Se Maria non fosse stata una fidanzata­-coniuge, le sue parole, un po' forzatamente, avreb­bero potuto interpretarsi come un implicito deside­rio di avere un compagno nella propria vita; ma nel caso effettivo di Maria, il compagno già c'era, legit­timo e regolare; quindi se l'annunzio dell'Angelo avesse avuto ad avverarsi in maniera naturale, non esisteva alcun ostacolo.
E invece l'ostacolo esisteva: era rappresentato da quel «non conosco» che valeva un proposito per il futuro, e che giustificava pienamente la domanda: «Come è possibile?». L'unanime-tradi­zione cristiana che ha interpretato in tal senso il «non conosco», ha battuto una strada che è certa­mente la più agevole e facile, ma anche l'unica ragionevole e logica» (Giuseppe Ricciotti, ese­geta).
In termini più semplici, la Madonna intende dire: «Mi meraviglio e mi turbo perché mi viene annunziato un figlio. Ma in qual modo potrà avve­nire questo dal momento che io non ho conosciuto finora nessun uomo e non lo conoscerò mai, perché non posso, non devo, non voglio conoscerlo?».
Lei dunque, pur non dubitando dell'onnipotenza di Dio, oppone un vero e proprio impedi­mento alla proposta della maternità: quale?
Non era quello costituito dal fatto di essere rimasta vergine fino a quel momento, un fatto che poteva ben dirsi normale, ordinario, comune.
Non era quello costituito da un proposito di voler restare vergine, perché è permesso non man­tenere un proposito quando sopraggiungono giusti motivi in senso contrario, e nel caso di Maria era sopraggiunto il volere di Dio.
Non era quello di un'impotenza naturale a generare, cioè di quella che c'è in tutti gli uomini prima della pubertà, e in molti uomini anche nel­l'età più avanzata, perché in quel momento Maria era già in età nubile, anzi era sposata.
Ma era l'impedimento costituito dall'obbligo di voler rimanere vergine, assunto con una determi­nazione così precisa, così netta, così definitiva che ben si può chiamare voto: voto assolutamente inconciliabile con l'ipotesi di futuri rapporti coniu­gali.
Non si pensi impossibile, nell'epoca della Madonna, la disposizione alla verginità.
Allora la castità non era proibita da nessuna legge; la sterilità verginale, ossia la continenza delle vergini che potevano e non volevano procreare, era abbastanza lodata; il Sommo Sacerdote non poteva sposare se non una vergine; il celibato, pur non arrivando alla rigorosità del voto, era praticato da profeti come Elia, Eliseo, Geremia, Daniele, Giovanni Battista, e da non profeti, quali erano gli Esseni e i Terapeuti; la castità vedovile volontaria era praticata da donne come Giuditta del Vecchio Testamento e Anna del Nuovo Testa­mento (Lc. 2,37); la maternità era sentita meno come ideale religioso della donna israelita (si intravvede nell'episodio di Anna che lei era senza figli); la verginità prima del matrimonio era sti­mata (Gen. 24,16 ecc.); veniva condannato il marito che aveva calunniato la moglie dicendo di non averla trovata vergine (Deut. 22,13-21); la castità praticata nel matrimonio era apprezzata dai rabbini; la verginità senza speranza di matrimonio e di maternità, per quanto triste, era considerata con stima e messa in relazione con le funzioni sacre (Lev. 21,7-13 ecc.); i Libri dei primi due secoli avanti Cristo ponevano la sterilità virtuosa al di sopra della fecondità illegittima (Sap. 3,13 ecc.); cresceva la stima del popolo per l'ideale della vergi­nità, come è stato confermato dagli Scritti e dalla necropoli di Qumràn recentemente scoperti; la necessità di far aumentare mediante la nascita di nuovi figli la popolazione ebraica in vista del Mes­sia era sentita meno, essendo questa oramai affer­mata e sviluppata sulla terra; i migliori ebrei ave­vano una predilezione per le promesse solenni fatte a Dio; progrediva l'idea di vivere la castità nel ser­vire Dio.
Ma anche ammesso che non ci fosse in quel tempo una disposizione alla verginità, questa non può essere affatto esclusa dalla Madonna, per il fatto di essere Lei una creatura assolutamente ecce­zionale, in quanto Immacolata e ripiena di Spirito Santo.
Se ci si chiede poi in quale periodo di vita Maria SS.ma abbia emesso il voto di perpetua ver­ginità, si risponde dicendolo avvenuto certamente prima della Annunciazione: di più, allo stato attuale degli studi, non è possibile precisare. Qualcuno dice che bisognerebbe ritenere come di fede una proposizione che venisse formulata in questi termini: «La Vergine Maria, prima della Annunciazione, consacrò perpetuamente la sua verginità a Dio». Tale consacrazione è sentita da tanti come un'esigenza reale della perfezione soprannaturale della Madonna. Non è stata finora confermata dal Magistero della Chiesa, ma ad esso non è per nulla contraria, anzi può dirsi già ad esso implicitamente collegata, non potendo esserci vera tradizione cattolica senza il Magistero della Chiesa.

LA TRADIZIONE è concorde nel riconoscere la verginità dell'anima della Madonna fin dall'inizio, e sin dal 1600 è quasi tutta concorde nell'attribuirle il voto di verginità. Bastino alcune citazioni scelte quasi a caso.
«Ciò che ha reso la verginità di Maria... così gradita a Dio, non è il fatto che sia stata conservata dal concepimento di Cristo, ... ma il fatto che, anche prima di concepire, lei l'aveva già votata a Dio... Ciò risulta chiaramente dalla risposta che diede all'angelo che le annunziava la sua maternità: «Come potrà avvenire questo se non conosco uomo?». Parole che certamente lei non avrebbe pronunciato se prima non avesse fatto voto al Signore di rimanere vergine» (S. Agostino: il primo della storia a parlare esplicitamente e ripetuta­mente di questo voto).

«Che cosa c'è di più casto di Lei, che generò un corpo senza contaminare il proprio corpo? Era vergine non solo nel corpo, ma anche nell'anima» (S. Ambrogio).

«La Vergine ebbe il totale e assoluto princi­pato della purezza, Vergine potente di corpo e di anima, con tutti i sensi del corpo mai macchiati da alcun inquinamento» (Gregorio Pàlama).

«O Maria, ... mai provasti alcuna voluttà sen­sibile e conservasti l'anima impervia dalle nubi dei pensieri carnali e vivesti continuamente in un inde­lebile proposito di purezza: cose che costituiscono come la perfezione e l'essenza della castità vergi­nale» (Giorgio Scholarios).

«Dio ha formato nel cuore di Maria quel voto, sino allora sconosciuto, perciò Egli medesimo le mette sulle labbra quelle belle parole che lo manife­steranno al mondo: «Come è possibile se non cono­sco uomo?». Sono queste le prime parole della Ver­gine che ci vengono riferite nel Vangelo... Le parole della Vergine sono un Vangelo della vergi­nità, che la terra annuncia al Cielo, e la Vergine all'Angelo, Vangelo che la Vergine e l'Angelo annunciano al mondo... Che il mondo impari que­sta virtù e ne riceva il primo profumo per mezzo delle prime parole di Maria» (Cardinale Pietro De Bérulle, francese, teologo, + 1629).

«Io non ritengo che la Santissima Vergine ab­bia fatto un semplice proposito, ma reputo che si debba ritenere che tale proposito sia stato da Lei confermato con un voto religioso. E a questo con­vincimento mi inducono l'autorità dei più impor­tanti Padri della Chiesa e quella comune di tutti i cattolici. Tutte le ragioni addotte da altri che la pen­sano diversamente per distruggere tale fede, sono meschine e tali da non destare serie preoccupazioni» (Denys Petau, detto Petavio, francese, patrologo, uno dei maggiori dotti del suo tempo, + 1652).

«Non si può dubitare che la Vergine Maria non avesse fatto voto di verginità. Quando l'An­gelo le annunziò che avrebbe dato alla luce un figlio, gli rispose: «Come avverrà questo se non conosco uomo?». Questa risposta prova ad usura che Lei aveva fatto voto di verginità perpetua» (Papa Benedetto XIV, + 1758).

(I Religiosi si conformino)... al genere di vita verginale... che Cristo Signore si scelse per Sé e che la sua Vergine Madre abbracciò» (Vaticano II, Lumen gentium, n. 46).

LE CARATTERISTICHE sulla verginità di corpo e di anima della Madonna emergenti da quanto abbiamo detto finora, possono essere espresse nei seguenti termini:
La Verginità di Maria fu una consacrazione, cioè una donazione totale e perpetua di tutto il pro­prio essere a Dio; e quindi non fu e non poté essere nel modo più assoluto una medicina contro il disor­dine della concupiscenza, perché da questa Lei era completamente immune.
Fu una verginità integra perché fatta non solo di corpo (una donna può essere vergine solo corpo­ralmente quando, pur rimanendo intatto il corpo, ha accolto però nell'anima desideri impuri); non solo di anima (una donna può essere vergine solo di anima quando, violato il suo sigillo verginale, non ha però acconsentito allo stupro di cui è stata oggetto); ma verginità fatta nello stesso tempo di corpo e di anima.
Fu un sacrificio perché, come Maria ben sapeva, essa si svolgeva in un ambiente in cui la ste­rilità nel matrimonio era considerata dalla grande maggioranza degli ebrei come una disgrazia, un'oc­casione di disprezzo, un castigo di Dio: però un sacrificio che trasformò in benedizione quella che dagli ebrei era ritenuta una maledizione (per es. Gen. 30,23 ecc.).
Fu un grandissimo atto di amore a Dio, sentito come il più amabile degli esseri, la suprema ragione della vita, la beatitudine di tutta l'eternità, perché a Lui, giorno dopo giorno, fossero riservati in esclusiva tutti i pensieri della mente, tutti gli affetti del cuore, tutte le azioni della giornata, fino all'ul­timo respiro.
Fu una verginità feconda, in quanto associata alla maternità, così da rendere Maria perfetta­mente Vergine e nello stesso tempo perfettamente Madre: madre tanto più ammirabile in quanto ver­gine, vergine tanto più ammirabile in quanto madre: «tra le vergini, Madre; tra le madri, Ver­gine; figura di queste e di quelle, e superiore a tutte» (Teodoto di Ancira, turco, teologo, + 446): due prodigi assolutamente inconciliabili in qualun­que altra donna, due onori uniti ed esaltantisi a vicenda nella medesima persona, miracolo unico e irripetibile nella storia di tutti i viventi, uno sfog­gio, forse, il più imponente, dell'Onnipotenza Divina nel quale «il fatto si fa mistero, e il mistero poesia, e la poesia amore, ineffabile amore» (Paolo VI). Più che dire «vergine e madre» come se la ver­ginità si risolvesse per lei in un ornamento, è meglio dire «Vergine-Madre».
Fu una verginità così luminosa da stare vicino alla Purezza dell'Uomo-Dio, così alta da essere irraggiungibile da noi nel parlarne e nell'imitarla, così suggestiva da generare i vergini nella misura possibile alla condizione umana.
Fu una verginità in cui l'Anima conteneva il Corpo, anziché esserne contenuta, e gli comuni­cava una bellezza spirituale più facile ad immagi­nare che a descrivere.
Anche se non si pub storicamente provare, finora, che Maria fu la prima in ordine di tempo a fare il voto di verginità, è stata certamente la prima in ordine di perfezione, essendola più ricca di tutte le virtù che accompagnano la verginità.
Fu una verginità espressione non solo di un evento assolutamente eccezionale, ma anche di una dottrina, che merita di essere approfondita molto di più.
E’ pertanto semplicemente giusto chiamare Maria SS.ma «corona delle vergini» (S. Efrem), principessa della verginità (S. Epifanio), fastigio delle vergini (S. Ildefonso), alfiere delle vergini (S. Ambrogio), tesoro della verginità (S. Giovanni Cri­sostomo), madre della verginità (S. Anselmo), pri­miceria della verginità (S. Bernardo), regina di ogni castità (S. Pier Crisologo), tipo primigenio della verginità (San Gregorio di Narek, teologo, t 1003), Vergine delle vergini (Ugo di San Vittore, sàssone, monaco, filosofo, + 1141).
E tra i titoli moderni dati alla verginità della Madonna ricordiamo questi: «Maria "foresta ver­gine" dell'Altissimo, è la quintessenza di ogni ver­ginità... la Vergine tipo, l'unica vera Vergine del creato... Porta con sé la «firma autografa» del­l'Autore... è il prodotto genuino, autentico, garantito da ogni sofisticazione» (Paolino Beltrame­ Quattrocchi).
Insomma, più che dire «la verginità è una glo­ria della Madonna», è forse preferibile dire: «è la Madonna la gloria della verginità».

LA RAGIONE porta le sue motivazioni in difesa della verginità dell'anima della Madonna.
Il decoro dell'umanità di Cristo esigeva che il corpo nel quale egli doveva abitare con la sua pre­senza meno nobile, non soffrisse danno nell'inte­grità, prima del parto; tanto più il decoro della divinità di Cristo esigeva che l'anima di Maria nella quale egli sarebbe entrato con la sua presenza più nobile, fosse esente anche dalla minima impurità.
Gesù, Uomo-Dio, meritava di essere concepito e generato da una madre incorrotta di fatto e di volontà; la perfetta incorruzione della volontà sta nel voto di verginità; la Madre di Gesù perciò non può non avere emesso questo voto.
In duemila anni di esperienza cristiana si è visto chiaramente che lo Spirito Santo ha ispirato a non poche anime l'amore e la pratica della vergi­nità dell'anima; tanto più si deve pensare che Egli li ha ispirati alla Madonna, e in misura immensa­mente più alta.
Se fosse vero che Maria SS.ma non aveva capito la natura e il valore della consacrazione a Dio nella verginità, si dovrebbe concludere che Lei non è stata vergine di anima: ma ciò è inaccettabile. Maria doveva eccellere principalmente nella virtù della verginità: era logico pertanto che come restò vergine e sempre vergine nel corpo, così doveva restare vergine e sempre vergine anche nel­l'anima, anzi soprattutto nell'anima.
La Madonna doveva essere perfetto modello di verginità alle donne, l'atto più degno' di lode e di imitazione è il voto di verginità, pertanto Lei non può non averlo fatto.
Il voto corrobora le opere di perfezione e le rende più lodevoli perché fa sì che la persona, corpo e anima, operi per la virtù della religione, che è la più alta tra tutte le virtù morali. Il voto per­tanto non può essere mancato in Maria, nell'eserci­zio di una virtù così delicata quale è la verginità.

IV
LA VERGINE MARIA CONTRASSE VERO MATRIMONIO CON GIUSEPPE?
Dal momento che Maria fece il voto di vergi­nità, si può dire che il suo matrimonio con Giu­seppe fu vero?
Per rispondere a questa domanda occorrono alcune riflessioni.

A) Ciò che dà origine al matrimonio è il libero consenso dell'uomo e della donna, dato in forma legale, mediante il quale ciascuno dei due diventa debitore dell'altro per tutta la durata della vita, in modo indissolubile.
Oltre questo consenso, c'è un altro patto tra marito e moglie, cioè quello riguardante l'unione carnale, il quale è simile al primo nei riguardi di lui e di lei, ma non è il movente principale, bensì è una condizione accessoria della convivenza matrimoniale, un obbligo, non però un vincolo in sé e per sé. Ora, una necessità di soddisfacimento di questa condizione non esiste per quegli sposi che non hanno subordinato la conclusione del matrimonio all'accettazione di tale impegno. Infatti i coniugi, per la reciproca donazione del proprio corpo riferita alla procreazione dei figli, acquistano il diritto di compiere l'atto coniu­gale, ma non sono obbligati ad usarlo a tutti i costi. Restano veri sposi stretti in vero matrimonio sia quando esercitano questo diritto, sia quando scel­gono onestamente di non esercitarlo, sia quando sono impediti di esercitarlo per malattia o assenza o altra forza maggiore.
Tra le ragioni che possono permettere agli sposi di non usare il diritto all'unione carnale c'è anche il voto di verginità, fatto dall'uno e dall'altro coniuge, o da uno con il consenso dell'altro, anche prima del matrimonio, perché si può rinunciare all'uso del proprio diritto, tanto più in vista di un bene mi­gliore, (pur non rinunciando al diritto in sé e per sé).
L'essenza del matrimonio consiste nella indivi­sibile unione delle anime, per la quale i coniugi si obbligano a conservare vicendevolmente la fedeltà. Questa essenza ha brillato meravigliosamente nel matrimonio di Maria e di Giuseppe, le cui anime hanno avuto una così indivisibile unione che è immensamente superiore a quella che possono avere i migliori coniugi di questo mondo, e hanno avuto una tale reciproca fedeltà che non si può assolutamente immaginare una migliore di essa. Anzi hanno avuto unità di volontà, di grazia, di amore per Gesù, di modo che non c'è stato Giuseppe da una parte, Maria dall'altra, ma una realtà unica.

B) Poiché Dio è stato straordinariamente generoso con Maria, non si può fare a meno di pen­sare che Egli diede a Lei, tramite ispirazione divina o Giuseppe o altro, la sicurezza di trovare nello sposo Giuseppe colui che avrebbe rispettato e difeso la verginità di Lei, pur nello stato matrimo­niale, che. era del resto indispensabile per Lei per non pochi e gravi motivi (che tra poco diremo).
E difatti convinzione degli studiosi che anche San Giuseppe intendeva rimanere vergine nella vita coniugale, ed è anche della Chiesa, anche se non ancora a livello di fede rivelata; di modo che come Maria era castamente sposa, così Giuseppe era castamente sposo; come Maria è madre di Gesù pur essendo vergine, così Giuseppe è padre di Gesù pur essendo vergine; per quanto è vero che Giuseppe è lo sposo verginale di Maria, per altrettanto è vero che Giuseppe è padre verginale di Gesù; come Maria è castamente madre di Gesù, così Giuseppe è castamente padre di Gesù: «tanto più realmente, quanto più castamente» (S. Agostino).
San Giuseppe è «vergine e padre» per privile­gio concessogli da Dio. E vergine perché non ha cooperato per nulla al concepimento di Gesù, e perché non ha avuto mai nessun rapporto coniu­gale con Maria. È padre, perché Gesù è il legittimo figlio della sua legittima sposa, e perché egli ha assunto e adempiuto le funzioni propriamente paterne. Egli è veramente vergine come è vera­mente padre.
«Maria si sposò con un uomo giusto, che non le avrebbe tolto, ma anzi le avrebbe custodito da ogni oppressore quello che Lei aveva promesso con voto» (S. Agostino).
«C'è da dire che la Beata Vergine, già prima di legarsi a Giuseppe, fu assicurata in modo divino che Giuseppe aveva fatto lo stesso proposito di ver­ginità, e perciò Lei sposandosi non si espose a rischio» (S. Tommaso).
«Gesù Cristo nella sua Passione a nessuno, tranne che a un vergine, affidò e raccomandò sua Madre; perciò non è credibile che, prima di essere concepito, avesse affidato Lei giovinetta alla custo­dia di uno che non fosse vergine» (San Bernardino da Siena, francescano, predicatore, + 1444).
«Tu, o Elvidio, dici che Maria non rimase ver­gine. Io invece pretendo di affermare qualcosa di più, cioè che lo stesso Giuseppe rimase vergine in vista di Maria, affinché da un matrimonio vergi­nale nascesse un Figlio vergine... Rimase vergine con Maria colui che ha meritato di essere chiamato il padre del Signore» (S. Girolamo).
Anche il non cattolico Calvino ha ricono­sciuto: «Giuseppe non ha avuto alcun riguardo per la sua persona… ha preferito rinunciare al suo diritto ed astenersi dall'unione carnale... ha prefe­rito rimanere così per adoperarsi al servizio di Dio... al fine di assoggettarsi completamente a Dio».
Chi non accettasse o trovasse discutibile la spiegazione di ordine soprannaturale data nelle righe precedenti, non ha che da ricordare l'usanza esistente nel mondo ebraico e arriverà a una con­clusione molto simile.
Le giovani decise a mantenere la castità per dedicarsi al servizio di Dio si sceglievano un com­pagno che volesse conservarsi egli pure vergine. Così facendo acquistavano dei beni ed evitavano dei mali. Infatti non potevano astenersi dal matri­monio perché, fino a quando non si fossero spo­sate, rimanevano sotto la diretta potestà del padre, erano private di vari diritti civili, erano continua­mente esposte a richiesta di matrimonio; se poi erano eredi, dovevano obbedire alla legge (Num. 36,6s.) e sposarsi. Perciò, ripetiamo, quelle donne vergini cercavano uomini vergini.

C) Il matrimonio tra vergini perpetui deve essere considerato più vero, più goduto e più bello di quello contratto da coloro che non intendono restare vergini.
Matrimonio più vero, perché la comunione matrimoniale fondata sul legame dell'amore puro è più reale e più valida di quella basata sull'ardore della concupiscenza. «Maria e Giuseppe... si danno reciprocamente la loro verginità e su di essa si cedono il mutuo diritto di conservarsela l'un l'al­tro. Maria ha il diritto di custodire la verginità di Giuseppe, e Giuseppe ha il diritto di custodire la verginità di Maria. Né l'uno né l'altra ne possono disporre, e tutta la fedeltà di questo matrimonio consiste nel custodire la verginità. Ecco la pro­messa che li associa, il patto che li lega. Sono due verginità che si uniscono per conservarsi l'un l'altra eternamente, mediante una casta corrispondenza di pudichi desideri» (Jacques Bossuet, francese, vescovo di Meaux, + 1704).
Matrimonio più goduto, perché il calore della verginità è tanto più forte quanto più è puro, e su­pera di gran lunga il bruciore della passione di colo­ro che non capiscono quanto vale dominare i sensi.
Matrimonio più bello, perché «è un fatto del cuore e non della carne; è un matrimonio come quello delle stelle, la cui luce si unisce nello spazio senza che le stelle stesse si uniscano; un matrimonio come quello dei fiori di un giardino a primavera, che spandono il loro profumo senza toccarsi; un matrimonio che assomiglia ad un concerto nel quale si produce una grande melodia senza che un solo strumento sia a contatto dell'altro» (Fulton Sheen, statunitense, vescovo, predicatore).
E in verità con l'unione di Maria e di Giuseppe la verginità risplendeva di luce maggiore.

D) I non pochi e gravi motivi che esigevano il matrimonio nonostante il voto di verginità degli sposi, erano quelli che adesso diciamo:
Dare a Maria nel modo più sicuro il più sicuro degli appoggi per la sua persona e per la sua mis­sione, e questo si otteneva precisamente mediante l'indissolubile vincolo matrimoniale che stringeva lei e Giuseppe.
Provare che il Messia era figlio di Davide, ben­ché concepito per opera dello Spirito Santo, e per­ciò la paternità del bambino, da Maria concepito miracolosamente, era attribuita giuridicamente al suo legittimo sposo, Giuseppe, discendente di Davide. Non c'era nulla da obiettare se lo sposo riconosceva legalmente come proprio il figlio gene­rato dalla propria sposa.
Accogliere ed educare il Figlio, perché la prole non è detta bene del matrimonio solo in quanto è generata per mezzo di esso, ma anche e soprattutto in quanto viene accolta ed educata nella vita matri­moniale.
Velare la miracolosa concezione e nascita di Gesù perché questi non apparisse nato in situa­zione irregolare, non fosse considerato illegittimo e non fosse impedito di svolgere la sua missione, che doveva farlo riconoscere Messia, figlio di Davide.
Difendere Maria dalla incomprensione e dalla malizia degli altri, anzi salvarla dall'infamia e dalla lapidazione, e ciò avveniva grazie alla continua presenza dello sposo Giuseppe che garantiva che Maria non era una peccatrice.
Nascondere il parto verginale di Maria al dia­volo che, se avesse sospettato la natura e il valore del figlio di lei, avrebbe istigato i giudei ad ucci­derlo prima del tempo stabilito da Dio.

E) Il linguaggio del Vangelo è chiaro nel par­lare di Maria e di Giuseppe. Ricordiamo:
Mt. 1,16: «Giacobbe generò Giuseppe, lo sposo di Maria... ».
Mt. 1,19: «Giuseppe, suo sposo, che era giu­sto... ».
Mt. 1,20: «Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa...». Mt. 1,24: «Giuseppe prese con sé la sua sposa... ».
Lc. 2,5: «Giuseppe salì in Giudea... per farsi registrare insieme con Maria sua sposa, che era incinta... ».
Il matrimonio era un fatto pubblico, stretta­mente congiunto a parecchie solennità legali, e per­ciò era facilissimo conoscere quelli che si legavano con il vincolo coniugale. La comune attestazione riferita dagli evangelisti è una testimonianza inop­pugnabile del rapporto personale e sociale esistente tra Maria e Giuseppe.
Anzi l'angelo stesso riconosce questo rap­porto. È lui a dire a Giuseppe: «Non temere di prendere con te Maria, tua sposa».
Bastino queste cinque riflessioni per rispon­dere con certezza che il matrimonio tra Maria e Giuseppe fu vero.

V
LA SOCIETA DI OGGI E LA VERGINITA CONSACRATA
La società di oggi crede nella scienza, nell'a­more, nell'altruismo, nell'eroismo, nel modello, nella serenità. Trova tutto ciò nella verginità volon­tariamente consacrata a Dio per amarlo e servirlo con una dedizione perpetua e definitiva?
La risposta discenderà dalle considerazioni che seguono.

La scienza dice: «L'uso o il non uso degli organi genitali non influisce affatto sulla mascoli­nità o femminilità. Bisogna dunque abbandonare il pregiudizio per cui non si è veramente uomo o donna se non si svolge un'attività sessuale...» ... «il cosiddetto bisogno sessuale è sul piano nor­male di gran lunga inferiore ai desideri suscitati dalle molteplici evocazioni erotiche quotidiane...» ... «la capacità di astinenza e di resistenza alla pri­vazione genitale varia a seconda degli individui e a seconda delle motivazioni che sorreggono la con­dotta...» ... «il liquido seminale non emesso (neppure con polluzioni notturne, al limite) viene ricu­perato senza alcun danno e senza creare squilibri somato-psichici...» ... «in senso strettamente geni­tale la fisiologia insegna che anche nel soggetto assolutamente casto si mantiene quel tanto di atti­vità genitale dovuta a riflessi involontari e più che sufficiente a mantenere l'integrità anatomica e fun­zionale dell'apparato genitale: è noto che individui vissuti a lungo in continenza hanno poi potuto esplicare funzioni perfettamente normali...» ... «nella verginità potrà esservi impegno e sacrifi­cio, ma senza deterioramento dello stato di salute, senza situazioni di malessere psico-fisico, e questo sia nel caso che il soggetto avverta gli. stimoli ses­suali e non vi acceda, sia nel caso che non avverta stimoli sessuali... » ... «si può arrivare alla "subli­mazione" delle energie sessuali, quando l'indivi­duo attui una compensazione valida ad una man­cata affermazione nell'ambito della relazione sessuale intersoggettiva...» (Giovanni Battista Gar­belli, vivente).

C'è l'amore nella verginità consacrata: di certo, non quello coniugale o puramente sensitivo, ma, più certamente, l'amore per Dio e per gli uomini: spirituale, soprannaturale, infrequente, e pur autentico, universale, soddisfacentissimo; amore espresso come in un semplice sorriso così in un'estenuante fatica, tanto per gli amici quanto per i nemici, nella gioia e nel dolore. Nessuno ama Dio più di chi si consacra a Lui fedelmente, nessuno ama gli uomini più di chi ama Dio. La storia d'amore più bella è quella che si svolge tra chi, uomo o donna, è vergine e Dio. La verginità è raf­figurata nell'atteggiamento di colei che tiene le braccia sempre aperte, senza mai chiuderle, per non stringere a sé soltanto qualcuno. È per amore, e solo per amore, che il vergine rinuncia a tanto.

C'è l'altruismo o, per meglio dire, la carità, nella verginità che dedica tutta la vita agli orfani, ai derelitti, ai poveri, ai malati, agli afflitti, ai car­cerati, agli emarginati, a certe opere (intellettuali, spirituali, materiali) raccomandate quasi esclusiva­mente ai vergini: e ciò per vie pubbliche e per vie private, nelle terre civili e in quelle non civili, con pochezza di mezzi, spesso senza riconoscimenti umani, nonostante l'ingratitudine di non pochi, di giorno e di notte. Sotto questo aspetto la verginità consacrata può dirsi una specie di prodigio che dimostra, come un segno indicatore, quale è la vera religione e quale è la vera Chiesa. Esso non si spiega esaurientemente con la forza delle risorse umane e richiama alla considerazione dell'inter­vento superiore di Dio, che i vergini rendono pre­sente e quasi visibile con la testimonianza di tutta la loro vita e, dopo la morte, con la memoria del loro buon esempio.

C'è l'eroismo nella verginità consacrata che comporta di ora in ora la rinuncia alle pur lecite soddisfazioni del matrimonio, a tanti altri piaceri non proibiti dell'esistenza umana; e comporta la necessità di imbrigliare talune inclinazioni naturali, pur buone e apprezzabili in sé, perché non impedi­scano di vivere la vita verginale nella pienezza del suo contenuto. Un eroismo tanto più ammirabile quanto più si pensa che la verginità consacrata, non assolutamente necessaria per raggiungere la perfezione cristiana, non è comandata a tutti, ma è proposta come un consiglio alla libera scelta di amare e servire Dio in un modo più perfetto. Un eroismo che non pochi uomini e non poche donne dimostrano preferendo farsi torturare e finanche uccidere anziché rinunciare alla propria verginità. Un eroismo che è una specie di martirio, non meno breve del martirio di sangue sofferto per mano del carnefice e perciò più doloroso e non meno merito­rio. Un eroismo efficace per incoraggiare i coniugi a compiere le saltuarie e parziali rinunzie ad essi imposte dalla legge dell'onesta vita matrimoniale, e per stimolare tutti a rendere migliore la moralità pubblica suscitando la virtù nei buoni, il penti­mento nei cattivi, la meditazione negli indifferenti.

L'essere modello sta nel fatto che la verginità consacrata proclama con la sua rinuncia alla geni­talità pur stimatissima che il consacrato e la consacrata non sono meno uomo e meno donna degli altri e delle altre, anzi sono superiori a questi nella mascolinità e nella femminilità per il fatto di tra­sformare la paternità e la maternità carnali in paternità e maternità spirituali, che sono evidente­mente più alte e più utili, essendo immagini più perfette della fecondità di Dio. Un modello ono­rato dalla santità di vita di coloro che la Chiesa canonizza, e finora questi sono numerosissimi. Un modello diretto a ricordare a tutti e per sempre che non solo la vita fisica, ma anche altissimi valori ed energie spirituali meritano di essere pro­pagati, nell'interesse di tutti, per il crescente miglioramento di ogni generazione nuova, sino alla fine del mondo.

 

C'è la serenità nella verginità consacrata per­ché questa fa convinti di aver rinunziato a qual­cosa di non essenziale e di star guadagnando molto per il maggiore e migliore sviluppo della propria persona; rende libero in modo speciale il cuore purificandone e arricchendone gli affetti e le sollecitudini; fa trovare la forza di sorridere nonostante le preoccupazioni sempre risorgenti con il sole di ogni giorno nuovo; avvicina sempre più sensibilmente a Dio «che non toglie mai una gioia ai suoi figli se non per darne loro una più certa e più grande» (A. Manzoni); aumenta la fiducia nel raggiungimento della felicità già assicurata come premio al di là del tempo e dello spazio; rende persuasi che si è tanto più messaggeri di Dio quanto più si è sereni.


Dunque, la società di oggi riconosca che anche ai nostri giorni la verginità è un valore: in sé stessa, come parte di tutto l'ordine umano, e tanto più quando consacrata a Dio; guardi alla Madonna come a Colei che, dopo Gesù, dà il più grande splendore a questo valore, per essere arrivata alla più alta delle maternità attraverso la via più esem­plare della verginità; stimi i vergini e le vergini con­sacrati a Dio come i valorosi che meritano di essere annoverati tra i migliori dell'umanità.

Memento rerum Conditor
Nostri quod olim corporis
Sacrata ab alvo Virginis
Nascendo formam sumpseris.
Maria Mater gratiæ,
Dulcis Parens clementiæ,
Tu nos ab hoste protege,
Et mortis hora suscipe.
Jesu, tibi sit gloria
Qui natus es de Virgine,
Cum Patre, et almo Spiritu
In sempiterna sæcula. Amen.


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